Consiglio di Stato, sez. VI, sentenza 2015-12-10, n. 201505615

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Sul provvedimento

Citazione :
Consiglio di Stato, sez. VI, sentenza 2015-12-10, n. 201505615
Giurisdizione : Consiglio di Stato
Numero : 201505615
Data del deposito : 10 dicembre 2015
Fonte ufficiale :

Testo completo

N. 00245/2012 REG.RIC.

N. 05615/2015REG.PROV.COLL.

N. 00245/2012 REG.RIC.

REPUBBLICA ITALIANA

IN NOME DEL POPOLO ITALIANO

Il Consiglio di Stato

in sede giurisdizionale (Sezione Sesta)

ha pronunciato la presente

SENTENZA

sul ricorso numero di registro generale 245 del 2012, proposto da
società Circolo della Pesca del Chioma s.c.a r.l., in persona del legale rappresentante, rappresentata e difesa dall'avv. R R, con domicilio eletto presso lo stesso in Roma, Via G. Carducci, 4;

contro

Ministero delle infrastrutture e dei trasporti, in persona del Ministro in carica rappresentato e difeso per legge dall'Avvocatura generale dello Stato e presso la medesima domiciliato in Roma, Via dei Portoghesi, 12;
Comune di Livorno, rappresentato e difeso dall'avv. P M, con domicilio eletto presso l’avv. Gian Marco Grez in Roma, corso Vittorio Emanuele II, 18;

nei confronti di

Porticciolo del Chioma s.p.a., in persona del legale rappresentante, rappresentato e difeso dagli avvocati Antonio Stancanelli e Claudia Molino, con domicilio eletto presso la stessa in Roma, Via Panama, 12;

per la riforma della sentenza del T.A.R. TOSCANA – FIRENZE, SEZIONE III, n. 00879/2011, resa tra le parti, concernente annullamento di concessione edilizia:


Visti il ricorso in appello e i relativi allegati;

Visti gli atti di costituzione in giudizio del Ministero delle infrastrutture e dei trasporti, del Comune di Livorno e della società Porticciolo del Chioma s.p.a.;

Viste le memorie difensive;

Visti tutti gli atti della causa;

Relatore nell'udienza pubblica del giorno 20 ottobre 2015 il Cons. Gabriella De Michele e uditi per le parti gli avvocati Righi, Macchia e Stancanelli, nonché l’avvocato dello Stato D’Avanzo;

Ritenuto e considerato in fatto e diritto quanto segue:


FATTO e DIRITTO

Con sentenza del Tribunale amministrativo regionale per la Toscana 3 maggio 2011, n. 8791 (che non risulta notificata) è stato respinto il ricorso proposto dalla società cooperativa Circolo della Pesca del Chioma a r.l, avverso l’atto di autoannullamento, del 3 giugno 2002, di una concessione edilizia (n. 541 del 16 ottobre 1998) e di una successiva concessione in variante rilasciata il 29 dicembre 2000.

I titoli abilitativi edilizi in questione riguardavano opere di ripristino di una scogliera ed altri interventi connessi, già oggetto di ordine di rimessa in pristino (ingiunzione n. 12 del 12 luglio 2001, la cui impugnativa risulta respinta in primo e secondo grado di giudizio, da ultimo con sentenza del Consiglio di Stato, sez.VI, n. 6624 del 2003).

Sia la predetta ingiunzione che il successivo annullamento delle concessioni erano giustificate con la mancanza di formale disponibilità dell’area demaniale interessata, non essendo reputata sufficiente l’estensione di un atto di sottomissione, sottoscritto il 7 ottobre 1999, che secondo l’Amministrazione comunale riguardava un’area di estensione inferiore, rispetto a quella interessata dall’intervento nelle more realizzato (mq 2.100, in luogo degli oltre mq 5.000 realmente occupati).

Tali valutazioni erano reputate legittime dalla sentenza appellata, che escludeva anche un legittimo affidamento da parte del Circolo ricorrente, la cui condotta avrebbe reso non necessario evidenziare la sussistenza di interesse pubblico all’annullamento. Ugualmente non necessario era ritenuto il parere della Commissione edilizia comunale, derivando l’annullamento da ragioni esclusivamente giuridiche (mancanza di giuridica disponibilità dell’area), tanto da rendere strettamente vincolato il contenuto dell’atto, che non avrebbe potuto essere diverso.

Avverso la predetta decisione era proposto l’atto di appello in esame (n. 245/12, notificato il 29 dicembre 2011), sulla base dei seguenti motivi di gravame:

1) violazione dei principi desumibili dall’art. 31 della legge 17 agosto 1942, n. 1150 (circa i rapporti tra concessione demaniale e autorizzazione edilizia), dall’art. 4, comma 2 della legge 28 gennaio 1977, n. 10 e dagli articoli 38 e 55 del Codice della navigazione ;
erronea o insufficiente motivazione, in quanto le opere previste dalla concessione edilizia n. 541 del 1998 sarebbero state puntualmente contemplate dall’atto di sottomissione n. 67 del 19 ottobre 1999 (successivo alla stessa, ma antecedente rispetto alla relativa variante): sarebbero dunque mancati i motivi di un annullamento, intervenuto dopo quattro anni dal rilascio della concessione stessa;
la precedente ingiunzione n. 12/2001 – emessa dalla Capitaneria di Porto – avrebbe riguardato non la scogliera, ma “ lo specchio d’acqua da essa racchiuso ”, utilizzato per ormeggiare le imbarcazioni dei soci del circolo. I dati fatti propri dall’Amministrazione, in ogni caso, sarebbero stati erronei, in quanto l’atto di sottomissione avrebbe riguardato tutti gli interventi, richiedenti una superficie occupata di 5.800 mq, come evidenziato dalle planimetrie allegate al medesimo atto: una successiva richiesta di ampliamento avrebbe riguardato l’area di ormeggio e non quella occupata dalla scogliera;
le opere eseguite, inoltre, sarebbero state consentite e conformi ai permessi rilasciati. Nel precedente giudizio, concluso con sentenza del Consiglio di Stato n. 6624 del 2003 non sarebbe stata in discussione la legittima realizzazione della scogliera, ma l’utilizzazione della stessa come banchina;

2) violazione dei principi desumibili dagli articoli 1, 2, 3, 7 e 10 della legge 7 agosto 1990, n. 241;
violazione dell’art. 21- octies della medesima legge n. 241;
violazione dei principi in materia di annullamento d’ufficio delle concessioni edilizie;
erronea motivazione, poiché l’annullamento in via di autotutela, dopo quattro anni e ad opera ultimata avrebbe richiesto adeguata motivazione, circa l’interesse pubblico all’annullamento;

3) ancora violazione dei predetti articoli della legge n. 241 del 1990 e dei principi in materia di annullamento d’ufficio;
erronea motivazione su punto decisivo della controversia, con riferimento all’ abnorme dilatazione ” del procedimento di autotutela: un anno dalla comunicazione di avvio, in violazione del termine di cui all’art. 2 della legge n. 241 del 1990, tenuto conto della semplicità dell’istruttoria da espletare.

Si sono costituiti in giudizio – chiedendo il rigetto dell’impugnativa – il Comune di Livorno e la società Porticciolo del Chioma s.p.a..

Tenuto conto delle opposte rappresentazioni delle parti, con ordinanza collegiale n. 632/15 del 9 febbraio 2015 veniva disposta, ai sensi dell’art. 66 Cod. proc. amm., una verificazione, coordinata dal comandante della Capitaneria di Porto di Livorno – o da ufficiale dal medesimo delegato - in contraddittorio con il Comune appellato e con la società cooperativa Circolo della Pesca del Chioma a r.l., anche assistiti da tecnici di fiducia, con predisposizione di una relazione conclusiva – corredata di cartografie e materiale fotografico – da cui emergessero le seguenti circostanze:

a) riconducibilità o meno, in tutto o in parte, dell’ingiunzione di rimessa in pristino n. 12 del 12 luglio 2012, ad opere non comprese nella concessione edilizia n. 541 del 16 ottobre 1998 e nella successiva concessione in variante, ovvero eseguite in difformità dai predetti titoli abilitativi;

b) corrispondenza, o meno, dell’area interessata dagli interventi edilizi, oggetto di concessione, con quella cui si riferisce l’atto di sottomissione n. 67, rilasciato dalla Capitaneria di Porto di Livorno il 7 ottobre 1999:

c) ogni altra informazione, ritenuta utile per la soluzione della controversia, con particolare riferimento alle caratteristiche e all’utilizzo dell’area, ritenuta eccedente quella oggetto dell’atto di sottomissione.

Il 25 giugno 2015 è stata depositata la relazione conclusiva del verificatore – C.V. (CP) G S – a cui sono seguite controdeduzioni (corredate di perizia tecnica di parte) della società cooperativa appellante, nonché memorie difensive del Comune di Livorno e della società controinteressata Porticciolo del Chioma s.p.a.;
su tale base – nell’udienza in data odierna – la causa è passata in decisione.

Preso atto della documentazione acquisita, il Collegio ritiene che l’appello sia meritevole di accoglimento.

Dalla verificazione eseguita, infatti, sono emerse le seguenti circostanze:

a) la nota in data 31 gennaio 1998 – con cui la Capitaneria di Porto di Livorno (all’epoca competente) comunicava l’autorizzazione all’avvio di “ istruttoria formale ” per il rilascio di concessione demaniale quindicennale – non vincolava l’autorità concedente e non poteva ritenersi, pertanto, dichiarativa della disponibilità delle aree, oggetto della relativa istanza, avendo mero carattere endo-procedimentale;

b) l’anticipata occupazione delle aree in questione è stata accordata con atto di sottomissione n. 67 del 7 ottobre 1999;
in base alle “ Istruzioni ” del 1971 era inoltre prevista l’acquisizione, da parte della Capitaneria di Porto, della licenza edilizia;

c) il verificatore riteneva di non essere stato chiamato a valutare “ la reale portata dell’atto di sottomissione”, con riferimento alla sola area destinata a punto di ormeggio (mq 2.100), o all’intera area oggetto dell’intervento (mq 5.800), ma si limitava a rilevare, “ in tutta coscienza ”, come nelle varie fasi della vicenda non fosse stato dato forse “ sufficiente pregio ad alcune delle ragioni del Circolo della pesca del Chioma” , che tale apprezzamento meriterebbero per “ considerevoli motivi”;

d) la barriera frangiflutti realizzata risultava compresa nella annullata concessione edilizia n. 541 e nella successiva variante n. 1, rispetto alle quali non risulta controversa la conformità delle opere eseguite;

e) le aree, oggetto dell’atto di sottomissione, per una superficie di mq 2100, riguarderebbero solo una parte di quelle, già oggetto di concessione edilizia n. 541 del 1998 e successiva variante;

f) le aree eccedenti, rispetto a quelle oggetto dell’atto di sottomissione, non risultano utilizzate dal Circolo della pesca del Chioma, dopo il completamento dei lavori sulla scogliera e la conclusione della precedente vicenda contenziosa.

In una osservazione conclusiva, infine, il verificatore rilevava lo stato precario della barriera frangiflutti e registrava la dichiarata disponibilità del predetto Circolo ad eseguire i necessari lavori di manutenzione.

Sia il Comune di Livorno che la controinteressata società Porticciolo del Chioma s.p.a. ribadivano, in ogni caso, le ragioni del contestato annullamento di una concessione edilizia, rilasciata a soggetto privo di titolo per disporre dell’area interessata, alla data di rilascio della concessione stessa (16 ottobre 1998, con variante del 29 dicembre 2009), con conseguente legittimità del provvedimento n. 4063 del 3 giugno 2002, emesso in via di autotutela, senza peraltro che il successivo atto di sottomissione riguardasse l’intera area, oggetto dell’intervento (la cui occupazione, infatti, era stata ritenuta illegittima in sede giudiziale).

La società Porticciolo del Chioma, in particolare, sottolineava anche come la concessione edilizia e l’atto di sottomissione fossero stati rilasciati a soggetti formalmente diversi (rispettivamente denominati “ Associazione circolo della pesca ” e “ Cooperativa Circolo della pesca s.c.a.r.l.”), con conseguente inammissibilità del ricorso per carenza di interesse della seconda.

In rapporto alla complessa vicenda in precedenza sintetizzata, il Collegio rileva in primo luogo l’infondatezza dell’eccezione preliminare sollevata dalla società controinteressata, non essendo contestabile la continuità di possesso dello specchio acqueo di cui trattasi da parte dell’attuale appellante, benché nella veste giuridica prima di associazione e poi di società cooperativa.

Nel merito, non è smentito il paradosso cui fa riferimento la medesima appellante e che trova riscontro negli atti di causa: l’organo verificatore conferma infatti che – in base a disposizioni regolamentari del 1971 – la concessione demaniale e l’anticipato possesso presupponevano il rilascio della licenza edilizia, mentre l’Amministrazione comunale poneva la medesima concessione demaniale come presupposto per il legittimo rilascio del titolo abilitativo edilizio (tanto da avere annullato in via di autotutela la concessione edilizia, appunto dopo avere verificato che il soggetto richiedente aveva soltanto avviato l’istruttoria, al fine di ottenere la disponibilità delle aree, appartenenti al demanio marittimo).

Ragionevolmente pertanto, l’organo verificatore – dopo avere constatato la non equiparabilità dell’avvio formale di istruttoria alla concessione demaniale – riconosceva (come riportato al precedente punto c)) i “ considerevoli motivi di pregio ” di alcune delle ragioni, illustrate dal Circolo della pesca del Chioma.

Deve altresì essere sottolineato che, alla data di rilascio del titolo edilizio in discussione, costituiva norma di riferimento, per la legittimazione a presentare la relativa domanda, l’art. 4 della legge 28 gennaio 1977, n. 10 ( Norme per la edificabilità dei suoli ), in base al quale la concessione, oggetto della domanda stessa, poteva essere rilasciata “ al proprietario dell’area ”, o a chi avesse “ titolo per richiederla ”.

Ritiene il Collegio che l’ampiezza del contenuto della norma non precludesse agli amministratori di considerare sufficiente l’avvio formale dell’istruttoria del procedimento di rilascio della concessione demaniale, per l’emissione di un titolo abilitativo edilizio, pur sospensivamente condizionato al positivo esito di tale istruttoria (sulla legittimità della prassi – rispondente ad esigenze di semplificazione procedurale – di rilasciare permessi di costruire condizionati, cfr. anche Cons. Stato, IV, 25 giugno 2013, n. 3447).

Tale modalità procedurale deve considerarsi legittima, avuto riguardo per le esigenze generali di complessiva speditezza ed efficienza dell’azione amministrativa, nonché per l’effetto non neutro del passaggio del tempo per i destinatari dell’atto. In applicazione del generale principio di proporzionalità, implicante minimo possibile sacrificio degli interessi coinvolti, l’amministrazione pubblica deve quindi responsabilmente scegliere, nell’esercizio delle proprie funzioni, il percorso – ove necessario coordinato con quello di altre amministrazioni – teso a non aggravare inutilmente la situazione dei destinatari dell’azione amministrativa, come prescritto anche dall’art. 1, comma 2, della legge 7 agosto 1990, n. 241 ( Nuove norme in materia di procedimento amministrativo e di diritto di accesso ai documenti ) Costituisce inutile aggravio, procedurale (perché non bilanciato da una sufficiente ragione di interesse pubblico) l’arresto di un procedimento amministrativo, che può invece procedere sotto la condizione sospensiva del perfezionamento di altra procedura, presupposta, (in particolar modo quando, come nel caso di specie, dall’esito presumibilmente favorevole, e imminente).

Nella situazione in esame nulla dunque impediva, in applicazione della regola sopra esposta, la conclusione della procedura di rilascio del titolo edilizio, sotto condizione sospensiva di rilascio della concessione demaniale,.

Non sono comunque in discussione, in questa sede, le modalità con cui l’Amministrazione avrebbe potuto evitare uno “stallo ” procedurale come quello in precedenza descritto;
ciò che attualmente rileva è infatti l’insussistenza dei presupposti per disporre, in via di autotutela, l’annullamento della concessione edilizia già rilasciata (condizionata o meno che fosse) a lavori ormai eseguiti e con pacifica acquisita disponibilità dell’area interessata, per anticipato possesso a seguito di atto di sottomissione.

Appaiono, dunque, fondate ed assorbenti le censure nn. 2 e 3, prospettate con riferimento all’inosservanza dei principi essenziali dell’autotutela, dall’enunciazione dell’interesse pubblico sottostante ai tempi ragionevoli di intervento, non escluse doverose considerazioni, circa la proporzionalità e la ragionevolezza dell’azione amministrativa..

Per quanto riguarda, inoltre, l’oggetto del permesso di costruire di cui trattasi, sussistono sufficienti elementi per ritenere che il medesimo riguardasse sia la darsena che la barriera frangiflutti (indispensabile, quest’ultima, a protezione dell’approdo).

L’organo verificatore, in effetti, non ha confermato che l’atto di sottomissione riguardasse anche l’occupazione, oltre che dello specchio acqueo richiesto in concessione (per una superficie di mq 2.100), anche dell’area la cui occupazione sarebbe stata necessaria, temporaneamente, per l’esecuzione dei lavori (non essendo più in discussione l’intervenuta occupazione, già ritenuta illegittima in sede giudiziale, dello specchio acqueo antistante). È però specificato che le opere eseguite non risultano difformi da quelle autorizzate e che l’utilizzo dell’approdo risulta limitato al settore di mq 2.100, oggetto di concessione demaniale (con conseguente superamento della situazione, in rapporto alla quale era stata emessa l’ingiunzione n. 12 del 12 luglio 2001, confermata in primo e secondo grado di giudizio).

Ulteriori osservazioni, avanzate dal Comune di Livorno (che ipotizza la non consentita realizzazione di un porto turistico), appaiono ultronee rispetto all’oggetto del presente giudizio, nell’ambito del quale il Collegio è chiamato a valutare solo la sussistenza – in effetti non ravvisabile – dei presupposti per autoannullare una concessione edilizia puntualmente portata ad esecuzione, con sopravvenuta sussistenza del requisito di legittimazione, inizialmente mancante. Non è invece oggetto del giudizio l’estensione, o meno, dell’atto di sottomissione all’occupazione necessaria per i lavori sulla barriera frangiflutti, ormai realizzata e di cui non sembra contestata l’utilità, a protezione della costa e degli ormeggi.

Per le ragioni esposte, in conclusione, il Collegio ritiene che l’appello debba essere accolto, con assorbimento delle ragioni difensive non esaminate e con gli effetti precisati in dispositivo.

Quanto alle spese giudiziali, il Collegio ne ritiene equa la compensazione, tenuto conto di tutte le modalità di svolgimento della vicenda controversa.

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