Consiglio di Stato, sez. IV, sentenza 2019-01-14, n. 201900306
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Testo completo
Pubblicato il 14/01/2019
N. 00306/2019REG.PROV.COLL.
N. 00388/2018 REG.RIC.
REPUBBLICA ITALIANA
IN NOME DEL POPOLO ITALIANO
Il Consiglio di Stato
in sede giurisdizionale (Sezione Quarta)
ha pronunciato la presente
SENTENZA
sul ricorso numero di registro generale 388 del 2018, proposto dal Ministero dell’Interno, in persona del legale rappresentante
pro tempore
, rappresentato e difeso dall’Avvocatura Generale dello Stato, presso cui domicilia
ex lege
in Roma, via dei Portoghesi, 12;
contro
il signor G P, rappresentato e difeso dagli avvocati G G e F D, con domicilio digitale come da PEC da Registri di Giustizia e domicilio eletto presso lo studio del secondo in Roma, via Dandolo n. 19/A;
per la riforma
della sentenza del Tribunale Amministrativo Regionale per il Lazio, n. 10706/2017;
Visto il ricorso in appello con i relativi allegati;
Visto l’atto di costituzione in giudizio del signore G P;
Visti gli atti tutti della causa;
Relatore alla pubblica udienza del giorno 6 dicembre 2018 il Cons. Silvia Martino;
Uditi, per le parti rispettivamente rappresentate, gli avvocati G G e l’avvocato dello Stato Pietro Garofoli;
Ritenuto e considerato in fatto e diritto quanto segue.
FATTO e DIRITTO
1. Con ricorso proposto innanzi al TAR per il Lazio il signor G P, Assistente Capo della Polizia di Stato, esponeva di essersi candidato per la carica di consigliere circoscrizionale del IV Municipio del Comune di Roma Capitale alle consultazioni amministrative del 5 giugno 2016.
Lo stesso non era poi risultato eletto.
Con nota n. 333-D/75655 del 17 novembre 2016, notificata in data 21 novembre 2016, gli veniva comunicato il suo trasferimento, ai sensi dell’art. 53 del d.P.R. n. 335/1982, dalla Direzione centrale per i Servizi tecnico-logistici per la Gestione del Patrimonio – Ufficio “ Attività contrattuale per l’Informatica, gli Impianti tecnici e le Telecomunicazioni ”, ubicato in Roma, via Castro Pretorio n. 5 (nel territorio del Municipio III), dove prestava servizio, alla Questura di Roma – Commissariato di Albano Laziale.
Detta nota veniva impugnata innanzi al TAR, unitamente alla Circolare ministeriale n. 333-A/9801.G.D.8 del 6.4.1995, interpretativa della richiamata norma.
I motivi articolati in primo grado erano i seguenti:
1) Violazione e/o falsa applicazione degli artt. 3, 7 e 10 della legge n. 241/1990 - violazione e/o falsa applicazione dell’art. 53 del d.P.R. n. 335/1982 – eccesso di potere per difetto di istruttoria e carenza di motivazione .
Nella memoria endoprocedimentale, prodotta dal ricorrente a seguito di comunicazione di avvio del procedimento, lo stesso aveva rilevato l’assenza dei presupposti per disporre il trasferimento in questione e in subordine aveva chiesto la destinazione più consona a coniugare le esigenze di servizio con le incombenze familiari.
Il provvedimento di trasferimento gravato era privo di motivazione, non essendo riportate le ragioni del trasferimento stesso nonché i motivi per i quali si era derogato al criterio della vicinitas , disponendo il trasferimento al Commissariato di Albano;in tal modo sarebbero state poste nel nulla le garanzie partecipative;
2) Violazione e/o falsa applicazione dell’art. 53 del d.P.R. n. 335/1982 – eccesso di potere per travisamento ed erronea valutazione dei fatti, difetto di istruttoria, manifesta ingiustizia e illogicità, violazione del principio di proporzione, disparità di trattamento .
La ratio della norma in esame sarebbe quella di evitare interferenze tra attività politica e quella di polizia e in più in generale di garantire l’imparzialità nello svolgimento delle funzioni pubbliche.
Il ricorrente evidenziava, al riguardo, che l’ufficio presso il quale prestava servizio era privo di competenza territoriale, non espletando attività operativa esterna, ed inoltre che egli si era candidato per il IV Municipio di Roma Capitale, mentre detto ufficio ricadeva nell’ambito territoriale del II Municipio.
L’interesse tutelato dalla norma de qua non avrebbe potuto neppure astrattamente essere messo in pericolo dalla permanenza all’interno del territorio del Comune di Roma.
Secondo la circolare, pure censurata, la norma farebbe riferimento alle articolazioni di cui si compone l’organizzazione periferica dell’amministrazione della pubblica sicurezza (ambiti territoriali regionali o interregionali, interprovinciali, comunali o subcomunali).
Essa precisa altresì che “ all’espressione circoscrizione non può darsi altro significato che quello elettorale previsto dalle varie leggi che disciplinano le elezioni politiche ed amministrative ” e che “ occorre che sia preso in considerazione […] l’ambito territoriale su cui si estende la competenza dell’Ufficio ove l’interessato presta servizio e raffrontare detto ambito territoriale con quello della circoscrizione elettorale ”;“ per individuare l’esatto ambito della circoscrizione elettorale si richiama l’attenzione sulla necessità di fare riferimento […] alle ripartizioni del territorio di ciascun Ente individuate ai fini dei procedimenti elettorali ovvero al territorio compreso nel collegio elettorale per il quale viene presentata la singola candidatura […] pertanto si procede al trasferimento del dipendente candidato ogni qualvolta il territorio del comune sede dell’ufficio coincide in tutto o in parte o, comunque, rientra nell’ambito della circoscrizione (rectius: collegio) elettorale considerata ”.
Alla luce di tali previsioni si sarebbe dovuto procedere al trasferimento del sig. P soltanto qualora l’ufficio di provenienza fosse stato dotato di operatività esterna e si fosse trovato nella medesima circoscrizione elettorale oggetto della candidatura, vale a dire il Municipio IV.
Illogicamente la Circolare avrebbe previsto invece che “ per quanto concerne gli uffici privi di competenza territoriale o per i quali l’ambito territoriale ha rilievo ai soli fini dell’organizzazione interna dell’Amministrazione, la valutazione in ordine all’eventuale incompatibilità dovrà avvenire, riferendo l’ambito territoriale del collegio ove è avvenuta la candidatura al territorio del comune ove è ubicato l’ufficio ”.
Conseguentemente si sarebbe attuata una disparità di trattamento. Diverso sarebbe ad esempio il caso del dipendente che – in occasione delle medesime consultazioni amministrative – si sia candidato a Roma alla carica di consigliere comunale, alla cui votazione ed elezione è chiamata a partecipare l’intera cittadinanza.
Egli sarebbe destinatario del medesimo provvedimento (trasferimento presso una sede ubicata al di fuori del Comune di Roma) notificato al ricorrente il quale, tuttavia, a differenza del primo, avrebbe potuto svolgere attività politica soltanto nel limitato perimetro del IV Municipio (peraltro estraneo all’ufficio di appartenenza).
Il ricorrente proponeva poi motivi aggiunti avverso il provvedimento n. 333-D/75655 del 14.12.2016, con cui veniva disposto il trasferimento, affidandolo alle doglianze già articolate con il gravame introduttivo, sopra riportate, chiedendo altresì, in subordine all’annullamento, l’accertamento del diritto ad ottenere l’indennità di trasferimento prevista dall’art. 1 della legge n. 86/2001.
La disposizione citata prevede la corresponsione di un’indennità in favore del personale delle Forze armate e delle Forze di Polizia in caso di trasferimento d’autorità ad altra sede di servizio sita in un Comune diverso da quello di provenienza.
Articolava altresì una ulteriore doglianza avverso la motivazione secondo cui l’accoglimento dei suoi rilievi avrebbe determinato “ una palese ed ingiustificata disparità di trattamento ” tra coloro che prestano servizio negli uffici privi di rilevanza esterna e coloro che, invece, prestano servizio presso uffici/reparti operativi.
Nessuna disparità di trattamento avrebbe potuto configurarsi, giacché le situazioni prese in esame sono, per l’appunto, differenti, e quindi altrettanto differente deve essere il loro trattamento giuridico.
In altre parole sarebbe stata proprio l’amministrazione che, interpretando la norma come applicabile a tutti gli uffici, indipendentemente dalla loro tipologia e trascurando le obiettive differenze che intercorrono fra gli stessi, avrebbe finito per sottoporre irragionevolmente al medesimo trattamento fattispecie affatto diverse, tradendo la stessa ratio della disposizione in esame.
L’odierno appellato evidenziava poi, nel primo ricorso per motivi aggiunti, che l’amministrazione, disattendendo la preferenza da lui manifestata per la sede di Ciampino, era incorsa nella violazione dell’art. 53 del d.P.R. n. 335 del 1982, nella parte in cui essa afferma il principio della vicinitas, in forza del quale il dipendente « deve essere trasferito nella sede più vicina, compatibilmente con la qualifica rivestita ».
Sul punto, invero, nel provvedimento impugnato si legge soltanto che “ dalla comparazione delle dotazioni organiche degli uffici proposti dall’Amministrazione e richiesti dal dipendente emerge una maggiore carenza organica del Commissariato di P.S. di Albano (Roma) ”.
L’amministrazione aveva tenuto conto solo ed esclusivamente delle proprie esigenze, senza tenere in minima considerazione quelle, di carattere eminentemente familiare, manifestate dal Sig. P in sede procedimentale.
L’amministrazione avrebbe dovuto motivare un’eventuale scelta di segno diverso specificando le ragioni per cui vi sarebbe stata incompatibilità tra la sede più vicina e la qualifica rivestita dal dipendente.
2. Il TAR, con ordinanza n. 1429 del 22 marzo 2017, accoglieva la domanda cautelare, proposta col ricorso introduttivo e con i primi motivi aggiunti.
Stante l’inerzia dell’amministrazione nel dare esecuzione a quest’ultimo provvedimento giurisdizionale, su istanza del ricorrente, con ordinanza collegiale n. 6810 del 9.6.2017 ordinava l’esecuzione della predetta ordinanza cautelare n. 1429/2017 con obbligo in capo all’amministrazione di disporre il rientro del sig. P presso la precedente sede di servizio.
Nelle more dell’adozione dell’ordinanza n. 6810/2017, con provvedimento datato 1 giugno 2017, notificato il 9 giugno 2017, l’amministrazione “ rivalutava in autotutela ” la posizione del dipendente e lo trasferiva all’Ufficio di Polizia di Frontiera presso l’Aeroporto di Campino.
Il relativo provvedimento veniva impugnato con un secondo ricorso per motivi aggiunti, nel quale venivano dedotti i seguenti vizi:
1A) Nullità per violazione ed elusione dell’ordinanza del T.a.r. del Lazio n. 1429 del 22.3.2017 – violazione dell’art. 3 della legge n. 241/1990, motivazione apparente - eccesso di potere per travisamento, illogicità manifesta e carenza dei presupposti .
Con il provvedimento gravato col secondo ricorso per motivi aggiunti l’amministrazione aveva disposto un nuovo trasferimento in altra sede, che non era previsto nell’ordinanza cautelare n. 1429/2017, avendo questa stabilito l’obbligo, per la stessa, di disporre il rientro del ricorrente presso la precedente sede di servizio. Non vi sarebbe stata quindi alcuna ragione per rivalutare in autotutela la posizione del ricorrente;
2A) Violazione e/o falsa applicazione dell’art. 53 del d.P.R. n. 335/1982 – eccesso di potere per travisamento, illogicità ed erronea valutazione dei fatti - violazione del principio di parità di trattamento e manifesta ingiustizia .
L’altro motivo che stava alla base del provvedimento impugnato era poi viziato da una falsa interpretazione del disposto dell’art. 53 del d.P.R. n. 335 del 1982, quella stessa denunciata nel ricorso introduttivo e che già affliggeva il provvedimento annullato in autotutela
Il ricorrente si era candidato, senza essere eletto, quale consigliere circoscrizionale per il IV Municipio di Roma. L’interesse tutelato dalla norma non avrebbe potuto in alcun modo essere messo a “rischio” dalla permanenza del ricorrente all’interno della precedente sede di servizio.
La Direzione Centrale dei Servizi Tecnico-Logistici della Gestione Patrimoniale, oltre a non avere alcuna competenza operativa esterna, non ricade neppure nello stesso perimetro circoscrizionale del IV Municipio, essendo collocata nell’ambito del III Municipio.
Analoghi rilievi venivano reiterati avverso la circolare del Ministero dell’Interno n. 333-A/9801.G.D.8 del 6.4.1995, che, travisando gli scopi fondamentali della legge, imporrebbe un sacrificio al ricorrente in nome di una formalistica interpretazione del quadro normativo di riferimento.
3. Con ordinanza n. 3735 del 19.7.2017, il TAR accoglieva la domanda cautelare proposta con quest’ultimo gravame.
Nella resistenza del Ministero dell’Interno, accoglieva poi, nel merito, ricorso principale e motivi aggiunti, annullando i provvedimenti di trasferimento disposti e, in parte qua , la circolare ministeriale.
4. La sentenza è stata appellata dal Ministero dell’Interno che ha articolato i mezzi di gravame che possono essere così sintetizzati:
- contrariamente a quanto ritenuto dal primo giudice, nel caso di specie l’amministrazione ha legittimamente ritenuto che gli ambiti circoscrizionali elettorali non coincidano con quelli territoriali dei municipi e, coerentemente con questo presupposto, è al territorio di tutto il Comune di Roma che si è fatto riferimento per ottemperare ai dettami dell'art. 53 del d.P.R. n. 335 /82;risulta pertanto indifferente che il dipendente svolga il proprio servizio presso uffici con competenze territoriali o meno;
- la normativa di cui all’art 53 del d.P.R. n. 335/82 riguarda tutti gli appartenenti alla Polizia di Stato, e si applica ovunque gli appartenenti prestino servizio;
- come noto, alcuni grandi Comuni, con almeno 250.000 abitanti, hanno l’obbligo di istituire le circoscrizioni;per queste città la candidatura in una elezione amministrativa comunale prende come riferimento territoriale il territorio dell'intero comune e pertanto all’incompatibilità di cui all’art 53 del d.P.R. n. 335 del 1982 si ovvia soltanto destinando il candidato ad una sede lavorativa sita fuori del territorio comunale;
- per le elezioni dei Municipi in cui è articolato per statuto il Comune di Roma Capitale, non è stata coniata una norma diversa da quella dell’art 53 DPR 335/82;
- le circoscrizioni comunali disciplinate dall’art. 13 della legge 8 giugno 1990, n. 142 sull’ordinamento delle autonomie locali, ora confluito nell'art. 17 del d.lgs. n. 267/2000, non sono enti locali, in quanto prive di personalità giuridica, ma organi del Comune seppur complessi e dotati di autonomia. In occasione delle elezioni amministrative, non essendo prevista una ulteriore ripartizione in circoscrizioni elettorali, l’elezione del Consiglio di zona avviene contestualmente alle elezioni del Consiglio comunale, nell’ambito di un’unica circoscrizione elettorale.
Pertanto, anche relativamente alla candidatura del ricorrente si è fatto riferimento all'intero territorio comunale di Roma, pur se la candidatura è avvenuta per una specifica circoscrizione;
- la finalità della norma citata è quella di “ sottrarre l'attività di polizia ad influenze politiche improprie ed anche di garantire l'imparzialità di tale attività ” (così il Consiglio di Stato con parere n. 2271/90, in merito all'interpretazione dell’art. 53 del d.P.R. 335/82), non potendosi prescindere dal divieto fissato nel 1° e 2° comma dell'art. 53 “ neppure nei casi in cui l’ambito territoriale, al quale la competenza del dipendente si riferisce, abbia un rilievo ai soli fini dell'organizzazione interna dell'amministrazione ”;
- l’aspetto della competenza territoriale dell'ufficio è stato messo in rilievo nella giurisprudenza del Consiglio di Stato nella diversa ipotesi in cui, pur non coincidendo la circoscrizione elettorale col territorio del comune sede dell’ufficio, quest’ultimo estenda competenza anche alla circoscrizione elettorale o a parte di essa. L'attuale modus operandi , disciplinato con la circolare impugnata dal ricorrente ha consentito, finora, un’applicazione univoca della norma, scevra da qualsiasi discrezionalità in ordine all'opportunità di procedere o meno al trasferimento del dipendente che sceglie di candidarsi alle elezioni politiche o amministrative, garantendo, inoltre, imparzialità e parità di trattamento nei confronti di tutti i dipendenti coinvolti.
Detta circolare, infatti, è nata proprio dall'esigenza di uniformare e rendere noti a tutto il personale i criteri adottati dall’amministrazione, in attuazione dei principi delineati dal Consiglio di Stato in materia di trasferimenti ai sensi della normativa in discussione.
L’amministrazione censura poi anche i rilievi mossi dal TAR nei confronti del provvedimento di trasferimento adottato a seguito della prima ordinanza cautelare, con il quale ha deciso di ritirare il primo provvedimento impugnato trasferendo il dipendente presso l’Ufficio Polizia di Frontiera Aerea di Ciampino (peraltro richiesta dallo stesso dipendente), ufficio che, pur facendo salvi i vincoli imposti all’amministrazione dall’art. 53 del d.P.R. 335/82, gli permette di far fronte alle proprie esigenze personali e familiari.
5. Si è costituito, per resistere, il sig. P, facendo rilevare quanto segue.
L’interpretazione proposta e fatta propria dal T sarebbe coerente con la ratio della disposizione in esame poiché, nella fattispecie, non vi sarebbe alcun rischio di interferenza tra funzioni di polizia e attività politica.
Una diversa interpretazione della disposizione di cui all’art. 53 del d.P.R. n. 335 del 1982 sarebbe priva di giustificazione nonché sospetta di illegittimità costituzionale.
Per quanto riguarda l’ “elusione” del giudicato cautelare la sentenza avrebbe poi fatto applicazione dei noti principi elaborati dalla giurisprudenza di questo Consiglio di Stato richiamati nel secondo ricorso per motivi aggiunti (cfr., in particolare, Cons. St., Sez. V, 7 giugno 2013, n. 3133).
Ad ogni modo, quand’anche il provvedimento non fosse stato nullo, esso era comunque affetto dagli stessi vizi che inficiano la legittimità del provvedimento impugnato con il ricorso introduttivo e con il primo ricorso per motivi aggiunti, poiché anch’esso è stato adottato in violazione dell’art. 53 del d.P.R. n. 335 del 1982.
Sarebbe comunque irragionevole che, con riferimento agli uffici privi di competenza territoriale, la valutazione della incompatibilità debba essere effettuata, come stabilito dalla impugnata circolare, “ riferendo l’ambito territoriale del collegio ove è avvenuta la candidatura al territorio del comune ove è ubicato l’ufficio ” poiché in tal modo si sottopone ad un trattamento irragionevolmente più rigoroso proprio il personale rispetto al quale si pone con minore intensità l’esigenza di evitare interferenze tra attività di polizia e attività politica.
6. In via subordinata, il signor P ha riproposto la domanda di accertamento del diritto ad ottenere l’indennità di trasferimento prevista dall’art. 1 della l. n. 86 del 2001 .
7. L’appello, infine è stato assunto in decisione alla pubblica udienza del 6 dicembre 2018.
8. L’appello è fondato.
Al riguardo, valga quanto segue.
9. Ai sensi dell’art. 53 del d.P.R. n. 335 del 24 aprile 1982, “ Il personale di cui al presente decreto legislativo, candidato alle elezioni politiche ed amministrative, non può prestare servizio per tre anni nell’ambito della circoscrizione nella quale si è presentato come candidato ” (comma 1).
In particolare, “ Il personale non può prestare servizio nella circoscrizione ove è stato eletto per tutta la durata del mandato amministrativo o politico, e, comunque, per un periodo non inferiore a tre anni, e deve essere trasferito nella sede più vicina, compatibilmente con la qualifica rivestita ” (comma 2)
La nozione generica di “circoscrizione” cui la disposizione fa riferimento identifica la circoscrizione con il territorio entro i cui confini è estesa la competenza dell’organo politico o amministrativo da eleggere e si svolge la competizione elettorale (cfr. Cons. Stato, sez. IV, 6 maggio 2010, n. 2654).
In tale nozione non rientrano le circoscrizioni di decentramento comunale in quanto, come sottolineato dall’amministrazione, esse sono mere articolazioni dell’unico Ente (il Comune) cui le elezioni si riferiscono, né tanto meno le stesse rilevano autonomamente come “ collegi ” o “ circoscrizioni elettorali ”.
L’interpretazione letterale delle citate disposizioni trova poi conforto in quella logico – sistematica.
Esse, infatti, mirano a salvaguardare il prestigio dell’amministrazione che potrebbe essere compromesso dalla prosecuzione del servizio in un ufficio ricadente nel medesimo ambito territoriale (coincida quest’ultimo con il territorio di una città o con una sua più limitata articolazione) da parte di un dipendente che, in quanto collegato a formazioni politiche, nelle cui liste si è candidato, possa essere anche solo sospettato di parzialità o partigianeria.
La scelta legislativa mira ad un equo contemperamento tra il diritto di esercizio delle funzioni elettive e l’esigenza di evitare interferenze tra l’attività di servizio e il mandato amministrativo o politico (ovvero anche la sola candidatura), nonché ad evitare il determinarsi di condizioni di privilegio o di possibile influenza nel rispetto del principio di uguaglianza tra i cittadini (cfr. Cons. Stato, sez. III, 26 settembre 2014, n. 4861).
Sotto il profilo testé evidenziato, nella fattispecie, è pertanto irrilevante la circostanza - su cui si è basato l’accoglimento dell’impugnativa in primo grado - che l’ufficio presso cui l’appellato presta servizio sia ubicato in un Municipio del Comune di Roma diverso da quello per il quale è stata presentata la candidatura e che non operi direttamente sul territorio.
E’ poi evidente il vizio logico della tesi propugnata dal ricorrente in primo grado ed avallata dal TAR.
Gli uffici dell’amministrazione centrale, proprio perché privi di una specifica competenza territoriale, svolgono funzioni che, potenzialmente, possono avere effetti su tutto o parte del territorio nazionale, ivi compresa la circoscrizione elettorale (così come precedentemente definita) entro la quale il dipendente svolge attività politica.
10. L’accoglimento dell’appello comporta la necessità di stabilire quale, tra i provvedimenti di trasferimento disposti dall’amministrazione nel caso di specie, riacquisiti efficacia.
Occorre infatti ricordare che il trasferimento del signor P presso l’Ufficio Polizia di Frontiera Aerea di Ciampino, impugnato con i secondi motivi aggiunti, non è stato adottato al mero fine di dare esecuzione alle statuizioni cautelari del TAR bensì costituisce una spontanea, esplicita forma di resipiscenza dell’amministrazione la quale, originariamente, non aveva considerato che il trasferimento deve avvenire nella sede più vicina “ compatibilmente con la qualifica rivestita ” (art. 53, comma 2, del d.P.R. n. 335 del 1982, cit.).
In sostanza, il provvedimento impugnato con i secondi motivi aggiunti costituisce anche una, peraltro esplicita, forma di autotutela e quindi di annullamento d’ufficio del primo provvedimento di trasferimento del signor P presso il Commissariato di Albano Laziale, oggetto del ricorso principale e dei primi motivi aggiunti.
Ne deriva che questi ultimi, nella parte impugnatoria, debbono essere dichiarati improcedibili per sopravvenuta carenza di interesse.
10.1 Residua la domanda, articolata in via subordinata, di accertamento del diritto ad ottenere l’indennità di trasferimento di cui all’art. 1 della l. n. 86 del 2001, riproposta dall’appellato che, tuttavia, è palesamente infondata.
L’indennità di cui trattasi è finalizzata a compensare i disagi derivanti dai trasferimenti d’autorità, cui non può assimilarsi un temporaneo allontanamento dall’originaria sede di servizio che consegue non già ad esigenze funzionali ed operative dell’amministrazione bensì costituisce un atto dovuto al verificarsi dei presupposti di legge (Cons. Stato, Sez. IV, 4 settembre 1996, n. 1019).
11. L’esito del contenzioso, e la parziale, reciproca soccombenza inducono a compensare integralmente tra le parti le spese del doppio grado di giudizio.