Consiglio di Stato, sez. IV, sentenza 2018-12-27, n. 201807234

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Sul provvedimento

Citazione :
Consiglio di Stato, sez. IV, sentenza 2018-12-27, n. 201807234
Giurisdizione : Consiglio di Stato
Numero : 201807234
Data del deposito : 27 dicembre 2018
Fonte ufficiale :

Testo completo

Pubblicato il 27/12/2018

N. 07234/2018REG.PROV.COLL.

N. 04901/2006 REG.RIC.

REPUBBLICA ITALIANA

IN NOME DEL POPOLO ITALIANO

Il Consiglio di Stato

in sede giurisdizionale (Sezione Quarta)

ha pronunciato la presente

SENTENZA

sul ricorso in appello n. 4901 del 2006, proposto dalla signora A S, rappresentata e difesa dall’avvocato G M, con domicilio eletto presso lo studio dell’avvocato F P in Roma, via Po, 22,

contro

il COMUNE DI LATINA, in persona del Sindaco pro tempore , rappresentato e difeso dall’avvocato F D L, con domicilio eletto presso lo studio dell’avvocato P P in Roma, via XX Settembre, 3,

per la riforma, previa sospensione,

della sentenza n. 1636/2005, emessa il 18 novembre 2005 dal Tribunale amministrativo regionale del Lazio, Sezione staccata di Latina, pubblicata il 5 dicembre 2005, con cui ha disposto la riunione dei procedimenti interposti anche attraverso motivi aggiunti n. 1595/2000 e n. 114/2001, ed ha respinto i ricorsi proposti dalla signora Sicali avverso il provvedimento di diniego di condono edilizio, l’ordinanza di demolizione, il verbale dei Vigili Urbani di inottemperanza e l’ordinanza di esecuzione in danno con pagamento delle spese ed altro, nonché la domanda di risarcimento dei danni proposta con motivi aggiunti.


Visti il ricorso in appello e i relativi allegati;

Visto l’atto di costituzione in giudizio del Comune di Latina;

Viste le memorie prodotte dalla appellante in date 8 ottobre e 28 novembre 2018 a sostegno delle proprie difese;

Vista l’ordinanza di questa Sezione n. 3922 del 28 luglio 2006, con la quale è stata respinta la domanda di sospensione dell’esecuzione della sentenza impugnata;

Vista l’ordinanza di questa Sezione n. 3469 del 25 giugno 2013, con la quale è stata dichiarata l’interruzione del processo;

Vista l’ordinanza di questa Sezione n. 1727 del 19 marzo 2018, con la quale è stato revocato precedente decreto di perenzione ed è stata disposta la nuova fissazione della causa;

Visti tutti gli atti della causa;

Relatore, all’udienza pubblica del giorno 6 dicembre 2018, il Consigliere R G;

Uditi l’avvocato Stefano Monti, su delega dichiarata dell’avvocato Malinconico, per l’appellante e l’avvocato Cavalcanti, su delega dichiarata dell’avvocato Di Leginio, per il Comune di Latina;

Ritenuto e considerato in fatto e diritto quanto segue.


FATTO e DIRITTO

1. La signora Angela Sicali ha appellato, chiedendone la sospensione dell’esecuzione, la sentenza con la quale la Sezione di Latina del T.A.R. del Lazio ha respinto, previa riunione, i ricorsi da lei proposti per l’annullamento degli atti e provvedimenti posti in essere dal Comune di Latina in relazione ad abusi edilizi interessanti un edificio di sua proprietà, nonché per il risarcimento dei danni da questi cagionati.

2. All’atto dell’acquisto, il fabbricato in questione era già oggetto di istanza di condono presentata dal precedente proprietario nel 1986, ai sensi della legge 28 febbraio 1985, n. 47.

In data 14 aprile 2000, l’edificio è stato posto sotto sequestro dalla Polizia municipale a causa del riscontro di opere eseguite sine titulo ;
in pendenza di detto sequestro, la pregressa istanza di condono è stata respinta dal Comune di Latina con provvedimento del 12 luglio 2000, che l’interessata ha impugnato con un primo ricorso giurisdizionale (n. 1595/2000).

Con un secondo ricorso (n. 114/2001) sono stati poi impugnati l’ordine di demolizione emesso dal Comune in data 7 novembre 2000 e i provvedimenti successivi (verbale di inottemperanza e provvedimento di immissione in possesso a favore del Comune).

Durante l’ iter testé descritto, si sono altresì inserite le vicende del parallelo procedimento penale, laddove la Corte di cassazione ha annullato il provvedimento con cui il Comune era stato autorizzato – fermo restando il sequestro – a procedere al ripristino dello stato dei luoghi in danno dell’interessata (sez. III, sent. n. 346 del 16 aprile 2003);
conseguentemente, questa Sezione ha cautelarmente sospeso l’ordinanza di pagamento rilevando l’illegittima esecuzione della demolizione d’ufficio da parte dell’Amministrazione comunale (ord. n. 1895 del 12 aprile 2005).

3. Con la sentenza in epigrafe il T.A.R. adìto, riuniti i due ricorsi, li ha respinti entrambi compensando tra le parti le spese di lite.

4. Con il presente appello, l’originaria ricorrente ha riproposto come segue le doglianze articolate in prime cure:

- inesistenza dell’atto (siccome sottoscritto da Dirigente delegato dal Sindaco in difetto di delega scritta);

- eccesso di potere (in relazione al passivo recepimento dei rilievi della Polizia municipale in ordine alla presunta novità degli abusi riscontrati nel 2000 rispetto a quelli oggetto della precedente istanza di condono, non supportato da autonoma istruttoria);

- violazione di legge (per essersi nella specie formato il silenzio-assenso sulla domanda di condono ai sensi dell’articolo 35, comma 18, della legge n. 47/1985);

- difetto di istruttoria e travisamento dei fatti (per carenza di comunicazione all’interessata dell’avvio del procedimento culminato nell’ordine di demolizione);

- eccesso di potere (per invalidità derivata dell’ordine di demolizione per effetto dei vizi interessanti il precedente diniego di condono);

- violazione di legge;
eccesso di potere (stante l’impossibilità di eseguire la demolizione a causa del sequestro penale insistente sull’immobile);

- violazione di legge;
eccesso di potere;
condotta gravemente colposa anche per omessa adozione di atti conseguenti a un provvedimento giurisdizionale annullato (in relazione alla demolizione eseguita dal Comune dopo che la Cassazione aveva annullato il sequestro penale del manufatto).

Infine, l’istante ha reiterato la domanda di risarcimento danni già formulata in prime cure.

5. Si è costituito il Comune di Latina, controdeducendo analiticamente ai rilievi di parte appellante e instando per la reiezione del gravame.

6. Alla camera di consiglio del 26 luglio 2006, questa Sezione ha respinto la domanda di sospensione dell’esecuzione della sentenza impugnata.

7. Le successive vicende del giudizio hanno visto una declaratoria di interruzione del processo a causa del decesso del procuratore di parte appellante, la successiva riassunzione da parte di nuovo difensore, l’adozione di decreto di estinzione per perenzione e la reiscrizione della causa sul ruolo in accoglimento di opposizione presentata dalla appellante.

8. All’udienza dell’8 novembre 2018, il Collegio ha avvertito le parti, a norma dell’articolo 73, comma 3, cod. proc. amm., della possibile sussistenza di profili di inammissibilità dell’appello rilevabili d’ufficio.

L’appellante ha chiesto termine per replicare sul punto, ciò cui ha provveduto con ulteriore memoria.

9. Da ultimo, all’udienza del 6 dicembre 2018, la causa è stata trattenuta in decisione.

10. Tutto ciò premesso, l’appello è inammissibile come anticipato dal Collegio alle parti, non apparendo convincenti le opposte deduzioni svolte nell’ultima memoria dell’appellante.

10.1. Ed invero, anche prima dell’entrata in vigore del codice del processo amministrativo la giurisprudenza era consolidata nel senso che l’appello non potesse consistere nella mera riproposizione delle censure formulate in primo grado, dovendo contenere – a pena di inammissibilità – le specifiche critiche ai capi della sentenza impugnata;
tale indirizzo si traeva dall’articolo 342 cod. proc. civ., ritenuto applicabile anche al giudizio amministrativo, nonché dalla natura dell’appello quale mezzo di gravame avente come proprio oggetto specifico la sentenza di primo grado, e non come mero iudicium novum sulla pretesa azionata in prime cure (cfr. ex plurimis Cons. Stato, sez. IV, 28 gennaio 2010, n. 363;
id., sez. V, 29 dicembre 2009, n. 8966;
id., sez. IV, 31 dicembre 2009, n. 9295;
id., 21 dicembre 2009, n. 8517;
id., sez. VI, 22 ottobre 2009, n. 6495;
id., sez. V, 6 ottobre 2009, n. 6094;
id., sez. IV, 15 luglio 2009, n. 4443;
id., sez. VI, 1 luglio 2009, n. 4238;
id., sez. IV, 8 giugno 2009, n. 3507;
id., sez. VI, 19 marzo 2009, n. 1682;
id., sez. IV, 12 marzo 2009, n. 1473;
id., sez. VI, 3 febbraio 2009, n. 572;
id., sez. IV, 30 gennaio 2009, n. 514;
id., sez. VI, 14 gennaio 2009, n. 113;
id., sez. V, 23 dicembre 2008, n. 6535;
id., 17 ottobre 2008, n. 5065;
id., sez. VI, 8 ottobre 2008, n. 4909;
id., 9 settembre 2008, n. 4300;
id., 29 luglio 2008, n. 3786;
id., sez. IV, 7 luglio 2008, n. 3380;
id., sez. VI, 29 luglio 2008, n. 3786;
id., 28 luglio 2008, n. 3710;
id., 23 giugno 2008, n. 3154;
id., 14 aprile 2008, n. 1581;
id., sez. V, 21 novembre 2007, n. 5926;
id., sez. VI, 9 ottobre 2007, n. 5237;
id., sez. V, 26 giugno 2007, n. 3657;
id., 25 giugno 2007, n. 3637;
id., sez. VI, 11 maggio 2007, n. 2308;
id., sez. IV, 22 marzo 2007, n. 1389;
id., sez. V, 13 marzo 2007, n. 1229;
id., 15 febbraio 2007, n. 636;
id., sez. VI, 26 gennaio 2007, n. 295;
id., 27 dicembre 2006, n. 7969;
id., 26 ottobre 2006, n. 6461;
id., 28 agosto 2006, n. 5014;
id., 22 agosto 2006, n. 4929;
id., sez. V, 28 giugno 2006, n. 4212;
id., sez. VI, 24 giugno 2006, n. 4062;
id., 21 febbraio 2006, n. 705;
id., 22 giugno 2005, n. 3290;
id., sez. IV, 27 aprile 2005, n. 1940;
id., sez. VI, 6 aprile 2004, n. 1871;
id., 22 gennaio 2004, n. 163;
id., 28 marzo 2003, n. 1615;
id., 10 luglio 2002, n. 3859;
id., 29 maggio 2002, n. 2968;
id., 4 gennaio 2002, n. 39;
id., sez. V, 9 maggio 2000, n. 2656;
id., sez. VI, 19 marzo 1999, n. 256).

10.2. Nel caso che qui occupa, da una piana lettura dell’appello emerge con evidenza come lo stesso sia articolato in modo pressoché esclusivo con la reiterazione delle doglianze formulate nei ricorsi e nei motivi aggiunti di prime cure, nonché della connessa domanda risarcitoria, senza che sia sviluppato alcun rilievo critico sulla motivazione con cui il T.A.R. ha ritenuto di disattendere tali doglianze e domande.

10.3. Per vero, un unico elemento differenziale è dato cogliere tra il ricorso di primo grado e l’odierno appello, e lo si rinviene nel terzo mezzo, laddove è sviluppata la censura afferente alla pretesa formazione del silenzio-assenso sulla domanda di condono, in applicazione dell’articolo 35, comma 18, della legge n. 47/1985.

Tuttavia, tale censura è a sua volta inammissibile sotto diverso profilo, atteso che non trova alcun riscontro nel ricorso introduttivo del giudizio e pertanto viene introdotta per la prima volta nel presente grado di appello, in violazione del divieto di nova oggi sancito dall’articolo 104, comma 1, cod. proc. amm., e già in precedenza ritenuto pacificamente applicabile al processo amministrativo giusta il richiamo all’articolo 345 cod. proc. civ. (cfr. ex plurimis Cons. Stato, Ad. pl., 29 dicembre 2004 n. 14;
id., sez. IV, 6 novembre 2009, n. 6949;
id., sez. VI, 29 settembre 2009, n. 5870;
id., 1 settembre 2009, n. 5121;
id., sez. IV, 18 giugno 2009, n. 4004;
id., sez. VI, 23 dicembre 2008, n. 6519;
id., 22 aprile 2008, n. 1854;
id., sez. V, 9 dicembre 2008, n. 6132;
id., 5 dicembre 2008, n. 6049;
id., sez. VI, 29 gennaio 2007, n. 337;
id., 19 luglio 2007, n. 4037;
id., sez. V, 2 ottobre 2006, n. 5724;
id., sez. VI, 20 aprile 2006, n. 2200;
id., 30 dicembre 2005, n. 7578;
id., 29 luglio 2005, n. 4115;
id., 27 luglio 2005, n. 4175;
id., 24 gennaio 2005, n. 105;
id., sez. IV, 22 novembre 2004, n. 7621).

11. Per completezza espositiva, al di là degli assorbenti profili di rito sopra evidenziati, non è però fuori luogo segnalare che l’appello risulta prima facie infondato anche nel merito.

In particolare, proprio dall’esame della documentazione prodotta dalla appellante ed afferente agli esiti del parallelo processo penale svoltosi per gli abusi edilizi per cui qui è causa, è dato evincere che è destituito di fondatezza l’assunto di fondo su cui si regge l’intera prospettazione attorea, e cioè che lo stato dei luoghi interessati dagli interventi abusivi all’epoca dei provvedimenti impugnati non differirebbe punto da quello anteriore al 1986 (epoca della domanda di condono);
infatti, essendosi il giudizio conclusosi con declaratoria di estinzione del reato per prescrizione, l’accertamento dei fatti destinato a far stato fra le parti è quello riveniente dalla sentenza della Corte d’appello di Roma (sez. III, 14 gennaio 2009, n. 328), laddove si afferma chiaramente che le opere per le quali si procedette a sequestro nell’aprile del 2000 erano nuove e diverse rispetto a quelle cui si riferiva la domanda di condono del 1986.

12. Le spese seguono la soccombenza e sono liquidate in dispositivo.

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