Consiglio di Stato, sez. V, sentenza 2016-03-15, n. 201601025

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Sul provvedimento

Citazione :
Consiglio di Stato, sez. V, sentenza 2016-03-15, n. 201601025
Giurisdizione : Consiglio di Stato
Numero : 201601025
Data del deposito : 15 marzo 2016
Fonte ufficiale :

Testo completo

N. 11807/2001 REG.RIC.

N. 01025/2016REG.PROV.COLL.

N. 11807/2001 REG.RIC.

REPUBBLICA ITALIANA

IN NOME DEL POPOLO ITALIANO

Il Consiglio di Stato

in sede giurisdizionale (Sezione Quinta)

ha pronunciato la presente

SENTENZA

sul ricorso numero di registro generale 11807 del 2001, proposto dal signor S P, rappresentato e difeso dall'avvocato Giuseppe Cala', con domicilio eletto presso il suo studio in Roma, Via degli Scipioni, 175

contro

Comune di Sanremo, in persona del Sindaco pro tempore , rappresentato e difeso dagli avvocati G P, D S e S Rossi, con domicilio eletto presso G P in Roma, viale Giulio Cesare, 14a/4

per la riforma della sentenza del T.A.R. della Liguria, Sezione I, n. 1022/2000


Visti il ricorso in appello e i relativi allegati;

Visto l'atto di costituzione in giudizio di Comune di Sanremo;

Viste le memorie difensive;

Visti tutti gli atti della causa;

Relatore nell'udienza pubblica del giorno 28 gennaio 2016 il Cons. Claudio Contessa e uditi per le parti gli avvocati Giuseppe Calà e G P;

Ritenuto e considerato in fatto e diritto quanto segue


FATTO

Con ricorso proposto dinanzi al TAR della Liguria e recante il n. 1850/1996 l’odierno appellante S P chiedeva l’annullamento degli atti con cui il Comune di Sanremo

- dapprima lo aveva diffidato a demolire un manufatto in muratura rivestito esternamente in pietra a forma irregolare ubicato nell’antico borgo di Bussana Vecchia (si tratta dell’atto di diffida n. 379 dell’11 giugno 1996) e

- successivamente aveva ingiunto la sospensione dell’asporto di detriti da fabbricato terremotato di circa 32 mq che rendeva abitabili tre locali di detto fabbricato (si tratta dell’ordinanza n. 449 dell’11 luglio 1996).

Con la sentenza in epigrafe il Tribunale amministrativo adito ha respinto il ricorso ritenendone l’infondatezza.

La sentenza in questione è stata impugnata in appello dal signor P il quale ne ha chiesto la riforma articolando sette motivi di appello, rubricati rispettivamente:

1) Omessa valutazione delle prove documentali prodotte dal ricorrente sui lavori di ristrutturazione, restauro e risanamento conservativo dell’immobile di cui al provvedimento del Comune di Sanremo, Reg. Ord. 379 del 1996;

2) Omessa valutazione dell’opera di asporto di macerie da un locale di mq 32 sito in Bussana Vecchia, frazione del Comune di Sanremo Reg. Ord. 449 dell’11 luglio 1996 e della prova documentale prodotta dal ricorrente per detto asporto;

3) Violazione e falsa applicazione dell’art. 31, lett. c) e d) della legge 457 del 1978 relativamente al concetto di “organismo edilizio” nel caso de quo;

4) Omessa, insufficiente motivazione circa l’illegittimità degli atti dell’amministrazione comunale di Sanremo per assoluta carenza di motivazione risultante in eccesso di potere;

5) Violazione o falsa applicazione di una norma di diritto in relazione agli artt. 565, 586 e 827 cod. civ. per gli immobili di cui alle ordinanze comunali impugnate;

6) Errata e contraddittoria valutazione dei fatti in relazione alla consistenza dei lavori effettuati in relazione all’ordinanza comunale di demolizione reg. ord. 379 dell’11 giugno 1996;

7) Falsa applicazione della legge n. 47 del 28 febbraio 1985 agli immobili di cui è causa ed errata valutazione dell’area come soggetta a vincolo ambientale .

Si è costituito in giudizio il Comune di Sanremo il quale ha concluso nel senso della reiezione dell’appello.

Con ordinanza n. 433 del 2002 questo Consiglio di Stato ha respinto l’istanza di sospensione cautelare degli effetti della sentenza impugnata.

Con decreto n. 530 del 2012 è stata dichiarata la perenzione del ricorso in oggetto. Tuttavia, con ordinanza collegiale n. 3466 del 2015, è stata accolta l’opposizione al decreto di perenzione proposta dall’appellante e, per l’effetto, è stata disposta la rimessione della causa sul ruolo.

Alla pubblica udienza del 28 gennaio 2015 il ricorso è stato trattenuto in decisione.

DIRITTO

1. Giunge alla decisione del Collegio il ricorso in appello proposto dal signor S P avverso la sentenza del T.A.R. della Liguria con cui è stato respinto il ricorso da lui proposto avverso gli atti con cui il Comune di Sanremo lo ha diffidato a demolire un manufatto e a sospendere l’asporto di detriti da un altro manufatto distrutto dal terremoto del 1887 che aveva colpito l’antico borgo di Bussana Vecchia.

2. L’appello è infondato.

3. Va in primo luogo osservato che, secondo quanto stabilito da questo Consiglio di Stato con la sentenza n. 1472 del 2000 (resa all’esito di un giudizio fra l’Amministrazione finanziaria e il Comune di Sanremo), gli immobili ricadenti nel borgo di Bussana Vecchia “ fanno effettivamente parte del patrimonio dello Stato, il quale li ha acquistati per effetto del disposto di cui all’art. 586, c.c. ” (in tema di ‘ Acquisto dei beni da parte dello Stato ’).

Pertanto, resta confermato che qualunque fosse la tipologia degli interventi realizzati nel corso del tempo dall’odierno appellante, lo stesso fosse radicalmente privo di alcun titolo giuridico alla loro realizzazione.

Né l’appellante ha allegato alcun elemento che possa deporre nel senso dell’intervenuta usucapione degli immobili per cui è causa in suo favore. Al contrario, lo stesso appellante riferisce che con sentenza n. 1140 del 2015 la Corte d’appello di Genova ha respinto (al pari del Giudice di primo grado) la domanda di usucapione proposta dal signor P.

4. Va in secondo luogo osservato che la sentenza in epigrafe è meritevole di puntuale conferma per la parte in cui i primi Giudici hanno affermato che gli interventi per cui è causa potrebbero qualificarsi come di ‘ restauro e risanamento conservativo ’ (ivi, articolo 3, comma 1, lettera c)) ovvero di ‘ ristrutturazione edilizia ’ (d.P.R. 6 giugno 2001, n. 380, articolo 3, comma 1, lettera d)), ma solo a condizione di incidere su immobili effettivamente esistenti.

Al contrario, siccome i ridetti interventi avevano avuto ad oggetto la ricostruzione su ruderi ( i.e .: su residui edilizi ormai privi di una propria quidditas ), essi non avrebbero potuto che essere qualificati come di ‘nuova costruzione’ (ivi, articolo 3, comma 1, lettera e)), con la conseguente necessità di dotarsi preventivamente del necessario titolo abilitativo rappresentato dal permesso di costruire.

Al riguardo il Collegio ritiene di richiamare il consolidato (e qui condiviso) orientamento secondo cui la ricostruzione dei ruderi va considerata, quando la parte dell'opera muraria ancora esistente non consente la sicura individuazione dei connotati essenziali del manufatto originario, realizzazione di una nuova costruzione, in quanto tale non equiparabile alla ristrutturazione edilizia (Cons. Stato, IV, 15 settembre 2006, n. 5375).

In modo parimenti condivisibile è stato affermato che la nozione di ristrutturazione edilizia, definita dall'articolo 31, lettera d) della legge n. 457 del 1978 (in seguito: articolo 3, comma 1, lettera d) del d.P.R. 380, cit.), presuppone la preesistenza di un fabbricato da ristrutturare, cioè di un fabbricato dotato di murature perimetrali, strutture orizzontali e copertura;
pertanto l'attività di ricostruzione su ruderi non rientra nella nozione di ristrutturazione edilizia ma costituisce una nuova costruzione (Cons. Stato, V, 10 febbraio 2004, n. 475).

Vero è che la normativa degli anni più recenti ha inciso in modo piuttosto significativo sui titoli necessari pro procedere alla ricostruzione di ruderi (ed infatti, l’articolo 30 della l. 69 del 2013, nel modificare l’articolo 3, comma 1, lettera d) del d.P.R. 380 del 2001 ha stabilito che rientrano nella nozione di ristrutturazione edilizia gli interventi “ volti al ripristino di edifici, o parti di essi, eventualmente crollati o demoliti, attraverso la loro ricostruzione, purché sia possibile accertarne la preesistente consistenza ”.

Ma il punto è che, anche a voler ipotizzare l’applicabilità di tali sopravvenute disposizioni al caso di specie (il che appare comunque arduo), non risulta in atti che sia effettivamente possibile accertare la preesistente consistenza dei manufatti sui quali l’appellante intendeva intervenire, trattandosi di resti di costruzioni che non presentavano caratteristiche tali da consentire di accertarne l’effettiva consistenza.

Deve essere qui richiamato i consolidato orientamento secondo cui devono intendersi quali componenti essenziali di un edificio (idonei a determinarne l’effettiva consistenza) i muri perimetrali, le strutture orizzontali e la copertura (in tal senso: Cons. Stato, V, 11 giugno 2013, n. 3221).

Con orientamento sostanzialmente analogo la Cassazione penale (III, 13 aprile 2007, n. 15054) ha stabilito che la ricostruzione dei ruderi costituisce sempre nuova costruzione, in quanto il concetto di ristrutturazione edilizia postula necessariamente la preesistenza di un fabbricato da ristrutturare, cioè di un organismo edilizio dotato delle murature perimetrali, strutture orizzontali e copertura. In mancanza di tali elementi strutturali non è possibile valutare l’esistenza e la consistenza dell’edificio da consolidare ed ruderi non possono che considerarsi alla stregua di un’area non edificata.

Concludendo sul punto, quand’anche la vicenda di causa potesse essere definita alla luce delle nuove disposizioni in tema di ricostruzioni di ruderi di cui alla l. 69 del 2013, non ne resterebbero smentite le conclusioni dinanzi delineate in quanto nel caso di specie appare pacifico che lo stato dei ruderi oggetto di ricostruzione non consentisse di determinarne l’effettiva consistenza nei termini richiesti dal richiamato orientamento giurisprudenziale.

5. Gli argomenti sin qui svolti palesano l’infondatezza del ricorso nel suo complesso e dei singoli motivi che ne declinano gli assunti.

5.1. E’ infondato il primo motivo di appello (con il quale si è lamentata la mancata valorizzazione da parte del T.A.R. del momento di effettiva realizzazione dei contestati lavori di ricostruzione).

Si osserva al riguardo che, quand’anche risultasse condivisibile la tesi dell’appellante per ciò che riguarda la collocazione temporale degli interventi a un periodo anteriore al 1986, ciò non comporterebbe conseguenze di rilievo in relazione all’obbligo di munirsi di un previo titolo edilizio per realizzare interventi di nuova costruzione (peraltro, su aree di proprietà dello Stato).

5.2. E’ infondato il secondo motivo con il quale il signor P lamenta il mancato accoglimento dei motivi articolati avverso l’ordinanza comunale n. 449 dell’11 luglio 1996 (anche in considerazione della mancanza in atti della prova che gli immobili interessati appartenessero allo Stato).

Il motivo non può trovare accoglimento in quanto, per le ragioni in precedenza esposte, deve invece ritenersi che gli immobili interessati dall’ordinanza n. 449 del 1996 fossero di proprietà dello Stato (così come stabilito dalla sentenza di questo Consiglio n. 1472 del 2000).

5.3. E’ parimenti infondato il terzo motivo di appello con il quale il signor P ha chiesto la riforma della sentenza in epigrafe rivendicando che gli interventi da lui realizzati fossero certamente ascrivibili alla nozione di restauro e risanamento conservativo ovvero di ristrutturazione edilizia.

Al riguardo ci si limita qui a richiamare le osservazioni già svolte retro, sub 4.

5.4. Per ragioni del tutto analoghe deve essere respinto il quarto motivo di appello con cui si è lamentata l’affermazione dei primi Giudici secondo cui gli interventi all’origine dei fatti di causa consistono in “ opere di ricostruzione su ruderi o su un edificio già da tempo demolito

5.5. Allo stesso modo, per le ragioni già esposte retro, sub 3 deve essere respinto il quinto motivo di appello con il quale l’appellante ha negato che gli immobili interessati dai richiamati interventi appartengano allo Stato, richiamando altresì i contenziosi instaurati al fine di sentir dichiarare l’usucapione in propri favore.

5.6. Neppure può essere accolto il sesto motivo di ricorso, con il quale l’appellante ha contestato l’affermazione secondo cui il Borgo di Bussana sarebbe stato “ quasi totalmente distrutto dal terremoto [del 1887] ” (l’affermazione in parola risulterebbe smentita in punto di fatto dalla circostanza per cui già dagli anni sessanta dello scorso secolo il borgo in questione ha iniziato lentamente a ripopolarsi anche grazie ad interventi di ‘ self re-building ’ quali quelli realizzati dall’odierno appellante.

Al riguardo ci si limita ad osservare che la circostanza per cui il Borgo di Bussana sia stato nel corso dei decenni occupato da persone che vi hanno realizzato interventi sine titulo non depone certamente nel senso dell’illegittimità dei provvedimenti inibitori impugnati in primo grado.

5.7. Le osservazioni sin qui svolte privano di rilievo effettivo l’esame del settimo motivo di appello con cui il signor P ha qui ribadito l’assenza di vincoli di carattere ambientale insistenti sull’area per cui è causa.

Si osserva al riguardo che la questione non risulta dirimente ai fini del decidere in quanto l’appello è da dichiarare comunque infondato per le ragioni dinanzi esposte (e quindi, alla luce della sola valenza ostativa delle ragioni di carattere edilizio e urbanistico, indipendentemente da ulteriori ragioni ostative di ordine ambientale).

6. Per le ragioni dinanzi esposte l’appello in epigrafe deve essere respinto.

Il Collegio ritiene tuttavia che sussistano giusti motivi per disporre l’integrale compensazione delle spese di lite fra le parti anche in considerazione della particolarità e parziale novità della quaestio iuris sottesa alla presente decisione.

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