Consiglio di Stato, sez. IV, sentenza 2010-01-13, n. 201000070

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Sul provvedimento

Citazione :
Consiglio di Stato, sez. IV, sentenza 2010-01-13, n. 201000070
Giurisdizione : Consiglio di Stato
Numero : 201000070
Data del deposito : 13 gennaio 2010
Fonte ufficiale :

Testo completo

N. 03587/2009 REG.RIC.

N. 00070/2010 REG.DEC.

N. 03587/2009 REG.RIC.

REPUBBLICA ITALIANA

IN NOME DEL POPOLO ITALIANO

Il Consiglio di Stato

in sede giurisdizionale (Sezione Quarta)

ha pronunciato la presente

DECISIONE

Sull’appello n. 3587 del 2009, proposto dai signori V G e N G, rappresentati e difesi dall'avvocato L S A, con domicilio eletto presso lo studio Abbamonte - Soprano in Roma, via degli Avignonesi 5;

contro

La Presidenza del Consiglio dei Ministri, in persona del Presidente pro tempore, rappresentato e difeso dall'Avvocatura Generale dello Stato, domiciliata per legge in Roma, via dei Portoghesi, 12;

per la riforma della sentenza del TAR CAMPANIA – NAPOLI, sezione quarta, n. 00220/2009, resa tra le parti, concernente INQUADRAMENTO DIPENDENTI COMUNALI NEI RUOLI DELLA P.C.M.-RIS.DANNI-ESEC.GIUD.TAR.


Visto il ricorso in appello con i relativi allegati;

Visto l'atto di costituzione in giudizio di Presidenza del Consiglio dei Ministri;

Viste le memorie difensive;

Visti tutti gli atti della causa;

Relatore nella camera di consiglio del 22 settembre 2009 il Cons.Anna Leoni e uditi per le parti l’avvocato Allamprese e l’avvocato dello Stato Varrone;

Ritenuto e considerato in fatto e diritto quanto segue:


FATTO

1. I ricorrenti impugnano in appello la sentenza del TAR della Campania- Napoli, IV Sez., n. 220 del 2009, che ha respinto il ricorso per l’esecuzione del giudicato formatosi sulla sentenza della medesima Sezione n. 2690 del 2003, nonché per l’annullamento degli atti ritenuti elusivi del giudicato, per l’accertamento del pieno titolo ad ottenere l’inquadramento nei ruoli della Presidenza del Consiglio e per il risarcimento dei danni subiti e subendi a causa del comportamenti tenuti dall’Amministrazione.

2. Essi deducono, quali motivi di appello, la violazione e l’elusione del giudicato formatosi inter partes e dell’obbligo della P.A. di conformarsi alla decisione passata in giudicato;
la violazione della normativa generale in materia;
la violazione dell’art. 38, 3^ e 4^ comma, della legge n. 400 del 1988;
l’eccesso di potere;
l’illegittimità derivata;
la falsa causa;
la violazione dell’art. 3 della legge n. 241 del 1990 per difetto e vizio nei motivi e nella motivazione.

Sostengono l’erroneità della sentenza impugnata nella parte in cui:

non si è pronunciata sulla richiesta di risarcimento dei danni;

ha affermato che i provvedimenti impugnati non possono considerarsi emessi in violazione o elusione di giudicato e che i ricorrenti non hanno mai presentato una espressa domanda volta all’inquadramento nella qualifica superiore ex art. 38, comma 4, L. n. 400/88;

ha ritenuto non applicabile l’art. 10 della legge n. 3 del 2003;

ha ritenuto corretta l’assegnazione alla sede di Roma dei ricorrenti;

ha ritenuto che le doglianze contro il mancato inquadramento possano formare oggetto di eventuale diverso ricorso da proporre avanti al giudice del lavoro;

ha ritenuto tardivo il ricorso nella parte impugnatoria;

ha ritenuto che non possano essere valutate le progressioni di carriera.

Essi chiedono, pertanto, in via principale, l’accoglimento del ricorso e l’annullamento degli atti impugnati, nonché la reintegrazione in forma specifica mediante l’accertamento del pieno titolo all’inquadramento nel livello ora in possesso.

In via concorrente ed alternativa, essi hanno chiesto il risarcimento dei danni subiti e subendi dai ricorrenti a causa dell’elusivo comportamento della P.A.

In via gradata, il risarcimento dei danni subiti e subendi.

3. L’Amministrazione intimata non si è costituita in giudizio.

4. Il ricorso è stato inserito nei ruoli di Camera di consiglio del 22/9/09 ed è stato trattenuto per la decisione.

DIRITTO

1. I ricorrenti, all’epoca dipendenti del Comune di Napoli, poi distaccati presso il Commissariato straordinario di Governo per la Campania e la Basilicata per l’emergenza terremoto del 23/11/80 e, successivamente, posti a disposizione del Ministero per la protezione civile per le esigenze del bradisismo nell’area flegrea, a seguito dell’entrata in vigore della L. n. 400 del 1988 hanno presentato domanda di inquadramento nei ruoli della Presidenza del Consiglio ex art. 38, comma 3, della legge citata

Essendone stati esclusi, essi hanno impugnato davanti al TAR della Campania il relativo provvedimento, chiedendo il riconoscimento del loro diritto ad essere inquadrati nei ruoli, anche in soprannumero, ai sensi dell’art. 38, commi 3 e 4, della legge n. 400 del 1988, nella qualifica corrispondente o in quella superiore.

Con la sentenza n. 2690 del 19 marzo 2003, confermata dal Consiglio di Stato, VI sezione, con decisione n. 1455 del 2006, il Tribunale amministrativo ha accolto il loro ricorso, annullando il diniego di inquadramento, con le relative conseguenze ai fini del richiesto inquadramento e delle connesse spettanze economiche.

La Presidenza del Consiglio ha, quindi, provveduto all’inquadramento dei ricorrenti nei propri ruoli, in posizioni, tuttavia, ritenute non satisfattive dagli stessi, che hanno quindi nuovamente adito il TAR della Campania per l’ottemperanza al giudicato formatosi sulla citata sentenza.

Avverso la decisione con cui il TAR ha respinto detto ricorso, è stato proposto l’appello oggi all’esame del Collegio.

2. L’appello è infondato e va respinto.

Invero, va rilevato, in linea generale, che l’atto emanato dall’amministrazione dopo l’annullamento giurisdizionale può essere considerato adottato in violazione o in elusione del giudicato solo quando da questo derivi un obbligo talmente puntuale che l'ottemperanza ad esso si concreta nell'adozione di un atto il cui contenuto, nei suoi tratti essenziali, è integralmente desumibile dalla sentenza (cfr. Sezione IV, 4 ottobre 2007, n. 5188).

Nella specie, la decisione di cui si assume l’elusione o violazione era nei seguenti termini: “ Sulla base delle suesposte considerazioni alle quali questo Collegio ritiene di dover aderire, rilevato che la L. n. 400/88, all’art. 38, comma 3, prevede l’inquadramento nei ruoli del personale della Presidenza del Consiglio dei Ministri del personale ‘comunque in servizio alla data di entrata in vigore della … legge presso la Presidenza del Consiglio dei Ministri in posizione di comando o di fuori ruolo’, considerato che non si rinviene alcuna diversa disposizione che non consente anche al personale comandato o distaccato presso la Presidenza del Consiglio dei Ministri per esigenze straordinarie (come i ricorrenti) di poter beneficiare della norma in questione, per ottenere l’inquadramento nei ruoli della Presidenza, il DPCM impugnato, nella parte in cui esclude i ricorrenti dal richiesto inquadramento perché “ non… in possesso dei requisiti all’uopo richiesti(art.3 del decreto) e li include nei relativi elenchi allegati, si rivela illegittimo e deve, pertanto, essere annullato.

In conclusione, per tutte le ragioni esposte, il ricorso deve essere accolto e, in conseguenza, la Presidenza del Consiglio dovrà valutare la posizione dei ricorrenti ai fini del richiesto inquadramento, con la relativa decorrenza giuridica e tenendo conto, per i profili economici, di quanto già agli stessi corrisposto per effetto delle citate precedenti sentenze del giudice amministrativo”.

Sulla base di tali indicazioni - contenute nella sentenza del TAR n. 2690 del 2003 - deve escludersi, in effetti, che dalla stessa derivasse un obbligo così puntuale che l'ottemperanza ad esso potesse concretarsi nell'adozione di un atto il cui contenuto, nei suoi tratti essenziali, fosse integralmente desumibile dalla decisione medesima;
al contrario, questa affrontava – quanto al merito della controversia – solo la questione inerente all’inquadramento tout court dei ricorrenti nei ruoli della Presidenza del Consiglio, riconoscendo che nessuna disposizione impediva che di detto inquadramento potesse beneficiare anche il personale comandato o distaccato presso la Presidenza per esigenze straordinarie, come i ricorrenti, mentre non affrontava, puntualmente, alcun altro ulteriore aspetto di merito, limitandosi solo genericamente ad osservare che la Presidenza avrebbe dovuto rivalutare la posizione dei ricorrenti ai fini del richiesto inquadramento, con la relativa decorrenza giuridica e tenendo conto, per i profili economici, di quanto già agli stessi corrisposto per effetto di precedenti pronunce.

Tale essendo la situazione connessa al giudicato, è da ritenere che questo non imponesse alla Presidenza del Consiglio un comportamento preciso e puntuale, scevro da ogni possibile opzione interpretativa, ma che rimettesse all’amministrazione medesima di determinarsi in ordine alle modalità da seguire ai fini della riapertura e della conclusione del procedimento.

Ciò comporta che tutte le censure svolte avverso il provvedimento di riesame della posizione dei ricorrenti conseguente alla spontanea esecuzione del giudicato, ivi compresa la questione della attribuzione dei livelli superiori e dell’applicazione dell’art. 10 della legge n. 3 del 2003, non risultano proponibili col ricorso per l’esecuzione del giudicato, salva la possibilità di una autonoma impugnazione in sede di legittimità (Cons. Stato, VI Sez., n. 2626 del 2008).

Del tutto estranea al giudicato, che nulla dispone al riguardo, è, poi, la questione della destinazione dei ricorrenti alla sede di Roma, anziché presso strutture periferiche della Campania o presso la Scuola superiore della P.A. di Caserta.

E’ altresì da disattendere la richiesta di risarcimento dei danni, formulata dalla ricorrente.

La giurisprudenza ha chiarito (V Sez., decisioni 21 giugno 2006 n. 3690 e n. 849 del 2008) che nel giudizio di ottemperanza è possibile chiedere solamente il risarcimento dei danni che si siano verificati successivamente alla formazione del giudicato e proprio a causa del ritardo nella esecuzione della pronuncia irretrattabile.

Nella fattispecie, tuttavia, l’amministrazione ha provveduto ad inquadrare gli interessati in tempi ragionevoli rispetto alla pubblicazione della decisione emessa in sede d’appello (n. 1455 del 20 marzo 2006) e alle comunicazioni di assenso condizionato all’assunzione presso la Presidenza del Consiglio, sicché non appaiono sussistenti i danni lamentati nel ricorso per ottemperanza , né d’altra parte i ricorrenti hanno dedotto o dimostrato in alcun modo quale fosse la responsabilità della P.A. per eventuale perdita di chance e di professionalità, danno all’immagine ed esistenziale, danno patrimoniale e morale.

3. Per le suesposte considerazioni, il ricorso va rigettato, con conseguente conferma della sentenza impugnata.

Nulla è dovuto per le spese della presente fase di giudizio.


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