Consiglio di Stato, sez. VI, sentenza 2017-05-26, n. 201702506
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Testo completo
Pubblicato il 26/05/2017
N. 02506/2017REG.PROV.COLL.
N. 05773/2010 REG.RIC.
REPUBBLICA ITALIANA
IN NOME DEL POPOLO ITALIANO
Il Consiglio di Stato
in sede giurisdizionale (Sezione Sesta)
ha pronunciato la presente
SENTENZA
sul ricorso numero di registro generale 5773 del 2010, proposto dal signor SE UA, rappresentato e difeso dall'avvocato Giovanni Basile, con domicilio eletto presso lo studio della signora ON De IS in Roma, via Portuense, n. 104;
contro
Il Ministero per i beni e le attività culturali e la Soprintendenza per i beni archeologici di Napoli e Provincia, in persona dei rispettivi legali rappresentanti pro tempore , rappresentati e difesi per legge dall'Avvocatura Generale dello Stato, presso i cui uffici sono domiciliati in Roma, alla via dei Portoghesi, n. 12;
il Comune di Pozzuoli, in persona del Sindaco pro tempore , non costituito in giudizio;
per la riforma della sentenza del T.A.R. per la Campania, Sede di Napoli, Sez. VI, n. 2767/2009, resa tra le parti;
Visti il ricorso in appello e i relativi allegati;
Visti gli atti di costituzione in giudizio del Ministero per i beni e le attività culturali e della Soprintendenza per i beni archeologici di Napoli e Provincia;
Viste le memorie difensive;
Visti tutti gli atti della causa;
Relatore nell'udienza pubblica del giorno 11 maggio 2017 il pres. Luigi Maruotti e uditi per le parti l’avvocato Orazio Abbamonte, in dichiarata sostituzione dell'avvocato Giovanni Basile, e l’avvocato dello Stato Maria Vittoria Lumetti;
Ritenuto e considerato in fatto e diritto quanto segue.
FATTO e DIRITTO
1. Con una istanza proposta in data 6 marzo 1986 ai sensi dell’art. 32 della legge n. 47 del 1985, l’appellante ha chiesto il condono edilizio di un edificio realizzato senza titolo su un’area (di proprietà prima dell’Opera nazionale combattenti e poi della Regione Campania), sita nel territorio del Comune di Pozzuoli.
Con la nota n. 1296 del 21 aprile 2005, il Comune di Pozzuoli ha comunicato al richiedente il parere negativo della Soprintendenza per i beni archeologici delle province di Napoli e Caserta n. 7580 del 10 marzo 2005.
2. Con il ricorso n. 4570 del 2005 (proposto al TAR per la Campania, Sede di Napoli), e con successivi motivi aggiunti, l’appellante ha impugnato la comunicazione del Comune ed il presupposto parere negativo statale, chiedendone l’annullamento, nonché il decreto del Ministro della pubblica istruzione di data 24 settembre 1947, che ha imposto il vincolo indiretto di inedificabilità assoluta sul suolo in questione, e gli atti del 1° agosto 2005, n. 23604, e del 20 gennaio 2006, n. 2520, con cui la Soprintendenza ha respinto la richiesta di riesame del parere negativo del 10 marzo 2005, n. 7580.
4. Con la sentenza impugnata, il TAR ha respinto il ricorso principale e i motivi aggiunti ed ha condannato l’interessato al pagamento delle spese del giudizio in favore dell’Amministrazione statale, liquidate in euro 2.500.
5. Con l’appello in esame, l’interessato ha chiesto che, in riforma della sentenza del TAR, siano accolti il ricorso di primo grado ed i motivi aggiunti.
Si sono costituiti in giudizio il Ministero per i beni e le attività culturali e la Soprintendenza per i beni archeologici di Napoli e Caserta, i quali hanno chiesto che l’appello sia respinto.
All’udienza dell’11 maggio 2017, la causa è stata trattenuta per la decisione.
6. L’atto di appello:
- sino a p. 11, ha analiticamente ricostruito i fatti che hanno condotto al secondo grado del giudizio;
- da p. 11 a p. 32, contiene quattro articolate censure, con cui sono state riproposte le doglianze di primo grado, respinte dal TAR.
7. Col primo motivo, è dedotta la violazione dell’art. 7 e ss. della legge n. 241 del 1990, nonché la presenza di vizi nella sentenza appellata, ed è stato chiesto l’accoglimento della censura sulla mancata comunicazione dell’avvio del procedimento, proposta col ricorso principale di primo grado.
Ad avviso dell’appellante, non rileva il fatto – rilevato dal TAR - che gli atti impugnati siano stati emessi all’esito di un procedimento attivato ad istanza di parte.
8. Ritiene la Sezione che la censura così sintetizzata vada respinta.
Va condivisa la statuizione del TAR, sulla mancata necessità della comunicazione, trattandosi di un procedimento unitario ad istanza di parte, le cui fasi sono state predeterminate dalla legge: non occorreva formalmente consentire la formulazione di osservazioni, dopo la proposizione della istanza.
Va inoltre condivisa l’ulteriore statuizione del TAR, che ha evidenziato come tutti i pareri della Soprintendenza avevano un contenuto vincolato, ai sensi dell’art. 33 della legge n. 47 del 1985, per il quale «le opere di cui all’art. 31 non sono suscettibili di sanatoria» quando siano state realizzate in violazione di un vincolo di in edificabilità, imposto prima della esecuzione.
Infatti, il decreto ministeriale ha imposto un vincolo indiretto assoluto di inedificabilità, ciò che ha precluso ogni possibile valutazione della Soprintendenza, diversa da quella sulla reiezione della istanza di condono.
9. Col terzo motivo, è stata lamentata la presenza di vari errori in iudicando e la violazione delle disposizioni succedutesi nel tempo in tema di vincoli archeologici (gli artt. 20 e 21 della legge n. 1089 del 1939; l’art. 49 del t.u. n. 490 del 1999 e l’art. 45 del codice n. 42 del 2004).
L’appellante ha dedotto che il TAR avrebbe erroneamente dichiarato la tardività della impugnazione – avvenuta con i motivi aggiunti - del decreto di data 24 settembre 1947, con cui il Ministero della pubblica istruzione ha imposto sull’area in questione il vincolo di inedificabilità assoluta.
Ad avviso dell’appellante, le censure non sarebbero tardive, poiché:
- «gli atti regolamentari non sono immediatamente impugnabili»;
- l’interesse ad ottenere l’annullamento del decreto impositivo del vincolo sarebbe sorto unicamente a seguito delle determinazioni negative sulla istanza di condono e comunque a seguito dell’atto con cui la Soprintendenza ha respinto la richiesta di riesame del primo parere negativo.
Oltre a censurare la statuizione del