Consiglio di Stato, sez. VI, sentenza 2023-06-30, n. 202306390

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Sul provvedimento

Citazione :
Consiglio di Stato, sez. VI, sentenza 2023-06-30, n. 202306390
Giurisdizione : Consiglio di Stato
Numero : 202306390
Data del deposito : 30 giugno 2023
Fonte ufficiale :

Testo completo

Pubblicato il 30/06/2023

N. 06390/2023REG.PROV.COLL.

N. 02058/2019 REG.RIC.

REPUBBLICA ITALIANA

IN NOME DEL POPOLO ITALIANO

Il Consiglio di Stato

in sede giurisdizionale (Sezione Sesta)

ha pronunciato la presente

SENTENZA

sul ricorso numero di registro generale 2058 del 2019, proposto da
D I E D, F C, R C, rappresentati e difesi dall'avvocato L C, con domicilio digitale come da PEC da Registri di Giustizia;

contro

Ministero per i Beni e le Attivita' Culturali, in persona del legale rappresentante pro tempore, rappresentato e difeso dall'Avvocatura Generale dello Stato, domiciliataria ex lege in Roma, via dei Portoghesi, 12;

per la riforma

della sentenza del Tribunale Amministrativo Regionale per la Toscana (Sezione Terza) n. 01336/2018, resa tra le parti;


Visti il ricorso in appello e i relativi allegati;

Visto l'atto di costituzione in giudizio di Ministero per i Beni e le Attivita' Culturali;

Visti tutti gli atti della causa;

Visto l'art. 87, comma 4-bis, cod.proc.amm.;

Relatore all'udienza straordinaria di smaltimento dell'arretrato del giorno 15 maggio 2023 il Cons. Roberta Ravasio in collegamento da remoto attraverso videoconferenza, con l'utilizzo della piattaforma "Microsoft Teams".;

Udito per le parti l’avvocato L C

Ritenuto e considerato in fatto e diritto quanto segue.


FATTO

1. Con il decreto della Soprintendenza per i Beni Ambientali e Architettonici di Firenze, Prato e Pistoia del 02.05.2000 veniva annullata la determinazione n. 3324/2000 del 29.03.2000 del Comune di Firenze, Ufficio Condono Edilizio, con cui si esprimeva parere favorevole al rilascio della concessione in sanatoria per le opere realizzate abusivamente dal sig. F Walter, nel Comune di Firenze, via Traversari 72. Le opere abusive consistevano nella chiusura, e conseguente creazione di due verande finestrate, di due terrazze sopratetto realizzate nell’appartamento venduto al sig. C Paolo nel 1999.

2. Con il ricorso n. 496/2005 quest’ultimo impugnava il provvedimento di annullamento del predetto parere favorevole innanzi al TAR Toscana - Firenze.

3. Il Ministero per i Beni Culturali e Ambientali si costituiva in giudizio.

4. Si costituivano in giudizio, con intervento ad adiuvandum notificato al Comune di Firenze e alla Soprintendenza il 9 aprile 2005, gli eredi del sig. F, che avevano interesse alla positiva conclusione della domanda di condono, eccependo tra l’altro di non aver ricevuto dalla Soprintendenza la comunicazione di avvio del procedimento di annullamento del parere favorevole rilasciato dal Comune.

5. Nel corso del giudizio decedeva il sig. C, e in sua vece si costituivano in giudizio gli eredi.

6. Con sentenza n. 1336/2018 il TAR Toscana - Firenze, sez. III, respingeva il ricorso.

7. In data 12.08.2019 i sig.ri D I D, F C e R C, in qualità di eredi del sig. C, hanno impugnato la suddetta pronuncia innanzi al Consiglio di Stato.

7. Si è costituito in giudizio il Ministero per i Beni e le Attività Culturali, insistendo per la reiezione del gravame.

8. La causa è stata chiamata per la discussione in occasione dell’udienza straordinaria del 15.05.2023, a seguito della quale è stata trattenuta in decisione.

DIRITTO

8. Preliminarmente occorre rilevare che gli odierni appellanti risultano destinatari della sentenza appellata e in quanto tali erano legittimati ad impugnarla.

9. Con unico, articolato, motivo d’appello si denuncia erroneità della sentenza per non aver considerato che l’atto impugnato sarebbe viziato da eccesso di potere per travisamento dei fatti e carenza di istruttoria del provvedimento impugnato.

9.1 Parte appellante contesta, in primo luogo, la decisione del TAR per aver ritenuto inammissibile la censura relativa alla mancata comunicazione di avvio del procedimento all’originario richiedente il condono edilizio, ovvero il sig. F e per esso ai suoi eredi: il TAR ha ritenuto tale censura inammissibile in quanto proposta in giudizio dagli Eredi F, che avrebbero partecipato al primo grado solo in qualità di intervenienti ad adiuvandum e senza svolgere una autonoma impugnazione del provvedimento: la statuizione in contestazione deve invece essere confermata, seppure con motivazione integrata.

9.1.1. La censura in parola è stata in effetti sollevata dagli intervenienti con atto che, però, è stato effettivamente notificato al Comune di Firenze e alla Soprintendenza il 9 aprile 2005.

9.1.2. Nel corso del primo grado di giudizio la Soprintendenza non ha eccepito l’irritualità e la tardività di tale notifica per violazione del termine decadenziale previsto dall’art. 28, comma 2, cod. proc. amm.;
di conseguenza l’intervento andava qualificato come intervento adesivo autonomo, come correttamente rilevato dagli appellanti.

9.1.3. La censura, dunque, era scrutinabile, contrariamente a quanto sostenuto dal TAR, che invece l’ha ritenuta inammissibile per il solo fatto di essere stata proposta dagli intervenienti.

9.1.4. Tuttavia, solo gli eredi F avrebbero potuto impugnare tale statuizione: tanto consegue alla constatazione che il sig. C, in primo grado, non ha dedotto, nel termine di cui all’art. 28, comma 2, c.p.a l’indicata causa di illegittimità del provvedimento della Soprintendenza, ragione per cui, ove la appellata sentenza fosse riformata per erroneità della statuizione in esame, ciò equivarrebbe a consentire agli eredi C di avvalersi di una censura da essi proposta o, alternativamente, a rimetterli indebitamente in termini per sollevare la censura medesima.

9.1.5. Il motivo in esame va dunque respinto sulla base delle indicate considerazioni.

9.2. Gli appellanti contestano, poi, la statuizione del TAR che ha ritenuto il provvedimento impugnato sostenuto da argomentazioni finalizzate a evidenziare il difetto di motivazione nel parere della Commissione Edilizia Integrata, oggetto di annullamento: si tratta del capo della sentenza che ha respinto la censura, originariamente sollevata in primo grado dal sig. C, con cui si deduceva che l’atto della Soprintendenza fosse illegittimo in quanto fondato su valutazioni di merito, e non su vizi di legittimità.

9.2.1. Gli appellanti rilevano che il decreto della Soprintendenza, dopo aver genericamente affermato che il parere della Commissione Edilizia Comunale sarebbe privo di motivazione (“ Considerato che il provvedimento in esame è del tutto privo di motivazione, limitandosi semplicemente ad affermare che l’intervento abusivo è compatibile con il contesto vincolato ”), ha allegato considerazioni di puro merito, affermando che “ l’intervento in questione consiste in una superfetazione realizzata con materiali del tutto estranei a quelli dell’edificio su cui insiste e che costituisce un’emergenza di volume visibile da tutto il contesto che lo circonda e dalle colline. Il tutto costituisce un notevole danno ambientale ”. In relazione a tale aspetto parte appellante ritiene, inoltre, che la Soprintendenza avrebbe solo superficialmente motivato l’incompatibilità delle opere abusive con il vincolo ambientale, trascurando che la zona in cui l’immobile è ubicato non ha più alcun pregio, ragione per cui non avrebbe alcun senso sostenere che la chiusura di due terrazze e la creazione di due verande possa turbare il paesaggio circostante. In definitiva, con il motivo in esame gli appellanti deducono, contrariamente a quanto affermato dal TAR, che la Soprintendenza avrebbe fondato la decisione di annullamento su nuove valutazioni merito, e non sul rilievo di vizi di legittimità.

9.2.2. La censura è infondata.

9.2.3. E’ principio consolidato in giurisprudenza quello secondo cui l'eventuale annullamento del nulla osta paesaggistico comunale, da parte della Soprintendenza, risulta riferibile a qualsiasi vizio di legittimità ivi compreso l'eccesso di potere in ogni sua figura sintomatica (sviamento, insufficiente motivazione, difetto di istruttoria, illogicità manifesta). L'unico limite che la Soprintendenza competente incontra in tema di annullamento dell'autorizzazione paesaggistica è costituito dal divieto di effettuare un riesame complessivo delle valutazioni compiute dall'ente competente tale da consentire la sovrapposizione o sostituzione di una nuova valutazione di merito a quella compiuta in sede di rilascio dell'autorizzazione (cfr. Cons. Stato, Ad. plen., 14 dicembre 2001 n. 9;
Cons. Stato, Sez. VI, 10 maggio 2013 n. 2535;
Cons. Stato, Sez. VI, 20 dicembre 2012 n. 6585;
Cons. Stato, sez. VI, 22/11/2018, n.6615).

9.2.4. Tuttavia nella specie il decreto della Soprintendenza non è realmente fondato su una rivalutazione di merito, che va a sovrapporsi a quella del Comune. La Soprintendenza, dopo aver rilevato che l’immobile interessato dalle opere abusive è incluso in zona soggetta a vincolo paesaggistico, imposto con D.M. del 31 agosto 1953, ha prima di tutto affermato il sostanziale difetto di motivazione della determinazione comunale, con cui era stato espresso parere favorevole al condono dell’intervento, richiamando il parere della Commissione Edilizia Integrata: la Soprintendenza, in particolare, ha rilevato che “ il provvedimento comunale citato nelle premesse non dà alcun conto degli elementi che hanno condotto l’Autorità decidente alla valutazione favorevole, previa la compiuta verifica che la permanenza delle opere per le quali è stata richiesta la sanatoria garantisca comunque la salvaguardia senza alcuna lesione o menomazione dei valori codificati dal vincolo, comunque primari rispetto a qualsiasi interesse pubblico o privato. Considerato, pertanto, che nella fattispecie in esame non risultano correttamente esercitati i poteri previsti dalla succitata normativa di tutela e di conseguenza il provvedimento stesso si rivela illegittimo ”.

9.2.5. Le ulteriori considerazioni svolte dalla Soprintendenza, tese ad evidenziare l’incompatibilità delle opere con il paesaggio circostante – e cioè la realizzazione di un notevole volume molto visibile, realizzato con materiali estranei all’edificio – fungono quindi solo da dimostrazione della carenza di istruttoria rilevata dalla Soprintendenza. Di conseguenza il provvedimento impugnato non può considerarsi motivato solo su considerazioni di merito, essendo stata invece evidenziata una significativa carenza istruttoria e di motivazione nella comunale impugnata.

10. L’appello va conclusivamente respinto.

11. Le spese possono essere compensate in considerazione della limitata attività defensionale del Ministero appellato.

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