Consiglio di Stato, sez. VII, sentenza 2024-07-12, n. 202406285
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Pubblicato il 12/07/2024
N. 06285/2024REG.PROV.COLL.
N. 09854/2023 REG.RIC.
REPUBBLICA ITALIANA
IN NOME DEL POPOLO ITALIANO
Il Consiglio di Stato
in sede giurisdizionale (Sezione Settima)
ha pronunciato la presente
SENTENZA
sul ricorso in appello iscritto al numero di registro generale 9854 del 2023, proposto da
-OMISSIS-, rappresentato e difeso dagli avvocati G G, A M e M M, con domicilio digitale p.e.c. in registri di giustizia;
contro
Consiglio superiore della Magistratura, Ministero della giustizia, in persona dei rispettivi legali rappresentanti
pro tempore
, rappresentati e difesi dall’Avvocatura generale dello Stato, presso i cui uffici sono domiciliati, in Roma, via dei Portoghesi 12;
nei confronti
Consiglio Giudiziario presso la Corte d’appello di Milano, non costituito in giudizio;
per la riforma
della sentenza del Tribunale amministrativo regionale per il Lazio - sede di Roma (sezione prima) n. -OMISSIS-/2023.
Visti il ricorso in appello e i relativi allegati;
Visto l’atto di costituzione in giudizio del Consiglio superiore della Magistratura e del Ministero della giustizia;
Viste le memorie e tutti gli atti della causa;
Relatore nell’udienza pubblica del giorno 14 maggio 2024 il consigliere F F e uditi per la parte appellante l’avvocato G G, sull’istanza di passaggio in decisione delle amministrazioni appellate;
Ritenuto e considerato in fatto e diritto quanto segue.
FATTO
1. L’appellante indicato in intestazione, magistrato ordinario, agisce nel presente giudizio per l’annullamento della delibera del Consiglio superiore della Magistratura in data -OMISSIS-, assunta sulla conforme proposta della competente commissione consiliare, con cui gli è stata riconosciuta la terza valutazione di professionalità con decorrenza dal -OMISSIS-.
2. Le contestazioni vertono su quest’ultimo profilo, a sua volta dipendente dall’individuazione della data iniziale del quadriennio in valutazione. La delibera impugnata ha fissato la data iniziale nel 20 aprile 2010, quando è divenuta definitiva la condanna della perdita di anzianità di sei mesi riportata in sede disciplinare dal medesimo appellante, con sentenza della sezione disciplinare del Consiglio superiore del -OMISSIS-.
3. La pronuncia ora richiamata era resa a conclusione del procedimento avviato il -OMISSIS-, nell’ambito del quale il magistrato incolpato era stato sospeso in via cautelare dalle funzioni e dallo stipendio (con ordinanza in data -OMISSIS- della sezione disciplinare del Consiglio superiore);e dopo la sospensione « per pregiudizialità penale » del procedimento medesimo (ordinanza del -OMISSIS-), disposta in ragione del fatto che per gli stessi addebiti il ricorrente era stato anche sottoposto a procedimento penale, definito poi con sentenza di proscioglimento per prescrizione. In ragione della mancanza di una pronuncia assolutoria nel merito delle imputazioni la delibera consiliare impugnata considerava quindi ascrivibile al ricorrente la sospensione cautelare subita in sede disciplinare e il corrispondente periodo non utile ai fini della valutazione di professionalità.
4. Con la propria impugnazione, proposta in primo grado davanti al Tribunale amministrativo regionale per il Lazio - sede di Roma, quest’ultimo deduceva censure intese nel loro complesso a sostenere che la decorrenza della valutazione di professionalità non potrebbe invece eccedere la durata della sanzione disciplinare e ricordava che questa era stata già applicata, in occasione della seconda valutazione di professionalità, riconosciuta con decorrenza 24 agosto 2005 anziché 24 febbraio dello stesso anno (delibera consiliare del -OMISSIS-). Ne deriverebbe che la decorrenza della terza valutazione avrebbe dovuto essere fissata al 24 agosto 2009, alla scadenza del quadriennio successivo, e non già al -OMISSIS-, come avvenuto nel caso di specie.
5. Il ricorso è stato tuttavia dichiarato improcedibile per sopravvenuta carenza di interesse dall’adito Tribunale amministrativo con la sentenza in epigrafe.
6. A base della pronuncia in rito è stato posto il fatto che l’impugnazione non è stata estesa alla delibera del Consiglio superiore della Magistratura in data -OMISSIS-, con cui in parziale autotutela di quella impugnata l’organo di autogoverno ha riconosciuto al ricorrente la valutazione di professionalità con decorrenza dal 22 gennaio 2014, alla scadenza del quadriennio decorrente non già da quando è divenuta definitiva la sentenza disciplinare, come in origine ritenuto, ma dalla revoca della misura cautelare, disposta con la medesima sentenza disciplinare i cui estremi sono sopra citati.
7. La dichiarazione di improcedibilità è censurata dal ricorrente a mezzo del presente appello, recante la riproposizione dei motivi di impugnazione non esaminati in primo grado.
8. Si sono costituiti in resistenza all’appello il Consiglio superiore della Magistratura e il Ministero della giustizia.
DIRITTO
1. Con il primo motivo d’appello viene censurata la dichiarazione di improcedibilità del ricorso, in tesi erroneamente pronunciata senza considerare che la delibera consiliare sopravvenuta, di annullamento d’ufficio parziale di quella impugnata, è favorevole all’interessato, dacché alcun onere di impugnativa nei suoi confronti potrebbe essere configurato. Inoltre lo stesso atto sopravvenuto non sarebbe qualificabile come conferma propria della delibera impugnata, autonomamente lesiva. Al riguardo si contesta che essa sia stata emessa sulla base di un « supplemento di istruttoria e sulla base di motivazioni ulteriori rispetto a quelle dedotte a sostegno dell’atto impugnato », come invece statuito dalla sentenza. Si sottolinea in contrario che l’unico elemento nuovo è costituito da una relazione dell’ufficio studi del Consiglio superiore nemmeno depositata in giudizio, consistente nella « consueta relazione interna degli uffici, diretta a suggerire all’Amministrazione se costituirsi o meno in giudizio », predisposta in vista della decisione dell’organo di autogoverno sulla costituzione in giudizio in resistenza al ricorso ex adverso proposta. Al medesimo riguardo viene dedotto che la sentenza avrebbe erroneamente supposto il carattere interamente sostitutivo del provvedimento sopravvenuto rispetto a quello impugnato quando invece esso sarebbe meramente dipendente, poiché non fondato su una rinnovata valutazione della posizione del ricorrente.
2. Sono quindi riproposti i motivi di impugnazione non esaminati a causa della pregiudiziale dichiarazione di improcedibilità, concernenti la corretta individuazione del periodo temporale cui dovrebbe riferirsi la valutazione di professionalità in contestazione nel presente giudizio (III);e nello specifico la decorrenza del giudizio positivo, ovvero se essa debba essere stabilita tenuto conto anche della sospensione cautelare subita nel procedimento disciplinare, in aggiunta alla sanzione della perdita di 6 mesi di anzianità definitivamente applicata, e già considerata in occasione della precedente valutazione di professionalità (II). In ragione di ciò si ribadisce che la decorrenza della terza valutazione dovrebbe retroagire al 24 agosto 2009, a quattro anni di distanza da quella precedente.
3. A sostegno dell’assunto si premette che la circolare consiliare in materia (delibera del Consiglio superiore della Magistratura dell’-OMISSIS-) include la sospensione cautelare dalle funzioni e dallo stipendio tra le ipotesi di periodi di carriera non utili alla maturazione del quadriennio valutabile dal punto di vista professionale, ma richiama al contempo l’effetto di « retrodatazione degli effetti delle delibere già emesse in caso di cessazione degli effetti della sospensione » (capo XIII, punto 1- bis , ultimo comma);e inoltre l’effetto di reintegrazione « a tutti gli effetti nella situazione anteriore », previsto in caso di proscioglimento del « magistrato sottoposto a procedimento penale » dall’art. 23, comma 1, del decreto legislativo 23 febbraio 2006, n. 109 [ Disciplina degli illeciti disciplinari dei magistrati, delle relative sanzioni e della procedura per la loro applicabilità, nonchè modifica della disciplina in tema di incompatibilità, dispensa dal servizio e trasferimento di ufficio dei magistrati, a norma dell’articolo 1, comma 1, lettera f), della legge 25 luglio 2005, n. 150 ]. Nel medesimo senso si evidenzia che in caso di condanna la stessa circolare prevede una posticipazione della decorrenza corrispondente all’« entità temporale della condanna inflitta » (capo XVII, punto 7- bis ).
4. Nell’addebitare al ricorrente anche il periodo scontato in sospensione cautelare la delibera impugnata avrebbe quindi erroneamente applicato le disposizioni normative e consiliari in materia, con l’effetto di determinare in suo danno una perdita di anzianità di oltre cinque anni, superiore al massimo edittale previsto per la sanzione disciplinare in questione, pari a due anni (art. 8 del citato decreto legislativo 23 febbraio 2006, n. 109). Sarebbe inoltre violato il principio dell’assenza di soluzione di continuità dei quadrienni in cui si articolano le valutazioni di professionalità dei magistrati, sancito dall’art. 11, comma 1, del decreto legislativo 5 aprile 2006, n. 160 [ Nuova disciplina dell’accesso in magistratura, nonché in materia di progressione economica e di funzioni dei magistrati, a norma dell’articolo 1, comma 1, lettera a), della legge 25 luglio 2005, n. 150 ].
5. Si contesta inoltre che l’effetto di reintegrazione previsto dal sopra citato art. 23 del decreto legislativo 23 febbraio 2006, n. 109, non sarebbe applicabile, in ragione del fatto che la sospensione cautelare inflitta al ricorrente sarebbe riferibile esclusivamente al procedimento disciplinare e non già a quello penale cui lo stesso è stato contemporaneamente sottoposto, come sostenuto nelle difese delle amministrazioni resistenti. In contrario si oppone che la notevole durata della sospensione cautelare è stata in concreto determinata dalla sospensione del procedimento disciplinare per pregiudizialità penale. La delibera impugnata sarebbe quindi illegittima per avere fatto ricadere sul magistrato « l’intera durata del giudizio disciplinare », sulla base di un criterio di imputabilità soggettiva illogicamente applicato in suo danno.
6. Con il secondo motivo d’appello sono riproposte le censure di eccesso di potere per contraddittorietà della delibera impugnata nell’applicazione del criterio dell’imputabilità soggettiva al magistrato del periodo in cui non ha prestato servizio per effetto della sospensione cautelare subita: contraddittorietà al tempo estrinseca, per contrasto con la citata circolare consiliare in materia di valutazioni di professionalità;ed inoltre intrinseca, nella misura la delibera ha escluso che potesse essere posto a carico del ricorrente il periodo dal 20 aprile 2010 al 15 aprile 2012, ovvero dalla revoca della sospensione cautelare disposta con la sentenza resa a definizione del procedimento disciplinare e all’effettiva riammissione in servizio, ma non anche l’intera durata della misura.
7. Le censure così sintetizzabili sono fondate.
8. In rito, l’improcedibilità del ricorso dichiarata in primo grado è inficiata da un’errata applicazione al caso di specie del concetto di interesse ad agire ex art. 100 cod. proc. civ. rispetto ad atti amministrativi in tesi illegittimi, il quale presuppone che questi siano lesivi della sfera giuridica del destinatario, donde il suo interesse a che essi siano rimossi dal mondo giuridico. Del necessario predicato della lesività dell’atto impugnabile è invece priva la delibera consiliare sopravvenuta al ricorso, posto che, come deduce l’appello, nello stabilire una decorrenza della valutazione di professionalità più favorevole rispetto a quella inizialmente riconosciuta il medesimo atto risulta dichiaratamente adesivo ad alcune delle censure formulate nel ricorso a quell’epoca già proposto dall’interessato davanti al Tribunale amministrativo.
9. Sotto un distinto ma convergente profilo, il parziale accoglimento in via amministrativa delle censure già in allora proposte in sede giurisdizionale non ha comunque comportato alcuna rivisitazione del presupposto su cui si fonda la delibera consiliare impugnata, e che è stato ritualmente contestato dal magistrato con il proprio ricorso, consistente nel computo in suo danno dell’intero periodo di sospensione cautelare sofferto in sede disciplinare. Da ciò si ricava quindi che l’accoglimento parziale delle contestazioni sollevate dal ricorrente con la delibera sopravvenuta non ha fatto venire meno l’interesse all’annullamento di quella originaria, sul cui unitario presupposto si fonda anche la prima.
10. L’erroneità della dichiarazione in rito pronunciata in primo grado consente quindi di esaminare nel merito le censure proposte nei confronti della decorrenza della valutazione di professionalità fissata sulla base della sospensione cautelare complessivamente applicata nei confronti del ricorrente. Anch’esse risultano fondate.
11. Deve al riguardo premettersi in fatto che in occasione della precedente valutazione di professionalità (delibera del Consiglio superiore del -OMISSIS-), nei confronti del ricorrente era stato aggiunto il periodo corrispondente alla durata della sanzione dallo stesso riportata all’esito del giudizio disciplinare. Più precisamente, rispetto al quadriennio dal 24 febbraio 2001 al 24 febbraio 2005, la seconda valutazione di professionalità in suo favore è stata riconosciuta con effetto dal 24 agosto 2005.
12. In occasione della terza valutazione di professionalità, oggetto del presente giudizio, nella proposta di delibera impugnata, poi approvata senza discussione né modifiche in data -OMISSIS- dal plenum dell’organo di autogoverno, le vicende disciplinari del ricorrente sono tornate nuovamente in considerazione. Al riguardo si premette quanto segue: « il paragrafo 1 bis della circolare n. 20691/2007, modificata in data 25 ottobre 2017, stabilisce che “non sono utili alla maturazione del quadriennio i periodi nei quali il magistrato non presta attività lavorativa per le ipotesi di sospensione dalle funzioni di cui agli articoli 10, 21 e 22 del decreto legislativo n. 109 del 23.2.2006 ... In queste ipotesi, il periodo di valutazione del magistrato sopravanza quello ordinario, al quale si aggiunge la durata della causa di mancata prestazione dell'attività lavorativa di cui al periodo che precede”;tale disposizione si spiega e si giustifica perché l’assenza di attività lavorativa, per causa imputabile al magistrato ». Si precisa poi che « alla suddetta regola di diritto fa eccezione il caso in cui il magistrato sia stato assolto, per ragioni di merito, nel procedimento penale (e/o nel procedimento disciplinare) perché, in questo caso, la sospensione risulta essere stata disposta senza giustificato motivo e, comunque, per una ragione non imputabile al magistrato »;laddove per contro, « nel caso di specie, il procedimento penale che ha interessato il dott. -OMISSIS- si è concluso con una sentenza di prescrizione e, soprattutto, che il procedimento disciplinare nei riguardi del medesimo (per la sola pendenza del quale venne disposta la sospensione dalle funzioni e dallo stipendio) si è concluso con una sentenza di condanna ». Viene quindi raggiunta la conclusione per cui « l’intero periodo in cui il dott. -OMISSIS- è stato sospeso dalle funzioni per ragioni disciplinari non deve essere conteggiato per la presente valutazione di professionalità e deve sopravanzare quello ordinario ». Ricordato poi che « ai sensi dell’art. 23, comma 2, del d.lgs. n. 109/2006 “la sospensione cautelare cessa di diritto quando diviene definitiva la pronuncia della sezione disciplinare che conclude il procedimento” », il quadriennio valutabile è stato infine individuato in quello decorrente dal 20 aprile 2010, data in cui « è divenuta definitiva » la condanna disciplinare che aveva espressamente revocato la sospensione cautelare, sino al 19 aprile 2014.
13. La delibera successivamente emanata sulla questione, dalla cui mancata impugnazione la sentenza ha fatto erroneamente discendere la sopravvenuta carenza di interesse al ricorso, si è quindi limitata ad anticipare al 22 gennaio 2010 il termine iniziale del quadriennio valutabile, allorché a definizione del giudizio disciplinare la misura cautelare precedentemente applicata al ricorrente è stata revocata. L’atto sopravvenuto ha dunque confermato il presupposto su cui si fonda quello impugnato, e cioè che l’assenza dal servizio non è utile per la valutazione di professionalità del magistrato, perché ad esso imputabile.
14. La conseguenza è stata quella di sterilizzare un periodo temporale di circa 4 anni e 6 mesi ai fini della progressione della carriera. Si tratta di un effetto che nella sostanza amplifica quello afflittivo della misura cautelare, la cui funzione è invece meramente strumentale rispetto al potere disciplinare e all’esigenza tipica di questo di impedire che il magistrato incolpato continui a svolgere le funzioni giurisdizionali, con conseguente pregiudizio per queste ultime (sulla funzione del potere cautelare nei confronti dei magistrati sottoposti a procedimento disciplinare si rinvia a: Cons. Stato, V, 4 giugno 2019, n. 3746).
15. Nel descritto eccesso delle conseguenze rispetto alla funzione tipica del potere cautelare si palesa dunque l’illegittimità del provvedimento impugnato, per le ragioni di seguito esposte. Se infatti in astratto può sostenersi, come fa la delibera impugnata, che il mancato svolgimento del servizio nel periodo di sospensione è in astratto imputabile al magistrato - oltre a trovare legittimo fondamento nel potere di disciplina dell’amministrazione della giustizia - dal punto di vista della carriera del primo, nondimeno, la valutazione posta a base dell’applicazione della misura cautelare risulta assorbita nell’effetto di reintegrazione previsto da citato art. 23, comma 1, del decreto legislativo 23 febbraio 2006, n. 109, su cui si incentrano le censure in esame. E diversamente da quanto affermato nella medesima delibera, ciò non già per la sola ipotesi di assoluzione nel merito in sede penale per gli stessi fatti oggetto di incolpazione disciplinare, come erroneamente supposto dalla delibera impugnata, ma più in generale quando il magistrato « sia prosciolto con sentenza irrevocabile ovvero sia pronunciata nei suoi confronti sentenza di non luogo a procedere non più soggetta ad impugnazione ».
16. In senso conforme si pone la circolare consiliare sulle valutazioni di professionalità (n. -OMISSIS-, sopra richiamata), in ogni caso tuzioristicamente impugnata dal ricorrente per quanto di interesse. Nel sopra citato capo XIII, punto 1- bis , si prevede infatti che non sono utili alla maturazione del quadriennio a fini valutativi « i periodi nei quali il magistrato non presta attività lavorativa per le ipotesi di sospensione dalle funzioni di cui agli articoli 10, 21 e 22 del decreto legislativo n. 109 del 23.2.2006 », con la precisazione che in queste ipotesi « il periodo di valutazione del magistrato sopravanza quello ordinario, al quale si aggiunge la durata della causa di mancata prestazione dell’attività lavorativa di cui al periodo che precede ». Nondimeno, nella medesima previsione si aggiunge, in fine, quanto segue: « Resta ferma, nel caso di cessazione degli effetti della sospensione cautelare di cui all’articolo 23 del decreto legislativo n. 109 del 23.2.2006, la successiva retrodatazione degli effetti delle delibere già emesse ».
17. La circolare consiliare in materia si conforma dunque alla norma primaria, che dispone la reintegrazione del magistrato prosciolto in sede penale nella propria carriera. Come pertanto si deduce a fondamento delle censure in esame, il solo periodo non valutabile sul piano professionale del ricorrente è quello corrispondente ai sei mesi di perdita dell’anzianità comminatagli a definizione del procedimento disciplinare, come già avvenuto in occasione del quadriennio precedente a quello in contestazione nel presente giudizio.
18. La ratio del descritto sistema normativo, e della disciplina di autogoverno sulla base di esso emanata, è dunque quella di non duplicare l’effetto sanzionatorio sulla base di una misura riferibile alle sopra esposte esigenze di tutela interinale della funzione giurisdizionale nei confronti del magistrato sottoposto ad incolpazione disciplinare. Si vuole in altri termini evitare che gli effetti della misura esorbitino dall’ambito disciplinare in cui la sospensione cautelare è destinata ad esplicare la sua funzione. Sulla base dei descritti presupposti, i tempi del giudizio, penale o disciplinare, posti nella disponibilità della rispettiva autorità giurisdizionale e amministrativa competente, sono invece riversati sul magistrato solo laddove sia a posteriori accertata la sua responsabilità, e nei soli limiti della sanzione ad esso applicata.
19. In senso conforme a quanto sinora esposto si è di recente espressa questa sezione in relazione alla disciplina di carattere generale, di cui quella in esame riproduce in massima parte i contenuti, contenuta nel testo unico degli impiegati civili dello stato di cui al DPR 10 gennaio 1957, n. 3, con la sentenza del 14 dicembre 2022, n. 10972. La pronuncia ora menzionata ha infatti statuito che nella sola ipotesi in cui il procedimento disciplinare abbia un esito sfavorevole per il dipendente è preclusa la possibilità di reintegrazione della carriera « in quanto gli effetti della sanzione retroagiscono al momento dell’adozione della misura cautelare ». Pertanto « qualora la sanzione non venga inflitta o ne sia irrogata una di natura tale da non giustificare la sospensione sofferta, il rapporto riprende il suo corso dal momento in cui è stato sospeso », con tutti i conseguenti effetti restitutori a favore dell’interessato, e cioè non solo di carattere patrimoniale (come nel caso esaminato nel precedente in esame), ma anche ai fini della progressione giuridica.
20. La delibera impugnata ha invece fatto erroneamente prevalere un criterio soggettivo di imputabilità all’interessato dei procedimenti cui lo stesso è stato sottoposto, che tuttavia hanno rilievo solo se una sanzione è stata infine applicata e nella misura corrispondente, in conformità alla sopra esposta funzione strumentale della misura cautelare. Per tutte le considerazioni finora svolte, la decorrenza della nuova valutazione nei confronti del ricorrente, ovvero la terza, oggetto del presente giudizio, avrebbe dovuto essere retrodatata al 24 agosto 2009.
21. L’appello deve pertanto essere accolto. Per l’effetto, in riforma della sentenza di primo grado va accolto il ricorso e vanno annullati gli atti con esso impugnati. Le spese di causa sono regolate secondo soccombenza, la quale fa esclusivo carico al Consiglio superiore della Magistratura, e sono liquidate in dispositivo.