Consiglio di Stato, sez. IV, sentenza 2015-06-23, n. 201503146

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Sul provvedimento

Citazione :
Consiglio di Stato, sez. IV, sentenza 2015-06-23, n. 201503146
Giurisdizione : Consiglio di Stato
Numero : 201503146
Data del deposito : 23 giugno 2015
Fonte ufficiale :

Testo completo

N. 01055/2012 REG.RIC.

N. 03146/2015REG.PROV.COLL.

N. 01055/2012 REG.RIC.

REPUBBLICA ITALIANA

IN NOME DEL POPOLO ITALIANO

Il Consiglio di Stato

in sede giurisdizionale (Sezione Quarta)

ha pronunciato la presente

SENTENZA

sul ricorso numero di registro generale 1055 del 2012, proposto da:
M A in S, rappresentata e difesa dall'avv. M A, con domicilio eletto presso M A in Roma, piazza Gondar, 22;



contro

Ministero della Difesa, rappresentato e difeso per legge dall'Avvocatura, domiciliata in Roma, via dei Portoghesi, 12;



nei confronti di

M L, Luigi Maria D'Anna, V A, P C, A M, S T, M R, Felice Dell'Accio, G P, F S;



per la riforma

della sentenza del T.A.R. LAZIO - ROMA: SEZIONE I BIS n. 07326/2011, resa tra le parti, concernente giudizio di avanzamento per l'anno 2004.


Visti il ricorso in appello e i relativi allegati;

Visto l'atto di costituzione in giudizio di Ministero della Difesa;

Viste le memorie difensive;

Visti tutti gli atti della causa;

Relatore nell'udienza pubblica del giorno 9 giugno 2015 il Cons. Francesco Mele e uditi per le parti gli avvocati Antonelli e l'avv. dello Stato Vessichelli;

Ritenuto e considerato in fatto e diritto quanto segue.




FATTO

Con sentenza n. 07326 del 16-9-2011 il Tribunale Amministrativo Regionale per il Lazio, sezione Prima bis, in parte dichiarava inammissibile ed in parte respingeva il ricorso proposto dalla signora A M, in qualità di erede di S Antonio, avverso l’esito del giudizio di avanzamento per il 2004, di cui al provvedimento prot. n. MD/GMIL-03-II/4/2/2004/32963-71 datato 14-7-2004 del Ministero della Difesa, in base al quale il ten. col. Antonio S era stato dichiarato idoneo, ma, essendo stato collocato al 71° posto della graduatoria, era stato escluso dal numero dei posti corrispondente a quello delle promozioni stabilite per l’annualità in oggetto.

Evidenziava la predetta sentenza che il ricorrente aveva dedotto unico, articolato motivo di gravame, lamentando: violazione e falsa applicazione degli artt. 23 e 26 della legge n.1137/1955, del d.m. n.571/1993, nonché del decreto legislativo n.490/97 come integrato dal decreto legislativo n.216/2000; eccesso di potere in senso assoluto e relativo.

Aggiungeva ancora che, a seguito di deposito della documentazione richiesta al Ministero con ordinanza presidenziale istruttoria n.17/2005, il ten.col. S aveva proposto motivi aggiunti, riproponendo e sviluppando le censure di cui all’atto introduttivo del giudizio.

A seguito del decesso del predetto ufficiale, avvenuto il 13 maggio 2006, la vedova dello stesso, signora A M, si era costituita con memoria notificata in data 8-11 maggio 2007, chiedendo la prosecuzione del giudizio, che , all’esito della integrazione del contraddittorio, veniva introitato per la decisione all’udienza del 28 giugno 2011.

Avverso tale sentenza ha proposto appello dinanzi a questo Consiglio di Stato la signora A M, chiedendo l’integrale riforma della sentenza di primo grado ed, in ogni caso, la riforma della stessa in merito alla pronunciata condanna alle spese per l’importo di euro 3000.

Ha articolato unico motivo complesso, lamentando: Apoditticità della motivazione- Erronea valutazione dei presupposti fattuali e giuridici – Violazione e falsa applicazione degli artt. 23 e 26 della legge n.1137/1955 così come integrata dal d.m. 2 novembre 1993, n. 571 e dei decreti legislativi nn. 490/1997 e 216/2000- Eccesso di potere in senso relativo per cattivo esercizio del potere, sviamento, illogicità, ingiustizia manifesta, contraddittorietà, disparità di trattamento- Violazione del principio di autonomia dei giudizi.

L’amministrazione intimata si è costituita in giudizio.

La causa è stata discussa e trattenuta per la decisione all’udienza pubblica del 9 giugno 2015.



DIRITTO

Ritiene preliminarmente la Sezione di evidenziare come la ricostruzione in fatto, come sopra riportata e ripetitiva di quella operata dal giudice di prime cure, non sia stata contestata dalle parti costituite per cui, vigendo la preclusione di cui all’art. 64, comma 2, del codice del processo amministrativo, deve considerarsi idonea alla prova dei fatti oggetto di giudizio.

L’appellante lamenta in primo luogo che la gravata sentenza avrebbe erroneamente dichiarato l’inammissibilità del ricorso per genericità e per mancato assolvimento dell’onere di fornire un principio di prova nella parte in cui ha dedotto il vizio di eccesso di potere in senso relativo.

Il Tribunale Amministrativo ha in proposito affermato che parte ricorrente non ha offerto indicazione alcuna, dotata di una qualche concretezza, relativamente ai soggetti, da prendersi a riferimento, dalle cui valutazioni possa evincersi l’utilizzo, da parte della Commissione Superiore di Avanzamento, di un metro di giudizio difforme, concessivo nei confronti dei parigrado e più restrittivo nei propri confronti, né ha indicato la categoria di qualità o titoli in cui la denunciata disparità di trattamento e difformità del metro di giudizio si sarebbero realizzate. Essa ha affidato sostanzialmente l’articolazione della censura – mediante preannunciata proposizione di successivi scritti difensivi - all’esito della acquisizione della documentazione, oggetto di istanza istruttoria, relativa ai controinteressati evocati in giudizio; con la conseguenza che la prefata istanza istruttoria si è risolta nella richiesta di atti preordinata al fine della ricerca delle eventuali illegittimità, meramente enunciate e non supportate da alcun elemento indiziario.

La doglianza – a giudizio del Collegio – è meritevole di favorevole considerazione alla luce dell’orientamento già espresso in materia dalla Sezione ( cfr. sent. n. 5696/2011 e n. 4973/2011).

E’ stato, infatti, chiarito che la possibilità di una completa e corretta prospettazione delle tesi difensive è direttamente collegata alla conoscenza dei fatti e quindi delle risultanze istruttorie e procedimentali. Per cui, se è ben vero che è inammissibile il ricorso privo dei requisiti minimi che permettano la ricostruzione dei tratti essenziali dell’azione esperita, è del pari vero che il ricorso può essere proposto, anzi deve, anche in casi in cui il ricorrente non abbia ancora conseguito una conoscenza integrale degli atti di causa.

Impugnato, dunque, l’atto nel momento in cui si ha avuta piena percezione dei suoi contenuti essenziali ( autorità emanante, contenuto del dispositivo ed effetto lesivo), il ricorrente può proporre motivi aggiunti quando abbia avuto integrale conoscenza della documentazione sulla quale si è fondata la determinazione dell’amministrazione, soprattutto nel caso in cui il privato di tale documentazione non abbia immediata conoscenza e la stessa debba essere previamente acquisita tramite accesso ovvero, in giudizio, articolando in proposito istanza istruttoria.

Ciò posto, va osservato nel caso di specie che parte appellante ha proposto il ricorso introduttivo rispettando i termini minimi per l’identificazione dell’azione esperita e dei suoi contenuti.

Il ten. col. S ha, invero, lamentato il vizio di eccesso di potere in senso relativo, descrivendo il proprio curriculum professionale ed indicando i parigrado in relazione ai quali i punteggi sarebbero stati attribuiti con criteri concessivi rispetto a quelli restrittivi utilizzati nei propri confronti, evidenziando, dunque, che gli esiti dei giudizi di avanzamento sarebbero stati il risultato di una diversità di metro valutativo.

Egli ha, poi, introdotto in giudizio le ragioni specifiche della censura mediante atto di motivi aggiunti solo quando – all’esito della disposta istruttoria – vi è stata in giudizio completa acquisizione della documentazione sulla quale si fondava la decisione della Commissione Superiore di Avanzamento ed, in particolare, nel momento in cui è stata prodotta dall’Amministrazione la documentazione caratteristica dei parigrado promossi in relazione ai quali egli ha dedotto l’utilizzo di un diverso metro valutativo.

Sulla base delle considerazioni sopra svolte, ritiene, pertanto, il Collegio che il ricorso ed i successivi motivi aggiunti – contrariamente a quanto ritenuto dal giudice di prime cure - non siano inammissibili e vadano, dunque, esaminati nel merito nella parte in cui deducono il vizio di eccesso di potere in senso relativo.

Ritiene, peraltro, la Sezione, nei limiti di cognizione che in materia sono consentiti al giudice amministrativo, che tale vizio sia nella specie insussistente, onde l’appello risulta per tale parte infondato.

Questo Consiglio, con orientamento consolidato, ha affermato che le valutazioni compiute dalla Commissioni Superiori di Avanzamento in sede di giudizio di avanzamento a scelta degli ufficiali sono caratterizzate da una amplissima discrezionalità, essendo per lo più riferite ad ufficiali dotati di ottimi profili di carriera, le cui qualità sono definibili solo attraverso sfumate analisi di merito che non sono la mera risultanza aritmetica del titolo e dei requisiti degli scrutinandi, ma implicano una complessiva ponderazione delle loro qualità ( cfr. Cons. Stato, IV, 19-3-2001, n. 1617; 16-10-2002, n.5688; 4-2-2003, n.556; 2-4-2004, n. 1827); specificandosi, altresì, che tale ponderazione va effettuata in via di astrazione e di sintesi, non condizionata dalla meccanica valutazione delle singole risultanze documentali ( cfr. Cons. stato, IV, 20-12-2002, n. 7241; 30-7-2002, n. 4074).

Invero, l’attività valutativa è precipuamente caratterizzata da un approfondito esame collegiale delle qualità e capacità dei valutandi, riscontrandosi in essa l’esercizio, da parte dell’Amministrazione, di una discrezionalità tecnica non sindacabile in sede giurisdizionale, se non in

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