Consiglio di Stato, sez. IV, sentenza 2010-10-22, n. 201007621

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Sul provvedimento

Citazione :
Consiglio di Stato, sez. IV, sentenza 2010-10-22, n. 201007621
Giurisdizione : Consiglio di Stato
Numero : 201007621
Data del deposito : 22 ottobre 2010
Fonte ufficiale :

Testo completo

N. 07077/2007 REG.RIC.

N. 07621/2010 REG.SEN.

N. 07077/2007 REG.RIC.

REPUBBLICA ITALIANA

IN NOME DEL POPOLO ITALIANO

Il Consiglio di Stato

in sede giurisdizionale (Sezione Quarta)

ha pronunciato la presente

DECISIONE

sul ricorso numero di registro generale 7077 del 2007, proposto dal:
Ministero della Difesa, in persona del Ministro pro tempore , rappresentato e difeso dall'Avvocatura Generale dello Stato presso i cui uffici è domiciliato per legge, in Roma, via dei Portoghesi, n. 12;

contro

il sig. C F, rappresentato e difeso dagli avv. B A e G V, con domicilio eletto presso il primo di detti difensori, in Roma, via Cicerone, n. 44;

per la riforma

della sentenza del T.A.R. Friuli Venezia Giulia n. 473 del 28 giugno 2007, resa tra le parti, concernente dispensa dal servizio.


Visto il ricorso in appello con i relativi allegati;

Visto l’atto di costituzione in giudizio del sig. Francesco C;

Visti il ricorso incidentale e la memoria difensiva prodotta dall’appellato sig. C;

Visti tutti gli atti della causa;

Relatore nell'udienza pubblica del giorno 27 aprile 2010 il Cons. Guido Romano e uditi per le parti l'avvocato dello Stato Wally Ferrante;

Ritenuto e considerato in fatto e diritto quanto segue.


FATTO e DIRITTO

1. - Il sig. Francesco C, Maresciallo ordinario dell’Arma dei Carabinieri, impugnava innanzi al TAR Friuli-Venezia Giulia, con un primo ricorso ( n. 466 del 2006 ), il provvedimento del 27 marzo 2006 di suo collocamento in aspettativa per infermità (riconosciute non dipendenti da causa di servizio) protrattasi per 730 giorni nell’ultimo quinquennio (dal 1998 al 2002), in applicazione dell’art. 15 della legge 31 luglio 1954 n. 599, nonché il coevo provvedimento di dispensa dal servizio, adottato in applicazione delle norme degli articoli 16 e 29 della legge n. 599 del 1954.

Impugnava, altresì, con un secondo ricorso ( n. 137 del 2007 ) il decreto dirigenziale del Ministero della Difesa 5 settembre 2006 di suo collocamento in congedo, categoria della riserva, per superamento del periodo massimo di aspettativa nel quinquennio.

Con sentenza n. 473 del 28 giugno 2007 il primo Giudice, previa riunione per connessione dei due ricorsi, ha emesso le seguenti decisioni:

- ha dichiarato improcedibile il primo ricorso ( n. 466 del 2006 ), per sopravvenuto difetto di interesse alla sua decisione, atteso che i provvedimenti con esso gravati (collocamento in aspettativa per infermità e dispensa dal servizio) “…sono stati sostituiti ed assorbiti dal successivo decreto ministeriale di collocamento in congedo…” , impugnato con il secondo ricorso ( n. 137 del 2007 );

- ha accolto, invece, detto ultimo ricorso per l’assorbente rilievo della carenza di una verifica clinica della permanente inidoneità fisica del militare alla data del 14 febbraio 2002 (cioè il giorno successivo al compimento del periodo massimo di 730 giorni di aspettativa per infermità nel quinquennio), ritenuta presupposto necessario dei provvedimenti impugnati in ragione di un’interpretazione costituzionalmente orientata delle norme contenute negli articoli 16 e 29 della legge n. 599 del 1954, nonché tenuto conto del fatto che il ricorrente, sottoposto successivamente (7 novembre 2005) a visita di controllo da parte di collegio medico-militare, era risultato idoneo al servizio.

Con l’appello in epigrafe il Ministero della Difesa ha chiesto la riforma di detta sentenza per i seguenti motivi di impugnazione:

1)- il TAR avrebbe omesso di considerare che il militare, alla data del 14 febbraio 2002, giorno successivo al compimento del biennio di assenza dal lavoro per malattia, era ancora non idoneo al servizio incondizionato, risultando assente per motivi di salute dallo stesso certificati;
in tali condizioni l’Amministrazione non poteva non provvedere alla sua dispensa dal servizio, previo collocamento d’autorità in aspettativa per motivi di salute e successivo collocamento in congedo, avendo i relativi provvedimenti natura vincolata ed effetti automatici e, quindi, non residuando ex lege alcun margine di discrezionalità in capo alla stessa Amministrazione, né sull’ an (cioè se provvedere o meno in accertata presenza di un’assenza dal servizio per malattia per due anni nell’ultimo quinquennio) né sul quomodo (cioè se trattenerlo ancora in servizio, pur essendo già decorso detto biennio, al fine di sottoporlo ad accertamento medico);

2)- inoltre, la sentenza appellata avrebbe erroneamente valorizzato il fatto che il militare, alcuni anni dopo, sarebbe stato dichiarato idoneo al servizio da Collegio medico-militare in quanto detto fatto sarebbe, invece, irrilevante ed ininfluente, potendo produrre effetti il citato accertamento soltanto dalla data del relativo verbale ( 7 novembre 2005 ), ma non anche retroattivamente e con forza sanante la sua pregressa condizione di salute, peraltro documentata dallo stesso interessato con certificati medici presentati a corredo delle richiesta di permanere in malattia pur dopo la data di compimento dei 730 giorni di cui agli articoli 16 e 29 della legge n. 599 del 1954;

3)- infine, la stessa sentenza, quand’anche confermata in appello, non sarebbe eseguibile perché il militare dovrebbe essere considerato in aspettativa, oltre che per i due anni contestati, anche per il periodo dal 14 febbraio 2002 al 7 novembre 2005, data ultima nella quale è stato ritenuto idoneo a riprendere incondizionatamente il servizio, e, quindi, per un arco di tempo di molto superiore a quello massimo consentito dalle citate norme.

Si è costituito in giudizio l’appellato militare, che, con un unico atto defensionale, notificato al Ministero appellante, ha controdedotto ai motivi di impugnazione della sentenza in esame, chiedendone il rigetto, ed ha, contestualmente, proposto anche appello incidentale.

Con tale ultimo mezzo d’impugnazione il Maresciallo C ha riproposto, in particolare, i motivi del secondo ricorso di primo grado ( n. 173 del 2007 ), dichiarati assorbiti dal primo Giudice, ed ha anche criticato la parte della sentenza impugnata con la quale è stato dichiarato improcedibile il primo ricorso ( n. 466 del 2006 ), reiterando, in proposito, i motivi di gravame svolti con tale ricorso per l’annullamento dei provvedimenti di pari data ( 27 marzo 2006 ) di collocamento in aspettativa per infermità e di conseguente dispensa dal servizio allo stesso titolo.

Con ordinanza n. 5178 del 9 ottobre 2007 la Sezione ha accolto l’istanza cautelare proposta dall’appellante Ministero di sospensione dell’efficacia della sentenza impugnata.

Con successiva memoria il Maresciallo C ha ulteriormente illustrato le proprie tesi difensive, insistendo in particolare:

- sia sul profilo relativo alla non valutabilità, a fini di aspettativa, dei periodi di “riposo medico” impostigli per un arco temporale che, detratto dal calcolo delle assenze per malattia (non essendo previsto dalla legge quale causa legittima di assenza dal servizio), impedirebbe il formarsi del biennio considerato presupposto dei provvedimenti impugnati, in disparte ogni valutazione della diversa interpretazione data dalle parti in causa alle norme applicate degli art. 16 e 29 della legge n. 599 del 1954;

- sia, inoltre, sul profilo della omessa valutazione del congedo parentale richiesto e non in parte concesso, rilevante nell’economia del presente giudizio perché diritto non soggetto ad alcun assenso dell’Amministrazione.

All’udienza del 27 aprile 2010 l’appello è stato rimesso in decisione.

2. - L’Amministrazione appellante critica la sentenza del primo Giudice poiché le norme disciplinanti il collocamento in congedo del militare - allorquando questi abbia superato, nell’ultimo quinquennio di servizio, il periodo massimo di aspettativa previsto dalla legge (un biennio), per motivi di salute non dipendenti da causa di servizio - renderebbero vincolata l’azione amministrativa ed automatici gli effetti derivanti dal relativo provvedimento, con la conseguenza che non sarebbe ammissibile, come invece ritenuto dal primo Giudice, alcuna verifica clinica del protrarsi dello stato di aspettativa, dopo il compimento dei 730 giorni massimi previsti, né potrebbe ritenersi rilevante un accertamento clinico fatto negli anni successivi al biennio citato, come pure ritenuto dallo stesso Giudice. In breve, la norma non lascerebbe residuare in capo all’Amministrazione alcuna forma di discrezionalità valutativa della situazione dell’interessato, derivando gli effetti da essa previsti direttamente dal compimento del periodo massimo di aspettativa per ragioni di salute previsto dalla legge.

Il motivo può essere condiviso per le seguenti ragioni.

Costituisce avviso pacifico in giurisprudenza che il provvedimento di cessazione dal servizio dei militari - adottato al termine del periodo massimo (due anni) di aspettativa per motivi di salute non dipendenti da causa di servizio, in applicazione degli articoli 16 e 29 della legge 31 luglio 1954, n. 599 - abbia natura interamente vincolata, concernendo dati e situazioni di servizio ai quali la legge direttamente riconnette effetti specificamente determinati, una volta verificata la loro oggettiva sussistenza. ( cfr. C.d.S., sez. IV^, n. 6820 del 31 dicembre 2007, TAR Sardegna n. 2141 del 17 novembre 2005 e n. 660 del 3 giugno 2002, nonché sul principio comune al pubblico impiego civile C.d.S., sez. VI^, n. 1588 del 27 marzo 2003 ).

Invero, diversamente da quanto la stessa legge prevede all’art. 33 per l’ipotesi di dispensa dal servizio per motivi di non idoneità al disimpegno delle attribuzioni del proprio grado, ovvero per scarso rendimento, non compete all’Amministrazione alcun potere di valutazione discrezionale della situazione del militare dipendente in aspettativa per motivi di salute da oltre un biennio, perché essa deve soltanto accertare che sia stato superato il predetto termine massimo previsto dalla legge n. 599 del 1954, al fine di potere legittimamente disporre il collocamento in congedo del militare stesso ( cfr., in senso conforme, sull’art. 33, C.d.S., sez. IV^, n. 4972 del 2003 e n. 4758 del 2005 ).

Consegue che, nella specie, diversamente da quanto ritenuto dal Giudice territoriale, non può avere alcun rilievo l’accertamento sanitario effettuato sul militare appellato il 7 novembre 2005, non avendo alcuna efficacia retroattiva il giudizio clinico emesso sulla scorta di esso, per cui anche sotto tale profilo va condivisa la critica mossa dall’appellante Amministrazione alla sentenza impugnata.

Infine, giova evidenziare che, nel caso in esame, ogni eventuale dubbio circa l’effettiva valenza automatica della norma del primo comma dell’art. 29 citato e l’insussistenza ex lege di una necessità di un accertamento clinico specifico circa lo stato di salute del dipendente, prima di emanare i provvedimenti di dispensa dal servizio e collocamento in congedo di quest’ultimo, è dissolto dal rilievo che l’appellato sottufficiale, pur dopo il compimento alla data del 13 febbraio 2002 del periodo massimo di aspettativa consentita dalla legge ( 730 giorni negli ultimi cinque anni ), é rimasto assente dal servizio, sempre per motivi di salute, continuativamente fino al 27 luglio 2002, come risulta dal suo foglio matricolare e dalle certificazioni mediche dallo stesso esibite all’Amministrazione (esistenti in atti di giudizio), recanti le date del 5 febbraio 2002, del 25 febbraio 2002, del 16 marzo 2002, del 30 marzo 2002 , del 29 aprile 2002, del 29 maggio 2002 e del 28 giugno 2002. Infatti, tale oggettiva situazione di perdurante malattia certamente dimostra ex se che il militare, diversamente da quanto richiede la legge, non ha “…riacquistato l’idoneità fisica allo scadere del periodo massimo di aspettativa…” .

Diverso avviso, invece, il Collegio ritiene di poter esprimere con riferimento al terzo ed ultimo profilo di impugnazione proposto dall’appellante Amministrazione, tenuto conto dell’inconferenza del rilievo di pretesa ineseguibilità di un’eventuale decisione di questo Giudice favorevole al militare appellato, tenuto conto che la valutazione di ogni ulteriore periodo di aspettativa per motivi di salute, distinto e diverso ( 14 febbraio 2002 - 7 novembre 2005 ) da quelli nella specie considerati, compete ad altra sede amministrativa e ad altra eventuale sede giurisdizionale.

3. - Le conclusioni raggiunte nel capo di motivazione che precedono circa la fondatezza dell’appello principale rendono rilevante l’esame dell’appello incidentale proposto dal sottufficiale appellato, contestandosi con detto mezzo:

a)- la pronunzia del TAR di improcedibilità del primo ricorso ( n. 466 del 2006 ) proposto per l’annullamento dei decreti di collocamento in aspettativa del Maresciallo C e di sua coeva dispensa provvisoria dal servizio, in attesa del definitivo provvedimento, di competenza dirigenziale ministeriale, di cessazione dal s.p.e. e di collocamento in congedo, categoria della riserva;

b)- la decisione dello stesso Giudice territoriale di dichiarare assorbita ogni pronunzia sui motivi del secondo ricorso ( n. 137 del 2007 ), diversi da quello accolto ( il secondo ) relativo al dedotto profilo dell’illegittimità dell’automatico collocamento in congedo del militare, in quanto l’Amministrazione avrebbe dovuto, invece, in corretta applicazione dell’art. 29 della legge n. 599 del 1954, effettuare uno specifico accertamento sulle condizioni di salute del militare “…prima dell’adozione del provvedimento risolutivo del rapporto…” .

Con riferimento ad entrambi detti profili di impugnazione l’appellato ha, quindi, riproposto i motivi dei ricorsi n. 466 del 2006 e 137 del 2007 non esaminati dal primo Giudice, perché sussisterebbe tuttora il proprio interesse all’annullamento anche dei provvedimenti di collocamento d’autorità in aspettativa per motivi di salute e di dispensa provvisoria dal servizio.

3.1 - Orbene, con riferimento alla pronunzia del primo Giudice indicata sub a), osserva il Collegio che per decidere il profilo di impugnazione incidentale che ne chiede la riforma occorre dare risposta al quesito se i tre provvedimenti impugnati in primo grado dal militare facciano parte di un unico e complesso procedimento, come sostanzialmente ritenuto dal primo Giudice, di talché l’impugnazione dell’ultimo provvedimento di collocamento in congedo consenta di dichiarare superfluo l’esame dei primi due, in quanto assorbiti nella pronunzia resa sul terzo, ovvero, come sostiene l’appellante incidentale, vi sia tra gli stessi un grado di autonomia tale da differenziarne l’ambito di efficacia e, quindi, anche l’interesse all’impugnazione.

Per dare corretta risposta a tale quesito è necessario, allora, fornire alcune precisazioni preliminari concernenti, da un lato, il quadro normativo di riferimento della fattispecie e, dall’altro, l’esito avuto dalla precedente impugnativa giurisdizionale proposta dallo stesso Maresciallo C avverso analoghi provvedimenti emessi nel 2001 dall’Amministrazione, sempre in relazione all’accertata assenza dal servizio del predetto militare per motivi di salute (non dipendenti da causa di servizio) per più di due anni negli stessi periodi di tempi dell’ultimo quinquennio di servizio.

3.1.1 - Quanto al primo aspetto, osserva il Collegio, ribadendo motivazione già più innanzi rassegnata, che la disciplina del caso in esame è contenuta negli articoli 13, 15, 16 e 29 della legge 31 luglio 1954, n. 599 e che da un esame complessivo di detto reticolo normativo emerge come, in applicazione, in particolare, degli art. 16 e 29 citati, il provvedimento di cessazione definitiva dal servizio del militare, attuato mediante il provvedimento di collocamento in congedo per accertata decorrenza del periodo massimo di aspettativa per motivi di salute non dipendenti da causa di servizio, è, a differenza della dispensa di cui all'art. 33 stessa legge ( inidoneità a disimpegnare le attribuzioni del proprio grado, ovvero scarso rendimento ), di natura del tutto vincolata ed i suoi effetti si producono in modo automatico, formalizzando detto provvedimento una cessazione dal servizio direttamente prevista dalla legge.

In breve, la pronunzia di improcedibilità del ricorso n. 466 del 2006, emessa dal primo Giudice, non è errata atteso che i provvedimenti impugnati possono ragionevolmente ascriversi ad un complesso procedimento, caratterizzato da una comune economia, in quanto, non solo non emerge dalle norme su indicate alcuna differenza strutturale e funzionale tra gli istituti dell’aspettativa d’autorità, della dispensa dal servizio e del collocamento in congedo, ma anzi si evidenzia una loro razionale concatenazione funzionalizzata all’obbligatorio collocamento in congedo del militare le quante volte quest’ultimo abbia accumulato, negli ultimi cinque anni di s.p.e., due anni di assenza dal servizio per motivi di salute, non dipendenti da causa di servizio, che è fatto ritenuto dalla legge automaticamente ostativo alla permanenza in s.p.e. del militare stesso.

3.1.2 - Quanto al secondo aspetto, deve rilevare il Collegio:

- che l’appellato sottufficiale aveva già impugnato, innanzi allo stesso Giudice territoriale, i precedenti provvedimenti del 2001 inerenti i medesimi periodi di tempo di suo collocamento d’autorità in aspettativa per motivi di salute (non dipendenti da causa di servizio) e di dispensa dal servizio;

- che detto Giudice ha annullato i citati provvedimenti con propria sentenza n. 23 del 12 febbraio 2005 per accertata violazione dell’art. 7 della legge n. 241 del 1990, non avendo l’Amministrazione notificato all’interessato il preventivo avviso di avvio del procedimento, ritenuto ognora necessario per le gravi conseguenze che comporta il provvedimento di dispensa dal servizio sullo status del militare dipendente;

- che, nelle more della decisione dell’appello proposto avverso detta sentenza, l’Amministrazione con specifico provvedimento n. 568 del 25 novembre 2005, tenuto conto di detta sentenza “…che ha sospeso l’esecutività della determinazione n. 568/20-1998 del 19 luglio 2004…” (n.d.r.: dispensa dal servizio), da un lato, ha disposto l’annullamento, “…in applicazione del principio di autotutela della Pubblica Amministrazione…” , sia di detto provvedimento di dispensa, sia dei presupposti provvedimenti di collocamento in aspettativa del 11 luglio 2001 ( per 492 gg. ) e del 19 luglio 2004 ( per 238 gg. );
dall’altro, ha proceduto a rinnovare lo stesso procedimento mediante notificazione di apposito avviso all’interessato stesso, onde garantire, come sancito dalla sentenza del TAR, la partecipazione dell’interessato, come risulta dalla nota (coeva all’annullamento di ufficio citato) n. 568 del 25 novembre 2005 e dalle premesse del provvedimento in esame del 27 marzo 2006 di collocamento in aspettativa dell’appellato;

- che, successivamente all’emanazione di tali provvedimenti è stata emanata la decisione di questa Sezione n. 6820 del 31 dicembre 2007, divenuta irrevocabile, con la quale, si è confermata conclusivamente la sentenza impugnata, precisandosi, però, per quel che qui rileva, che è fondata l’eccezione di “…tardività del ricorso di prime cure, relativamente all’impugnativa del primo provvedimento di collocamento in aspettativa d’autorità… (omissis) …attesa la ricostruzione dei fatti di causa dianzi illustrata…” e che ( cfr. capo 6.3 di motivazione ), in sede di esecuzione della decisione, “… dovrà essere rideterminata, in contraddittorio con l’interessato…”, soltanto l’esatta durata dell’aspettativa per infermità successiva “…a quella individuata nel decreto del Comando Regione Carabinieri “Sicilia” datata 11 luglio 2001…” , e cioè quella relativa al periodo 9 aprile 1998 al 7 febbraio 2001 ( cfr. capo 1. della stessa decisione ).

Orbene, sulla scorta di tali elementi assume peculiare rilievo nell’economia del presente giudizio, al fine di definire il perimetro effettivo in parte qua del presente giudizio, la soluzione del quesito se la pronunzia di questa Sezione sopra indicata n. 6820 del 2007, ormai divenuta giudicato, abbia o meno diretta incidenza nei rapporti dell’Amministrazione con il militare e, quindi, anche nel presente processo,ovvero se detto giudicato sia reso inoperante nel caso in esame per effetto di quanto disposto dall’Amministrazione con il proprio provvedimento n. 568 del 25 novembre 2005, prima che fosse emessa detta decisione giurisdizionale di appello.

Infatti, qualora si desse prevalenza al contenuto letterale di detto provvedimento dell’Amministrazione, dovrebbe ritenersi che quest’ultima, a prescindere dall’esito del giudizio di appello sulla sentenza del TAR, invero citata nelle premesse dello stesso provvedimento, abbia voluto autonomamente rivedere l’intero procedimento di collocamento in aspettativa e, poi, in congedo del militare, tenuto conto dell’espressa volontà di agire “…in applicazione del principio di autotutela della Pubblica Amministrazione…” , per cui l’esplicazione degli effetti propri del giudicato in questione sarebbe di fatto e di diritto inibita, stante la sostanziale ed implicita rinunzia agli esiti del detto giudizio di appello, ancorché non formalizzata, secondo rito, dal Giudice di appello.

Al contrario, interpretando in senso sostanziale le espressioni utilizzate nel provvedimento in questione, per effetto di una valutazione della motivazione ad esso allegata nel quadro complessivo degli eventi processuali del pendente giudizio di appello, potrebbe sostenersi che l’espresso richiamo della sentenza del TAR n. 23 del 12 febbraio 2005 in detto provvedimento, oltre che nell’ incipit della nota del 25 novembre 2005 di avviso di avvio del relativo procedimento ( “…dovendo dare esecuzione alla sentenza n. 23 del 12.5.2005…” ), congiunto al dato oggettivo che quest’ultimo è stato emanato dall’Amministrazione dopo che questo Consiglio di Stato aveva già respinto, con ordinanza n. 3328 del 12 luglio 2005, l’istanza cautelare di sospensione dell’efficacia di detta sentenza del TAR, dimostrerebbe la (diversa) volontà di dare soltanto corretta esecuzione al dictum del primo Giudice, stante la fisiologica esecutività della sentenza di primo grado, se non sospesa nei suoi effetti, come avvenuto nella specie, per cui l’espressione “…in applicazione del principio di autotutela della Pubblica Amministrazione…” perderebbe rilievo pratico, dimostrandosi solo frutto dell’improprio utilizzo di una mera formula legale, confliggente con la volontà manifestata, in concreto, dall’Amministrazione con il proprio provvedimento.

Il Collegio ritiene più aderente all’effettivo contenuto volitivo del provvedimento in questione la seconda delle riportate opzioni interpretative, essendo comune avviso che l’interpretazione degli atti non debba essere limitato alla loro formulazione letterale le quante volte un esame complessivo dell’atto stesso e del contesto nel quale esso si inserisce consenta di rinvenire elementi più certi per definirne l’effettiva natura ed effetti giuridici.

Consegue che il giudicato prodottosi per effetto della su indicata decisione di questa Sezione n. 6820 del 31 dicembre 2007 incide tuttora direttamente nei rapporti del Maresciallo C con l’Amministrazione e non consente a questo Collegio di prendere in esame tutte le doglianze di primo grado, proposte con i due ricorsi n. 466 del 2006 e n. 137 del 2007 e riproposte con i motivi di appello incidentale, che, comunque, attengano al primo periodo di aspettativa, decorrente dal 9 aprile 1998 fino al 7 febbraio 2001 (in particolare, i profili del “riposo medico” e del “congedo parentale” , fatti oggetto di insistita illustrazione anche nella memoria conclusiva presentata dall’appellato).

E’ evidente, infatti, per un verso, che l’intervenuta reiezione dell’appello non impedisce che abbia effetto la dichiarata tardività delle censure mosse, in quella sede giudiziale, con riferimento al primo periodo di aspettativa, e, per altro verso, che quel Giudice di appello ha espressamente voluto delimitare i confini della fase di esecuzione del giudicato, escludendo da detta fase il citato primo periodo.

In sintesi detti motivi sono inammissibili nella parte in cui sono riferiti al periodo di aspettativa decorrente dal 9 aprile 1998 fino al 7 febbraio 2001.

3.2 - Le stesse doglianze incidentali indicate nel capo di motivazione che precede sono, invece, con riferimento al periodo di aspettativa dal 16 giugno 2001 al 13 febbraio 2002 ( giorni 243 ), ben vero ammissibili, siccome non coperte dal citato giudicato, ma, tuttavia, infondate per le seguenti considerazioni.

3.2.1 - L’appellato ripropone, innanzitutto, con particolare insistenza, oltre che nell’appello incidentale, anche nella propria memoria datata 13 aprile 2010, la questione dei periodi di “riposo medico” che l’Amministrazione erroneamente avrebbe computato nel calcolo dell’aspettativa massima usufruibile per motivi di salute.

Sostiene, invero, il Maresciallo C che tutti detti periodi non dovrebbero essere computati in quanto il reticolo normativo costituito dagli articoli 13, 15, 16 e 29 della legge n. 599 del 1954 e dall’art. 3 della legge n. 53 del 2000 non consentirebbe, per un verso, che il collocamento in aspettativa sia “…adottato a posteriori…” e cioè che “…la PA non può mantenere in servizio il proprio dipendente, ancorché malato, per anni per poi ad libitum mutare a posteriori la posizione giuridica del medesimo…” ;
per altro verso, che “…siano presi in considerazione anche periodi di riposo medico…” , avuto riguardo all’art. 13 citato, “…in quanto fattispecie diversa dall’aspettativa…” , per cui detti periodi dovrebbero, invece, essere considerati “…come periodi di servizio effettivo…” , anche in ragione del fatto che “…il riposo medico veniva disposto autoritativamente dall’Amministrazione che teneva a disposizione il ricorrente per gli accertamenti che venivano di volta in volta decisi…” .

Dette tesi non possono essere condivise.

Ritiene il Collegio che sia errata, innanzitutto, l’interpretazione dell’invocato art. 13 della legge n. 599 del 1954, tenuto conto che detta norma non contiene alcuno degli elementi evidenziati dall’appellante incidentale per sostenere la propria tesi.

La disposizione si limita, infatti, soltanto ad individuare le posizioni in cui può trovarsi il sottufficiale in servizio permanente effettivo, senza dunque introdurre alcun elemento che possa consentire di affermare che il “riposo medico” non sia computabile a fini del calcolo del periodo massimo usufruibile di aspettativa per motivi di salute, senza incorrere nella dispensa dal servizio e dal collocamento in congedo. Né altre norme della stessa legge conducono al risultato interpretativo proposto dall’appellante incidentale.

Deve soccorrere, invece, un’interpretazione logica del complessivo contesto normativo applicabile alla fattispecie, costituito dalle disposizioni di cui agli articoli 13, 14, 15, 16 e 29 della legge n. 599 del 1954, dal quale si ricava agevolmente, per quel che qui rileva, che ogni assenza per malattia, qualunque ne sia la denominazione, va computata nel calcolo della misura massima di aspettativa usufruibile per motivi di salute, salvo scorporo della stessa in ragione delle previste licenze, che nella specie è stato correttamente disposto, come risulta dalla nota in atti dell’Amministrazione n. 568 del 25 novembre 2005 e dal prospetto analitico ad essa allegato.

Non pare, infatti, revocabile in dubbio che la specifica condizione del dipendente nei periodi di “riposo medico” (nella specie dal 16 giugno 2001 al 13 febbraio 2002) sia comunque connessa a ragioni di salute e, comunque, abbia comportato la sua assenza dal servizio effettivo, non avendo egli dimostrato, così come ragionevolmente previsto anche dalla circolare del 2 maggio 1997 dell’Amministrazione militare, di essere soggetto ad obblighi di accasermamento o equiparati ( ad esempio, imbarco, esercitazione etc… ) che comportassero, in ogni caso, la sua presenza fisica nei luoghi di servizio, ancorché ammalato.

Peraltro, che tale sia stata l’effettiva condizione in detti periodi di “riposo medico” del Maresciallo C è dimostrato anche dal fatto che quest’ultimo è stato mandato assolto dalla Giustizia Militare dal reato di diserzione, con formula “perché il fatto non sussiste” , sul decisivo presupposto, coperto dal giudicato formatosi sulla relativa sentenza penale militare n. 60 del 18 novembre 2003, che egli era risultato assente dal servizio per infermità e, dunque, con ciò escludendosi che lo stesso potesse essere considerato, in qualsivoglia maniera, in servizio effettivo nella predetta sua posizione di “riposo medico” .

Infine, alcun pregio può essere riconosciuto alla critica di irretroattività dell’aspettativa, tenuto conto delle stesse considerazioni sin qui svolte nei capi di motivazione che precedono circa il regime e gli effetti propri del complessivo procedimento di collocamento in aspettativa del militare per motivi di salute non dipendenti da causa di servizio e di sua dispensa dal servizio con collocamento in congedo, nonché dei relativi provvedimenti, così come reso palese dal quadro normativo delineato dalla legge n. 599 del 1954.

3.2.2 – I restanti motivi di impugnazione incidentale, reiterativi delle censure di cui al ricorso n. 466 del 2006, non esaminate in primo grado, possono essere ritenuti anch’essi infondati per le seguenti ulteriori considerazioni.

In particolare, la doglianza di omesso computo dei periodi di licenza ordinaria spettanti nel biennio di aspettativa non può non essere ritenuta generica, e quindi inammissibile, tenuto conto che in proposito non viene fornito alcun elemento, anche di fatto, che consenta di superare le indicazioni fornite al riguardo dall’Amministrazione nella propria nota n. 568 del 25 novembre 2005, direttamente notificata in pari data all’interessato e mai contestata in parte qua .

Inoltre, è inammissibile per genericità anche la censura che non risulterebbe “…la sospensione dei periodi di aspettativa per le giornate in cui il dipendente era a disposizione delle strutture sanitarie militari dopi il marzo del 2000…” , essendosi limitato l’appellante sottufficiale soltanto a formularla nel modo testé riportato, senza il sostegno neppure di un principio di prova.

Né può condividersi che l’Amministrazione sia incorsa “…nella violazione delle norme poste a garanzie dei diritti genitoriali…”, perché, in disparte il riferimento a dati temporali tra loro configgenti, laddove si fa riferimento ad una domanda del 16 febbraio 2004 “…per fruire di un congedo parentale a decorrere dal 2 aprile 2001…”, per poi concludere che “…decorso il rituale termine di preavviso, ogni assenza del ricorrente dal 2 aprile 2001 fino al 2 agosto 2001 non può essere considerata aspettativa ex art. 13 e 15 della legge n. 599 del 1954…” , la censura è “resistita” dagli elementi contrari forniti in proposito dal Comando Regione Carabinieri Sicilia con il rapporto n. 62 del 2 novembre 2006, prodotto in primo grado dall’Amministrazione il 14 maggio 2007 e mai contestato dall’interessato.

Inconferente è, poi, la doglianza di “…ulteriore violazione della legge n. 599 del 1954…” perché l’Amministrazione, “…successivamente allo scadere del presunto termine massimo di fruizione dell’aspettativa…” , avrebbe disposto la sospensione dal servizio del militare in questione, “…con ciò implicitamente provvedendo in modo incompatibile con l’applicazione della disciplina in tema di aspettativa…” , in quanto essa, per stessa indicazione del proponente, concerne periodo al di fuori dell’arco temporale rilevante in questa sede.

Coperta dal giudicato formatosi sulla decisione della Sezione n. 6820 del 2007 è in parte la doglianza di violazione delle norme della legge 241 del 1990 sull’avvio del procedimento, laddove riferita al primo dei periodi di aspettativa considerati dall’Amministrazione (9 aprile 1998 al 7 febbraio 2001), mentre la restante parte, relativa al periodo 16 giugno 2001 – 13 febbraio 2002 è in fatto contraddetta dalla nota n. 568 del 25 novembre 2005 di avviso di avvio del procedimento.

Priva di pregio è, inoltre, la doglianza di eccesso di potere, rubricata sub 5/3 nell’appello incidentale, sia perché la natura strettamente vincolata dei provvedimenti impugnati in prime cure esclude, in principio, che possa ipotizzarsi una motivazione “..falsa ed erronea per avere unificato sotto l’unitaria accezione di aspettativa assenze di natura diversa…” , sia perché valgono, in ogni caso, nel merito, le considerazioni già rese nei capi di motivazione che precedono circa il “riposo medico” ed il “congedo parentale” .

Non si sottrae ad analogo giudizio negativo l’ulteriore censura di contraddittorietà ed incompatibilità della dispensa “…con i precedenti atti di sospensione del ricorrente…” , essendosi già chiarito che è inconferente nel caso in esame ogni questione che vada oltre il periodo di tempo qui in discussione.

Stessa sorte negativa deve essere, poi, riservata alla censura di asserita tardività degli atti che hanno disposto l’aspettativa, perché, per affermarne la totale infondatezza, è sufficiente rinviare alla motivazione resa nel capo 2. di motivazione che precede, circa la natura e gli effetti propri del relativo procedimento e dei relativi atti.

3.2.3 – Infine, non possono essere condivisi neppure i motivi incidentali che ripropongono le censure mosse con il ricorso di prime cure n. 137 del 2007 per le seguenti ragioni.

Quanto al primo motivo di violazione e falsa applicazione degli articoli 7, 8 e 10 della legge n. 241 del 1990, per ritenerne la totale infondatezza è sufficiente richiamare la già più volte citata nota n. 568 del 25 novembre 2005, di avvio del procedimento conclusosi con i provvedimenti annullati dalla sentenza impugnata.

Così pure è sufficiente rinviare a considerazioni già svolte nei capi di motivazione che precedono per la reiezione del secondo motivo di impugnazione, concernente l’asserita violazione e falsa applicazione degli articoli 3 e 26 della legge n. 599 del 1954, essendosi già chiarito in proposito che non è necessario un accertamento ulteriore della permanenza dell’infermità, dopo il superamento del periodo massimo (biennio) nel quinquennio di aspettativa per motivi di salute, e che, nella specie, peraltro, anche a voler opinare in contrario, comunque non sussisteva tale esigenza essendosi protratta l’assenza per motivi di salute del militare dal servizio effettivo ben oltre la data del 13 febbraio 2002, costituente l’ultimo dei 730 giorni del periodo massimo di aspettativa.

Né può essere accolto il terzo motivo di ricorso, atteso che non è ravvisabile il dedotto comportamento inadempiente degli “ordini giurisdizionali” contenuti nelle ordinanze cautelari e nelle decisioni di merito di primo e di secondo grado relative, sia al primo ricorso avverso gli atti del 2001 concernenti il collocamento di autorità in aspettativa per motivi di salute ed in congedo del sottufficiale appellato, sia al secondo e terzo ricorso avverso gli analoghi provvedimenti del 2006, decisi con la sentenza impugnata in questa sede.

Infatti, ad escludere l’elusione ipotizzata dall’appellante incidentale induce la già individuata valenza del provvedimento dell’Amministrazione del 25 novembre 2005 quale atto (di annullamento dei provvedimenti del 2001) adottato in esecuzione della sentenza del TAR Friuli Venezia-Giulia n. 23 del 2005, e non anche in via di autonoma autotutela: ciò trova conferma nell’espressa evocazione di tale sentenza nell’avviso di avvio del procedimento, a sua volta richiamato nelle premesse dei tre decreti annullati dalla sentenza appellata;
il che testimonia dell’espressa funzionalizzazione del procedimento stesso all’esecuzione di detta sentenza, così escludendosi ogni possibile ipotesi riconducibile al denunziato inadempimento degli “ordini giurisdizionali” .

In ogni caso, giova precisare, nel merito, che non sussiste alcuna contraddittorietà tra i provvedimenti impugnati, né che questi ultimi si sovrappongano l’uno sull’altro, siccome asseritamente reiterativi sempre della stessa determinazione espulsiva, avendo, il primo, la funzione di accertare il periodo di aspettativa massima superato dall’interessato;
il secondo, adottato dal Comandante regionale, la temporanea dispensa dal servizio del dipendente, in attesa dell’emanazione da parte del competente organo ministeriale del provvedimento di collocamento in congedo;
il terzo, la natura ed effetti propri del provvedimento risolutivo del rapporto di servizio permanente effettivo del militare.

Quanto al quarto motivo di ricorso, esso si dimostra infondato, alla luce delle considerazioni già svolte nei capi di motivazione che precedono, reiterandosi con esso, sostanzialmente, tesi già negativamente scrutinate di asserita contraddittorietà della motivazione dei provvedimenti impugnati, laddove fanno riferimento sia alle infermità patite dall’interessato, sia al mero superamento del termine massimo biennale di aspettativa per motivi di salute previsto dalla legge, nonché di carenza del presupposto essenziale dell’accertamento della sussistenza della condizione di infermità anche dopo il compimento di detto periodo massimo di aspettativa.

Infine, l’infondatezza del quinto ed ultimo motivo di appello incidentale consegue alla già evidenziata correttezza dei provvedimenti impugnati con il ricorso di primo grado n. 466 del 2006, che logicamente esclude che possa correttamente dedursi l’illegittimità derivata del provvedimento di congedo impugnato con il (secondo) ricorso (di primo grado) n. 137 del 2007.

4. - In conclusione, l’appello incidentale va dichiarato in parte inammissibile ed in parte infondato, mentre l’appello principale va accolto, con conseguente rigetto dei ricorsi di primo grado proposti dal Maresciallo C, in riforma della sentenza appellata.

Le spese di entrambi i gradi di giudizio possono essere compensate integralmente tra le parti, vertendosi in materia di lavoro.

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