Consiglio di Stato, sez. IV, sentenza 2019-10-21, n. 201907150

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Sul provvedimento

Citazione :
Consiglio di Stato, sez. IV, sentenza 2019-10-21, n. 201907150
Giurisdizione : Consiglio di Stato
Numero : 201907150
Data del deposito : 21 ottobre 2019
Fonte ufficiale :

Testo completo

Pubblicato il 21/10/2019

N. 07150/2019REG.PROV.COLL.

N. 07473/2007 REG.RIC.

REPUBBLICA ITALIANA

IN NOME DEL POPOLO ITALIANO

Il Consiglio di Stato

in sede giurisdizionale (Sezione Quarta)

ha pronunciato la presente

SENTENZA

sul ricorso numero di registro generale 7473 del 2007, proposto da Residence Filanda S.r.l., in persona del legale rappresentante pro tempore, rappresentato e difeso dall'avvocato F M B, con domicilio eletto presso lo studio Guido Francesco Romanelli in Roma, via Cosseria n. 5;

contro

Provincia Autonoma di Trento, in persona del legale rappresentante pro tempore, rappresentato e difeso dagli avvocati Nicolo' Pedrazzoli, F S, P S R, con domicilio eletto presso lo studio P S R in Roma, viale Mazzini n.11;

nei confronti

Commissione Comprensoriale a Tutela del Paesaggio Alto Garda e Ledro non costituito in giudizio;

per la riforma

della sentenza del T.R.G.A. - della provincia di Trento n. 00230/2006, resa tra le parti, concernente diniego realizzazione parapetti balconi - incompatibilità paesistico ambientale


Visti il ricorso in appello e i relativi allegati;

Visti tutti gli atti della causa;

Relatore nell'udienza pubblica del giorno 30 aprile 2019 il Cons. Luca Monteferrante e uditi per le parti gli avvocati Ermanno Gatto su delega di F M B e P S R;

Ritenuto e considerato in fatto e diritto quanto segue.


FATTO e DIRITTO

Con concessione edilizia n. 331/04, la ricorrente, proprietaria del complesso ricettivo denominato “Residence Filanda”, costituito dalla p.e.d 471 in C.C. di Riva del Garda, veniva autorizzata all’esecuzione di un intervento di ristrutturazione e ampliamento del complesso di sua proprietà ad uso casa e appartamenti di vacanza.

Successivamente, il Comune di Riva del Garda trasmetteva, ai sensi dell’art. 129, comma 5, l.p. n. 22/91, alla Commissione Comprensoriale di zona per la tutela del paesaggio la richiesta di autorizzazione in sanatoria per la realizzazione abusiva sulla p.ed. 471 da parte della ricorrente di opere distributive interne e di prospetto effettuate nell’ambito dell’intervento assentito con concessione n. 331/04, affinché la Commissione accertasse l’assenza di grave pregiudizio all’assetto paesaggistico ambientale e la conseguente ammissibilità dell’abuso sotto tale profilo.

Ciò con particolare riferimento alla sostituzione degli infissi e balconi composti da materiale ligneo con infissi (finestre con ante ad oscuro e parapetti dei balconi) in PVC (muniti di pellicola adesiva che riporta fedelmente le venature del legno), ritenuti più sicuri e maggiormente idonei a prevenire il pericolo di incendi.

La Commissione, osservato che: “ Il fabbricato si caratterizza per la rilevante incisività paesaggistica dovuta al suo parziale isolamento nella campagna ed alla sua mole volumetrica: di conseguenza, qualsivoglia intervento di sistemazione esterna deve perseguire la dovuta coerenza formale-tipologica e costruttiva con i suoi attuali lineamenti e con quelli dell’edificazione circostante ”, riteneva che l’opera in questione, pur non totalmente compatibile con i criteri di tutela ambientale del Piano urbanistico provinciale, non avesse, tuttavia, recato grave pregiudizio all’assetto paesaggistico-ambientale, esprimendo pertanto, parere favorevole al rilascio della sanatoria, condizionato alle seguenti prescrizioni: “ tutti i parapetti dei balconi della p.ed. 471 C.C. Riva vengano realizzati con elementi lignei (listelli e montanti verticali e traversi orizzontali) secondo il disegno tradizionale denominato ‘alla trentina’ e trattati con mordente come tutte le parti lignee esterne dell’edificio ”, e ciò poiché anche i criteri fissati dal PUP per l’esercizio della tutela ambientale, tanto per la nuova edificazione quanto per il recupero dell’esistente prevedono che: “… i collegamenti verticali e orizzontali devono essere mantenuti in legno ” e che: “… va comunque favorito l’uso del legno e di altri materiali tradizionali, rispetto a quello dell’alluminio, del ferro, del cemento a vista, di materie plastiche… ”.

Avverso tale provvedimento la Residence Filanda s.r.l. proponeva ricorso dinanzi al T.r.g.a. di Trento, denunziando erronea applicazione dei criteri di tutela paesaggistico-ambientale, violazione di legge ed eccesso di potere sotto vari profili, con particolare riferimento alla assunta intrinseca contraddittorietà della prescrizione imposta soltanto ai parapetti, laddove gli infissi in PVC, sebbene aventi un impatto paesaggistico di gran lunga maggiore, erano stati ritenuti suscettibili di sanatoria.

Con sentenza n. 230/06 dell’8 luglio 2006, il T.r.g.a. respingeva il ricorso, ritenendolo infondato.

Con atto ritualmente notificato la Residence Filanda s.r.l. ha proposto appello avverso la predetta sentenza, della quale ha chiesto la riforma articolando quattro motivi di censura.

Si è costituita in giudizio la Provincia autonoma di Trento per resistere all’appello, concludendo per la sua reiezione nel merito.

Alla udienza pubblica del 30 aprile 2019 la causa è stata trattenuta in decisione.

L’appello è infondato.

Con un primo motivo il Residence Filanda s.r.l. lamenta la erronea applicazione dei principi che disciplinano il sindacato giurisdizionale sulle scelte tecnico-discrezionali della p.a. assumendo che il T.r.g.a. avrebbe sostanzialmente omesso di esercitare il controllo sulla valutazione tecnico discrezionale della Commissione paesaggistico ambientale.

Il motivo è infondato.

Sebbene il T.r.g.a non abbia richiamato in modo perspicuo la cornice di principi sui limiti del sindacato del g.a. sulle valutazioni tecniche, come compendiati dalla nota sentenza di questa Sezione, n. 601 del 1999 e dalla successiva elaborazione richiamata dalla appellante, il giudice di prime cure è tuttavia pervenuto in modo empirico alle medesime conclusioni, accertando se il giudizio della Commissione comprensoriale potesse ritenersi inattendibile in relazione ai criteri estetici applicati o se palesasse eventuali ulteriori possibili vizi di illogicità intrinseca o di manifesta irragionevolezza della decisione nelle varie forme in cui il principio è stato declinato dalla giurisprudenza.

Ne discende che l’inquadramento teorico della problematica della ampiezza del sindacato del g.a. in subiecta materia non ha comportato errori nello scrutinio giurisdizionale operato.

Il fatto che il T.r.g.a. non abbia valorizzato una serie di circostanze di fatto evidenziate dalla ricorrente per ritenere comprovato il dedotto vizio di eccesso di potere, non attiene tanto al malgoverno dei principi giurisprudenziali sulla ampiezza del sindacato sulle valutazioni tecniche quanto ad un possibile deficit motivazionale di cui l’appellante coerentemente si duole con il secondo motivo di appello.

Al riguardo la Residence Filanda s.r.l. lamenta: erroneità della sentenza per omessa pronuncia sui vari motivi di censura prospettati. Difetto assoluto di motivazione. Violazione del principio di corrispondenza fra chiesto e pronunciato.

Assume in particolare che il giudice di prime cure si sarebbe limitato a richiamare in modo del tutto acritico la motivazione del provvedimento impugnato, senza esaminare e confutare le argomentazioni critiche prospettate. La motivazione sarebbe pertanto apparente, determinando un caso di denegata giustizia e di omessa pronuncia.

In particolare nessun vaglio critico sarebbe stato esercitato sulle seguenti circostanze di fatto, reputate idonee a rivelare elementi sintomatici di eccesso di potere, con particolare riferimento al canone di logicità e di non contraddittorietà:

- la commissione ha ritenuto perfettamente compatibili, sotto il profilo paesaggistico, gli infissi in PVC installati;

- ha invece ritenuto non compatibili i soli parapetti dei poggioli dell’edificio, sebbene costituiti da materiale del tutto analogo a quello degli infissi;

- ha omesso di considerare che la posa dei parapetti in PVC laccato finto legno era indispensabile per assicurare la sicurezza, a fronte di possibili cedimenti dei parapetti o di eventuali incendi;

- il PVC utilizzato era comunque ricoperto di pellicola produttiva di un effetto visivo identico al legno e come tale era non poteva creare alcun contrasto con i valori paesaggistici e estetici;

- il PUP non contiene alcuna indicazione circa la ammissibilità o meno di infissi in PVC o alla necessità di un utilizzo esclusivo di materiale ligneo per le strutture esterne degli edifici.

Il motivo è infondato.

Il T.r.g.a., dopo aver richiamato ampi stralci della motivazione del provvedimento impugnato, ne ha rilevato il carattere ampio e dettagliato, affermando conclusivamente che “si tratta di una scelta ragionevole e conforme al dettato legislativo, che rende prive di consistenza le dedotte censure di erronea applicazione di legge e di eccesso di potere sotto l’indicato profilo”.

Il giudice di prime cure ha dunque, in primo luogo, rilevato che si tratta di scelta conforme al dettato legislativo, affermazione questa di per sè idonea a superare tutti i rilievi critici in punto di rispetto del canone di ragionevolezza e di logicità della scelta.

Nella motivazione del provvedimento impugnato si afferma infatti che la “prevista esecuzione dei balconi con parapetti in pvc anziché in legno contrariamente a quanto autorizzato è da valutarsi negativamente in quanto:

- incompatibile con i caratteri dell'edilizia nuova e storica di zona, ove tali elementi risultano realizzati in legno o metallo secondo le modalità costruttive tradizionali

-, nonché in contrasto con i criteri fissati dal Piano urbanistico provinciale per l'esercizio della tutela ambientale, i quali sia per la nuova edificazione che per il recupero dell'esistente prevedono: "...i collegamenti verticali e orizzontali devono essere mantenuti in legno" ed ancora: "... va comunque favorito l'uso del legno e di altri materiali tradizionali, rispetto a quello dell'alluminio, del ferro, del cemento a vista, di materie plastiche...". (vedasi fascicolo dei Criteri di tutela ambientale, pagg. 165-170)”.

Da quanto precede emerge chiaramente che la scelta della Commissione comprensoriale si è ispirata alla necessaria e rigorosa applicazione dei criteri fissati dal Piano urbanistico provinciale per l'esercizio della tutela ambientale che la parte appellante non ha contestato allegandone la errata interpretazione oppure eccependone la inapplicabilità al caso di specie e le relative motivazioni.

Inoltre la Commissione comprensoriale ha anche rilevato in senso ostativo che la realizzazione di parapetti in PVC è “ incompatibile con i caratteri dell'edilizia nuova e storica di zona, ove tali elementi risultano realizzati in legno o metallo secondo le modalità costruttive tradizionali”.

Correttamente il T.r.g.a. ha osservato sul punto che le affermazioni di parte appellante circa una piena fungibilità del PVC “finto legno” impingono nella valutazione di merito riservato all’organo competente.

La scelta di conservare i materiali di costruzione tradizionali, oltre ad essere imposta dal Piano urbanistico provinciale, è una scelta di merito.

Inoltre appare del tutto ragionevole prescrivere l’impiego dei medesimi materiali di costruzione già utilizzanti nella zona – sia per l’edilizia nuova che per quella storica - al fine di garantire la piena integrità della valenza paesaggistica dell’area: per quanto il PVC appositamente trattato possa riprodurre le caratteristiche del legno, la diversa reazione all’usura del tempo è destinata a connotare le abitazioni con infissi in plastica di caratteri innaturali che comunque modificano i connotati estetici delle costruzioni e quindi del paesaggio.

Quanto alla mancata ponderazione di diversi interessi pubblici quali quello alla sicurezza ed alla pubblica incolumità, è sufficiente osservare che gli organi preposti alla tutela paesaggistica verificano in concreto l’esistenza di esigenze di tutela del bene paesaggistico nell’ambito di un procedimento rispetto al quale restano estrani i diversi interessi pubblici concorrenti.

L’attività è di tipo conoscitivo e limitata all’apprezzamento in concreto delle esigenze di tutela paesaggistica e non di ponderazione di interessi pubblici.

Infine la differente valutazione di compatibilità paesaggistica espressa in ordine ai serramenti, anch’essi in PVC, si deve al fatto che gli stessi sono di per sé meno visibili, in quanto posizionati in modo da non essere spiccatamente esposti a vista, per cui non incidono in maniera rilevante sull’armonia complessiva della facciata.

Nessuna contraddittorietà o illogicità è quindi rilevabile nella condotta della commissione comprensoriale che ha piuttosto applicato una regola di proporzionalità scegliendo di non sanzionare le parti meno visibili dell’intervento quali sono gli infissi rispetto ai parapetti dei balconi.

Con il terzo motivo l’appellante deduce: erroneità della sentenza per la effettuazione di una valutazione di merito preclusa al giudice amministrativo e per il travisamento degli atti processuali.

L’appellante sostiene che il T.r.g.a. avrebbe indebitamente effettuato una valutazione di merito non spettantegli, nella parte in cui ha evidenziato la discrasia esistente tra la pavimentazione lignea dei balconi e i parapetti in PVC, omettendo peraltro di valutare, alla stregua della documentazione fotografica depositata, che in realtà nessuna discrasia poteva dirsi sussistente, con il risultato di ritenere legittimo l’operato della Commissione sulla base di valutazioni di merito proprie, su profili non esaminati dalla Commissione nella parte motiva del provvedimento.

Il motivo è inammissibile in quanto la parte appellante non può trarre alcuna giuridica utilità dal suo accoglimento, atteso che il rilievo del giudice di prime cure, non essendo effettivamente contemplato dalla motivazione del provvedimento impugnato, non riveste alcun rilevanza ai fini della tenuta complessiva del discorso giustificativo, già di per sé idoneo, per le ragioni esposte, a ritenere legittimo il provvedimento impugnato.

Con il quarto motivo di censura è dedotta la erroneità della sentenza appellata per omessa valutazione, sotto diverso profilo, del secondo originario motivo di censura.

Con tale motivo la ricorrente ha criticato la sentenza per aver, a suo dire, omesso di esaminare la censura con cui aveva contestato in primo grado l’operato della Commissione per non aver esplicitato le ragioni che avevano giustificato la subordinazione dell’efficacia dell’atto legittimante le opere non confliggenti con la tutela paesaggistica, non all’introduzione di opere migliorative, come ammesso dall’art. 127, comma 3 lett. b) del testo unico provinciale, ma alla sostituzione di un diverso autonomo manufatto (parapetti), rispetto al quale poteva esercitare al più i poteri ripristinatori di cui all’art. 127, comma 2, l.p. 22/91.

Il motivo - effettivamente non scrutinato dal giudice di primo grado - risulta inammissibile in quanto non è dato comprendere quale tipo di utilità miri a conseguire in caso di suo accoglimento.

La misura di adeguamento parziale (limitatamente ai parapetti e con esclusione degli infissi), in luogo dell’ordine di integrale ripristino delle opere abusive, rappresenta una scelta di gran lunga più favorevole e meno afflittiva per la appellante e conferma la ragionevolezza della decisione contestata in quanto pienamente conforme al principio di proporzionalità dell’azione amministrativa.

Alla luce delle motivazioni che precedono l’appello deve pertanto essere respinto mentre le spese del grado vanno poste a carico della appellante, in applicazione del principio della soccombenza.

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