Consiglio di Stato, sez. V, sentenza 2012-09-12, n. 201204842

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Sul provvedimento

Citazione :
Consiglio di Stato, sez. V, sentenza 2012-09-12, n. 201204842
Giurisdizione : Consiglio di Stato
Numero : 201204842
Data del deposito : 12 settembre 2012
Fonte ufficiale :

Testo completo

N. 01440/2012 REG.RIC.

N. 04842/2012REG.PROV.COLL.

N. 01440/2012 REG.RIC.

REPUBBLICA ITALIANA

IN NOME DEL POPOLO ITALIANO

Il Consiglio di Stato

in sede giurisdizionale (Sezione Quinta)

ha pronunciato la presente

SENTENZA

sul ricorso numero di registro generale 1440 del 2012, proposto dalla Cpl Concordia Societa' Cooperativa, rappresentata e difesa dall'avv. A C, con domicilio eletto presso il medesimo in Roma, via Principessa Clotilde 2;

contro

Organismo di Bacino n. 30 per lo Sviluppo della Rete Distribuzione del Metano in Sardegna;
Comune di Gonnesa;
Comune di Portoscuso;
Comune di Iglesias, rappresentato e difeso dall'avv. R M, con domicilio eletto presso Antonia De Angelis in Roma, via Portuense, 104;
Presidenza del Consiglio dei Ministri, rappresentata e difesa per legge dall'Avvocatura generale dello Stato, domiciliata in Roma, via dei Portoghesi, 12;

nei confronti di

Sidigas Spa, rappresentata e difesa dagli avv. Filippo Lubrano, Paolo Tesauro, Giovanna De Santis ed Enrico Lubrano, con domicilio eletto presso il primo in Roma, via Flaminia, 79/A;
Safab Spa;

per la riforma

della sentenza del T.A.R. SARDEGNA, SEZIONE I, n. 1233/2011, resa tra le parti, concernente affidamento concessione relativa alla progettazione, realizzazione e gestione dell'impianto di distribuzione del gas nei comuni di Iglesias, Gonnesa e Portoscuso - risarcimento danni

Visti il ricorso in appello e i relativi allegati;

Visti gli atti di costituzione in giudizio del Comune di Iglesias, di Sidigas Spa, e della Presidenza del Consiglio dei Ministri;

Viste le memorie difensive;

Visti tutti gli atti della causa;

Relatore nell'udienza pubblica del giorno 13 luglio 2012 il Cons. N G e uditi per le parti gli avvocati Murgia, Colelli dell'Avvocatura Generale dello Stato, De Santis e Lubrano;

Ritenuto e considerato in fatto e diritto quanto segue.


FATTO e DIRITTO

L’organismo di Bacino n. 30 costituito tra i comuni sardi di Iglesias (capofila), Gonnesa e Portoscuso ai sensi dell’art. 30 del D. Lgs. 18/8/2000 n. 267 indiceva una procedura aperta per l’affidamento della concessione relativa alla progettazione, realizzazione e gestione dell’impianto di distribuzione del gas negli stessi comuni.

Alla gara partecipavano la costituenda ATI tra la CPL Concordia società cooperativa (capogruppo), l’impresa Pellegrini e la Fiamma 2000, nonché la costituenda ATI tra la Sidigas s.p.a. (capogruppo) e la S.A.F.A.B. s.p.a..

Esaminate le domande di partecipazione, il Dirigente competente del Comune di Iglesias con la determinazione 3/2/2011 n. 32 escludeva dalla selezione ambedue le concorrenti: l’ATI capeggiata dalla CPL Concordia, per essere la mandante Fiamma 2000 titolare di un servizio di distribuzione di GPL ottenuto in affidamento diretto dal Comune di Sedilo;
l’ATI Sidigas/S.A.F.A.B., per essere stata quest’ultima colpita da un’interdittiva antimafia.

Il medesimo Dirigente con la citata determinazione riteneva, altresì, che fosse possibile proseguire la gara con la (sola) impresa Sidigas, ove questa avesse dimostrato di possedere di per se stessa i requisiti di partecipazione, e si fosse dichiarata disponibile ad assumere in proprio tutti gli obblighi nascenti dalla concessione.

La CPL Concordia, dopo avere invitato senza esito il Comune di Iglesias a ritirare in autotutela la determinazione n. 32 del 2011, la impugnava dinanzi al locale Giudice amministrativo, domandando anche il risarcimento dei danni subiti.

Questi in sintesi i motivi di gravame dedotti, nell’esposizione che ne avrebbe fatto l’adìto T.A.R. Sardegna con la sentenza in epigrafe.

1) L’esclusione dalla gara della costituenda ATI capeggiata dalla CPL Concordia è viziata perché, contrariamente a quanto si afferma nel provvedimento impugnato, Fiamma 2000 non è beneficiaria di affidamenti diretti da parte del Comune di Sedilo, che le ha affidato il servizio di distribuzione del gas a seguito di una pubblica gara.

2) L’esclusione sarebbe illegittima anche laddove Fiamma 2000 fosse titolare di un affidamento diretto. La medesima beneficerebbe, infatti, del regime transitorio di cui all’art. 15, comma 10, del d. lgs. 23/5/2000 n. 164, con la proroga introdotta dall’art. 23, comma 4, del d.l. 30/12/2005 n. 273, o in subordine dal comma 1 del medesimo art. 23: regime che consente anche a soggetti titolari di affidamenti diretti di partecipare alle gare aventi ad oggetto l’attività di distribuzione del gas.

3) All’art. 14, comma 5, del citato d.lgs. n. 164/2000 va assegnato un significato compatibile con i principi costituzionali di proporzionalità, parità di trattamento e non discriminazione. Il divieto ivi stabilito non può essere applicato in modo automatico, ma vanno individuate delle soglie di rilevanza degli affidamenti diretti, al di sotto delle quali questi ultimi non potrebbero precludere la partecipazione a procedimenti ad evidenza pubblica.

In via subordinata, si deduce l’illegittimità costituzionale della norma in discorso per violazione degli artt. 2, 3, 41, commi 1 e 2 e 97 della Costituzione.

L’art. 14, comma 5, d.lgs. cit., se interpretato nel senso che il divieto contemplatovi operi qualunque sia il valore dell’affidamento diretto ottenuto, contrasterebbe anche con le norme del Trattato dell’Unione Europea di cui agli artt. 18 e ss., 36, 49, 56 e 173, nonché con quanto previsto nei paragrafi 11 e 24 e nell’art. 3, comma 1, della direttiva 22/6/1998 n. 98/30/CE, per cui, sempre in via subordinata, si domanda che venga disposto rinvio pregiudiziale alla Corte di Giustizia ai sensi dell’art. 267 del Trattato.

4) L’Amministrazione ha ritenuto possibile proseguire la gara con la sola Sidigas facendo applicazione della norma contenuta nell’art. 12, comma 1, del d.P.R. n. 252/1998. Tale disposizione, tuttavia, non è applicabile al caso di specie, poiché si riferisce esclusivamente alle gare per l’affidamento di lavori pubblici, e, trattandosi di norma eccezionale, non è suscettibile di interpretazione analogica.

5) L’art. 12 del D.P.R. n. 252/1998 è comunque in contrasto con l’art. 38 del D. Lgs. 12/4/2006 n. 163, e pertanto, avendo natura regolamentare, deve essere disapplicato.

La citata norma secondaria è, inoltre, illegittima in quanto emanata esorbitando dai limiti fissati dall’art. 20 e dall’allegato 1, n. 86, della L. 15/3/1997 n. 59, e per il fatto di violare l’art. 37, comma 9, del d.lgs. n. 163/2006 e gli artt. 76 e 77, comma 1, della Costituzione.

Infine, il combinato disposto degli artt. 12, comma 1, del d.P.R. n. 252/1998, e 37, commi 9 e 19, del d.lgs. n. 163/2006, nella parte in cui impone di escludere dalla gara i raggruppamenti in cui uno dei componenti sia privo dei requisiti di ammissione, ma eccezionalmente consente la partecipazione a chi si associ con un’impresa infiltrata dalla mafia, è contrario all’art. 3 della Costituzione e al fondamentale parametro di ragionevolezza delle norme giuridiche.

6) E’ poi inconferente il richiamo della determinazione impugnata alla norma contenuta nell’art. 37, comma 19, del d. lgs. n. 163/2006, disposizione che opera solo in fase di esecuzione del contratto, e non nel precedente stadio della gara.

In conclusione, ad avviso della ricorrente ad entrambe le ATI doveva essere riservato il medesimo trattamento, e pertanto anche alla CPL Concordia doveva essere consentito di proseguire la gara senza la Fiamma 2000, ammettendola a dimostrare di possedere i requisiti di partecipazione ed invitandola ad assumersi gli obblighi nascenti dall’offerta. In via subordinata, ambedue le ATI avrebbero dovuto essere escluse dalla gara, al fine di riavviare dall’inizio l’intera procedura.

Si costituivano in giudizio in resistenza al ricorso di primo grado il Comune di Iglesias, la Presidenza del Consiglio dei Ministri, la Sidigas e la sua mandante Safab s.p.a..

Quest’ultima proponeva un ricorso incidentale, col quale chiedeva l’annullamento della stessa determinazione 3/2/2011 n. 32 nella parte in cui aveva disposto l’esclusione dell’ATI Sidigas/S.A.F.A.B..

Interveniva in giudizio ad adiuvandum la Fiamma 2000.

All’esito del giudizio il TAR per la Sardegna, con la sentenza n. 1233/2011 in epigrafe :

- dichiarava inammissibile l’intervento in giudizio della Fiamma 2000, in quanto proposto con atto non notificato alle controparti;

- dichiarava inammissibile il ricorso incidentale della Safab, sul rilievo che la medesima avrebbe dovuto gravarsi avverso l’esclusione in via autonoma, come del resto aveva fatto con separato ricorso respinto, però, dallo stesso Tribunale con la sentenza 6/12/2011 n. 1189;

- dichiarava, infine, il ricorso principale inammissibile nella parte in cui rivolto a contestare la decisione dell’Amministrazione di proseguire la gara con la sola Sidigas, e per il resto infondato.

Avverso tale pronuncia la CPL Concordia proponeva quindi il presente appello, sostanzialmente riprendendo le proprie doglianze, domande ed argomentazioni di sostegno, e dolendosi che le stesse fossero state disattese.

Resistevano all’appello il Comune di Iglesias e la Sidigas, che ne deducevano l’infondatezza e ne chiedevano il rigetto;
si costituiva altresì la Presidenza del Consiglio dei Ministri con mero atto di stile.

Le parti sviluppavano ed approfondivano le rispettive tesi con successivi scritti, anche di replica.

Alla pubblica udienza del 13 luglio 2012 la causa è stata trattenuta in decisione.

L’appello è infondato.

1 La Sezione deve soffermare la propria attenzione, in primo luogo, sul punto della sussistenza, o meno, della causa di esclusione opposta all’ATI della CPL Concordia, per essere la sua mandante Fiamma 2000 titolare di un servizio ottenuto in affidamento diretto dal Comune di Sedilo.

1a Come ha ricordato il Tribunale, l’ATI CPL Concordia/Impresa Pellegrini/Fiamma 2000 è stata esclusa dalla gara per violazione del divieto di cui all’art. 14, comma 5, del d.lgs. 23/5/2000 n. 164, che impedisce la partecipazione alle gare per l’affidamento del servizio di distribuzione del gas naturale “ delle società, delle loro controllate, controllanti e controllate da una medesima controllante, che, in Italia o in altri Paesi dell’Unione europea, gestiscono di fatto, o per disposizioni di legge, di atto amministrativo o per contratto, servizi pubblici locali in virtù di affidamento diretto o di una procedura non ad evidenza pubblica ”.

La Fiamma 2000 aveva infatti ottenuto dal Comune di Sedilo l’affidamento del servizio di distribuzione del GPL (attualmente gestito dalla Sarda Reti Gas s.r.l., controllata dalla medesima Fiamma 2000) con delibera consiliare n. 153 del 29 settembre 1999. E questo, secondo la sentenza in epigrafe, senza che l’affidamento del servizio pubblico locale di distribuzione del GPL fosse stato preceduto da alcuna procedura di evidenza pubblica, ma solo da un esame comparativo di tre proposte fatte pervenire al Comune da altrettante imprese.

Donde la valutazione del primo Giudice che l’affidamento del servizio fosse avvenuto in contrasto con quei principi di pubblicità, non discriminazione e libertà di stabilimento delle imprese, derivanti dal diritto comunitario, oltre che dalla disciplina in materia di contratti pubblici, che devono necessariamente essere applicati anche alle concessioni di pubblici servizi, come è stato più volte affermato anche dal Consiglio di Stato (Sez. V , 18 giugno 2001, n. 3213, cui si deve l’indicazione di principio che, non diversamente dalle ipotesi di appalti di lavori o di servizi, anche nel caso di concessione di pubblici servizi il ricorso alla trattativa privata deve ritenersi circoscritto in limiti ristretti e coincidenti con l’impossibilità, per la pubblica amministrazione, di fare ricorso a pubbliche gare in ragione dell’estrema urgenza nel provvedere, ovvero in relazione alla sussistenza di presupposti d’ordine tecnico tali da impedire, se non al prezzo di costi sproporzionati, la ricerca di altre soluzioni basate sul previo confronto concorrenziale;
il T.A.R. ha citato anche Cons. Stato, sez. V, 10 maggio 1999, n. 546).

Si trattava, dunque, dell’affidamento diretto di un servizio pubblico locale, come tale ricadente nell’ambito del divieto di partecipazione previsto dall’art. 14, comma 5, d.lgs. cit., il quale impediva a Fiamma 2000 di partecipare alla gara.

1b La doglianza di fondo mossa dall’appellante al ragionamento sviluppato dal Giudice di prime cure è quella che la concessione del Comune di Sedilo non sarebbe stata affidata alla sua partner “direttamente”, bensì a seguito di un confronto concorrenziale rispettoso dei principi dell’evidenza pubblica.

1c Ancor prima, peraltro, l’appellante si richiama all’intervenuta riforma, da parte di questo Consiglio, con la decisione n. 3697/2011, della sentenza dello stesso T.A.R. Sardegna n. 2293/2010 (attinente ad una diversa gara, indetta da distinto organismo di Bacino), anch’essa relativa alla posizione della Fiamma 2000 presso il Comune di Sedilo, sentenza sulla quale tanto il provvedimento di esclusione dell’ATI capeggiata dalla CPL quanto la pronuncia in epigrafe si erano a suo tempo fondati.

Secondo l’appellante, il venir meno della sentenza del Tribunale n. 2293/2010 vanificherebbe in toto l’appellata pronuncia del medesimo Organo.

In contrario va peraltro subito precisato che la pronuncia d’appello che ha riformato il precedente di primo grado non ha toccato in alcun modo l’attuale thema decidendum (la posizione di Fiamma 2000 presso il Comune di Sedilo), essendosi limitata, in via preliminare, all’accoglimento del ricorso incidentale che era stato allora opposto dalla stessa Fiamma 2000 all’avversaria.

Ciò posto, è immediato osservare che il richiamo fatto dalla pronuncia oggetto del presente scrutinio alla sentenza n. 2293/2010 (in seguito riformata) non ha la valenza che l’odierna appellante vi annette.

Il T.A.R., in occasione della propria nuova pronuncia, non ha assunto a base della medesima gli effetti giuridici del proprio precedente, ma si è semplicemente avvalso delle argomentazioni che nell’occasione erano state svolte, richiamandosi alla vicenda storico-giuridica ivi rappresentata (la concessione rilasciata dal Comune di Sedilo). Da qui l’ininfluenza ai fini di causa della successiva caducazione del precedente del Tribunale così richiamato, la quale non ha per alcun verso smentito la ricostruzione che di quel richiamo costituiva lo specifico oggetto.

1d Occorrendo quindi concentrare l’analisi sulle caratteristiche dell’affidamento disposto dal Comune di Sedilo alla Fiamma 2000, si premette quanto segue.

La causa di esclusione prevista dall’art. 14, comma 5, d.lgs. n. 164 del 2000 è integrata per il sol fatto che sia in corso la gestione di un servizio pubblico locale in virtù di un “ affidamento diretto o di una procedura non ad evidenza pubblica ”.

Il relativo divieto di partecipazione alle gare è correlato, cioè, al fatto obiettivo della titolarità di un affidamento diretto (o comunque non scaturito da una procedura ad evidenza pubblica), indipendentemente da ogni considerazione sulla sua legittimità (Sez. V, 8 ottobre 2011, n. 5495;
1° febbraio 2010, n. 417).

La ratio del divieto, come si vedrà meglio più avanti, si riconduce all’esigenza di tutelare la massima concorrenza tra le imprese, compensando i concreti vantaggi conseguibili dai soggetti affidatari di servizi pubblici ottenuti senza alcun preventivo confronto concorrenziale attraverso una gara pubblica (V, 1° febbraio 2010, n. 417). E tale ratio , conviene sin d’ora evidenziarlo, sarebbe svuotata di gran parte del suo senso logico e pratico qualora l’operatività della norma di divieto fosse limitata ai soli affidamenti ottenuti successivamente alla data di entrata in vigore dello stesso d.lgs. n. 164/1990.

Deve quindi ritenersi, come sostenuto dall’appellata, che unica condizione per l’applicazione del divieto sia quella che l’affidamento diretto sia ancora in corso (e quindi il suo titolare continui a beneficiarne) al momento dell’indizione della nuova gara, indipendentemente dal momento in cui l’affidamento sia stato disposto.

1e Orbene, con il corrente appello si espone : che il Comune di Sedilo, con delibera di Giunta n. 34/1999, dato atto di avere già ricevuto due proposte per la costruzione di un gasdotto locale, aveva espresso la volontà di dotarsi di una rete di distribuzione del GPL. ;
che a seguito di tale delibera, pubblicata nell’albo pretorio comunale, erano pervenute al Comune le offerte tecnico-economiche di tre imprese del settore;
che con successiva delibera n. 153/1999, anch’essa pubblicata nell’albo pretorio, l’Amministrazione aveva, infine, approvato la proposta di Fiamma 2000, fornendo anche le ragioni di tale scelta.

Sulla scorta di questi elementi, l’appellante assume che nella vicenda non sussisterebbero gli estremi dell’anzidetta causa di esclusione, in quanto “ la stessa delibera di affidamento dà atto della valutazione comparativa tra più offerte di soggetti distinti all’esito di una procedura ad evidenza pubblica connotata da adeguata pubblicità (…), da piena trasparenza (…), dalle più ampie garanzie concorrenziali della procedura.

Si sostiene perciò che nell’occasione sarebbero sussistiti tutti i caratteri dell’evidenza pubblica.

1f E’ però doveroso convenire con le difese delle appellate, al contrario, che nella vicenda descritta non risulta essere mai stato emesso, a monte, un bando o lettera di invito;
come pure che la pubblicazione nel solo albo pretorio del Comune di Sedilo di una mera manifestazione di intenti della Giunta municipale non integrava una forma di pubblicità sufficiente a connotare la procedura in termini di “evidenza pubblica”.

Se nella fattispecie, inoltre, vi è stata di fatto una comparazione tra le offerte pervenute, ciò non toglie, però, che l’Amministrazione non si era preventivamente data alcun criterio da seguire nella valutazione delle offerte, il quale potesse anche solo limitare la sua discrezionalità.

Se ne desume che il Comune di Sedilo, nell’occasione, ha proceduto ad una mera trattativa privata (senza, peraltro, far constare la sussistenza di alcuna delle condizioni che avrebbero potuto giustificare una simile scelta), in assenza di adeguata pubblicità e senza criteri preventivi di valutazione.

Non guasta poi ricordare che questa Sezione, al fine di stabilire se una determinata concessione potesse reputarsi attribuita mediante gara ai sensi del –connesso- art. 15, comma 9, dello stesso d.lgs. n. 164/2000, ha escluso che la circostanza che si fossero interpellate otto ditte nell’ambito di una trattativa privata fosse sufficiente per affermare che il Comune aveva svolto effettivamente una gara, da intendersi come “ comparazione concorrenziale delle offerte in base a criteri predeterminati .” (Sez. V, 26 luglio 2010, n. 4873).

Gli aspetti illustrati impongono, dunque, di riconoscere che l’affidamento in corso presso il Comune di Sedilo sia scaturito da una procedura “ non ad evidenza pubblica ”. Ne risulta pertanto integrata la previsione letterale dell’art. 14, comma 5, d.lgs.cit., senza bisogno di scomodare un’interpretazione estensiva della norma, né di trasmodare in una valutazione di merito circa la legittimità delle modalità di affidamento a suo tempo seguite.

1g L’appellante deduce, infine, che prima del 2000 gli affidamenti di concessioni di servizi pubblici non fossero soggetti ai principi comunitari richiamati dal Giudice di primo grado, e che l’affidamento in discussione non sarebbe stato in contrasto neppure con la disciplina nazionale in materia di contratti pubblici. Si è peraltro già osservato che la norma di legge correla la causa di esclusione di cui si tratta al solo fatto obiettivo che sia in corso la gestione di un servizio pubblico locale in virtù di “ affidamento diretto o di una procedura non ad evidenza pubblica ”, indipendentemente da ogni considerazione sulla legittimità di questi ultimi in base alla legge del tempo.

Senza dire, peraltro, che la Sezione ha avuto pure modo di osservare (decisione n. 6763 del 31 dicembre 2008) che non rileva la circostanza che all’epoca per gli affidamenti in questione l’obbligo delle procedure di evidenza pubblica non fosse specificamente previsto, giacché si trattava di principi comunque ricavabili dalla normativa già allora vigente.

Il primo motivo di appello va pertanto disatteso.

2 Né la sussistenza della causa di esclusione appena confermata può essere contestata adducendo l’ininfluenza ratione valoris dell’irrituale affidamento.

2a La ricorrente ha sostenuto che la causa di esclusione canonizzata dall’art. 14, comma 5, d.lgs. cit. non potrebbe operare in modo automatico, ma dovrebbe consentire l’individuazione di soglie di rilevanza degli affidamenti diretti, al di sotto delle quali questi ultimi non potrebbero precludere la partecipazione ai procedimenti di gara, in ossequio ai principi (costituzionali e comunitari) di proporzionalità, parità di trattamento e non discriminazione.

Il Tribunale ha però condivisibilmente disatteso questa interpretazione.

La lettura proposta dall’appellante non trova, infatti, alcun aggancio nel tenore letterale della disposizione, con il quale risulta incompatibile, dal momento che il categorico testo normativo non contempla alcuna soglia minima di rilevanza.

In base alla disposizione la titolarità di un affidamento diretto di un servizio pubblico locale inibisce per ciò stesso, indipendentemente dallo spessore economico del medesimo, la partecipazione alle gare per il servizio pubblico riguardante la distribuzione di gas naturale, essendo preclusa qualsiasi diversa valutazione al riguardo.

La CPL argomenta sulla modestia dell’affidamento conferito alla propria mandante dal Comune di Sedilo, rimarcandone la scarsa incidenza sul fatturato e sul complesso degli affidamenti componenti l’attuale portafoglio di Fiamma 2000, e quindi la non significatività dei suoi effetti (distorsivi) a favore della concessionaria.

E’ stato però giustamente obiettato che un’appropriata valutazione dell’entità della concessione dovrebbe avere riguardo non tanto alla clientela attualmente già “allacciata”, quanto alle potenzialità di espansione commisurate al dato della popolazione residente nel centro abitato (l’acquisizione della clientela è, difatti, graduale). E sotto questo profilo è stato notato che il Comune di Sedilo, contando circa duemilacinquecento abitanti, si colloca in una fascia dimensionale tutt’altro che marginale, per il fatto di racchiudere ben il 60 % dei Comuni italiani.

Da qui la conferma dell’improponibilità dell’interpretazione, patrocinata dalla CPL, sulla “soglia di rilevanza” cui si vorrebbe subordinata l’operatività della causa di esclusione. L’impatto della “forzatura” interpretativa sollecitata (e comunque non permessa dalla lettera della legge) si manifesta infatti notevole. La soglia ipotizzata, per giovare all’appellante, dovrebbe ignorare gli affidamenti -pur diretti, o comunque non scaturiti da una procedura ad evidenza pubblica- di circa il 60 % dei Comuni italiani, pervenendo quindi addirittura ad un sostanziale svuotamento della portata applicativa della norma.

2b Né può riconoscersi pregio ai dubbi ripresentati dall’appellante, in merito alla costituzionalità della norma oppure alla sua compatibilità con il diritto comunitario, per l’eventualità che la stessa non venisse interpretata nei termini che sono stati appena disattesi. Dubbi superati dal primo Giudice osservando che la disposizione in esame, in coerenza con i parametri di diritto costituzionale e comunitario, è diretta, secondo la ratio del legislatore, a garantire la più ampia liberalizzazione del settore, assicurando al suo interno condizioni di reale ed effettiva concorrenzialità, atteso che la partecipazione alle procedure di gara di soggetti titolari di precedenti “ affidamenti diretti ”, quale che sia il loro valore economico, è comunque atta ad alterare la parità di trattamento fra concorrenti, che costituisce caratteristica essenziale dei procedimenti ad evidenza pubblica.

2b1 L’appellante assume, in particolare, che la norma si porrebbe in contrasto con gli artt. 2, 3, 41 e 97 della Carta, per le seguenti ragioni.

CPL si duole che il divieto colpisca indiscriminatamente tutti gli affidatari di servizi pubblici locali, discriminandoli rispetto agli affidatari di servizi di distribuzione del gas naturale, ai quali è fatto un regime transitorio agevolato. Verrebbero, inoltre, ingiustificatamente trattate in modo differente posizioni eguali, quali sarebbero quelle dell’Amministrazione e dell’operatore affidatario. Infine, l’esercizio dell’attività di impresa correlata alla partecipazione alle gare verrebbe sproporzionatamente vanificato per circostanze neutre ed indipendenti dalla volontà degli operatori economici.

2b2 Occorre ricordare, peraltro, che la ratio del divieto in discorso si riconduce alla “ esigenza di tutelare la massima concorrenza tra le imprese, compensando i concreti vantaggi ottenuti dai soggetti affidatari di servizi pubblici ottenuti senza alcun preventivo confronto concorrenziale, realizzato attraverso una gara pubblica ” (V, 1° febbraio 2010, n. 417). La sua finalità, in altre parole, è quella di evitare che società che abbiano beneficiato dell’attribuzione di servizi pubblici in sede locale in assenza di confronto concorrenziale possano avvalersi del conseguente vantaggio competitivo a discapito dei loro concorrenti.

Viene dunque perseguito l’obiettivo di riequilibrare le posizioni delle imprese avvantaggiate dagli affidamenti diretti, a salvaguardia degli operatori che di simili affidamenti non abbiano invece beneficiato.

La norma in esame, essendo pertanto diretta alla tutela delle condizioni di un corretto confronto competitivo, si presenta in linea con le disposizioni interne e comunitarie che proprio la libera concorrenza intendono tutelare. Essa integra, segnatamente, una misura legislativa di promozione della concorrenza, tali essendo quelle « che mirano ad aprire un mercato o a consolidarne l'apertura, eliminando barriere all'entrata, riducendo o eliminando vincoli al libero esplicarsi della capacità imprenditoriale e della competizione tra imprese » (per la definizione Corte Cost., n. 325/2010).

Va tenuto inoltre nel debito conto il fatto che la causa di esclusione posta dall’art. 14, comma 5, del d.lgs. n. 164/2000 per le gare del settore del gas naturale si correla all’analoga previsione recata dall’art. 113, comma 6, del d.lgs. n. 267 del 2000, e più volte modificata, fino all’art. 5 d.l. n. 138 del 2011, che parimenti colpisce, in termini generali, chi abbia in gestione servizi pubblici locali in virtù di affidamento diretto, o comunque in forza di una procedura non ad evidenza pubblica, sancendo per tutta la durata della relativa gestione una preclusione alla partecipazione alle gare in un’area, quella appunto dei servizi pubblici locali, dimostratasi per più ragioni alquanto refrattaria al recepimento di corrette dinamiche concorrenziali.

2b3 Tanto premesso, la Sezione ritiene di dover confermare la valutazione di manifesta infondatezza delle esposte perplessità di ordine costituzionale da essa già espressa in occasione della propria recente decisione n. 1173 del 29 febbraio 2012, allorché ha riscontrato che nel settore del gas naturale il passaggio graduale da un sistema ad un altro, in sede di normativa di transizione, è stato assolto dal legislatore con un meccanismo discrezionale rispetto al quale non emergono lesioni ai principi della concorrenza e della libera iniziativa economica, bensì sono individuabili equilibrati contemperamenti tra le diverse esigenze interferenti nel settore nel periodo transitorio.

Rispetto alle lapidarie affermazioni svolte dall’appellante sul tema è infatti immediato notare (al di là del vizio di fondo del non farsi carico del necessario coordinamento sistematico della norma con l’analoga previsione generale dettata per i servizi pubblici locali): per un verso, quanto alla doglianza dell’ingiustificato trattamento differenziato delle situazioni, asseritamente eguali, dell’Amministrazione e dell’impresa affidataria, che, ferma l’indubbia differenza invece esistente tra le due posizioni, la doglianza di parte non investe, in realtà, la disciplina interna al rapporto giuridico corrente tra i detti soggetti, bensì la norma pubblicistica di esclusione dalle gare, onde la problematica di costituzionalità così ipotizzata si presenta fuori fuoco;
per altro verso, rispetto all’assunto che la partecipazione alle gare (e quindi l’attività di impresa) verrebbe sproporzionatamente vanificata per circostanze neutre ed indipendenti dalla volontà degli operatori, che le suddette circostanze, per quanto si è detto, non sono affatto “neutre” (cfr. anche Corte di Giustizia UE 17 luglio 2008, par. 68, nel senso che la risoluzione anticipata della concessione rilasciata senza procedura di evidenza pubblica “ si inserisce in un'ottica di maggior rispetto del diritto comunitario ”), e neppure sfuggono alla sfera di controllo degli operatori;
né d’altra parte una norma potrebbe essere considerate sproporzionata solo perché rafforza la generale regola pro-concorrenziale (cfr. Corte Cost., n. 325/2010).

Nel prossimo paragrafo 3a si vedrà, infine, la giustificazione razionale che, sorreggendo il regime transitorio agevolato fatto ai soli operatori del gas naturale, impedisce di ritenere arbitraria, e di riflesso censurabile, la relativa limitazione legislativa.

2b4 L’appellante prospetta, inoltre, una pregiudiziale comunitaria.

Sotto questo profilo, essa insiste sul fatto che il divieto partecipativo rappresenta una misura “non derivante” dai principi comunitari e costituzionali, bensì autonomamente introdotta dal legislatore nazionale.

Il fatto, peraltro, che la norma in discussione non costituisca un’applicazione necessitata delle regole comunitarie non toglie che la medesima, come è stato autorevolmente detto dinanzi all’impianto dell’art. 23 bis del d.l. n. 112/2008, possa ben presentarsi quale legittima espressione della discrezionalità legislativa nazionale senza porsi in conflitto con la normativa comunitaria, la quale, in quanto diretta a favorire l’assetto concorrenziale del mercato, costituisce solo un minimo inderogabile per gli Stati membri (Corte Cost., n. 325 del 2010 e n. 24 del 2011).

CPL assume, difatti, che il divieto introdotto dal d.lgs. n. 164/2000 si porrebbe in contrasto con il principio comunitario della tassatività delle cause di esclusione di carattere generale delle direttive sugli appalti. Il fatto è che la stessa pronuncia della Corte di Giustizia richiamata a sostegno dell’assunto (16 dicembre 2008, C- 213/07) precisa quanto segue.

Pur se l’art. 24, primo comma, della direttiva 93/37 deve essere interpretato nel senso che esso elenca, in modo tassativo, le cause fondate su considerazioni oggettive di natura professionale, che possono giustificare l’esclusione di un imprenditore dalla partecipazione ad un appalto pubblico di lavori, tuttavia “ tale direttiva non osta a che uno Stato membro preveda altre misure di esclusione dirette a garantire il rispetto dei principi della parità di trattamento degli offerenti e di trasparenza, purché siffatte misure non eccedano quanto necessario per raggiungere tale obiettivo” (par. 49).

“L’obiettivo principale della direttiva 93/37 è quello di aprire alla concorrenza il settore degli appalti pubblici di lavori. Il fine di tale direttiva è garantire che non sussista un rischio di favoritismi da parte dei pubblici poteri ” (par. 53).

Il coordinamento comunitario delle procedure di aggiudicazione degli appalti pubblici è diretto, in particolare, a escludere il rischio che gli offerenti nazionali siano preferiti nell'aggiudicazione di un appalto e la possibilità che un’autorità aggiudicatrice pubblica si lasci guidare da considerazioni estranee all’appalto in oggetto ” (par. 54).

55 In tale contesto, come osservato dall’avvocato generale al paragrafo 30 delle sue conclusioni, occorre riconoscere a ciascuno Stato membro un certo margine di discrezionalità ai fini dell’adozione di provvedimenti destinati a garantire i principi della parità di trattamento degli offerenti e di trasparenza, i quali, come ricordato al punto 45 della presente sentenza, costituiscono il fondamento delle direttive comunitarie in materia di aggiudicazione degli appalti pubblici.

56 Infatti, ogni Stato membro è nella posizione migliore per identificare, alla luce di considerazioni di ordine giuridico, economico o sociale che gli sono proprie (v., in tal senso, sentenza La Cascina e a., cit., punto 23), le situazioni favorevoli alla comparsa di comportamenti idonei a provocare violazioni del rispetto di tali principi .”

Se ne desume che questo primo profilo della questione pregiudiziale che si vorrebbe veder sollevata è, alla luce della stessa richiamata giurisprudenza della Corte, privo di consistenza (vale, pertanto, il pacifico principio che le giurisdizioni nazionali, le cui decisioni non siano impugnabili secondo l'ordinamento interno, non sono tenute all'obbligo del rinvio pregiudiziale alla Corte europea ove la disposizione comunitaria di cui è causa abbia già costituito oggetto d'interpretazione da parte della Corte, oppure ove non sussistano reali dubbi sulla sua interpretazione: v. ad es. C.d.S., VI, 27 novembre 2006, n. 6914;
Corte giust. 26 novembre 1998, C. 7\97;
6 ottobre 1982, C. 283\81).

Per quanto si è appena visto, quindi, in tema di cause di esclusione esiste una discrezionalità dei singoli Stati membri.

E’ in re ipsa , inoltre, che qualsivoglia “misura di esclusione” introducibile nell’esercizio della suddetta discrezionalità dal singolo Stato non potrebbe non comprimere in qualche modo, per chi ne fosse colpito, le libertà comunitarie di cui l’appellante ipotizza una lesione.

Il punto, allora, è quello del correttezza dell’uso della discrezionalità legislativa nazionale fatto nel singolo caso concreto (“ purché siffatte misure non eccedano quanto necessario per raggiungere tale obiettivo ”: CG 16 dicembre 2008 cit.).

Stante la discrezionalità riconosciuta su questo terreno agli Stati interessati, si impone pertanto il rilievo dell’insufficienza delle ulteriori considerazioni svolte dalla CPL a supporto della pregiudiziale da essa proposta, affinché si possa considerare integrata un’ipotesi di conflitto dotata di una minimale consistenza tra norma nazionale e regole comunitarie, della quale investire la Corte di Giustizia.

Al riguardo ci si limita, difatti, al seguente, apodittico asserto: “ Il divieto presenta altresì carattere manifestamente anticoncorrenziale. E’ infatti evidente che la prescrizione di un divieto di partecipazione correlato ad affidamenti senza gara nell’intero territorio della Comunità Europea non consente l’apertura del mercato alla concorrenza, ma, anzi, determina effetti opposti in quanto viene scoraggiata e vietata la partecipazione di qualsiasi operatore, anche estero, che gestisca affidamenti legittimi sulla base della norma nazionale regolatrice .”

Laddove, al di là della gracilità di base che mina in partenza un simile assunto, vale notare che con quest’ultimo, da un lato, si predica solo aprioristicamente l’anticoncorrenzialità della norma statale, astenendosi deliberatamente dal prenderne in considerazione almeno per un istante la ratio ;
dall’altro, nell’affermare che la norma vieterebbe la partecipazione “ di qualsiasi operatore … che gestisca affidamenti legittimi ”, se ne travisa la portata, che è nel senso di escludere, invece, gli operatori che abbiano beneficiato di affidamenti diretti, o comunque al di fuori di procedure di evidenza pubblica;
infine, viene introdotto un thema , quello appunto dello scoraggiamento dell’operatore che “ gestisca affidamenti legittimi ”, che non è dato comprendere quale rilevanza possa avere nell’economia della controversia e nell’interesse della stessa parte, atteso che la legittimità dell’affidamento ottenuto da Fiamma 2000, che è ben lungi dal potersi dire accertata, non costituisce neppure oggetto della controversia (nel senso che ai fini del rinvio occorre che la questione interpretativa sollevata sia munita di rilevanza in relazione al thema decidendum sottoposto all'esame del giudice nazionale cfr. Cass. 2 aprile 2007 n. 8095;
C.d.S., VI, 9 febbraio 2011 n. 896).

La Sezione non ritiene, per quanto detto, che l’appellante abbia offerto elementi argomentativi della minimale consistenza e pertinenza necessarie a giustificare la rimessione di una questione interpretativa di diritto comunitario dinanzi alla Corte di Giustizia.

3 Passando ad un ulteriore motivo di gravame, l’appellante ha invocato anche in questa sede l’applicabilità della normativa transitoria di cui ai commi 5 e 10 dell’art. 15 del d.lgs. n. 164/2000.

Il comma 10 dell’articolo, in particolare, dispone che “ I soggetti titolari degli affidamenti o delle concessioni di cui al comma 5 del presente articolo possono partecipare alle gare indette a norma dell'articolo 14, comma 1, senza limitazioni ”.

3a In proposito il Tribunale ha correttamente osservato, tuttavia, che gli affidamenti e le concessioni cui ha riguardo il comma 5 sono solo quelli riguardanti “ l’attività di distribuzione del gas ” naturale, atteso che l’ambito di operatività del d.lgs. n. 164/2000 è proprio quello del “ mercato interno del gas naturale”.

Va rilevato, infatti, che l’art. 15, pur riferendosi testualmente al “gas” tout court , senza riprodurre la specificazione di “naturale”, fa inequivocabile riferimento, per il fatto di proporsi di delineare il “ Regime di transizione nell’attività di distribuzione ”, e con il menzionare quest’ultima, all’attività di “ distribuzione di gas naturale ”, la quale è la materia di cui specificamente si occupa il precedente art. 14, che ne detta la disciplina a regime.

Ne consegue che, come ritenuto dal primo Giudice, il comma 10 dell’art. 15, nell’accordare ai titolari degli affidamenti o concessioni di cui al comma 5, in deroga alla causa di esclusione dettata dall’art. 14, comma 5, la possibilità di partecipare alle gare indette a norma dell'articolo 14, comma 1, vale per i soli esercenti la distribuzione del gas naturale (nel senso che il d.lgs. n. 164 del 2000 disciplina una specifica fonte energetica, e cioè il gas naturale, in attuazione della normativa europea di cui alla direttiva 98/30/CE, si è espressa anche la Corte costituzionale con la decisione n. 246 del 2006).

Questa Sezione ha invero già avuto modo (decisione 29 febbraio 2012 n. 1173) di disattendere la tesi che la normativa transitoria si applicherebbe, oltre che alle affidatarie del servizio di distribuzione del gas naturale, anche a tutte le società che gestiscono altri servizi pubblici.

Nell’occasione, sul piano dell’interpretazione letterale del dato normativo è stato osservato quanto segue. “ La deroga in questo senso riguarda l’ammissione, in fase di transizione, alle gare ex art. 14 comma 1 dei titolari di attività di distribuzione del gas, sulla base di affidamenti e di concessioni in essere alla data di entrata in vigore del d.lgs. n. 164/2000. In questo contesto la deroga appare destinata solo a consentire agli attuali gestori di settore di partecipare alle gare pubbliche, ove la detta titolarità sia stata comunque conseguita, anche al di fuori di una gara pubblica. In questa prospettiva, l’art. 15 comma 10 ha delimitato il perimetro soggettivo della deroga : il che, come rilevato dal TAR, porta a ritenere che la deroga non possa valere laddove il soggetto partecipante (o una sua controllata o controllante) risulti essere gestore di servizi diversi da quello della distribuzione del gas. Per il criterio restrittivo della interpretazione di norme derogatorie in questo perimetro va racchiuso l’inciso, del tutto generico, “senza limitazioni” contenuto nell’art.15 comma 10 e, tra l’altro, non correlato in modo testuale all’art.14 comma 5 .”

Nella stessa occasione, sul piano logico e finalistico, la Sezione ha condiviso la tesi “ che l’art. 15 comma 10 mira solo a non estromettere i titolari delle vecchie concessioni del gas, non a favorire i diretti affidatari di molteplici servizi pubblici locali, diversi ed ulteriori rispetto alla distribuzione del metano;
scopo dell’art. 15 non è quello di consolidare posizioni di privilegio dei titolari di affidamenti diretti di servizi pubblici, consentendo ampliamenti di mercato per le imprese operanti nei servizi pubblici locali, bensì solo quello di accompagnare gli operatori del gas naturale nella transizione verso la piena affermazione del modello competitivo.

La “ratio” è quella, che appare coerente con i principi comunitari e costituzionali , di consentire un passaggio graduale in via transitoria, dal vecchio al nuovo sistema, per tutelare il mercato del gas, così come esso si era formato in precedenza.

Pertanto, se questa è la “ratio” della norma, è evidente che la deroga non può che riguardare esclusivamente quelle società che avevano ottenuto l’affidamento senza gara del solo servizio di distribuzione del gas ” (così, appunto, la decisione della Sezione 29 febbraio 2012 n. 1173;
analogamente, nel senso che “ la deroga in esame non si estende a tutti i servizi pubblici locali diversi dalla distribuzione del gas ” la Sezione si era già espressa con la decisione 8 ottobre 2011 n. 5495).

Gli operatori del gas naturale, cui profitta la detta norma transitoria, trovano difatti nella medesima una sorta di fattore compensativo dello svantaggio, loro imposto, della riduzione della durata originariamente prevista per i loro affidamenti, entro i limiti del periodo transitorio regolato dallo stesso art. 15.

3b L’appellante, nondimeno, deduce che l’affidamento della distribuzione di GPL ottenuto dalla Fiamma 2000 presso il Comune di Sedilo dovrebbe essere equiparato a quelli relativi alla distribuzione di gas naturale.

La disciplina comunitaria e nazionale (art. 1, comma 2 bis. d.lgs. n. 164), però, lungi dall’avallare l’idea della possibilità di generalizzate equiparazioni in questa materia, limita l’equiparabilità al gas naturale delle altre tipologie di gas subordinandola alla ricorrenza del presupposto che i gas diversi “ possano essere iniettati nel sistema del gas naturale e trasportati attraverso tale sistema senza porre problemi di ordine tecnico o di sicurezza ”.

E la sussistenza di tale preciso presupposto (energicamente contestata dall’appellata, che ha posto in luce l’ontologica diversità delle due fonti di energia) non è stata dimostrata dall’appellante, come sarebbe stato invece suo onere fare.

Sono rimaste, inoltre, prive di sostanziale confutazione le analitiche deduzioni svolte dall’appellata sulle differenze di caratteristiche tecniche e regolatorie che separano i due gas.

L’appellante si diffonde, piuttosto, sulla possibile esistenza di situazioni “miste”. Queste però non valgono, fintanto che esista una separazione tra le due rispettive reti (per la fornitura del gas naturale e del GPL), a dimostrare la possibilità per i due gas di coesistere nello stesso sistema di trasporto (le fattispecie miste soggiaceranno, quindi, al regime normativo proprio della loro componente prevalente).

La stessa conclusione vale, inoltre, quando, pur esistendo un’unica rete, la separazione tra i due gas sia assicurata da una netta cesura temporale. E questo è il caso della gara oggetto di controversia, per la quale è semplicemente prevista l’eventualità che, fino alla disponibilità effettiva del gas naturale, la rete possa essere adibita, medio tempore , alla trasmissione di gas diversi dal primo. Una cosa, infatti, è l’astratta compatibilità della rete con più gas, ed altra è la possibilità – rimasta qui indimostrata -, per il GPL, di essere iniettato e trasportato nel sistema del gas naturale senza problemi di ordine tecnico o di sicurezza.

Poiché non è stato dimostrato, infine, che l’affidamento attribuito a Fiamma 2000 dal Comune di Sedilo presentasse, a norma di contratto, le medesime caratteristiche di quello posto ad oggetto della gara in controversia, anche l’argomento che fa leva sull’asserita identità delle due operazioni deve essere disatteso.

3c Quanto precede conferma che Fiamma 2000, quale titolare presso il Comune di Sedilo di un affidamento diretto per la distribuzione di GPL, non potesse beneficiare della norma derogatoria di cui all’invocato art. 15, comma 10, d.lgs. n. 164, insuscettibile di estensione analogica (né vale invocare in contrario la pronuncia della Corte Costituzionale n. 413 del 2002, che, pur enunciando che “ a tutti i soggetti è attribuita tale facoltà di partecipazione nel periodo transitorio ”, si riferiva con ciò ai soli operatori del settore, senza riguardo alle ulteriori categorie per cui opera il divieto dell’art. 14).

3d Il primo Giudice ha poi osservato che la conclusione indicata non era intaccata nemmeno dalle norme contenute nei commi 1 e 4 dell’art. 23 del D.L. 30/12/2005, n. 273 (conv. in L. 23/2/2006, n. 51), che introducevano proroghe a concessioni ed affidamenti aventi sempre ad oggetto il (solo) gas naturale. Ed anche questa valutazione può essere sostanzialmente condivisa.

Invero, tanto con riferimento al comma 10 bis dell’art. 15 del d.lgs. n. 164/2000, quanto rispetto all’art. 23, comma 4, d.l. n. 273/2005, si deve notare che tali previsioni, pur facendo richiamo ai finanziamenti di cui all’art. 9 della legge n. 266/1997, riguardano unicamente la durata del periodo transitorio, prolungandola, senza nel contempo dilatare la platea dei soggetti beneficiari del comma 10 dell’art. 15.

Le norme hanno difatti entrambe riguardo alle concessioni/affidamenti per il (solo) gas naturale/metano. Le stesse non giovano, quindi, all’appellante, la cui mandante ha in corso la gestione di una rete di GPL.

3e La medesima conclusione vale per il richiamo che l’appellante fa all’art. 46-bis, comma 4 bis, del d.l. n. 159/2007.

La norma stabilisce che “ A decorrere dal 1° gennaio 2008, alle gare di cui al comma 1 del presente articolo si applicano, oltre alle disposizioni di cui all'articolo 15, comma 10, del decreto legislativo 23 maggio 2000, n. 164, anche le disposizioni di cui all'articolo 113, comma 15-quater, del testo unico delle leggi sull'ordinamento degli enti locali, di cui al decreto legislativo 18 agosto 2000, n. 267, che si intendono estese a tutti i servizi pubblici locali a rete ”.

L’appellante assume apoditticamente che questa previsione avrebbe “ chiarito che possono partecipare alla gara per la distribuzione di gas naturale anche i soggetti che siano stati affidatari diretti di altri servizi pubblici locali ”, in quanto avrebbe “ esteso l’operatività dell’art. 15, co. 10 d.lgs. 164/2000 a tutti i servizi pubblici locali a rete ”.

Ora, pur dovendosi riconoscere che non è agevole intendere con sicurezza la portata di questa ulteriore norma, è peraltro immediato osservare che la conclusione sostenuta dalla CPL non solo è carente di supporto letterale, ma fa dire al precetto legislativo, in pratica, l’inverso di quanto lo stesso recita.

Il precetto in esame, infatti, non ha esteso a “ tutti i servizi pubblici locali a rete ” l’operatività dell’art. 15, co. 10 d.lgs. 164/2000 (come sostiene l’appellante), bensì, testualmente, quella dell'articolo 113, comma 15-quater, del d.lgs. 18 agosto 2000, n. 267. E quest’ultimo articolo, per quanto qui interessa, reca(va) una analoga norma di divieto di partecipazione alle gare per gli affidatari diretti della generalità dei servizi pubblici locali, nel quadro di un regime che, non meno rigorosamente, ammette(va) un temperamento limitato alla possibilità di partecipare, medio tempore , alle sole c.d. prime gare “ aventi ad oggetto i servizi forniti dalle società partecipanti alla gara stessa ”, con deroga da ritenere ristretta alle società che gestivano i servizi oggetto della gara dietro affidamento diretto da parte della stessa Amministrazione che la gara indiceva (Sez. V, n. 1651 del 22 marzo 2010;
né il discorso potrebbe ribaltarsi a favore dell’appellante passando a considerare la disciplina generale dei servizi pubblici locali dell’art. 23 bis d.l. n. 112 del 2008 : la Sezione, in proposito, con la decisione n. 640 del 7 febbraio 2012, ha ricordato che l’eccezione al divieto fatto agli affidatari diretti di partecipare alle gare riguardava le sole prime gare per l’affidamento, mediante procedura competitiva ad evidenza pubblica, dello “ specifico servizio già a loro affidato ”).

Ne consegue che neppure dall’art. 46-bis, comma 4 bis, d.l. n. 159/2007 può trarsi la legittimazione di Fiamma 2000 a partecipare alla gara in discussione in deroga all’art. 14, comma 5, d.lgs. n. 164.

4 Il primo Giudice ha respinto, a suo tempo, anche il rilievo della CPL per cui il divieto di partecipazione alla gara imputabile a Fiamma 2000 non avrebbe potuto comunque portare all’esclusione dell’intero raggruppamento.

La ricorrente sosteneva che in applicazione dell’art. 37, comma 9, del Codice dei contratti pubblici si sarebbe dovuto consentire agli altri componenti dell’ATI (la stessa CPL Concordia e l’Impresa Pellegrini) di proseguire autonomamente la gara, ove in possesso di tutti i richiesti requisiti, previa “estromissione” della mandante.

Sul punto, il Tribunale si è però richiamato all’orientamento giurisprudenziale per cui un eventuale recesso della componente di un raggruppamento nel corso della procedura di gara non potrebbe valere a sanare ex post una situazione di ostacolo all'ammissione alla gara esistente, al momento dell'offerta, per una causa di esclusione riguardante proprio la recedente (il TAR ha richiamato Cons. Stato, V Sez., 28/9/2011 n. 5406 e 10/9/2010 n. 6546;
A. P., 15/4/2010, n. 2155;
VI Sez., 16/2/2010 n. 842).

Una diversa soluzione ermeneutica, infatti, impedendo il controllo sui requisiti di ammissione delle imprese recedenti, consentirebbe l’elusione delle prescrizioni legali che impongono il possesso dei requisiti stessi in capo ai soggetti del raggruppamento all’atto della scadenza dei termini per la presentazione delle domande di partecipazione (cfr. IV Sez., 12/10/2010 n. 7440).

E la puntuale motivazione così svolta dal primo Giudice, in linea del resto con la successiva, recente pronuncia dell’Adunanza Plenaria di questo Consiglio n. 8 del 4 maggio 2012, non è stata specificamente censurata dall’appellante, che si è invece concentrata sulla critica alla decisione dell’Amministrazione di ritenere possibile proseguire la gara con la Sidigas.

Questo capo di decisione non forma pertanto oggetto del presente gravame (cfr. la pag. 40 dell’appello).

5 L’appellante ripropone dunque -come si diceva- le proprie doglianze avverso la decisione della Stazione appaltante di proseguire la gara con la (sola) Sidigas, sempre che questa avesse dimostrato di possedere da sola i requisiti di partecipazione e si fosse dichiarata disponibile ad assumere in proprio tutti gli obblighi nascenti dalla concessione.

Ad avviso della CPL, l’esclusione di tutti i partecipanti avrebbe dovuto condurre all’indizione di una nuova procedura.

5a In proposito, il Tribunale ha fatto però esattamente notare (con rilievo che sarebbe stato possibile anche d’ufficio) che il relativo procedimento non era ancora concluso nemmeno sotto il profilo dell’ammissione specificamente contestata, poiché l’Amministrazione aveva semplicemente stabilito di “ riprendere il procedimento di gara ” invitando la Sidigas “ ad assumersi direttamente … l’esecuzione degli obblighi discendenti dal procedimento di gara e della concessione di che trattasi ”, e riservandosi di verificare nei confronti della medesima la sussistenza dei prescritti requisiti di ordine generale e speciale (verifica che la difesa dell’appellata riferisce essere ancora oggi incompiuta, in quanto l’Amministrazione avrebbe arrestato la propria procedura subito dopo).

Per la parte in questione l’atto era, quindi, privo di immediata efficacia lesiva, per essersi il Comune limitato a riconoscere a favore della Sidigas una mera “possibilità” (condizionata nei termini sopra detti) di proseguire da sola nella procedura.

Per pacifica giurisprudenza, inoltre, l’atto non era di per se stesso suscettibile di impugnazione anche per il fatto che il procedimento di gara nel suo insieme era ancora in itinere .

5b Alle lineari considerazioni del primo Giudice va soggiunto, infine, che la conclusione dell’inammissibilità di queste ultime censure della CPL si impone anche per la concorrente ragione che l’appellante risulta ormai legittimamente esclusa dalla gara.

Valgono allora, come eccepito ex adverso , le indicazioni che l’Adunanza Plenaria di questo Consiglio ha delineato sul tema dell’interesse strumentale a ricorrere in materia di gare con la decisione n. 4/2011, allorché, nel più ampio contesto di un riesame dei rapporti tra ricorso principale ed incidentale nella stessa materia, è stato puntualizzato:

- che l’esame delle questioni preliminari deve sempre precedere la valutazione del merito della domanda attorea;

- che il vaglio delle condizioni e dei presupposti dell’azione, comprensivo dell’accertamento della legittimazione ad agire e dell’interesse al ricorso, deve essere saldamente inquadrato nell’ambito delle questioni pregiudiziali;

- che, salve particolari eccezioni individuate in coerenza con il diritto comunitario (che qui non rilevano), la legittimazione al ricorso in tema di affidamento di contratti pubblici spetta solo al soggetto che abbia legittimamente partecipato alla procedura selettiva.

L’Adunanza Plenaria ha altresì insegnato, sotto quest’ultimo aspetto, che la mera partecipazione (c.d. di fatto) ad una gara non è sufficiente per attribuire la legittimazione al ricorso, poiché la situazione legittimante deriva da una qualificazione di carattere normativo, che postula il positivo esito del sindacato sulla ritualità dell’ammissione del soggetto ricorrente alla procedura selettiva. Pertanto, la definitiva esclusione, oppure l’accertamento dell’illegittimità della partecipazione alla gara, impediscono di assegnare al concorrente la titolarità di una situazione sostanziale che lo abiliti ad impugnare l’esito della procedura selettiva. Ed il positivo riscontro della legittimazione al ricorso, sempre secondo le puntualizzazioni dell’Adunanza, è necessario tanto per far valere un interesse, cd. finale, al conseguimento dell’appalto, quanto per perseguire un interesse meramente strumentale diretto alla caducazione dell’intera gara e alla sua riedizione.

5c Né ha pregio l’argomento dell’appellante per cui la prosecuzione della gara con la sola Sidigas sarebbe valsa a “trasformare” la procedura in una trattativa privata con un solo operatore, con conseguente legittimazione di essa CPL (anche alla luce della decisione dell’Adunanza Plenaria appena ricordata) ad impugnarne l’indizione in qualità di “operatore del settore”.

Vale al riguardo l’obiezione avversaria che la qualificazione di un procedimento in termini di procedura aperta, ristretta o negoziata discende dalle modalità della sua impostazione, e dalla disciplina ad esso allora impressa, senza che possa all’uopo rilevare il dato di fatto solo estrinseco del numero delle ditte ammesse a partecipare in concreto (cfr. l’art. 55 comma 4 d.lgs. n. 163 del 2006).

5d Anche l’ultimo capo della sentenza in epigrafe così esaminato risulta, pertanto, meritevole di conferma.

6 Per le ragioni esposte l’appello deve essere dunque respinto.

Si ravvisano, tuttavia, ragioni tali da giustificare la compensazione tra le parti delle spese processuali del presente grado di giudizio.

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