Consiglio di Stato, sez. III, sentenza 2018-03-05, n. 201801401

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Sul provvedimento

Citazione :
Consiglio di Stato, sez. III, sentenza 2018-03-05, n. 201801401
Giurisdizione : Consiglio di Stato
Numero : 201801401
Data del deposito : 5 marzo 2018
Fonte ufficiale :

Testo completo

Pubblicato il 05/03/2018

N. 01401/2018REG.PROV.COLL.

N. 07886/2014 REG.RIC.

REPUBBLICA ITALIANA

IN NOME DEL POPOLO ITALIANO

Il Consiglio di Stato

in sede giurisdizionale (Sezione Terza)

ha pronunciato la presente

SENTENZA

sul ricorso numero di registro generale 7886 del 2014, proposto da:
-OMISSIS-, in persona del legale rappresentante p.t., rappresentata e difesa dagli Avvocati M S e G R, con domicilio eletto presso lo studio M. Studio Legale Sanino in Roma, viale Parioli, 180;

contro

Comune di -OMISSIS-, in persona del legale rappresentante p.t., rappresentato e difeso dall'Avvocato A L, con domicilio eletto presso il suo studio in Roma, viale dei Parioli, 67;
Provincia di Caserta, -OMISSIS-in proprio e nella qualità di capogruppo mandataria all’-OMISSIS-, non costituiti in giudizio;
Ministero dell'Interno, U.T.G. - Prefettura di Napoli, in persona del legale rappresentante p.t., rappresentati e difesi per legge dall'Avvocatura generale dello Stato, e presso la stessa domiciliati in Roma, via dei Portoghesi, 12;

per la riforma

della sentenza del Tribunale amministrativo regionale per la CAMPANIA – Sede di NAPOLI: SEZIONE I n. -OMISSIS-, resa tra le parti, concernente la domanda di risarcimento dei danni per l’avvenuta risoluzione del contratto stipulato a seguito di affidamento del servizio di gestione delle aree di sosta a pagamento e della rimozione forzata, blocco e custodia dei veicoli in sosta vietata nel territorio comunale, conseguentemente all’emissione di informative antimafia.


Visti il ricorso in appello e i relativi allegati;

Visti gli atti di costituzione in giudizio del Comune di -OMISSIS-, del Ministero dell'Interno e dell’Ufficio territoriale del Governo (U.T.G.) - Prefettura di Napoli;

Viste le memorie difensive;

Visti tutti gli atti della causa;

Relatore nell'udienza pubblica del giorno 22 febbraio 2018 il Cons. Solveig Cogliani e uditi per le parti gli Avvocati M S e A L e l'Avvocato dello Stato Lorenzo D'Ascia;

Ritenuto e considerato in fatto e diritto quanto segue.


FATTO

I – Con il ricorso in appello ora in esame, la -OMISSIS-chiede la riforma della sentenza di primo grado, che ha respinto la domanda di risarcimento in forma specifica o per equivalente avanzata dalla stessa Società nei confronti delle Amministrazioni resistenti, a seguito della risoluzione anticipata del contratto di appalto per il servizio di gestione delle aree di sosta a pagamento e della rimozione forzata, blocco e custodia dei veicoli in sosta vietata nel territorio comunale, contratto di durata quinquennale sottoscritto in data 22 luglio 2009 e che prevedeva lo svolgimento del servizio dalla -OMISSIS-(consorziata), a seguito dell’aggiudicazione all’-OMISSIS-. L’art. 2 del contratto prevedeva, infatti, che la gestione tecnica ed amministrativa sarebbe stata assunta dal -OMISSIS-ed il servizio sarebbe stato svolto dalla consorziata -OMISSIS-.

L’esecuzione del contratto iniziava in data 26 ottobre 2009.

II - La vicenda da cui trae origine il presente contenzioso si appalesa assai complessa per il numero degli atti presupposti e dei giudizi instaurati che è, dunque, bene riassumere di seguito:

- in data 21 luglio 2011 preveniva al Comune, con nota prot. -OMISSIS-, un’informativa atipica del Prefetto di Napoli sul conto della -OMISSIS- ai sensi dell’art. 1 septies d.l. n. 629 del 1982 (I informativa);

- in data 28 luglio 2011 la Giunta municipale deliberava (-OMISSIS-) di risolvere il contratto con efficacia differita della delibera alla consegna del servizio ad un nuovo aggiudicatario da reperire con procedura ad evidenza pubblica;

- in data 28 luglio 2011 con delibera -OMISSIS-del dirigente dell’Area vigilanza del Settore polizia municipale del Comune di -OMISSIS- era disposta la risoluzione del contratto con efficacia differita;

- avverso tali atti la -OMISSIS-proponeva ricorso davanti al Tribunale amministrativo regionale della Campania;

- con sentenza n.-OMISSIS-il Tribunale della Campania respingeva il ricorso;

- la -OMISSIS-, dunque, proponeva appello;

- in data 3 febbraio 2012 perveniva al Comune da parte della Prefettura la nota prot. -OMISSIS-. del 19 gennaio 2012 a carico del -OMISSIS-” (II informativa);

- in esecuzione di tale informativa erano emanate la delibera di Giunta n. -OMISSIS-e la determina dirigenziale n. -OMISSIS-di conferma della risoluzione anticipata del contratto con la decorrenza già stabilita;

- avverso tali provvedimenti la -OMISSIS-proponeva nuovo ricorso dinanzi al Tribunale campano (r.g. -OMISSIS-);

- in data 26 giugno 2012 perveniva al Comune la nota prot. -OMISSIS-del 22 giugno 2012 avente ad oggetto una III informativa ai sensi del d.P.R. n. 252 del 1998 a carico della -OMISSIS-;

- con delibera di giunta del -OMISSIS-il Comune decideva di interrompere il rapporto contrattuale in essere con decorrenza 30 luglio 2012;

- avverso tali atti la -OMISSIS-proponeva autonomo ricorso (n. -OMISSIS-) poi riunito al precedente -OMISSIS-;

- con delibera subito precedente -OMISSIS-, la stessa Giunta dava atto del nuovo insediamento in data 11 giugno 2012, indicando l’intenzione di modificare il piano di sosta adottato con la determina dirigenziale -OMISSIS-, cui faceva seguito l’indizione della connessa gara -OMISSIS-e revocava la deliberazione -OMISSIS-, mandando al dirigente di adottare gli atti amministrativi conseguenti (finalizzati alla revoca della predetta gara);

- il Consiglio di Stato, con sentenza n. -OMISSIS-, annullava la prima informativa e gli atti adottati dal Comune nn. -OMISSIS-, concludendo nel senso che: “ se è vero che l’informativa prefettizia atipica (peraltro non più prevista dal d.lgs. 6 settembre 2011 n. 159, recante “Codice delle leggi antimafia e delle misure di prevenzione, nonché nuove disposizioni in materia di documentazione antimafia, a norma degli articoli 1 e 2 della legge 13 agosto 2010, n. 136”, il quale all’art. 120, co. 2, lett. a), abroga l’art. 1 septies del d.l. n. 629 del 1982 con la decorrenza prevista dal precedente art. 119) non richiede, in questo non diversamente da quella di carattere interdittivo, un grado di dimostrazione probatoria analogo a quello occorrente per la dimostrazione dell’appartenenza di un soggetto ad associazioni della criminalità organizzata, nondimeno necessita dell’indicazione di circostanze obiettive che si traducano in indizi i quali, nel loro complesso, consentano la formulazione di un giudizio probabilistico, ma del pari obiettivo, circa la possibilità che l’attività dell’impresa possa anche indirettamente agevolare le attività criminali o esserne in qualche modo condizionata.

Alla stregua di quanto appena sopra, nella specie nessuno dei ricordati elementi, neppure se apprezzati nel loro insieme coordinato, è idoneo a sorreggere l’informativa, sicché non è condivisibile la definizione da parte del primo giudice di un siffatto quadro complessivo come “di opacità della gestione societaria e delle relazioni imprenditoriali che ruotano intorno alla figura di -OMISSIS-”, tale da concorrere alla “ragionevole valutazione di una continuità dell’assetto societario tra la ricorrente e la società -OMISSIS-”. ”;

- la Società appellante consegnava il servizio in data 30 luglio 2012, in forza dell’esecutorietà degli altri provvedimenti ancora sub judice (come sottolineato da parte appellante, pur essendo nota al Comune la citata sentenza del Consiglio di Stato);

- con sentenze n.-OMISSIS-il Tribunale amministrativo regionale per la Campania accoglieva i ricorsi proposti dal -OMISSIS-avverso l’informativa oggetto anche del presente contenzioso, emessa in data 19 gennaio 2012, ed i conseguenti atti risolutivi di altri rapporti contrattuali emessi dal Comune di -OMISSIS-e dal comune di -OMISSIS-, evidenziando che: “ E’ conclamata, pertanto, la compromissione del quadro istruttorio e motivazionale su cui poggia la misura interdittiva, che si presenta inficiato da carenza ed incompletezza di elementi essenziali ai fini della costruzione del giudizio di pericolosità in tema di infiltrazioni mafiose” escludendo la responsabilità dell’autorità prefettizia e anche di quella comunale in considerazione della potata “sostanzialmente…. ostativa ” (-OMISSIS-) dell’informativa (sentenze passate in giudicato);

- con sentenza che - in parte qua - è gravata in questa sede -OMISSIS-, il Tribunale campano si pronunziava sui due ricorsi riuniti avverso la seconda e terza informativa e gli atti comunali conseguenti e per il risarcimento del danno, e sui motivi aggiunti proposti traendo argomenti dalla sentenza del Consiglio di Stato menzionata e dalla sentenza -OMISSIS-del medesimo Tribunale, con la quale era accolto il ricorso presentato da Icaro relativamente all’informativa emessa nei suoi confronti, decidendo – superate le eccezioni preliminari e dichiarato inammissibile la domanda riconvenzionale del comune per difetto di giurisdizione:

a) l’improcedibilità del primo ricorso poiché il provvedimento di risoluzione era stato sostanzialmente sostituito dal successivo (il secondo provvedimento di risoluzione demandava infatti l’esecuzione degli effetti ad un momento successivo, sicchè solo il terzo provvedimento ha avuto immediati effetti sul contratto);
tuttavia, non espressamente pronunziandosi sull’informativa, anche in considerazione del fatto che l’informativa del 19 gennaio 2012 il Tribunale si era già pronunziato rilevandone l’illegittimità per difetto di istruttoria, seppure nei confronti del -OMISSIS-;

b) l’accoglimento della domanda impugnatoria proposta con il terzo ricorso, sulla considerazione che le tre informative emanate in ordine cronologico nei confronti di -OMISSIS-, del -OMISSIS-e del -OMISSIS-erano state già dichiarate illegittime, la prima con sentenza del Consiglio di Stato e le ulteriori con sentenze del medesimo Tribunale;
derivando l’illegittimità dei provvedimenti emanati dal Comune dall’illegittimità delle informative prefettizie;

c) la reiezione della domanda risarcitoria, escludendo la responsabilità dall’Autorità statale anche con riferimento alla seconda informativa che sarebbe da qualificarsi tuttavia come ‘tipica’, in considerazione della complessità della situazione all’evidenza della Prefettura e condividendo le conclusioni a riguardo già raggiunte nelle richiamate sentenze, ed ancora escludendo la responsabilità delle decisioni dell’Autorità comunale, in quanto determinate dalle risultanze dell’informativa del 19 gennaio 2012 predetta e dell’efficacia – al momento dell’emanazione degli atti – delle informative, non risultando ancora depositate le sentenze favorevoli alla parte sopra richiamate.

III – Avverso la predetta sentenza, l’odierna appellante deduce i seguenti motivi:

1) la decisione del Comune di interrompere il contratto sarebbe contraddittoria con le pregresse determinazioni;

2) l’ultima informativa avrebbe natura atipica e non vincolante;

3) l’amministrazione non avrebbe considerato la sentenza favorevole alla parte del Consiglio di Stato;

4) la nuova informativa non avrebbe potuto aggravare la posizione nei confronti dell’appellante che è soggetto diverso da quello a cui era diretta;

5) la contestuale revoca della gara sarebbe anche sintomo di uno sviamento di potere;

6) il cambio di indirizzo dell’Amministrazione nel non differire più l’interruzione del contratto ad esito della terza informativa ‘atipica’ non troverebbe giustificazione nel confronto con la decisione di mantenere il differimento ad esito della seconda informativa definita ‘tipica’ nei confronti di -OMISSIS-;

7) le pregresse pronunzia avrebbero accertato l’incompletezza dei dati posti a carico delle informative in menzione.

Pertanto, l’appellante chiede il risarcimento dei seguenti danni:

A - il danno emergente pari ad un totale di euro 349.600,00 per le voci indicate:

a) per le spese per l’acquisizione dei beni strumentali al servizio;

b) il danno da mancato ammortamento dei costi dell’iniziativa, che in ragione dell’esecuzione, sono stati recuperati solo per il 55%, rimanendo dunque un importo di euro 315.900.00;

c) i costi di partecipazione alla gara e stipulazione del contratto parti al 45% dell’importo di euro 52.000 ossia 23.400,00;

d) i costi che la società ha dovuto sostenere per la risoluzione anticipata quali il pagamento della penale, la rescissione anticipata del contratto di affitto dell’ufficio degli ausiliari del traffico e del deposito auto per un totale di 20.000,00;

B – il lucro cessante ed in particolare il mancato utile per il periodo di cessazione del servizio quantificabile in euro 223.496,12 in ragione della quantificazione dell’utile negli anni precedenti e del tempo residuo di esecuzione secondo la naturale scadenza;

C – il danno curriculare stimato sul 10% del macato utile .

Inoltre, la parte appellante evidenzia la mancanza di pronunzia in merito alla domanda di esecuzione in forma specifica. Dunque, richiede la condanna al pagamento del risarcimento nella misura di complessivi euro 595.445,73 o della diversa somma determinata in giudizio oltre agli accessori ovvero alla reintegrazione.

Si sono costituiti il Ministero dell’Interno, la Prefettura di Napoli, il Ministero delle Infrastrutture e dei trasporti, il Provveditorato interregionale opere pubbliche Campania e Molise. Con memoria per l’udienza di discussione il Ministero dell’Interno, evidenziando la discrezionalità dell’Amministrazione a fronte dell’emanazione di informative atipiche e la complessità dell’attività di accertamento delle autorità competenti, nonché la non automaticità della responsabilità anche a fronte della non correttezza delle valutazioni in ordine al coinvolgimento dell’impresa appellante nella criminalità organizzata.

L’Amministrazione comunale – costituitasi per resistere - precisa che il contratto rientrava tra quelli di cui all’art. 10, d.P.R. 3 giugno 1998 n. 252 ed in virtù dell’adesione al Protocollo di legalità, sicchè aveva inoltrato richiesta alla Prefettura di Caserta di informazioni antimafia con nota prot. n. -OMISSIS-e successiva nota -OMISSIS-, stipulando il contratto comunque sottoposto a condizione risolutiva a norma dell’art. 11, comma 2, del cit. D.P.R..

Inoltre, evidenzia che i provvedimenti sono stati assunti ad esito di ben tre informative efficaci e che il provvedimento di revoca della gara inerente la gestione dei parcheggi è stato adottato in forza dei nuovi indirizzi della Giunta municipale nominata ad esito delle elezioni.

DIRITTO

I – Ritiene il Collegio di dover ricostruire il quadro normativo di riferimento che è andato modificandosi in virtù dell’entrata in vigore del Codice delle leggi antimafia e delle misure di prevenzione, nonché nuove disposizioni in materia di documentazione antimafia, a norma degli artt. 1 e 2 della legge 13 agosto 2010, n. 136 nelle more dello svolgimento della vicenda sopra esposta.

Il d. lgs. 8 agosto 1994, n. 490 (abrogato e sostituito dall'art. 94, del d. lgs. 6 settembre 2011, n. 159) prevedeva all’art. 4, intitolato “Informazioni del prefetto - lettera d) dell'art. 1 comma 1, della legge 17 gennaio 1994, n. 47”:

“1 . Le pubbliche amministrazioni, gli enti pubblici e gli altri soggetti di cui all'art. 1, devono acquisire le informazioni di cui al comma 4 prima di stipulare, approvare o autorizzare i contratti e subcontratti, ovvero prima di rilasciare o consentire le concessioni o erogazioni indicati nell'allegato 3, il cui valore sia:

(omissis)

3. Ai fini di cui al comma 1, la richiesta di informazioni è inoltrata al prefetto della provincia nella quale hanno residenza o sede le persone fisiche, le imprese, le associazioni, le società o i consorzi interessati ai contratti e subcontratti di cui al comma 1, lettere a) e c), o che siano destinatari degli atti di concessione o erogazione di cui alla lettera b) dello stesso comma 1. Tale richiesta deve contenere gli elementi di cui all'allegato 4.

4 . Il prefetto trasmette alle amministrazioni richiedenti, nel termine massimo di quindici giorni dalla ricezione della richiesta, le informazioni concernenti la sussistenza o meno, a carico di uno dei soggetti indicati nelle lettere d) ed e) dell'allegato 4, delle cause di divieto o di sospensione dei procedimenti indicate nell'allegato 1, nonché le informazioni relative ad eventuali tentativi di infiltrazione mafiosa tendenti a condizionare le scelte e gli indirizzi delle società o imprese interessate. A tal fine il prefetto, anche avvalendosi dei poteri di accesso e di accertamento delegati dal Ministro dell'interno, dispone le necessarie verifiche nell'ambito della provincia e, ove occorra, richiede ai prefetti competenti che le stesse siano effettuate nelle rispettive province.

5. Quando le verifiche disposte a norma del comma 4 siano di particolare complessità, il prefetto ne dà comunicazione senza ritardo all'amministrazione interessata e fornisce le informazioni acquisite entro i successivi trenta giorni. Nel caso di lavori o forniture di somma urgenza, fatto salvo quanto previsto dal comma 6, le amministrazioni possono procedere dopo aver inoltrato al prefetto la richiesta di informazioni di cui al comma 3. Anche fuori del caso di lavori o forniture di somma urgenza, le amministrazioni possono procedere qualora le informazioni non pervengano nei termini previsti. In tale caso, i contributi, i finanziamenti, le agevolazioni e le altre erogazioni di cui al comma 1 sono corrisposti sotto condizione risolutiva. (comma modificato dall'articolo 15, comma 2, legge n. 135 del 1997).

6. Quando, a seguito delle verifiche disposte a norma del comma 4, emergono elementi relativi a tentativi di infiltrazione mafiosa nelle società o imprese interessate, le amministrazioni cui sono fornite le relative informazioni dal prefetto, non possono stipulare, approvare o autorizzare i contratti o subcontratti, nè autorizzare, rilasciare o comunque consentire le concessioni e le erogazioni. Nel caso di lavori o forniture di somma urgenza di cui al comma 5, qualora la sussistenza di una causa di divieto indicata nell'allegato 1 o gli elementi relativi a tentativi di infiltrazione mafiosa siano accertati successivamente alla stipula del contratto, alla concessione dei lavori o all'autorizzazione del subcontratto, l'amministrazione interessata può revocare le autorizzazioni e le concessioni o recedere dai contratti, fatto salvo il pagamento del valore delle opere già eseguite e il rimborso delle spese sostenute per l'esecuzione del rimanente, nei limiti delle utilità conseguite.

Il d.P.R. 3 giugno 1998, n. 252 (abrogato, previsioni analoghe inserite nell'art. 92 del d.lgs. 6 settembre 2011, n. 159), prevedeva all’art. 11, recante il “Termini per il rilascio delle informazioni”:

1. Quando le verifiche disposte siano di particolare complessità, il prefetto ne dà comunicazione senza ritardo all'amministrazione interessata e fornisce le informazioni acquisite entro i successivi trenta giorni.

2. Decorso il termine di quarantacinque giorni dalla ricezione della richiesta, ovvero, nei casi d'urgenza, anche immediatamente dopo la richiesta, le amministrazioni procedono anche in assenza delle informazioni del prefetto. In tale caso, i contributi, i finanziamenti, le agevolazioni e le altre erogazioni di cui al comma 1 sono corrisposti sotto condizione risolutiva e l'amministrazione interessata può revocare le autorizzazioni e le concessioni o recedere dai contratti, fatto salvo il pagamento del valore delle opere già eseguite e il rimborso delle spese sostenute per l'esecuzione del rimanente, nei limiti delle utilità conseguite.

3. Le facoltà di revoca e di recesso di cui al comma 2 si applicano anche quando gli elementi relativi a tentativi di infiltrazione mafiosa siano accertati successivamente alla stipula del contratto, alla concessione dei lavori o all'autorizzazione del subcontratto.

4. Il versamento delle erogazioni di cui alla lettera f) dell'articolo 10 della legge 31 maggio 1965, n. 575, può essere in ogni caso sospeso fino a quando pervengono le informazioni che non sussistono le cause di divieto o di sospensione di cui all'articolo 10 della legge 31 maggio 1965, n. 575, né il divieto di cui all'articolo 4, comma 6, del decreto legislativo n. 490 del 1994”.

Il successivo d. lgs. 6 settembre 2011, n. 159, all’art. 94, intitolato “Effetti delle informazioni del prefetto“ ha definito la natura interdittiva dell’informativa prefettizia, disponendo: “1. Quando emerge la sussistenza di cause di decadenza, di sospensione o di divieto di cui all'articolo 67 o di un tentativo di infiltrazione mafiosa, di cui all'articolo 84, comma 4 ed all'articolo 91, comma 6, nelle società o imprese interessate, i soggetti di cui all'articolo 83, commi 1 e 2 cui sono fornite le informazioni antimafia, non possono stipulare, approvare o autorizzare i contratti o subcontratti, né autorizzare, rilasciare o comunque consentire le concessioni e le erogazioni.

2. Qualora il prefetto non rilasci l'informazione interdittiva entro i termini previsti, ovvero nel caso di lavori o forniture di somma urgenza di cui all'articolo 92, comma 3 qualora la sussistenza di una causa di divieto indicata nell'articolo 67 o gli elementi relativi a tentativi di infiltrazione mafiosa di cui all'articolo 84, comma 4, ed all'articolo 91, comma 6, siano accertati successivamente alla stipula del contratto, i soggetti di cui all'articolo 83, commi 1 e 2, salvo quanto previsto al comma 3, revocano le autorizzazioni e le concessioni o recedono dai contratti fatto salvo il pagamento del valore delle opere già eseguite e il rimborso delle spese sostenute per l'esecuzione del rimanente, nei limiti delle utilità conseguite.

3. I soggetti di cui all'articolo 83, commi 1 e 2, non procedono alle revoche o ai recessi di cui al comma precedente nel caso in cui l'opera sia in corso di ultimazione ovvero, in caso di fornitura di beni e servizi ritenuta essenziale per il perseguimento dell'interesse pubblico, qualora il soggetto che la fornisce non sia sostituibile in tempi rapidi.

4. Le disposizioni di cui ai commi 2 e 3 si applicano anche nel caso in cui emergano elementi relativi a tentativi di infiltrazione ”.

In verità, già con riferimento alla disciplina preesistente, tuttavia, la giurisprudenza amministrativa aveva chiarito la portata della discrezionalità dell’amministrazione, evidenziando che la facoltà di revoca o di recesso dal contratto di appalto della pubblica amministrazione prevista nell’ipotesi in cui gli elementi relativi a tentativi di infiltrazione mafiosa siano accertati successivamente alla stipula del contratto consiste in una specificazione della più generale fattispecie della sopravvenienza in corso di rapporto di elementi incompatibili con il prosieguo della sua esecuzione.

Posto che la stazione appaltante non può sindacare il contenuto dell'informativa prefettizia, nell’evidente intenzione del legislatore di sfavorire le infiltrazioni mafiose nei contratti pubblici doveva già intendersi come limitata la facoltà dell’amministrazione di consentire la prosecuzione del rapporto contrattuale al solo fine di tutelare l'interesse pubblico attraverso una valutazione di convenienza in relazione a circostanze particolari.

In tal senso il preesistente dato normativo era interpretato nel senso di rinvenire un contenuto precettivo assai simile a quello che emerge da un'interpretazione del nuovo dato normativo di cui al d.lgs. n. 159/2011 (Consiglio di Stato, sez. V, sentenza 9 settembre 2013 n° 4467).

Ne consegue che anche nel vigore della previgente disciplina risultava uno spazio assai esiguo di esercizio del potere discrezionale in capo alla stazione appaltante.

II – Ciò posto, nel caso che occupa deve porsi attenzione anche al dato, su cui insiste il Comune resistente, relativo al fatto che la risoluzione è avvenuta, nella specie, in applicazione della clausola risolutiva espressa (ai sensi di quanto previsto dall’art. 1456 c.c.) in forza della specifica previsione contrattuale giusta il disposto dell’art. 11, comma 2, d.P.R. n. 252 del 1998, come evidenziato già in primo grado (memoria per l’udienza del 30 aprile 2014), nonché nella memoria di costituzione e nella memoria per l’udienza di discussione: “ resta stabilito che oltre a quanto è genericamente previsto dall’art. 1453 del c.c….costituiscono motivo di risoluzione del presente contratto, ai sensi dell’art. 1456 del c.c. le seguenti evenienze:…Alle dette evenienze deve intendersi aggiunta anche quella in premessa indicata e contemplata dall’art. 11, comma 2, del D.P:R. n. 252/1998 ”.

Tale clausola, sottoscritta dalle parti, era conseguenza dell’adesione del Comune al protocollo di legalità in esecuzione della deliberazione della Giunta municipale n. -OMISSIS-.

Orbene, se per un verso, dunque, la clausola risulta espressione dell’esercizio della libertà negoziale delle parti, va rilevato come – nella specie – la Stazione appaltante si trovasse, altresì, vincolata al rispetto del Protocollo di legalità (il cui impegno si trova trasfuso nel contratto proprio attraverso l’inserimento della clausola in menzione), essendo tenuta a risolvere il contratto in caso di informativa negativa.

La conclusione, invero, non muterebbe anche nel caso in cui si dovesse ritenere la clausola come espressione di una condizione legale di validità del contratto.

III – Al fine dell’indagine sulla spettanza del risarcimento richiesto, deve, in primo luogo evidenziarsi che – nella specie che occupa – come già affermato da questa Sezione - non possono valere i principi elaborati in sede comunitaria, in forza dei quali, una qualsiasi violazione degli obblighi di matrice sovranazionale consente all’impresa pregiudicata di ottenere un risarcimento dei danni, a prescindere da un accertamento in ordine alla colpevolezza dell’ente aggiudicatore e dunque della imputabilità soggettiva della lamentata violazione (Corte di giustizia, sez. III, 30 settembre 2010, C-314/09, Stadt Graz).

Nel caso che occupa, infatti, è evidente che la valutazione sulla responsabilità della Stazione appaltante non possa prescindere da un’indagine sull’esistenza o meno del profilo soggettivo de dolo o della colpa, come per i provvedimenti di prevenzione antimafia presupposti, rimanendo sottratto all’eccezione – di derivazione comunitaria, sopra ricordata, per la materia delle gare pubbliche – di una responsabilità in termini ‘oggettivi’.

La giurisprudenza della Sezione ha precisato che provvedimenti (informativa/interdittiva) dell’Autorità di pubblica sicurezza costituiscono, infatti, atti che si collocano al di fuori della procedura ad evidenza pubblica ed attengono a profili di prevenzione (cfr. sulla natura dell’informativa, Cons. Stato Sez. III, 9 maggio 2012, n. 2678 e 3 maggio n. 1743) del tutto tipici del nostro sistema nazionale. Nello stesso senso debbono essere vagliate le scelte dell’Amministrazione che di tali provvedimenti costituiscono una stretta ed immediata conseguenza, fuoriuscendo, dunque, dall’ ‘ordinario’ schema della responsabilità operante nella materia dei pubblici appalti, definito dalla giurisprudenza del giudice comunitario.

IV – Da quanto sin qui rilevato, la domanda di parte appellante non può trovare accoglimento con riguardo all’Amministrazione comunale per tre ordini di motivi:

in primo luogo, la discrezionalità dell’Amministrazione non poteva arrivare a sindacare la veridicità dei fatti esposti dall’autorità prefettizia;

in secondo luogo, l’Amministrazione si trovava ad essere doppiamente vincolata dall’impegno assunto attraverso la sottoscrizione del Protocollo di legalità;

in terzo luogo, ogni spazio di discrezionalità risulta eliminato ad esito dell’entrata in vigore dell’ d.lgs. n. 159 del 2011 (c.d. Codice Antimafia), che nel dare attuazione alla legge delega n. 136 del 13 agosto 2010, intitolata «Piano straordinario contro le mafie, nonché delega al Governo in materia di normativa antimafia», ha assegnato all’informativa una valenza ‘tipicamente’ interdittiva.

Tale conclusione priva di rilevanza anche la discussione svolta dalle parti e nella sentenza di primo grado in ordine alla natura della seconda informativa.

Peraltro, risulta evidente che la decisione di risolvere il contratto è stata assunta sin dalla prima informativa ed è stata reiterata a seguito del succedersi della seconda e della terza, con la differenza che alla terza informativa è stata fissata la data dell’efficacia dell’interruzione del rapporto contrattuale.

Rispetto a tale evenienza, appare non viziata la sentenza di prime cure laddove individua il momento causativo del danno lamentato all’interruzione dell’esecuzione del contratto da parte dell’appellante.

Tuttavia, vale osservare che al momento della decisione la stazione appaltante si trovava in presenza di tre informative ancora non annullate dal giudice e perfettamente efficaci. Ed anche ad esito del primo annullamento in sede di appello, permaneva la validità e l’efficacia delle successive due informative.

Pertanto, nel consegue che non risulta utile all’appellante, neppure il quarto motivo di gravame con cui la parte rileva la diversità dei soggetti destinatari della seconda e terza informativa. Infatti, la decisione di risolvere il contratto, intervenuta già ad esito della prima informativa diretta nei confronti della Società qui appellante, veniva ribadita ad esito della seconda e terza informativa (interdittiva) coinvolgente il Consorzio proprio in ragione della constatazione - evidenziata dall’Amministrazione resistente - della pluralità delle segnalazioni nei confronti di più soggetti, partecipanti al consorzio.

Né l’aver fissato in un momento successivo la data della risoluzione costituisce manifestazione di contraddittorietà dell’azione della pubblica amministrazione, ma unicamente la necessità di non compromettere i superiori interessi pubblici cui l’attività della stessa è diretta.

III – Quanto alla responsabilità dell’Autorità prefettizia, non si può che ribadire quanto evidenziato dal primo giudice sia con riferimento alla complessità del quadro indiziario rilevato dall’Autorità competente, rispetto alla quale non è possibile individuare un profilo di colpa dell’Amministrazione competente. Come è stato più volte affermato da questo Consiglio, infatti, l’attività di prevenzione dell’infiltrazione criminale di stampo mafioso presuppone e comporta un’ampia potestà discrezionale in capo all’organo istruttore, cui spettano i compiti di polizia e di mantenimento dell’ordine pubblico, in relazione alla ricerca ed alla valutazione di tali elementi, da cui poter desumere eventuali connivenze e collegamenti di tipo mafioso.

Tale discrezionalità non può sfociare in un arbitrio, il quale ingiustamente minerebbe l’attività di impresa presidiata dal principio di libera iniziativa economica di cui all’art. 41 Cost., cosicchè l’informativa – come nella specie – non risulta sottratta al sindacato del giudice di legittimità in ordine all’esatto dispiegarsi del procedimento logico deduttivo e sulle conclusioni dell’istruttoria da cui si è ritenuto emergere una qualche influenza del sodalizio criminale sull’attività e sulle scelte del soggetto che ne sia destinatario, ma anche laddove avvenga che le conclusioni dell’Autorità siano ritenute illegittime, sì da concludere per l’annullamento dei provvedimenti, ciò non comporta l’automatica illiceità dell’operato dell’Autorità di pubblica sicurezza.

Per le ragioni sopra esposte, la parte richiedente non è esonerata dalla dimostrazione del dolo o della colpa dell’Amministrazione, aspetti che non sono suffragati nella presente controversia, proprio in ragione della complessità del contesto di indagine che emerge dalle stesse informative contestate e precisato dal primo giudice.

Non serve ulteriormente soffermarsi ulteriormente sulla richiesta di reintegrazione per i motivi suesposti ed anche per l’evidente decorso dei termini temporali di esecuzione.

IV – Per tutti i motivi sin qui esposti, l’appello deve essere respinto.

Tuttavia la complessità della fattispecie esaminata giustifica la compensazione delle spese del secondo grado di giudizio.

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