Consiglio di Stato, sez. VI, sentenza 2020-01-08, n. 202000134

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Sul provvedimento

Citazione :
Consiglio di Stato, sez. VI, sentenza 2020-01-08, n. 202000134
Giurisdizione : Consiglio di Stato
Numero : 202000134
Data del deposito : 8 gennaio 2020
Fonte ufficiale :

Testo completo

Pubblicato il 08/01/2020

N. 00134/2020REG.PROV.COLL.

N. 08789/2013 REG.RIC.

REPUBBLICA ITALIANA

IN NOME DEL POPOLO ITALIANO

Il Consiglio di Stato

in sede giurisdizionale (Sezione Sesta)

ha pronunciato la presente

SENTENZA

sul ricorso numero di registro generale 8789 del 2013, proposto dalla signora S R, rappresentata e difesa dagli avvocati C M e U G, elettivamente domiciliata presso lo studio dell’avvocato C M in Roma, via Sabotino, n. 45,

contro

il Comune di Givoletto, in persona del Sindaco in carica pro tempore , non costituitosi in giudizio,

nei confronti

la società 3 Edile Costruzioni s.r.l. in liquidazione, in persona del liquidatore pro tempore , non costituitosi in giudizio,

per la riforma

della sentenza del T.a.r. per il Piemonte, Sezione II, n. 687 del 24 maggio 2013, resa inter partes , concernente una sanzione pecuniaria per opere edilizie autorizzate con permesso di costruire annullato.


Visti il ricorso in appello e i relativi allegati;

Visti tutti gli atti della causa;

Relatore nell’udienza pubblica del giorno 26 novembre 2019 il consigliere G S e udito, per l’appellante, l’avvocato Marco Marzano su delega dell’avvocato C M;

Ritenuto e considerato in fatto e diritto quanto segue.


FATTO e DIRITTO

1. Con ricorso n. 1168 del 2011, integrato da motivi aggiunti, proposto innanzi al T.a.r. per il Piemonte, la parte appellante aveva chiesto l’annullamento dei seguenti atti:

a) la determinazione del Responsabile del Servizio Tecnico del Comune di Givoletto del 12 luglio 2011, relativa all’applicazione dell’art. 38 del d.P.R., n. 380 del 2001, in punto “ Interventi eseguiti in base a permesso annullato ”;

b) la determina del 3 luglio 2012, con cui il predetto Responsabile del Servizio Tecnico del Comune di Givoletto faceva propria la relazione dell’Agenzia del Territorio, “ quantificato in 3.800,00 il più probabile valore venale delle opere o parti abusivamente eseguite ” (atto impugnato con motivi aggiunti).

2. Costituitasi l’Amministrazione comunale in resistenza e la “ 3 Edile Costruzioni s.r.l. ”, in qualità di controinteressata, il Tribunale adìto, Sezione II, ha così deciso il gravame al suo esame:

- ha dichiarato il ricorso improcedibile per sopravvenuta carenza d’interesse, in quanto “ Alla suddetta udienza dell’8 maggio 2013 l’avv. Pipitone, difensore della ricorrente, ha dichiarato la sopravvenuta carenza di interesse al ricorso ”;

- ha compensato le spese di lite.

3. Avverso tale pronuncia si è interposto appello, notificato il 7 novembre 2013 e depositato il 4 dicembre 2013, lamentandosi, attraverso due motivi di gravame (pagine 7-17), quanto di seguito sintetizzato:

I) avrebbe errato il Tribunale nel dichiarare l’improcedibilità del ricorso per sopravvenuta carenza d’interesse, a norma dell’art. 35, comma 1, lett. c), del d.lgs. 2.7.2010, n. 104 (Codice del processo amministrativo), in quanto la vertenza civile, in relazione alla quale era intervenuta scrittura privata di conciliazione, riguardava opere diverse da quelle oggetto della controversia amministrativa cosicché non vi erano ragioni per ritenere che la sentenza di merito sarebbe stata inutiliter data ;

II) si reitera pertanto la censura, articolata in prime cure, secondo cui la sanzione irrogata non sarebbe proporzionale al volume degli sbancamenti, pari a mc 841,793, quindi superiore ai 690,74 mc all’incirca dichiarati dal progettista e consentiti dall’art. 19 delle NTA, e pertanto l’atto impugnato non sarebbe assistito da adeguata motivazione.

6. L’appellante ha concluso chiedendo, in riforma dell’impugnata sentenza, l’annullamento degli atti impugnati in prime cure.

7. Sia il Comune appellato sia la società controinteressata non si sono costituiti in giudizio sebbene ritualmente intimati.

8. In data 15 ottobre 2019, parte appellante ha depositato documentazione fotografica in ordine allo stato di fatto attuale degli immobili oggetto di causa.

9. In data 23 ottobre 2019, parte appellante ha depositato memoria insistendo per l’accoglimento del gravame.

10. La causa, chiamata per la discussione alla pubblica udienza del 26 novembre 2019, è stata ivi introitata in decisione.

11. Il Collegio ritiene che l’appello sia infondato e sia pertanto da respingere.

11.1 Va premesso che, ai sensi dell’art. 104 c.p.a., non possono essere utilizzati documenti non prodotti nel giudizio di prime cure. Infatti il divieto di ammissione di nuovi mezzi di prova in appello riguarda anche le prove c.d. precostituite, quali i documenti, la cui produzione è subordinata al pari delle prove c.d. costituende, alla verifica della sussistenza di una causa non imputabile, che abbia impedito alla parte di esibirli in primo grado ovvero alla valutazione della loro indispensabilità (Cons. Stato, sez. IV, 20 agosto 2018, n. 4969). Ebbene, nel caso di specie non si rinviene alcuno degli speciali motivi previsto dall’art. 345 c.p.c. in grado di giustificare il superamento del citato divieto (Cons. Stato, sez. IV, 11 ottobre 2017, n. 4703) e pertanto non si può tener conto ai fini del presente giudizio dei nuovi documenti prodotti dall’appellante in data 15 ottobre 2019.

11.2 Afferma parte appellante che, in data 7 novembre 2012, le parti addivenivano alla sottoscrizione di un accordo transattivo volto ad definire i presupposti per l’abbandono di una causa civile, instaurata avanti il Tribunale di Torino, avente ad oggetto la realizzazione di un “ muraglione ” in cemento armato a distanza dal confine inferiore a quella prevista (3 metri in luogo di 5 metri), tanto da richiedere il risarcimento del relativo danno. Assume quindi che tale atto riguarda il muro invece che le opere di sbancamento cui si riferisce la causa innanzi al T.a.r., che pertanto avrebbe dovuto verificare la causa di improcedibilità invece che assecondare la richiesta del difensore.

O, va rilevato che il Comune resistente in primo grado aveva chiesto la declaratoria d’improcedibilità del ricorso in quanto, a seguito dell’atto transattivo intercorso tra le parti, la ricorrente aveva accettato lo stato dei luoghi esistente, che pertanto non poteva non ricomprendere anche le suddette opere di sbancamento. All’udienza di merito innanzi al Tribunale, come da verbale dell’8 maggio 2013, il difensore di parte ricorrente dichiarava la sopravvenuta carenza di interesse, dichiarazione verosimilmente da ricollegare a detta transazione, valorizzata dalla difesa comunale con apposita memoria prodotta in prossimità dell’udienza stessa proprio al fine di chiedere la declaratoria d’improcedibilità del gravame.

O, si afferma da parte di condivisibile giurisprudenza di merito (T.a.r. L'Aquila, sez. I, 31 maggio 2011, n. 310) che “ Una volta ravvisata l’esistenza di una transazione sulla vicenda oggetto di impugnativa, il giudice amministrativo deve limitarsi a prendere atto di tale accordo, con conseguente declaratoria di improcedibilità dei gravami per sopravvenuta carenza di interesse ”. Dalla scrittura privata di conciliazione del 7 novembre 2012 si evince che parte ricorrente ha rinunciato alle istanze ripristinatorie, accettando così espressamente lo stato dei luoghi così come conformato dall’iniziativa edilizia di controparte senza alcun distinguo tra le opere di edificazione del muro e quelle di sbancamento.

Non può ad ogni modo essere trascurato che il difensore della parte formulava precisa dichiarazione di sopravvenuta carenza d’interesse e questo Consiglio ha, di recente, avuto modo di osservare “ che, nel caso in cui vi sia una espressa dichiarazione dell'interessato di improcedibilità del ricorso per sopravvenuta carenza di interesse, ne discende comunque l'improcedibilità dello stesso, non potendo in tal caso il giudice, in omaggio al principio dispositivo, decidere la controversia nel merito, né procedere di ufficio, né sostituirsi al ricorrente nella valutazione dell'interesse ad agire, imponendosi in sostanza una declaratoria in conformità (cfr. Cons. Stato, IV, 12-9-2016, n. 3848). Viene, infatti, affermato che nel processo amministrativo, in assenze di repliche e/o diverse richieste ex adverso, vige il principio della piena disponibilità dell'interesse al ricorso, nel senso che parte ricorrente, sino al momento in cui la causa viene trattenuta in decisione, ha la piena disponibilità dell'azione e può dichiarare di non avere interesse alla decisione, in tal modo provocando la presa d'atto del giudice, il quale, non avendo il potere di procedere di ufficio, né quello di sostituirsi al ricorrente nella valutazione dell'interesse ad agire, non può che dichiarare l'improcedibilità del ricorso ( cfr. TAR Lazio, 27-2-2017, n. 2905;
II, 22-6-2017, n. 7297)
” (cfr. Cons. Stato, sez. VI, 24 settembre 2019, n. 6374).

Da tanto deriva che il ricorso di primo grado è stato correttamente dichiarato improcedibile dal Tribunale con la impugnata statuizione in rito, meritevole di essere confermata in questa sede, tanto più che non residua alcun interesse della ricorrente a dolersi della legittimità della sanzione pecuniaria nel suo preciso ammontare, trattandosi di importi da versare nelle casse pubbliche.

12. In conclusione, l’appello è infondato e deve essere respinto.

13. Nessuna determinazione va assunta sulle spese del presente grado di giudizio, stante la mancata costituzione sia dell’appellato che del controinteressato.

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