Consiglio di Stato, sez. III, sentenza 2022-12-21, n. 202211145

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Sul provvedimento

Citazione :
Consiglio di Stato, sez. III, sentenza 2022-12-21, n. 202211145
Giurisdizione : Consiglio di Stato
Numero : 202211145
Data del deposito : 21 dicembre 2022
Fonte ufficiale :

Testo completo

Pubblicato il 21/12/2022

N. 11145/2022REG.PROV.COLL.

N. 10124/2020 REG.RIC.

REPUBBLICA ITALIANA

IN NOME DEL POPOLO ITALIANO

Il Consiglio di Stato

in sede giurisdizionale (Sezione Terza)

ha pronunciato la presente

SENTENZA

sul ricorso numero di registro generale 10124 del 2020, proposto dai signori E B ed A C, dalla società semplice agricola Vallicella Imerio e Roberto, dalla società semplice Giuseppe Cobelli, Cauzzi Daniele e Mauro, dalla società semplice Sperandio Pasquali, Vighi Paolo, Vighi Caterina, Cristina e Baraldi Maria, in persona dei rispettivi legali rappresentanti pro tempore, rappresentati e difesi dall'avvocato E E, con domicilio digitale come da PEC da Registri di Giustizia;



contro

l’AGEA – Agenzia per le erogazioni in agricoltura, in persona del legale rappresentante pro tempore , non costituita in giudizio;



per la riforma

della sentenza del Tribunale Amministrativo Regionale per la Lombardia, Sezione staccata di Brescia, Sezione Seconda, n. 379/2020, resa tra le parti.


Visti il ricorso in appello e i relativi allegati;

Visti tutti gli atti della causa;

Relatore nell'udienza pubblica del giorno 1° dicembre 2022 il Cons. Ezio Fedullo e udito per la parte appellante l’Avvocato Paolo Botasso, su delega dichiarata dell’avvocato E E;

Ritenuto e considerato in fatto e diritto quanto segue:




FATTO e DIRITTO

Con il ricorso introduttivo del giudizio di primo grado, le aziende appellanti - insieme ad altre estranee al giudizio di appello - impugnavano le “intimazioni di pagamento” inviate ad esse da AGEA, recanti l’invito a versare i residui importi per prelievi latte che non risultavano ancora pagati, rispetto ai maggiori importi a suo tempo iscritti a ruolo da AGEA e di cui alle cartelle di pagamento indicate nelle stesse intimazioni.

Avverso gli atti impugnati venivano formulate plurime censure, sintetizzabili nei termini seguenti:

1) prescrizione della pretesa economica, essendo decorso il termine di 10 anni dalla notifica delle cartelle di pagamento nonché, a maggior ragione, il termine di 5 anni di cui all’art. 2948, n. 4, c.c.;

In ogni caso, gli interessi per le campagne dal 1995-1996 al 2001-2002 non sarebbero dovuti in base all’art. 10, comma 34, d.l. 28 marzo 2003, n. 49;

2) carenza di potere, perché all’epoca di emissione delle cartelle di pagamento (fine 2008, inizio 2009), la riscossione coattiva del prelievo supplementare mediante ruolo rientrava nelle competenze delle Regioni e delle Province Autonome, ai sensi dell’art. 1, comma 9, d.l. n. 49/2003;

3) violazione dell’art. 1, comma 543, l. 24 dicembre 2012, n. 228, in quanto l’AGEA, dopo aver sospeso i ruoli delle cartelle di pagamento in data 6 novembre 2008, non ha comunicato alcun atto a conclusione del procedimento di sospensione;

4) violazione degli art. 8-ter, 8-quater e 8-quinquies del d.l. 10 febbraio 2009, n. 5, in quanto la sospensione da parte dell’AGEA dei ruoli delle cartelle di pagamento impedirebbe qualsiasi attività esecutiva, e quindi anche l’emissione di intimazioni di pagamento;

5) incertezza sull’effettiva produzione di latte in Italia e sullo splafonamento della quota nazionale, essendovi gravi indizi che lascerebbero supporre per tutte le campagne dal 1995-1996 al 2008-2009 una produzione reale inferiore alla quota nazionale, con illecita utilizzazione delle quote di aziende agricole inesistenti o inattive per commercializzare come italiano latte prodotto all’estero, o proveniente da aziende italiane, ma al di fuori di qualsiasi autorizzazione e controllo (v. relazione conclusiva di data 26 gennaio 2010 della Commissione di indagine amministrativa istituita con d.m. 25 giugno 2009, n. 6501; relazione di approfondimento del Comando Carabinieri Politiche Agricole e Alimentari in data 15 aprile 2010; informative del Comando Carabinieri Politiche Agricole e

Alimentari in data 4 e 15 novembre 2010; ordinanza del G.I.P. di Roma del 14 novembre 2013 nel procedimento penale n. 33068/2010; ordinanza del G.I.P. di Roma del 15 maggio 2017 nel procedimento penale n. 101551/2016);

6) violazione dell’art. 2 par. 1 del Reg. CEE 28 dicembre 1992 n. 3950/92, che per le campagne dal 1995-1996 al 2003-2004 imponeva di eseguire la riassegnazione dei quantitativi inutilizzati a livello nazionale in modo proporzionale alle quote a disposizione di ciascun produttore: risulterebbe quindi necessario disapplicare le categorie prioritarie previste per la compensazione nazionale dall’art. 1, comma 8, d.l. 1 marzo 1999, n. 43, confermate dall’art. 1, comma 5, d.l. 4 febbraio 2000, n. 8;

7) violazione dell’art. 2 par. 4 del Reg. CEE 3950/92 (per la campagna 2003-2004) e dell’art. 10 par. 3 del Reg. CE 29 settembre 2003 n. 1788/2003 (per le campagne dal 2004-2005 al 2007-2008), in relazione alla nuova disciplina in vigore a partire dalla campagna 2003-2004, introdotta dall’art. 9 d.l. n. 49/2003. Tale disciplina non si basa più sulla compensazione nazionale delle quote inutilizzate, ma sulla restituzione del prelievo pagato in eccesso, tuttavia prevede comunque delle

categorie prioritarie, la prima delle quali è costituita dai produttori in regola con i versamenti, identificabili con i produttori per i quali gli acquirenti hanno eseguito le trattenute mensili del prelievo. Tale categoria dovrebbe essere disapplicata, o perché in diretto contrasto con l’art. 2 par. 4 del Reg. CEE 3950/92, come integrato dall’art. 9 par. 1 del Reg. CE 9 luglio 2001 n. 1392/2001, o perché non potrebbe essere considerata criterio oggettivo ai sensi dell’art. 10 par. 3 del Reg. CE

1788/2003;

8) mancata notifica degli atti di accertamento dei debiti per prelievo supplementare di cui è stato chiesto il pagamento attraverso le intimazioni impugnate;

9) violazione degli art. 8-ter e 8-quinquies del d.l. n. 5/2009, in quanto le somme esigibili consisterebbero nel solo prelievo supplementare, e non anche negli interessi, e dovrebbero comunque essere ridotte degli importi corrispondenti alle compensazioni PAC già operate dagli organismi pagatori.

Il T.A.R., con la sentenza appellata, ha dichiarato l’inammissibilità del ricorso relativamente alla posizione delle odierne appellanti, accogliendolo per quanto concerne le altre ricorrenti.

In particolare, quanto alla prima statuizione (costituente oggetto del presente giudizio di appello), richiamati i principi giurisprudenziali in tema di ricorso collettivo-cumulativo (i quali richiedono “ la sussistenza di oggettivi elementi di connessione tra le domande cumulativamente avanzate, quali sono rinvenibili nella comunanza dei presupposti di fatto o di diritto e/o nella riconducibilità delle pretese azionate nell’ambito del medesimo rapporto o di un’unica sequenza procedimentale ”), il T.A.R. ha evidenziato che “ In una vicenda come quella del caso di specie, la scelta di proporre un ricorso collettivo e cumulativo implica complessi problemi a proposito della riconoscibilità del titolo che ciascun ricorrente richiama a fondamento della propria domanda. Occorre infatti dimostrare che ogni ricorrente ha un attuale interesse all’impugnazione, documentando che non vi è stata acquiescenza al provvedimento impugnato, né sussiste lite pendente o definita sulla medesima questione, o su questioni presupposte utilizzate come argomenti di ricorso. L’esigenza di rendere chiaro e trasparente il contenuto della controversia con

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