Consiglio di Stato, sez. VI, sentenza 2017-12-13, n. 201705863

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Sul provvedimento

Citazione :
Consiglio di Stato, sez. VI, sentenza 2017-12-13, n. 201705863
Giurisdizione : Consiglio di Stato
Numero : 201705863
Data del deposito : 13 dicembre 2017
Fonte ufficiale :

Testo completo

Pubblicato il 13/12/2017

N. 05863/2017REG.PROV.COLL.

N. 00916/2012 REG.RIC.

REPUBBLICA ITALIANA

IN NOME DEL POPOLO ITALIANO

Il Consiglio di Stato

in sede giurisdizionale (Sezione Sesta)

ha pronunciato la presente

SENTENZA

sul ricorso numero di registro generale 916 del 2012, proposto da:
Comune di Carate Urio, in persona del sindaco p.t., rappresentato e difeso dall'avvocato B B, con domicilio eletto presso il suo studio in Roma, via Vittoria Colonna, 40;

contro

C M R, M T, G M, rappresentati e difesi dall'avvocato L S, con domicilio eletto presso lo studio Giammarco Grez in Roma, corso Vittorio Emanuele II, 18;

nei confronti di

Ministero per i Beni e le Attività Culturali - Sopraintendenza per i beni architettonici e per il paesaggio di Milano, in persona del legale rappresentante p.t., rappresentato e difeso per legge dall'Avvocatura Gen.Stato, domiciliata in Roma, via dei Portoghesi, 12;

per la riforma

della sentenza del T.A.R. LOMBARDIA - MILANO: SEZIONE II n. 02654/2011, resa tra le parti, concernente approvazione definitiva del piano di recupero di un fabbricato.


Visti il ricorso in appello e i relativi allegati;

Visti gli atti di costituzione in giudizio di C M R e di M T e di G M e di Ministero per i beni e le attività culturali - Sopraintendenza di Milano;

Viste le memorie difensive;

Visti tutti gli atti della causa;

Relatore nell'udienza pubblica del giorno 16 novembre 2017 il Cons. O M C e uditi per le parti gli avvocati Tocci in delega di Bianchi, E. Romanelli in delega di Spallino, e dello Stato Saulino.;

Ritenuto e considerato in fatto e diritto quanto segue.


FATTO e DIRITTO

1. È appellata la sentenza del Tribunale amministrativo regionale per la Lombardia, sez. II, n.2654/2011 d’accoglimento del ricorso proposto, in qualità di comproprietari d’immobile nel Comune di Carate Urio, dai sig.ri C M R, M T, G M avverso la deliberazione del Consiglio Comunale n. 18 dell’8 settembre 2008, avente ad oggetto l’approvazione definitiva del piano di recupero di un fabbricato limitrofo alla loro proprietà, laddove consentiva l’innalzamento di un piano, con conseguente privazione di veduta del lago.

2. Con motivi aggiunti il gravame è stato esteso al nulla osta paesistico.

3. Avverso il piano di recupero, i ricorrenti deducevano una pluralità di censure, fra le quali la violazione dell’art 5 delle N.T.A. in tema di distanze.

In particolare, lamentavano che la sopraelevazione dell’edificio fronteggiante, realizzata tramite l’ampliamento e la sostituzione della torretta preesistente, violava le distanze dai confini e dagli edifici.

4. Il T.A.R., assorbite le altre censure, respinte le eccezioni d’irricevibilità e d’improcedibilità spiegate dal Comune, accoglieva il gravame.

Con l’affermazione che “è evidente che la torretta è stata ampliata e sostituita da un nuovo piano, violando la distanza dai confini e dagli edifici” la quale vincola “tutti gli interventi edilizio, ancorché definiti come ristrutturazione, che comportino l’ampliamento di edifici all’esterno della sagoma esistente” i giudici di prime cure accoglievano il motivo d’impugnazione.

5. Appella la sentenza il comune di Carate Urio. Resistono i sig.ri C M R, M T, F M (quest’ultimo in qualità di unico erede del sig. G M) i quali, a loro volta, spiegano appello incidentale per la riforma parziale della sentenza del TAR, limitatamente alla parte in cui ha assorbito i motivi di doglianza proposti in primo grado. Si è costituito in giudizio il Ministero per i Beni e le Attività Culturali.

5.Alla pubblica udienza del 26.11.2017 la causa, su richiesta delle parti, è stata trattenuta in decisione.

6. Con i motivi d’appello, il Comune – oltre a (ri)proporre l’eccezione d’improcedibilità dell’impugnazione dedotta in prime cure sul rilievo che la sopravvenuta approvazione del Piano di governo del territorio, destinato a sostituire il previgente P.R.G., imprimendo una nuova pianificazione del tessuto rubano, avrebbe fatto venir meno l’interesse al gravame – lamenta l’errore di giudizio in cui sarebbe incorso il T.A.R. omettendo di valutare l’applicabilità delle regole in materia di distanze tra edifici di cui all’art 9, comma 1, n. 1) D.M. 1444/1968.

6.1 In particolare la norma richiamata, sottolinea il Comune, deroga alla disciplina generale in materia di distanze tra edifici qualora un diversa e peculiare disciplina – specificamente dettata dall’esigenza di soddisfare interessi pubblici legati al governo del territorio – sia prevista dai piani particolareggiati o dalle lottizzazioni convenzionali, ossia da strumenti urbanistici attuativi, ivi compreso il piano di recupero di cui si discute.

7. L’appello è infondato.

In limine va respinta l’eccezione d’improcedibilità dell’impugnazione riproposta dal Comune appellante.

Il Piano di governo del territorio, quale strumento urbanistico generale, non è abilitato a modificare ex se la disciplina generale in tema di distanze, poiché, come espressamente riconosciuto dalla stesso Comune nel motivo d’appello, in forza della disciplina appena richiamata, la deroga alle distanze è riservata ai soli strumenti urbanistici attuativi.

Sicché il nuovo strumento di pianificazione generale del territorio in apicibus non è abilitato a dettare una disciplina in tema di distanze diversa da quella preesistente che radica l’interesse al gravame.

8. Nel merito, l’intervento realizzato consistente nella sopraelevazione, ampliamento e sostituzione della torretta preesistente si sostanzia in realtà – anziché in una ristrutturazione – in una nuova costruzione.

8.1 La distinzione tra ristrutturazione edilizia e interventi di nuova costruzione riposa sull’art. 3 del d.P.R. 380/2001. La norma definisce come ristrutturazione edilizia quegli interventi volti ad una trasformazione mediante un insieme sistematico di opere che possono portare ad un organismo edilizio in tutto o in parte differente dal precedente: essi comprendono il ripristino o la sostituzione di alcuni elementi costitutivi dell’edificio fra i quali l’eliminazione, la modifica e l’inserimento di nuovi elementi o impianti.

Sono invece definiti in via residuale interventi di nuova costruzione, quelli di trasformazione edilizia e urbanistica del territorio non rientranti nelle altre categorie definite dal citato articolo.

8.2 Alla luce del disposto normativo gli interventi di demolizione e ricostruzione con identità di volumetria e di sagoma rispetto all’edificio preesistente s’inquadrano nell’ambito delle opere di ristrutturazione.

Viceversa, qualora – come nel caso in esame – l’intervento non rispetti la sagoma dell’edificio preesistente, intesa come la conformazione planovolumetrica della costruzione e il suo perimetro considerato in senso verticale e orizzontale, si configura un intervento di nuova costruzione e non di ristrutturazione edilizia.

A corollario, consegue la necessaria applicazione della disciplina sulle distanze ritenuta precettiva e inderogabile.

8.3 All’intervento di nuova costruzione non s’applica infatti la deroga invocata dal Comune: ai sensi dell’art 9, comma 1, n. 1, del D.M. n. 1444/1968 nel caso di nuova costruzione anche in zona omogenea A, va rispettata la distanza minima assoluta di dieci metri di cui all’art. 9, comma 1, n 2, del D.M. cit. (cfr., da ultimo, Cons. Stato, sez. VI, 21 novembre 2017 n. 5040).

8.4 Sotto altro profilo – sebbene la Corte costituzionale abbia stabilito che “la deroga alle distanze minime potrà essere contenuta, oltre che in piani particolareggiati o di lottizzazione, in ogni strumento urbanistico equivalente sotto il profilo della sostanza e delle finalità, purché caratterizzato da una progettazione dettagliata e definita degli interventi” (cfr., da ultimo, Corte cost. n. 41 del 2017;
Corte Cost. n. 6 del 2013) – non va passato sotto silenzio che l’edificio dei ricorrenti appellati (sito in Carate Urio, via Diaz 4) non è affatto ricompreso nel perimetro delle aree e degli edifici ivi insistenti, inclusi nel piano di recupero.

8.5 Il carattere speciale della disciplina dettata dal piano di recupero fa sì che la sua attuazione debba essere circoscritta ai soli interventi in esso ricompresi, ossia agli edifici inclusi nel suo perimetro, e non a quelli che, come il manufatto dei ricorrenti appellati, sono allogati all’esterno del piano.

9. Conclusivamente l’appello principale deve essere respinto.

10. Consegue l’improcedibilità, per sopravvenuta carenza d’interesse, dell’appello incidentale c. d. condizionato.

11. Le spese di lite del presente grado di giudizio sono compensate nei confronti del Ministero in ragione della sua sostanziale estraneità ai vizi che hanno dato causa all’annullamento dell’atto, mentre fra le altre parti, come liquidate in dispositivo, seguono la soccombenza.

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