Consiglio di Stato, sez. II, sentenza 2021-11-19, n. 202107741

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Sul provvedimento

Citazione :
Consiglio di Stato, sez. II, sentenza 2021-11-19, n. 202107741
Giurisdizione : Consiglio di Stato
Numero : 202107741
Data del deposito : 19 novembre 2021
Fonte ufficiale :

Testo completo

Pubblicato il 19/11/2021

N. 07741/2021REG.PROV.COLL.

N. 08513/2014 REG.RIC.

REPUBBLICA ITALIANA

IN NOME DEL POPOLO ITALIANO

Il Consiglio di Stato

in sede giurisdizionale (Sezione Seconda)

ha pronunciato la presente

SENTENZA

sul ricorso numero di registro generale 8513 del 2014, proposto da
M C, rappresentato e difeso dagli avvocati A B, A I L, con domicilio eletto presso lo studio A B in Roma, via Pistoia, 6;

contro

Comune di Civitanova del Sannio, non costituito in giudizio;

nei confronti

Fisco G, rappresentata e difesa dall'avvocato G P, con domicilio eletto presso lo studio Srl Placidi in Roma, via Barnaba Tortolini 30;

per la riforma

della sentenza del Tribunale Amministrativo Regionale per il Molise (Sezione Prima) n. 00394/2014, resa tra le parti, concernente la reiezione dell’istanza di annullamento della D.I.A. presentata dalla controinteressata Fisco.


Visti il ricorso in appello e i relativi allegati;

Visto l'atto di costituzione in giudizio di Fisco G;

Visti tutti gli atti della causa;

Relatore nell'udienza pubblica del giorno 16 novembre 2021 il Cons. Carmelina Addesso e uditi per le parti l’Avv. Biamonte Alessandro e l’Avv. Scarano Stefano, in sostituzione dell'Avv. Papa Giacomo;

Ritenuto e considerato in fatto e diritto quanto segue.


FATTO

1. Il signor Ciarniello Michelangelo chiede la riforma della sentenza n. 394/2014 del 20/06/2014 con cui il Tribunale Amministrativo Regionale per il Molise, sezione prima, ha respinto il ricorso avverso il provvedimento prot. n. 2685 datato 24.8.2011 con cui il Comune di Civitanova del Sannio (IS) comunicava che l’intervento edilizio oggetto della d.i.a., presentata dalla signora Fisco G per un ampliamento di fabbricato per civile abitazione in piazza

XXIV

Maggio (prot. n. 4113 del 7.12.2010) rientrava tra quelli assentiti dalla normativa regionale in materia di urbanistica e governo del territorio nonché avverso il provvedimento prot. n. 2775 datato 5.9.2011, con il quale il Comune medesimo comunicava alla controinteressata l’avvio del procedimento, invitandola a formulare le proprie osservazioni, a fronte della diffida inviata dal sig. Ciarniello per l’esercizio, da parte dell’ente, dell’attività di vigilanza in materia urbanistico-edilizia.

1.1 Deduce l’appellante di essere proprietario di un immobile sito in Civitanova del Sannio (IS), Piazza Pianese, contraddistinto in Catasto Urbano al Fgl. n. 32, Particella n. 319, in posizione antistante l'immobile di proprietà della sig.ra Fisco sito in Piazza

XXIV

Maggio, contraddistinto in Catasto al Fgl. n. 32, Particelle n. 320 sub 2 e n. 321 sub 1 e 2, e ricadente in una zona classificata "B" dal "Programma di Fabbricazione”.

1.2 Sull’immobile di proprietà della controinteressata veniva realizzato, in forza di DIA prot. n. 4113 del 7.12.2010, un intervento di demolizione, ricostruzione e sopraelevazione al fine di migliorarne la condizione abitativa e la sicurezza sismica e per ridurne il fabbisogno energetico.

1.3 L’odierno appellante, a seguito di accesso agli atti, sollecitava il Comune all’esercizio dell’attività di vigilanza che gli competeva in materia urbanistico -edilizia, ritenendo violate le distanze minime previste dall’art 9 D.M. 1444/1968, in quanto la distanza tra le pareti finestrate della sua proprietà e le pareti dell'edificio oggetto della pratica edilizia era di soli 3,20 metri, e, quindi, inferiore ai 10 metri previsti dal decreto.

1.4 Con nota prot. n. 2685 datata 24.8.2011 - a cui faceva seguito la nota prot. n. 2775 del 5.9.2011 di comunicazione di avvio del procedimento e richiesta di notizie indirizzata alla controinteressata Fisco- il Comune di Civitanova del Sannio respingeva l’istanza del ricorrente volta a sollecitare l’esercizio, da parte del comune, dell’attività di vigilanza di cui all’art 27 d.p.r. 380/2001, rilevando che l’intervento assentito con DIA era conforme alla normativa regionale e al Piano Casa (art 2 comma 5 l.r. 30/2009).

1.5 Con ricorso al TAR Molise n. 00346/2011 REG.RIC, il sig. Ciarniello impugnava i sopra indicati provvedimenti, chiedendone l’annullamento.

1.6 Il TAR respingeva il ricorso, con compensazione delle spese, rilevando:

- la distanza inferiore ai 10 metri tra le pareti finestrate e le pareti degli edifici antistanti era preesistente all’intervento assentito con D.I.A;

-la distanza prevista dall’art 9 d.m. 1444/1968 si applica solo ai nuovi edifici, categoria nel cui ambito non poteva rientrare l’intervento in questione, alla luce di quanto sancito dall’art 2, comma quinto, della L.R. n. 30/2009, come modificato dalla successiva L.R. n. 21/2011, che prevede che << gli ampliamenti in sopraelevazione degli edifici esistenti non configurano la fattispecie di nuova costruzione, al fine del calcolo delle distanze tra edifici… >>.

2. Con ricorso in appello notificato in data 9 ottobre 2014, il sig. Ciarniello ha impugnato la sentenza di primo grado sulla scorta dei seguenti motivi:

1) Error in iudicando — Violazione e falsa applicazione dell'art. 41 quinquies della L. n. 1150/1942 e dell'art. 9 del D.M. n. 1444/1968 — Erronea applicazione della L.R. n. 30/2009 sul c.d. PIANO CASA.

Deduce l’appellante che la sentenza impugnata avrebbe dovuto considerare come inderogabile la disciplina in materia di distanze di cui all'art. 9 del D.M. n. 1444/1968, e ciò indipendentemente dalle norme sul c.d. "Piano casa". L'opera realizzata e descritta nella relazione tecnica-illustrativa di asseverazione del progettista dimostrava, infatti, che non si trattava di un semplice ampliamento, ma di una demolizione e ricostruzione " ex novo " di una costruzione a tre piani, con sagoma di ingombro del nuovo edificio diversa da quella preesistente, attraverso la creazione di nuove finestre e balconi, ed aumento di volumetria, oltre ad un rilevante innalzamento di altezza della struttura, portandola a tre piani.

2) Error in iudicando — Eccesso di potere per carenza assoluta di istruttoria — Travisamento dei fatti — Violazione ex art. 117 della Cost. — Sviamento — Erroneità dei presupposti di fatto e di diritto.

Il TAR ha errato nel ritenere non assolto l’onere della prova relativo allo stato dei luoghi, in quanto la descrizione dello stato dei luoghi risultava chiaramente da tutti gli allegati depositati e richiamati negli atti processuali del ricorso di primo grado.

2.1 In data 4 febbraio 2015 si è costituita l’appellata sig.ra G Fisco, instando per la reiezione del ricorso. Deduce, in particolare, la controinteressata che gli edifici di proprietà delle parti del presente giudizio non sono mai stati caratterizzati da una distanza pari o superiore a 10 mt. In particolare, a seguito di permesso di costruire n. 11 del 2004, non impugnato dall’appellante, erano stati realizzati un balcone aggettante e corpo di fabbrica sporgente – c.d. corpo scala- che hanno fissato le distanze con la proprietà Ciarniello a meno di un metro rispetto al balcone e a mt 3,47 – mt 3,50 rispetto al corpo di fabbrica. Deduce, altresì, che l’appellante, in pendenza del presente giudizio, non ha abitato l’immobile di sua proprietà (¼ piano primo dell’immobile distinto in catasto al foglio n.32, particella n. 319) che fronteggia quello in contestazione né avrebbe potuto in quanto, come dimostra l’ordinanza di demolizione n. 703 adottata dal Comune di Civitanova del Sannio il 06.09.2021, l’immobile de quo non ha i requisiti per l’abitabilità/agibilità ex D.M. 5 luglio 1975.

2.2 Il Comune di Civitanova Sannio non si è costituito in giudizio.

2.3 Le parti hanno depositato memorie e documenti, insistendo nelle rispettive difese.

2.4 All’udienza del 16 novembre 2021, previa discussione orale, la causa è stata trattenuta in decisione.

DIRITTO

3. In via preliminare, il Collegio esamina l’eccezione di inammissibilità del ricorso per difetto di specificità dei motivi di impugnazione sancito dall’art. 101 c.p.a. e per difetto di interesse ad appellare, avanzata dalla difesa di parte appellata nella memoria del 15 ottobre 2021. Deduce l’appellata che l’unica questione devoluta al Giudice di appello è quella relativa alla natura dell’intervento assentito tramite DIA che l’appellante qualifica come nuova costruzione, mentre nessuna censura specifica viene proposta avverso il capo della sentenza che ha riconosciuto che, già prima del contestato intervento, non esisteva tra le proprietà la distanza di 10 metri prevista dall’art. 9 D.M. n. 1444 del 1968, circostanza che ha determinato la reiezione del ricorso;
rileva, altresì, che l’inammissibilità dell’appello discende da due ulteriori profili afferenti, da un lato, al fatto che la distanza tra le due proprietà era stata ulteriormente ridotta, già prima dell’intervento assentito con DIA, a seguito di opere realizzate con permesso di costruire n. 11 del 2004, non impugnato dall’appellante, e, dall’altro lato, alla mancanza del requisito di agibilità/abitabilità ex D.M. 5 luglio 1975 di parte dell’immobile di proprietà dell’appellante.

3.1 L’eccezione è infondata, in quanto trasferisce sul piano del preliminare vaglio di ammissibilità del ricorso questioni che riguardano, invece, la fondatezza nel merito.

3.2 Il ricorso in appello contiene censure sufficientemente specifiche, con cui l’appellante lamenta, da un lato, la mancata qualificazione dell’intervento come “nuova costruzione” ai fini del rispetto delle distanze di cui all’art 9 D.M. 1444/1968, di cui afferma l’inderogabilità da parte del legislatore regionale, e, dall’altro lato, il mancato esame, da parte del giudice di primo grado, dello stato dei luoghi, così come emergente dagli elaborati tecnici e dalla documentazione fotografica depositata in giudizio. Una volta assolto all’onere di specifica formulazione, il contenuto dei motivi (la cui redazione deve comunque rispondere ai canoni di chiarezza e sinteticità ex art. 3, comma 2, c.p.a.) impinge il merito dell’appello e deve essere esaminato in quella sede.

3.3 Quanto ai dedotti profili di difetto di interesse ad appellare, gli stessi involgono, del pari, questioni di merito (la rilevanza delle distanze preesistenti e delle caratteristiche della proprietà antistante) e devono essere ugualmente esaminati in sede di vaglio di fondatezza dell’appello.

3.4 Per le ragioni sopra indicate l’eccezione è infondata e deve essere respinta.

4. Sempre in via preliminare, deve essere esaminata l’eccezione di inammissibilità della documentazione depositata in data 6 ottobre 2021 dalla difesa di parte appellata, eccezione avanzata dall’appellante con memoria del 15 ottobre 2021.

4.1 Anche tale eccezione è infondata, trattandosi di documentazione, in parte, già prodotta in primo grado e, in parte, sopravvenuta in pendenza del giudizio (ordinanza di demolizione n. 703 del 2021 e correlato elaborato inerente al solaio da demolire: doc. n.ri 10 e 11 delle produzioni depositate dalla difesa Fisco in data 6/10/2021). In ogni caso, la documentazione è irrilevante ai fini dell’esame del merito del ricorso, per le ragioni che verranno esposte in prosieguo.

5. Nel merito l’appello è fondato.

5.1 Con i due motivi di appello, che possono essere esaminati congiuntamente stante l’omogeneità delle censure, l’appellante lamenta l’erroneità della sentenza impugnata nella parte in cui ha ritenuto, in applicazione dell’art. 2, comma 5, della L.R. n. 30/2009 (c.d. Piano Casa), che l’intervento assentito con DIA prot. n. 4113 del 7.12.2010 potesse essere realizzato in deroga alla distanza di 10 metri prevista dal D.M. 1444/1968, non essendo qualificabile come nuova costruzione. Per contro, la normativa nazionale sulle distanze non è suscettibile di deroga da parte del legislatore regionale, rientrando nell’ambito della competenza esclusiva dello Stato in materia di ordinamento civile di cui all’art 117 comma 2 lett. l) Cost. Per altro verso, contrariamente a quanto ritenuto dal TAR, la descrizione dello stato dei luoghi risultava chiaramente desumibile per tabulas da tutti gli allegati depositati e richiamati negli atti processuali.

5.2 I motivi sono fondati.

6. Sul piano fattuale, la posizione delle due proprietà per cui è causa risulta chiaramente sia dalla documentazione tecnica afferente all’intervento assentito con DIA e depositata, oltre che in primo grado, anche in grado di appello (produzione di parte appellante del 11.10.2014: relazione tecnica-illustrativa di asseverazione del progettista;
planimetria catastale;
piante-prospetti-sezione) che da quella fotografica depositata dalle parti in primo grado (e da parte appellata anche in grado di appello).

6.1 Dagli atti di causa emerge che:

- le due proprietà affacciano su un cortile interno di proprietà privata, racchiuso nelle particelle catastali interessate dall'intervento (Particella n. 319, Foglio 32 e Particella n. 320, Foglio 32);

-la distanza tra la parete finestrata della proprietà Ciarniello e la parete della proprietà Fisco, oggetto dell’intervento, è pari a metri 3,22, distanza preesistente all’intervento per cui è causa;

-l’intervento si è sostanziato nell’ampliamento, con sopraelevazione, del fabbricato di proprietà della sig.ra Fisco distinto in catasto al foglio n.32, particella n. 320.

6.2 Alla luce delle considerazioni sopra svolte, non è condivisibile il capo della sentenza impugnata che ha ritenuto non provato lo stato di fatto, il quale non solo emergeva chiaramente dalla documentazione prodotta, ma non era nemmeno oggetto di specifica contestazione ex art 64 c.p.a.

7. Sul piano giuridico, il TAR ha affermato la conformità dell’intervento al c.d. Piano Casa (art. 2, comma 5, L.R. 30/2009), sul rilievo che l’ampliamento in sopraelevazione degli edifici esistenti non configura una nuova costruzione ai fini del calcolo delle distanze degli edifici, con conseguente deroga al limite minimo fissato dall’art 9 d.m. 1444/1968.

7.1 L’interpretazione della legge regionale posta alla base della sentenza impugnata non può essere condivisa poiché in contrasto con l’obbligo di interpretazione costituzionalmente conforme, come emerge dall’evoluzione normativa e giurisprudenziale successiva, che è necessario richiamare, sia pure in via di sintesi.

7.2 L’art 3, comma 5, L.R. 11/12/2009, n. 30, nella versione originaria, sanciva “ gli ampliamenti in sopraelevazione degli edifici esistenti non configurano la fattispecie di nuova costruzione, al fine del calcolo delle distanze tra edifici ovvero dell'osservanza delle fasce di rispetto ”.

7.3 Tale previsione è stata, dapprima, soppressa dall’art 1, comma 1, lettera a), L.R. 12 febbraio 2010, n. 6, e, successivamente, reintrodotta dall'art. 2, comma 1, lettera b), L.R. 9 settembre 2011, n. 21, che ha specificato che gli ampliamenti in sopraelevazione degli edifici esistenti non configurano la fattispecie di nuova costruzione, al fine del calcolo delle distanze tra edifici ovvero dell'osservanza delle fasce di rispetto, in ogni caso “ fermi restando i limiti stabiliti dalla normativa nazionale ”.

7.4 La disposizione è stata oggetto di un’ulteriore modifica ad opera dall'art. 2, comma 1, lettera g), L.R. 14 aprile 2015, n. 7, che l’ha riformulata nei termini che seguono: “ Gli ampliamenti in sopraelevazione degli edifici esistenti non configurano la fattispecie di nuova costruzione al fine del calcolo delle distanze tra edifici, ivi comprese quelle previste dall'articolo 9 del D.M. n. 1444/1968, ovvero dell'osservanza delle fasce di rispetto, fermi restando i limiti stabiliti dalla normativa nazionale ”.

7.5 La legge regionale, così come riformulata dalla L.R. 7/2015, è stata dichiarata costituzionalmente illegittima dalla Corte costituzionale per violazione dell’art. 117, secondo comma, lettera l), e terzo comma, Cost., nella parte in cui ha espressamente introdotto, per gli ampliamenti in sopraelevazione degli edifici esistenti, la possibilità di derogare alle distanze fissate dal decreto ministeriale n. 1444 del 1968. La disciplina delle distanze minime tra costruzioni, infatti, rientra nella materia dell'ordinamento civile e, quindi, attiene alla competenza legislativa statale.

7.6 Nel dichiarare l’illegittimità costituzionale della disposizione in esame, la Corte ha ricordato che “ alle Regioni è consentito fissare limiti in deroga alle distanze minime stabilite nelle normative statali, solo a condizione che la deroga sia giustificata dall'esigenza di soddisfare interessi pubblici legati al governo del territorio. Dunque, se da un lato non può essere del tutto esclusa una competenza legislativa regionale relativa alle distanze tra gli edifici, dall'altro essa, interferendo con l'ordinamento civile, è rigorosamente circoscritta dal suo scopo - il governo del territorio - che ne detta anche le modalità di esercizio ”. Ha, altresì, aggiunto che “ Nella delimitazione dei rispettivi ambiti di competenza - statale in materia di «ordinamento civile» e concorrente in materia di «governo del territorio» -, il punto di equilibrio è stato rinvenuto nell'ultimo comma dell'art. 9 del d.m. n. 1444 del 1968, che questa Corte ha più volte ritenuto dotato di efficacia precettiva e inderogabile (sentenze n. 114 del 2012 e n. 232 del 2005;
ordinanza n. 173 del 2011). Tale disposto ammette distanze inferiori a quelle stabilite dalla normativa statale, ma solo "nel caso di gruppi di edifici che formino oggetto di piani particolareggiati o lottizzazioni convenzionate con previsioni planovolumetriche". In definitiva, le deroghe all'ordinamento civile delle distanze tra edifici sono consentite se inserite in strumenti urbanistici, funzionali a conformare un assetto complessivo e unitario di determinate zone del territorio (sentenza n. 6 del 2013)» (sentenza n. 134 del 2014)
.” (Corte cost. 185/2016, cit).

7.7 Ne discende che le deroghe alle distanze previste dall’art. 9 del D.M. n. 1444/1968 sono consentite solo a condizione che siano inserite in strumenti urbanistici, funzionali a conformare un assetto complessivo e unitario di determinate zone del territorio, come confermato dall’introduzione, ad opera dall'art. 30, comma 1, 0a), del decreto-legge 21 giugno 2013, n. 69 conv. nella l. 98/2013, dell'art.

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