Consiglio di Stato, sez. II, sentenza 2022-04-19, n. 202202952

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Sul provvedimento

Citazione :
Consiglio di Stato, sez. II, sentenza 2022-04-19, n. 202202952
Giurisdizione : Consiglio di Stato
Numero : 202202952
Data del deposito : 19 aprile 2022
Fonte ufficiale :

Testo completo

Pubblicato il 19/04/2022

N. 02952/2022REG.PROV.COLL.

N. 04617/2015 REG.RIC.

REPUBBLICA ITALIANA

IN NOME DEL POPOLO ITALIANO

Il Consiglio di Stato

in sede giurisdizionale (Sezione Seconda)

ha pronunciato la presente

SENTENZA

sul ricorso numero di registro generale 4617 del 2015, proposto dal signor -OMISSIS-, rappresentato e difeso dagli avvocati L G D e N C, con domicilio eletto presso lo studio dell’avvocato N C in Roma, via Cola di Rienzo, n. 163,

contro

il Ministero della difesa, in persona del Ministro pro tempore e il Comando Regionale Militare Nord, in persona del Comandante regionale pro tempore , rappresentati e difesi ex lege dall’Avvocatura Generale dello Stato, domiciliataria in Roma, via dei Portoghesi, n. 12,

per la riforma

della sentenza breve del T.A.R. per la -OMISSIS-, -OMISSIS-, Sez. I, n. -OMISSIS-, resa tra le parti, concernente il recupero coattivo di un alloggio di servizio.


Visti il ricorso in appello e i relativi allegati;

Visti gli atti di costituzione in giudizio del Ministero della difesa e del Comando regionale militare Nord;

Vista l’ordinanza della sez. IV del -OMISSIS-;

Visti tutti gli atti della causa;

Relatore nell’udienza pubblica del giorno 8 marzo 2022 il Cons. A M e udito per l’appellante l’avvocato N C;

Ritenuto e considerato in fatto e diritto quanto segue.


FATTO

1. Con l’odierno appello il signor -OMISSIS-, occupante sine titulo di un alloggio di servizio del Ministero della difesa ubicato in -OMISSIS-, -OMISSIS-, ha impugnato la sentenza del T.A.R. per la -OMISSIS-, n. -OMISSIS-, di rigetto del ricorso n.r.g. -OMISSIS- per l’annullamento del provvedimento del 26 settembre 2014 con cui è stata respinta la sua richiesta di assegnazione dello stesso ai sensi dell’art. 4 del d.m. 7 maggio 2014, nonché del contestuale ordine di recupero coattivo dell’immobile. Il primo giudice ha ritenuto corretta l’interpretazione del Ministero circa l’inapplicabilità in assoluto della disciplina invocata a soggetti sostanzialmente estranei all’Amministrazione, salvo si tratti di personale in quiescenza o coniuge superstite, categorie alle quali il ricorrente, congedato per motivi disciplinari, non può essere ascritto.

2. L’appellante, con un unico articolato motivo lamenta la violazione degli artt. 97 della Costituzione, 306, comma 2, del d.lgs. 15 marzo 2010, n. 66 (C.o.m.) e 4 del d.m. 7 maggio 2014, oltre che eccesso di potere per illogicità manifesta, contraddittorietà e difetto di istruttoria. Nessuna disposizione tra quelle richiamate consente di individuare tra gli occupanti sine titulo aventi diritto a chiedere l’assegnazione solo le due categorie indicate dal primo giudice (personale in quiescenza e coniuge superstite).D’altro canto, egli versa in tale situazione sin dal 2000 e ha corrisposto il canone maggiorato di cui all’allora vigente art. 43 della l. 23 dicembre 1994, n. 724, poi rideterminato ai sensi del d.m. 16 marzo 2011, attuativo dell’art. 6, comma 21 quater del d.l. n. 78 del 2010, convertito, con modificazioni, dalla l. n. 122 del 2010.

3. Si è costituito in giudizio il Ministero della difesa, per resistere all’appello e chiederne il rigetto. In particolare ha ribadito come il ricorrente non possa invocare l’applicazione nei suoi riguardi delle tutele sancite dall’art. 4, comma 1, del d.m. 7 maggio 2014, recante “Piano annuale di gestione del patrimonio abitativo in dotazione al Ministero della difesa per gli anni 2012 -2013” in quanto il comma 2 della norma indica chiaramente le categorie di soggetti nei cui confronti opera la specifica protezione, ovvero, tra i soggetti estranei, esclusivamente il personale in quiescenza e il coniuge superstite. Nessun rilievo nella direzione opposta può essere attribuito al fatto che al ricorrente sia stato applicato il canone previsto per gli utenti sine titulo ai sensi dell’allora vigente art. 43, della richiamata l. n. 724/1994, stante che la norma contiene un’esplicita clausola di salvaguardia che mantiene fermo « l’obbligo di rilascio entro il termine fissato dall’Amministrazione », ribadito anche nell’art. 1, comma 2, del d.m. 16 marzo 2011, che ne ha rideterminato gli importi.

4. Con l’ordinanza n. -OMISSIS- la Sez. IV di questo Consiglio di Stato ha accolto l’istanza cautelare presentata in via incidentale dall’appellante sia in ragione della situazione patrimoniale dello stesso (nullatenente e con un reddito annuo lordo del nucleo familiare inferiore ad euro 54.485,73), sia per la ritenuta sussistenza di fumus boni iuris in ordine alla possibilità di beneficiare del decreto 7 maggio 2014, « tanto più che, in quanto “sine titulo”, gli è stata chiesta la certificazione annuale dei redditi ai fini dell’aggiornamento del canone ».

5. Alla pubblica udienza dell’8 marzo 2022 la causa è stata trattenuta in decisione.

DIRITTO

6. Il Collegio ritiene di accogliere l’appello.

7. L’art. 306, comma 2, del d.lgs. n. 66 del 2010 prevede che il Ministro della difesa, entro il 31 marzo di ogni anno, con proprio decreto definisca un piano annuale di gestione del patrimonio abitativo, con l’indicazione dell’entità, dell’utilizzo e della futura destinazione degli alloggi di servizio, nonché di quelli non più ritenuti utili nel quadro delle esigenze dell’Amministrazione e quindi transitabili in regime di locazione ovvero alienabili, anche mediante riscatto. In tale piano sono altresì indicati i parametri di reddito sulla base dei quali gli attuali utenti degli alloggi di servizio, ancorché si tratti di personale in quiescenza o di coniuge superstite non legalmente separato né divorziato, possono mantenerne la conduzione, purché non siano proprietari di altro alloggio di certificata abitabilità.

L’art. 4 del d.m. 7 maggio 2014, recante il piano per le annualità 2012-2013, sotto la rubrica « Condizioni eccezionali di deroga ai limiti di durata delle concessioni e disposizioni relative al pagamento dei canoni di occupazione degli alloggi di servizio per limitate categorie » prende in considerazione anche la posizione di coloro che, già assegnatari di un alloggio, ne hanno perso la titolarità pur continuando ad abitarvi (i cd. sine titulo ). Con riferimento agli stessi, senza operare alcun distinguo avuto riguardo alla causa di perdita del titolo, il comma 1 recita: « Limitatamente ai fini del mantenimento della conduzione dell’alloggio e della quantificazione del relativo canone, esclusivamente gli utenti di alloggi non aventi più titolo alla concessione, tali alla data del 31 dicembre 2010, ancorché si tratti di personale in quiescenza o di coniuge superstite, possono mantenerne la conduzione, purché né gli utenti, né i loro familiari conviventi siano proprietari di altro alloggio abitabile sul territorio nazionale e se il reddito annuo lordo complessivo dei componenti il nucleo familiare convivente non supera, per l’anno 2009, l’importo di euro 54.485,73, incrementato di euro 3.500,00, per ogni figlio a carico ». Non è chi non veda come gli unici requisiti per potere accedere al beneficio sono la preesistenza della conduzione sine titulo al 31 dicembre 2010 e l’indicato tetto reddituale. Qualsivoglia limitazione aggiuntiva, seppure comprensibile con riferimento alla peculiarità della fattispecie (soggetto cessato dal servizio per motivi disciplinari), in quanto non prevista non può essere opposta quale motivazione ostativa alla richiesta per le annualità di riferimento. Né è di aiuto allo scopo la formulazione del comma 2 dell’art. 4 del decreto ministeriale de quo , pure invocato dalla difesa pubblica, trattandosi di norma tesa esclusivamente a tutelare i familiari (nel caso di specie, il coniuge superstite non legalmente separato o divorziato, ovvero semplicemente il coniuge legalmente separato o divorziato alla data dell’entrata in vigore della disciplina), così come il successivo comma 3 si fa carico dei figli e dei nipoti conviventi, seppure prestabilendo una durata massima di fruizione del bene. La vocazione anche solidaristica dell’intero sistema che emerge da tali scelte, obiettivamente eterogenee rispetto alle finalità funzionali al servizio a vario titolo sottese all’assegnazione delle diverse tipologie di alloggi (ASI, connessi all’incarico, AST, di sistemazione temporanea anche per le famiglie e ASC, collettivi), non consente di introdurre distinguo non espressamente previsti. D’altro canto, l’interessato, seppure cessato dal servizio per motivi disciplinari, è stato “tollerato” nello stato di occupante di fatto dell’alloggio originariamente assegnatogli per motivi di servizio sin dall’anno 2000, continuando a corrispondere il canone nell’importo maggiorato riveniente da ridetta situazione. Tale circostanza, così come non radica in capo all’occupante il diritto al mantenimento del bene in assenza di disposizioni che glielo consentano, in senso diametralmente opposto ne riconosce formalmente lo status (di “occupante sine titulo” ), consentendogli di “spenderlo” ogni qualvolta la disciplina di settore richiami genericamente lo stesso per l’accesso al beneficio, senza operare distinguo in ragione della motivazione sottesa alla perdita del titolo.

8. Per quanto sopra detto, l’appello deve essere accolto e per l’effetto, in riforma della sentenza del T.A.R. per la -OMISSIS-, sez. I, n. -OMISSIS-, deve essere accolto il ricorso di primo grado n.r.g. -OMISSIS-.

9. La particolarità della materia trattata giustifica la compensazione delle spese del grado di giudizio.

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