Consiglio di Stato, sez. III, sentenza 2015-04-10, n. 201501839

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Sul provvedimento

Citazione :
Consiglio di Stato, sez. III, sentenza 2015-04-10, n. 201501839
Giurisdizione : Consiglio di Stato
Numero : 201501839
Data del deposito : 10 aprile 2015
Fonte ufficiale :

Testo completo

N. 09274/2014 REG.RIC.

N. 01839/2015REG.PROV.COLL.

N. 09274/2014 REG.RIC.

REPUBBLICA ITALIANA

IN NOME DEL POPOLO ITALIANO

Il Consiglio di Stato

in sede giurisdizionale (Sezione Terza)

ha pronunciato la presente

SENTENZA

sul ricorso numero di registro generale 9274 del 2014, proposto da:
Consorzio Cooperative Costruzioni -CCC Società Cooperativa in persona del legale rappresentante pro tempore , rappresentata e difesa dagli avv. C D P, G E, con domicilio eletto presso C D P in Roma, Via Flaminia, n.354;

contro

Azienda Ospedaliera Regionale "San Carlo" in persona del legale rappresentante pro tempore , rappresentata e difesa dall'avv. G M, con domicilio eletto presso Di Stato Consiglio in Roma, piazza Capo di Ferro n.13;

nei confronti di

Bea di Beneventi E.A. Srl in proprio e quale mandataria Rti, Ati-Ecoclima Sas di Vincenzo Mattiace &
C.;

per la ottemperanza

alla sentenza del CONSIGLIO DI STATO - SEZ. III n. 01072/2014


Visti il ricorso in appello e i relativi allegati;

Visto l'atto di costituzione in giudizio di Azienda Ospedaliera Regionale "San Carlo";

Viste le memorie difensive;

Visti tutti gli atti della causa;

Relatore nella camera di consiglio del giorno 12 febbraio 2015 il Cons. R C e uditi per le parti gli avvocati C D P e Giacomo Marchitielli;

Ritenuto e considerato in fatto e diritto quanto segue.


FATTO e DIRITTO

1. - Il Consorzio Cooperative Costruzioni (d’ora in poi per comodità CCC) impugnava la determinazione n.13048 del 7.2.2013 con la quale il Direttore Amministrativo dell’Azienda Ospedaliera San Carlo di Potenza aveva aggiudicato in via definitiva in favore del rti Bea s.r.l. Ecoclima s.a.s. l’appalto per la “ Progettazione definitiva ed esecutiva e la esecuzione dei lavori di adeguamento sismico e funzionale di alcuni padiglioni dell’Azienda Ospedaliera San Carlo di Potenza per la costruzione di una nuova piastra poliambutoriale e per la ristrutturazione della unità operativa di nefrologia e di dialisi”.

Nel ricorso introduttivo CCC aveva formulato istanza di declaratoria di inefficacia del contratto qualora nel corso del giudizio fosse stato stipulato il contratto di appalto tra la stazione committente e la aggiudicataria dichiarando di volere subentrare nel contratto stesso. Solo in via subordinata, nella ipotesi in cui non fosse stata possibile la reintegrazione in forma specifica, chiedeva la tutela per equivalente con condanna dell’amministrazione al risarcimento dei danni.

Con la sentenza dell’8.7.2013 il Tar Basilicata, dopo avere sospeso in via cautelare la aggiudicazione definitiva, sovvertendo il decisum cautelare, dichiarava fondato il ricorso incidentale e per l’effetto inammissibile il ricorso principale del CCC.

La sentenza del giudice di primo grado veniva appellata dal CCC davanti al Consiglio di Stato con ricorso n.7267/2013. Nelle more del giudizio l’amministrazione stipulava con il rti Bea/Ecoclima il contratto di appalto.

Con la sentenza n.1072 del 7.3.2014 la III° Sezione del Consiglio di Stato accoglieva l’appello proposto da CCC riformando la sentenza del Tar e accogliendo il ricorso di primo grado.

CCC chiedeva, quindi, con nota del 13.3.2014, alla stazione appaltante, il subentro nell’appalto illegittimamente aggiudicato al rti Bea/Ecoclima.

La stazione appaltante con la deliberazione del Direttore Generale n.128 del 3.4.2014 stabiliva di non disporre il subentro del CCC nel contratto d’appalto stipulato con il rti Bea/Ecoclima.

La sentenza 1072/2014 risulta passata in giudicato per decorso del termine lungo per proporre impugnativa.

2. – Nel giudizio di ottemperanza all’esame il CCC sostiene che poiché nel ricorso di primo grado si domandava, oltre all’annullamento della aggiudicazione, anche la declaratoria di inefficacia del contratto, con conseguente richiesta di subentro ai sensi dell’art. 124 c.p.a. e solo in via subordinata, e nella ipotesi che non fosse stata possibile la reintegrazione in forma specifica, la tutela per equivalente, l’amministrazione avrebbe dovuto in via prioritaria porre in essere quanto occorrente per disporre la aggiudicazione in favore del CCC con subentro nel contratto di appalto.

Il CCC formula quindi domanda di inefficacia del contratto in sede di ottemperanza, in ossequio al conforme orientamento giurisprudenziale, con immediato affidamento dell’appalto a titolo di risarcimento in forma specifica.

In via subordinata CCC chiede che venga disposto il risarcimento per equivalente mediante il ristoro delle seguenti voci di danno:

a) danno emergente con conseguente ristoro di spese sopportate come conseguenza immediata e diretta della illegittima condotta posta in essere dalla amministrazione che, se avesse correttamente operato, avrebbe dovuto aggiudicare l’appalto al Consorzio ricorrente ed in specie:

-spese di progettazione per un importo pari a euro 35.235,20 (l’appalto era infatti di progettazione e esecuzione ex art.53 co.3 codice appalti);

-spese di giustizia relativamente al rimborso del contributo unificato per un importo di euro 15.000,00 (6.000,00 per il primo grado e 9.000,00 per il secondo grado) ex art. 13 co.6 bis del dPR 115/2012;

b) lucro cessante, con conseguente riconoscimento del mancato utile nella percentuale non inferiore al 10% dell’importo dell’appalto al netto del ribasso offerto. L’importo da riconoscere al CCC sarebbe pari a euro 333.713,56, atteso che:

-sull’importo dei lavori posto a base di gara di euro 4.090.976,83 il Consorzio ha formulato un ribasso del 22,571%, di tal che, l’importo netto dell’appalto è pari ad euro 3.167.602,45;

-sull’importo delle spese tecniche pari ad euro 172.087,64 il CCC ha formulato un ribasso del 50%, per cui l’importo delle spese tecniche depurato del ribasso, ammonta ad euro 86.043,82;

-gli oneri di sicurezza ammontano ad euro 83.489,32;

-la somma delle tre voci su indicate porta ad un importo netto dell’appalto di euro 3.337.135,59 (comprensivo di lavori, spese tecniche ed oneri per la sicurezza);

-la percentuale dell’utile del 10% va calcolata sul su indicato importo netto, con la conseguenza che il mancato utile da riconoscere sarebbe pari a 333.713,56;

-danno curriculare in quanto il CCC ha confidato nell’aggiudicazione della commessa e non ha potuto utilizzare nell’appalto, né in altro modo, le maestranze e i mezzi necessari, tenuti a disposizione in vista del subentro del contratto;

-trattandosi di appalto integrato il danno curriculare assume una valenza “plurioffensiva” in quanto oltre a penalizzare l’impresa lede anche i progettisti e comunque implica particolari professionalità e mezzi difficilmente utilizzabili presso altri cantieri;

-per il danno curriculare viene quindi richiesto un ristoro di euro 166.856,78 pari al 5% dell’importo dell’appalto.

Conclusivamente, considerando il ribasso offerto, il deducente CCC chiede, per le due voci di danno emergente e lucro cessante, la somma complessiva di euro 550.805,54, salva una diversa quantificazione in via equitativa da parte del giudice.

Si chiede una autonoma voce di danno derivante da ritardata e colpevole azione amministrativa in relazione alla deliberazione del DG n.128/2014 .

Sulle somme così determinate si chiedono rivalutazione monetaria ed interessi.

Nella ipotesi che la reintegrazione in forma specifica fosse possibile solo in parte si chiede il risarcimento in forma specifica per la parte di appalto ancora eseguibile nonché il risarcimento del danno per equivalente per la restante parte non più eseguibile.

Si chiede ancora di condannare l’amministrazione a rifondere il contributo unificato del giudizio di ottemperanza nella misura di euro 300,00.

3. – Si è costituita la stazione appaltante con articolata memoria difensiva evidenziando in sintesi che:

- vi è una oggettiva difficoltà nel subentro nel contratto di appalto atteso l’ avanzato stato di esecuzione dell’appalto e l’urgenza al completamento dei lavori;

- ove il giudice disponga il risarcimento per equivalente la richiesta di rimborso delle spese di partecipazione alla gara, spese legali e spese di progettazione non può trovare accoglimento rientrando tali voci di spesa nella offerta globalmente considerata;

- la Azienda è esente da colpe essendosi limitata a dare esecuzione alla sentenza di primo grado e solo dopo il deposito di tale sentenza a stipulare il contratto in una situazione di oggettiva urgenza a provvedere;

- il risarcimento del lucro cessante incentrato sul 10 % del valore dell’offerta finirebbe per essere più favorevole della stessa esecuzione dei lavori;

-CCC non avrebbe provato l’aliunde perceptum la cui prova compete all’impresa essendo ragionevole ritenere che l’impresa abbia utilizzato mezzi e manodopera per altri lavori o servizi essendosi procurata prestazioni contrattuali alternative dalle quali trarre utili;

-la ricorrente non avrebbe provato in maniera esaustiva il danno subito rimettendo la valutazione in via equitativa la giudice;

-il danno curriculare avrebbe dovuto essere provato dall’impresa e comunque la richiesta di un 5% dell’importo dell’appalto sarebbe sproporzionata;

-la richiesta di accertamento del danno derivante dalla tardiva emanazione di un provvedimento legittimo e favorevole (danno da ritardo), dovendosi ricondurre all’art. 2043 c.c., non può presumersi iuris tantum in meccanica ed esclusiva relazione al ritardo nell’adozione del provvedimento amministrativo favorevole, ma avrebbe richiesto una specifica prova, nella specie non fornita dalla ricorrente.

Conclude la stazione appaltante con la richiesta di reiezione della domanda di risarcimento in forma specifica e di danno emergente e lucro cessante;
in subordine si chiede di dichiarare dovuta una minore somma rispetto a quella richiesta da CCC non avendo la ricorrente fornito prova alcuna del danno.

Alla camera di consiglio del 12 febbraio 2015 sentiti i difensori delle parti la causa è stata trattenuta dal Collegio per la decisione.

4.- La richiesta formulata dalla società interessata mira ad ottenere in primis l’aggiudicazione in suo favore della gara di cui si tratta, previa dichiarazione di inefficacia del contratto ormai stipulato, essendo passata in giudicato la sentenza di annullamento dell’aggiudicazione a suo tempo disposta dall’amministrazione in favore dell’appellata Bea/Ecoclima.

Tale domanda è proponibile nel processo di ottemperanza ai sensi dell’art. 112, co. 4, c.p.a. perché diretta a definire una delle possibili modalità di attuazione del giudicato (in tal senso, Cons. Stato, III, 19 dicembre 2011, n. 6638).

L’accoglimento di tale domanda presuppone, a norma dell’art. 124 citato, la dichiarazione di inefficacia del contratto ai sensi degli articoli 121, co. 1 e 122 c.p.a.;
in difetto della stessa dichiarazione il contratto deve ritenersi valido ed efficace pur in presenza di annullamento dell’aggiudicazione.

Infatti, dopo l'entrata in vigore delle disposizioni di cui agli artt. 121 e 122 del codice del processo amministrativo, in caso di annullamento giudiziale dell'aggiudicazione di una pubblica gara, spetta al giudice amministrativo il potere di decidere discrezionalmente, anche nei casi di violazioni gravi, se mantenere o meno l'efficacia del contratto nel frattempo stipulato;
pertanto l'inefficacia del contratto non è conseguenza automatica dell'annullamento dell'aggiudicazione, e questa determina solo il sorgere del potere in capo al giudice di valutare se il contratto debba o meno continuare a produrre effetti.

La privazione degli effetti del contratto in conseguenza dell'annullamento dell'aggiudicazione è dunque oggetto di una pronuncia giurisdizionale specifica.

5. - La Sezione rileva con riferimento a tale parte del petitum che, come emerge dagli scritti difensivi della resistente amministrazione, vi è una obiettiva difficoltà di subentro nel contratto di appalto in quanto, trattandosi di gara di progettazione ed esecuzione dei lavori ex art. 53, co. 2, lett. c, del d.lgs. n. 163/2006, dove l'offerta ha ad oggetto, sia il progetto definitivo che il prezzo, valutati con il criterio dell'offerta economicamente più vantaggiosa ex art. 83 del medesimo decreto legislativo, il richiesto subentro nel contratto ormai stipulato ed in corso di esecuzione comporterebbe l’abbandono del progetto aggiudicatario del rti Bea/Ecoclima e l’attuazione del diverso progetto presentato da CCC non sembrando praticabile, per questo ultimo Consorzio, la realizzazione di un progetto non suo e comunque diverso e in avanzata fase di realizzazione.

Allo stato, come sempre evidenziato dalla difesa della amministrazione, sono stati svolti lavori per il 53% che in breve raggiungeranno il 70% dell’importo complessivo. Ragionevolmente il subentrante, per realizzare la propria proposta progettuale, non potrebbe utilizzare una quota non irrilevante dei lavori già effettuati e delle connesse forniture.

Inoltre, ulteriore complessità sarebbe rappresentata dalla modifica dell'intervento strutturale di adeguamento sismico in corso, caratterizzato, a quel che riferisce l’amministrazione, da uno stato di attuazione molto avanzato (mediamente pari all'80%).

Ancora si deve tenere conto che l’eventuale subentro determinerebbe l’attesa dei tempi tecnici necessari per ottenere le previste autorizzazioni, pareri e nulla-osta per l'approvazione del progetto definitivo. Infatti, il capo 11.8 del Capitolato Speciale d'Appalto prevede che la stipulazione del contratto avviene, successivamente all'acquisizione delle autorizzazioni e dei pareri necessari e all'approvazione da parte della stazione appaltante, del progetto definitivo presentato come offerta in sede di gara.

Pertanto il subentro nell'aggiudicazione, non determinerebbe l'automatica sottoscrizione del contratto, essendo la stessa vincolata ad alcuni passaggi ulteriori con aumento considerevole dei tempi di realizzazione dell'opera pubblica.

E’ ancora da considerare infine che la centrale di committenza avverte la pressante urgenza della realizzazione dei lavori appaltati, sotto il duplice profilo della necessità di ristrutturare la U.O.C. di nefrologia e dialisi, padiglione caratterizzato da una particolare vulnerabilità sismica, e della necessita di realizzare la nuova piastra ambulatoriale indispensabile sia per rispondere alla crescente richiesta di servizi sanitari da parte dell'utenza, sia per ospitare le attività sanitarie dell'ASL di Potenza nell'ottica dell'integrazione dei servizi resi da entrambe le strutture sanitarie e della razionalizzazione degli stessi.

6. - Esclusa quindi la dichiarazione di inefficacia del contratto ed il subentro da parte di CCC, occorre esaminare i presupposti per il richiesto riconoscimento del danno per equivalente, “..subito e provato” ex art. 124 c.p.a..

7. – Quanto al danno emergente rileva la Sezione che, conformemente ad un consolidato orientamento del giudice amministrativo, non è ristorabile il danno per spese e costi di partecipazione alla gara, per le spese generali e legali (salvo quanto si dirà in prosieguo, al punto 14 per il rimborso del contributo unificato) e spese di progettazione.

Sul punto, la giurisprudenza ha chiarito che la partecipazione alle gare d'appalto comporta per i partecipanti dei costi che ordinariamente restano a carico delle imprese medesime, sia in caso di aggiudicazione che in caso di mancata aggiudicazione, a meno di non riconoscere un risarcimento per equivalente superiore alle perdite patrimoniali subite dal danneggiato, violando pertanto un principio fondamentale in tema di risarcimento. Con il risultato che l’impresa concorrente illegittimamente pretermessa dalla aggiudicazione percepirebbe, in sede risarcitoria, più di quanto avrebbe avuto se avesse eseguito il contratto, poiché beneficerebbe sia dei vantaggi economici che avrebbe avuto se non avesse stipulato ed eseguito il contratto oggetto di gara, sia del lucro che avrebbe conseguito ove il contratto fosse stato eseguito. In definitiva, si cumulerebbero i danni da lesione dell’interesse negativo con quelli da lesione dell’interesse positivo, il che è da ritenere inammissibile alla luce dei principi in materia di risarcimento del danno.

8 - In merito al lucro cessante, l'Azienda Ospedaliera San Carlo afferma di essere esente da colpe essendosi limitata ad eseguire la sentenza del Tar per la Basilicata che aveva accolto il ricorso incidentale con l'effetto di rendere inammissibile quello principale e che solo a seguito della sentenza del giudice di primo grado aveva stipulato il contratto (non già nelle more del giudizio di primo grado), essendo, peraltro, urgentissimo l'adeguamento sismico dei padiglioni in un territorio di estrema vulnerabilità sismica.

Ritiene la Sezione, diversamente da quanto sostenuto dalla stazione appaltante, che nella fattispecie sussistano gli elementi costitutivi della responsabilità aquilana, configurabile, nei confronti dell’amministrazione, per l’esercizio di illegittima attività provvedimentale, ricorrendo il presupposto del fatto illecito della p.a., accertato con sentenza passata in giudicato, che ha dichiarato l’illegittimità della procedura di gara culminata con l’aggiudicazione del contratto al raggruppamento d’imprese Bea/Ecoclima.

Ciò ha cagionato un danno ingiusto alla ricorrente la quale ha subito la lesione del suo interesse pretensivo all’aggiudicazione della commessa pubblica. Ove la amministrazione avesse agito legittimamente, l’esito della gara avrebbe consentito al Consorzio di conseguire l’aggiudicazione ed il relativo contratto.

Quanto al requisito soggettivo della colpa, occorre osservare che in materia di risarcimento da mancato affidamento di gare pubbliche di appalto, non è necessario provare la colpa dell’amministrazione aggiudicatrice, poiché il rimedio risarcitorio risponde al principio di effettività previsto dalla normativa comunitaria e le garanzie di trasparenza e di non discriminazione operanti in materia di aggiudicazione dei pubblici appalti fanno sì che qualsiasi violazione degli obblighi di matrice comunitaria consente alla impresa pregiudicata di ottenere un risarcimento dei danni, a prescindere da un accertamento in ordine alla colpevolezza dell’ente e alla imputabilità soggettiva della lamentata violazione (cfr. Cons. Stato, V, n.6450/2014).

Con l’effetto che nel caso di specie deve essere riconosciuto in capo al CCC ricorrente il diritto al risarcimento del danno da mancata aggiudicazione del contratto a prescindere da ogni indagine circa la rilevanza della colpa dell’amministrazione resistente.

Pertanto, il danno risarcibile deve essere limitato al lucro cessante, corrispondente all’utile che la ricorrente avrebbe ritratto dall’esecuzione del contratto, se la procedura di selezione si fosse svolta legittimamente.

9. - In ordine alla quantificazione di tale danno occorre osservare quanto segue.

Quanto alla richiesta del CCC per il mancato utile nella percentuale non inferiore al 10% dell’importo dell’appalto, al netto del ribasso offerto, secondo il criterio che trova il suo fondamento normativo nell’art. 345 della legge 20 marzo 1865, n. 2248, Allegato F ed è attualmente ribadito negli artt. 134 e 158 del codice dei contratti pubblici (d.lgs. n.163/2006) , questo Consiglio di Stato ha rilevato che ricade interamente sul ricorrente l’onere della prova dell’esistenza e della quantificazione del danno, essendo peraltro tale onere ribadito dall'art. 124 del c.p.a. secondo il quale “...il giudice ... dispone il risarcimento del danno per equivalente, subito e provato”.

Infatti in base al principio generale sancito dall’art. 2697 c.c, ai fini del risarcimento dei danni provocati da illegittimo esercizio del potere amministrativo, il ricorrente deve fornire la prova dell’esistenza del danno, non potendosi invocare il principio acquisitivo perché tale principio attiene allo svolgimento dell’istruttoria e non alla allegazione dei fatti pur potendosi ricorrere alle presunzioni semplici ex art. 2729 c.c. per fornire la prova del danno subito e della sua entità (cfr, Cons. Stato, V, 6450/2014 cit.).

Su tali presupposti la giurisprudenza prevalente ha superato l'orientamento secondo il quale il danno debba essere quantificato in maniera automatica nel 10% forfettario del prezzo a base d'asta o della offerta al ribasso, sostenendo che tale criterio, se pure capace di individuare in via indicativa l'utile che l'impresa può trarre dall'esecuzione di un appalto, non può essere oggetto di applicazione automatica e indifferenziata, finendo per rivelarsi, per l'imprenditore, spesso più favorevole dell'impiego del capitale.

Secondo il più recente orientamento è necessario invece che l'impresa fornisca la prova della percentuale di utile effettivo che avrebbe conseguito in concreto, se fosse risultata aggiudicataria dell'appalto, con riferimento all'offerta economica presentata al seggio di gara (fra le tante Cons. Stato, sez. III, 12 maggio 2011, n. 2850) tenendo conto di tutte le voci di costo.

Va comunque detratto dall'importo dovuto a titolo risarcitorio quanto dall’impresa percepito grazie allo svolgimento di ulteriori attività lucrative, nel periodo in cui avrebbe dovuto eseguire l'appalto in contestazione e tale onere di provare l'assenza dell' aliunde perceptum vel percepiendum grava, non sull'amministrazione, ma sull'impresa.

Tale ripartizione dell'onere probatorio muove dalla presunzione, a sua volta fondata sull' id quod plerumque accidit, secondo cui l'imprenditore (specie se in forma societaria e nel caso in esame, in particolare, trattandosi di primaria impresa a livello nazionale), in quanto soggetto che esercita professionalmente una attività economica organizzata finalizzata alla produzione di utili, non rimane inerte in caso di mancata aggiudicazione di un appalto, ma si procura prestazioni contrattuali alternative dalla cui esecuzione trae utili sicché l’impresa che non prova di non aver potuto utilizzare mezzi e maestranze per altri servizi, non può pretendere che il lucro cessante da mancata aggiudicazione venga risarcito per l’intero nella misura del 10%.

Né smentisce tale conclusione il fatto che l’appalto non aggiudicato a CCC era misto, di progettazione e di esecuzione dei lavori.

Si aggiunga che in base all’art. 1227 c.c. il danneggiato ha il dovere di non concorrere ad aggravare il danno.

10. - Pertanto, in assenza di prova contraria rispetto alla presunzione di aliunde perceptum vel percipiendum, sembra ragionevole alla Sezione statuire in via equitativa una riduzione del 20% dal risarcimento integrale, riduzione che va dunque detratta dalla somma di euro 333.713,56 indicata da CCC al netto del ribasso offerto, liquidando quindi per tale voce di danno la somma di euro 266.970.85 (333.713,56 - il 20% pari a 66.742,712).

11. - Deve, inoltre, essere riconosciuto il diritto al risarcimento del danno curriculare quale ulteriore profilo del lucro cessante in quanto la giurisprudenza ammette che tale voce di danno sia risarcibile, posto che il mancato arricchimento del curriculum professionale dell’impresa danneggiata dal provvedimento illegittimo pregiudica la sua capacità di competere nel mercato e diminuisce le chances di aggiudicarsi ulteriori affidamenti.

Tale voce di danno, costituente una specificazione del danno per perdita di chance , si correla necessariamente alla qualità di impresa operante nel settore degli appalti pubblici a prescindere dal lucro che l'impresa stessa ne ricava grazie al corrispettivo pagato dalla stazione appaltante. Questa qualità imprenditoriale può ben essere fonte, per l'impresa, di un vantaggio economicamente valutabile, perché accresce la capacità di competere sul mercato e, quindi, la chance di aggiudicarsi ulteriori e futuri appalti di talché l'interesse alla vittoria di un appalto, nella vita di un operatore economico, va oltre l'interesse all'esecuzione dell'opera in sé e ai relativi ricavi diretti.

Alla mancata esecuzione di un'opera pubblica illegittimamente appaltata si ricollegano, infatti, indiretti nocumenti all'immagine della società, al suo radicamento nel mercato, all'ampliamento della qualità industriale o commerciale dell'azienda, al suo avviamento, per non dire, poi, della lesione al più generale interesse pubblico al rispetto della concorrenza, in conseguenza dell'indebito potenziamento di imprese concorrenti che operino sul medesimo target di mercato, in modo illegittimo dichiarate aggiudicatarie della gara.

Pertanto deve ammettersi che l'impresa ingiustamente privata dell'esecuzione di un appalto possa rivendicare, a titolo di lucro cessante, anche la perdita della specifica possibilità concreta di incrementare il proprio avviamento per la parte relativa al curriculum professionale, da intendersi anche come immagine e prestigio professionale, al di là dell'incremento degli specifici requisiti di qualificazione e di partecipazione alle singole gare.

12. - Tuttavia mancando per tale voce alcuna prova diretta del danno subito ed in particolare essendo indimostrata la richiesta percentuale del 5% dell’importo dell’appalto, anche tale voce di danno deve essere ristorata in via equitativa, con riduzione del 20% dell’importo richiesto di euro 166.856,78, per un ammontare da rimborsare pari ad euro 133.485,42 (166.856,78 - 20%) .

Va infine respinta la richiesta di risarcimento del danno da ritardo in quanto la prevalente giurisprudenza riconduce la fattispecie all’art. 2697 c.c., come tale necessitante da parte del danneggiato, di tutti gli elementi costituitivi della domanda.

13.- Conclusivamente i danni conseguenti alla illegittima gestione della gara de quo, da liquidarsi applicando i criteri sopra indicati, dovranno essere equitativamente liquidati nella somma di euro 400.456,27 a favore del Consorzio Cooperative Costruzioni CCC Società Cooperativa.

14. - Ai sensi dell’articolo 13 co.6 bis del dPR 115/2012, il Consorzio ha diritto al rimborso delle somme di euro 6.000,00 per il contributo unificato versato nel giudizio di primo grado, 9.000,00 per il contributo unificato versato nel giudizio davanti al Consiglio di Stato, per complessivi euro 15.000,00.

15. - La cifra liquidata a titolo di lucro cessante costituisce un debito di valore soggetto a rivalutazione monetaria, secondo gli indici Istat, da computarsi dalla data della stipula del contratto da parte dell’impresa che è rimasta illegittima aggiudicataria fino alla data di deposito della presente sentenza.

16. - Sulla somma rivalutata saranno dovuti gli interessi legali dalla data di deposito della sentenza fino all’effettivo soddisfo.

17 - Le spese dell’odierno grado di giudizio possono essere compensate salvo la restituzione del contributo unificato per l’odierno contenzioso pari ad euro 300,00.

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