Consiglio di Stato, sez. II, sentenza 2022-10-17, n. 202208798
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Testo completo
Pubblicato il 17/10/2022
N. 08798/2022REG.PROV.COLL.
N. 04949/2019 REG.RIC.
REPUBBLICA ITALIANA
IN NOE DEL POPOLO ITALIANO
Il Consiglio di Stato
in sede giurisdizionale (Sezione Seconda)
ha pronunciato la presente
SENTENZA
sul ricorso numero di registro generale 4949 del 2019, proposto dal Ministero dell’interno, in persona del Ministro pro tempore , rappresentato e difeso ex lege dall’Avvocatura Generale dello Stato, domiciliataria in Roma, via dei Portoghesi, n. 12,
contro
il signor -OISSIS-, rappresentato e difeso dall’avvocato M D, con domicilio digitale come da PEC Registri di Giustizia,
per la riforma
della sentenza del Tribunale Amministrativo Regionale per le -OISSIS-, Sezione Prima, n. -OISSIS-, resa tra le parti, concernente il diritto all’esonero dai servizi notturni.
Visti il ricorso in appello e i relativi allegati;
Visto l’atto di costituzione in giudizio del signor -OISSIS-;
Viste le memorie e le memorie di replica;
Visti tutti gli atti della causa;
Relatore nell’udienza pubblica del giorno 13 settembre 2022 il Cons. Antonella Manzione e udito per l’appellato l’avvocato Gilda Martire, in sostituzione dell’avvocato M D;
Ritenuto e considerato in fatto e diritto quanto segue.
FATTO
1. Il signor -OISSIS-, sovrintendente capo della Polizia di Stato in servizio presso la Sezione di Polizia stradale di -OISSIS-, ha proposto innanzi al T.A.R. per le -OISSIS- il ricorso n.r.g. -OISSIS- per l’annullamento dei provvedimenti dirigenziali del 26 settembre 2018 e del 27 novembre 2018 con cui gli veniva negata l’esenzione dal lavoro notturno, richiesta in data 1 marzo 2018 per assistere la propria coniuge, riconosciuta portatrice di handicap ai sensi dell’art. 3, comma 1, della l. 5 febbraio 1992, n. 104, nonché per vedersi riconoscere il relativo diritto ai sensi dell’art. 53 del d.lgs. 26 marzo 2001, n. 151.
1.1. Il Tribunale adito ha accolto il ricorso, compensando le spese di giudizio, sull’assunto che nel silenzio della norma non è possibile introdurre surrettiziamente un requisito aggiuntivo (la gravità della situazione di disabilità), « peraltro in una materia, come quella della tutela dei diritti dei disabili coperta da garanzie costituzionali, che non tollera elisioni nell’ambito della tutela garantita dal legislatore se non nell’ambito di quanto esplicitamente tipizzato […]».
2. Avverso tale pronuncia ha interposto appello il Ministero dell’interno, contestando con un unico articolato motivo la ricostruzione della cornice giuridica di riferimento. In altre parole, il combinato disposto della previsione declinata dall’art. 53 del d.lgs. n. 151 del 2001 e del quadro sistematico riveniente dalla disciplina della l. n. 104 del 1992 implica necessariamente la grave situazione della persona che si deve assistere, presupposto fondante la concessione di tutti gli istituti contrattuali finalizzati allo scopo. Ciò ha trovato da tempo conferma nella circolare n. 90 del 23 maggio 2007 dell’INPS e nella risoluzione datata 6 febbraio 2009 con la quale il Ministero del lavoro ha fornito risposta all’interpello n. 4/2009 di Confindustria avente ad oggetto proprio l’esatta accezione da attribuire alla dicitura « a proprio carico » utilizzata nel Testo unico del 2001 con riferimento al rapporto tra lavoratore e disabile. Nel silenzio del Dipartimento della Funzione pubblica della Presidenza del Consiglio dei Ministri, che non ha invece inteso esprimersi in merito, benché formalmente richiesto, tale sarebbe la lettura delle norme unanimemente in uso tra le forze di polizia, come documentato dalla circolare del 3 gennaio 2011 del Comando Generale della Guardia di finanza e dalle Linee guida dello Stato Maggiore della Difesa, edizione 2017, in materia di pari opportunità, tutela della famiglia e della genitorialità.
3. Si è costituito in giudizio il signor -OISSIS-, depositando anche successive memorie. Nel ribadire la legittimità della lettura della normativa data dal primo giudice, egli ha in particolare argomentato per dequotare il contenuto sia della circolare INPS n. 90 del 2007, che della risoluzione ministeriale del 2009. D’altro canto, il contrasto interpretativo esistente finanche all’interno della medesima Amministrazione di appartenenza dell’appellato, troverebbe conferma nella valutazione positiva da parte del Compartimento della Polizia stradale del Lazio di istanze di esonero egualmente non suffragate dal riferimento alla gravità della condizione del disabile da assistere. Ha infine richiamato la giurisprudenza, da ultimo anche del Consiglio di Stato, confermativa dell’orientamento espresso nella pronuncia oggi impugnata (T.A.R. per la Campania, sez. VI, 1 febbraio 2019, n. 540, riferita a personale militare, per il quale trovava applicazione ratione temporis l’identica disposizione contenuta nell’art. 17 del d.P.R. 16 aprile 2009, n. 52, recante il recepimento del provvedimento di concertazione per le Forze armate, integrativo del decreto del Presidente della Repubblica 11 settembre 2007, n. 171, relativo al quadriennio normativo 2006-2009 e al biennio economico 2006-2007; T.A.R. per la Campania, sez. VI, 10 dicembre 2021, n. 7962, avverso la quale è pendente appello; Cons. Stato, sez. IV, ordinanza cautelare 13 novembre 2020, n. 6596, ove si afferma che « la normativa, art. 53 del d. lgs. 26 marzo 2001 n.151 e art. 17 del D.P.R. 2009 n.52, non prevede che per avere l’esonero dai turni notturni il disabile che si assiste debba essere anche un disabile in condizione di gravità ai sensi dell’art. 3 comma 3 della l. 5 febbraio 1992 n.104 »).
4. Da ultimo, l’Amministrazione ha prodotto ulteriore memoria in data 25 agosto 2022, corredata dalla richiamata risoluzione del Ministero del lavoro del 6 febbraio 2009, della quale l’appellato ha chiesto lo stralcio con note di udienza dell’8 settembre 2022, rilevandone la tardività.
5. Alla pubblica udienza del 13 settembre 2022, la causa è stata trattenuta in decisione.
DIRITTO
6. In via preliminare, il Collegio dichiara inammissibile, per tardività, la memoria e la produzione documentale del 25 agosto 2022, pur rilevandone la neutralità rispetto ai fatti di causa. L’avvenuta produzione della risoluzione ministeriale, infatti, nulla aggiunge alla documentazione già in atti, giusta la motivazione (anche) per relationem mediante richiamo alla stessa del provvedimento di diniego in data 26 settembre 2018. Quanto detto a prescindere dal valore, comunque non normativo, dell’interpretazione ivi fornita.
7. Nel merito, l’appello è fondato, per le ragioni che si vanno di seguito ad esporre.
8. L’intera vicenda trae origine dall’esatta interpretazione dell’art. 53 del d.lgs. 26 marzo 2001, n. 151, recante Testo unico delle disposizioni legislative in materia di tutela e sostegno della maternità e della paternità, laddove consente l’esonero dal c.d. servizio notturno, tra gli altri, ai « lavoratori che hanno a carico persone con disabilità ai sensi della legge 104/92 ». A seconda, infatti, che si sposti il baricentro della norma nella parte in cui rinvia alla legge n. 104 del 1992 sulla generica definizione di disabilità, ovvero sul concetto di avere “a carico” il disabile, possono conseguirne, almeno prima facie , letture di segno diametralmente opposto dell’esatto spettro delle tutele del lavoratore in questo ambito.
9. Va premesso che il ricorso ad articolazioni dell’orario lavorativo che attingono la fascia notturna risponde a comprensibili esigenze di competitività ovvero di efficienza del servizio erogato, in particolare a cura di Amministrazioni preposte alla tutela della sicurezza del territorio, che devono pertanto trovare il giusto contemperamento con quelle contrapposte di tutela della salute del lavoratore, in adeguate politiche e strumenti normativi in grado di combinare i vari interessi in gioco, spesso in contraddizione tra loro. E’ innegabile, infatti, che il lavoro articolato in turni, a maggior ragione se notturni, costituisce un’oggettiva condizione di stress per l’organismo, che può avere significative ripercussioni sulle condizioni di benessere del lavoratore.
10. Con l’art. 17 della c.d. “legge comunitaria 1998” (l. 5 febbraio 1998, n. 25) l’Italia si è finalmente adeguata all’indirizzo da tempo espresso dalla Corte di giustizia della Comunità europea sul lavoro notturno delle donne e nel contempo ha posto le premesse per una regolamentazione dello stesso per tutti i lavoratori secondo quanto previsto dalla direttiva del 23 novembre 1993, n. 104 concernente taluni aspetti dell’organizzazione dell’orario di lavoro. Con riferimento al primo, il legislatore ha da subito provveduto ad una riscrittura dell’art. 5 della l. n. 903 del 1977, le previsioni del cui comma 2, lett. c), continuano ad essere fatte salve dall’apposita clausola di rinvio costituente l’ incipit del comma 3 dell’art. 53 del d.lgs. n. 151 del 2001.
10.1. In ottemperanza a quanto previsto dal secondo comma del medesimo art. 17 sopra richiamato, il Governo ha poi adottato il d.lgs. 26 novembre 1999, n. 532, che alla luce anche dei contenuti della direttiva comunitaria n.93/104/CE, pur attribuendo un ruolo primario alla contrattazione collettiva, fornisce la definizione generale di lavoro e di lavoratore notturno. Ridetta definizione è stata successivamente ripresa dall’art. 1, comma 2, del d.lgs. 8 aprile 2003, n. 66, di attuazione sia della medesima direttiva n. 93/104/CE, che della n. 2000/34/CE, entrambe concernenti taluni aspetti dell’organizzazione dell’orario di lavoro, come modificato dal d.l. 25 giugno 2008, n. 112, convertito dalla l. 6 agosto