Consiglio di Stato, sez. IV, sentenza 2013-05-08, n. 201302486

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Sul provvedimento

Citazione :
Consiglio di Stato, sez. IV, sentenza 2013-05-08, n. 201302486
Giurisdizione : Consiglio di Stato
Numero : 201302486
Data del deposito : 8 maggio 2013
Fonte ufficiale :

Testo completo

N. 10025/2010 REG.RIC.

N. 02486/2013REG.PROV.COLL.

N. 10025/2010 REG.RIC.

REPUBBLICA ITALIANA

IN NOME DEL POPOLO ITALIANO

Il Consiglio di Stato

in sede giurisdizionale (Sezione Quarta)

ha pronunciato la presente

SENTENZA

sul ricorso numero di registro generale 10025 del 2010, proposto da:
E C, rappresentato e difeso dall'avv. A F, con domicilio eletto presso A F in Roma, via Ottaviano 105;

contro

Ministero della Difesa, rappresentato e difeso per legge dall'Avvocatura, domiciliataria in Roma, via dei Portoghesi, 12;
Comando Generale dell'Arma dei Carabinieri;

per la riforma

della sentenza del T.A.R. TOSCANA - FIRENZE: SEZIONE I n. 02015/2010, resa tra le parti, concernente collocamento in congedo per non ammissione in servizio permanente.

Visti il ricorso in appello e i relativi allegati;

Visto l'atto di costituzione in giudizio di Ministero della Difesa;

Viste le memorie difensive;

Visti tutti gli atti della causa;

Relatore nell'udienza pubblica del giorno 26 febbraio 2013 il Cons. Umberto Realfonzo e uditi per le parti l’Avv. A F e l'Avvocato dello Stato Giulio Bacosi;

Ritenuto e considerato in fatto e diritto quanto segue.


FATTO

Con il presente gravame l'appellante, già carabiniere in ferma volontaria, impugna la sentenza del Tar con cui è stato respinto il suo ricorso diretto all'annullamento:

-- della determinazione del Comando Generale dell'Arma dei Carabinieri di non ammissione in servizio permanente per l’intervenuta condanna penale definitiva a suo carico per il reato di concorso in lesioni personali aggravate con il conseguente collocamento in congedo con decorrenza dal 21 settembre 2002;

-- del parere contrario all'ammissione in servizio permanente del Comando Interregionale Carabinieri "Podgora"- SM Ufficio Personale del 20 marzo 2008;

-- della delega del 7 luglio 2006, del Comandante Generale dell' Arma dei Carabinieri a favore del Vice Comandante generale;

-- del preannuncio di rigetto all' art.10 bis della Legge 241/90.

L'appello è affidato alla denuncia di nove rubriche di censura relative all’incompetenza del Vice-Comandante;
alla violazione dell’art. 2 della legge n. 241 del 1990, del decreto del Ministero della Difesa 16.09.1993 n. 603, dell’art. 26 della legge 18.19.1961 n. 1168 e della legge 1.02.1989, n, 53;
nonché all’eccesso di potere per travisamento dei fatti, difetto di istruttoria, difetto di motivazione, illogicità, contraddittorietà e sviamento.

Si è costituita in giudizio l'Avvocatura dello Stato, che ha confutato analiticamente le argomentazioni dell'appellante e concluso per il rigetto.

Con memoria per la discussione l'appellante ha ulteriormente sottolineato le proprie argomentazioni, ricordando, in particolare, la qualità del suo servizio e la sua situazione di famiglia.

Chiamata all'udienza pubblica di discussione la causa, uditi patrocinatori delle parti, è stata ritenuta in decisione

DIRITTO

L’appello è infondato.

___ 1. Con la rubrica sub A), l'appellante reiterando l’identica censura di primo grado, deduce illegittimità del provvedimento gravato, assumendo l'incompetenza del Vice Comandante Generale dell’Arma G P, che aveva firmato l’atto.

La delega del Comandante Generale dei Carabinieri al Vice Comandante Generale, del 7 luglio 2006, avrebbe avuto efficacia limitata al Gen. C e non sarebbe stata rinnovata a favore del G P, per cui sarebbe scaduta al momento della firma del provvedimento.

La censura va respinta.

In linea di principio, considerato che le funzioni del funzionario vicario sono pienamente sovrapponibili a quelle del sostituto, per cui non sussiste la necessità di un’espressa previsione della possibilità di sostituzione per ciascuna delle singole competenze del titolare (cfr. Cassazione civile sez. VI 14 dicembre 2010 n. 25271;
Cassazione civile sez. I 30 marzo 2009 n. 7698), non è quindi mai configurabile un vizio assoluto di incompetenza nel caso di “mera delega interorganica” (figura ben differente dalla “delegazione di funzioni amministrative”, avente carattere extraorganico).

La delega di poteri del titolare al suo vice, concernente l’esercizio di specifici atti, sotto il profilo ontologico, in realtà è un “ordine di servizio” in senso tecnico, vale a dire un “atto generale di natura organizzatoria”, diretto, cioè, a disciplinare al meglio l’attività amministrativa, consentendo al vicario di sottoscrivere atti che continuano ad essere, sostanzialmente, atti dell'autorità delegante e non di quella delegata.

La c.d. delega “di firma”, inserendosi nell’ordinaria struttura organizzativa, non altera per niente l'ordine delle competenze stabilito dalla legge, ma attribuisce al soggetto delegato la facoltà di esercitare i poteri spettanti al responsabile, anche in via ordinaria, al di fuori dei casi di assenza o impedimento del titolare.

Il "Vice-Comandante" dell’ARMA dei Carabinieri è infatti una carica istituzionale -- della durata massima di un anno – che la legge n. 429 del 4 agosto 1984 (ratione temporis vigente) prevedeva fosse ricoperta dal Generale di Corpo d'Armata in servizio permanente effettivo più anziano in ruolo, per esercitare vicariamente anche senza necessità di apposita delega tutte le attribuzioni proprie del sostituito, e tutte quelle delegategli, in via ordinaria. dal Comandante Generale.

Non vi sono dunque dubbi che, come per tutti gli ordini di servizio, il decreto di delega di firma resta efficace nei riguardi di tutti i Vice Comandanti nominati successivamente alla sua firma, senza che all’uopo fosse necessaria ogni anno la sua rinnovazione nei riguardi delle singole persone fisiche.

In conseguenza, deve concordarsi con il primo giudice quando ricorda che la delega del 7 luglio 2006 concerneva, fino a nuovo e diverso ordine, la posizione istituzionale del “Vice Comandante”, chiunque esso fosse.

___ 2. Con il secondo mezzo sub B) l'appellante assume che, nel respingere la censura per cui il provvedimento sarebbe stato assunto oltre il termine di trenta giorni, previsto dalla legge n. 241 del 1990 per la sollecita definizione dei procedimenti amministrativi, il TAR:

-- avrebbe erroneamente affermato che “... la tardività non pare nel caso concreto aver prodotto un danno al ricorrente, avendo questi potuto svolgere medio tempore le funzioni di militare in ferma temporanea anche per il tempo ulteriore in cui l’Amministrazione ha tardato all’adozione dell’atto che ha precluso al ricorrente il passaggio ai ruoli permanenti ”;

- non avrebbe assolutamente tenuto conto del principio affermato dal Tar Piemonte circa la tassatività del termine per l'adozione del provvedimento configurabile in base al principio di buona amministrazione per non frustrare l'affidamento del militare.

L’assunto va respinto.

Il mancato rispetto del termine di trenta giorni previsto dal comma 3 dell'art. 2, l. n. 241 del 1990 per la conclusione dei procedimenti amministrativi non è idoneo ex se a determinare l'illegittimità del provvedimento, trattandosi di termine acceleratorio per la definizione del procedimento.

La predetta disposizione non contiene alcuna prescrizione circa la sua eventuale perentorietà, né impone la decadenza dal potere dell’amministrazione di provvedere, né commina alcuna illegittimità del provvedimento adottato (cfr. Consiglio di Stato, sez. IV 12 giugno 2012 n. 2264;
sez. IV 10 giugno 2010 n. 3695;
sez. VI 01 dicembre 2010 n. 8371;
sez. VI, 25 giugno 2008 n. 3215;
sez. VI 14 gennaio 2009 n. 140).

In punto di fatto, poi, come esattamente ricordato dalla Difesa erariale, la domanda di ammissione in servizio permanente effettivo era stata prodotta l'11 febbraio 2008, per cui, essendo il provvedimento stato adottato il 28 giugno 2008, il procedimento si era concluso ampiamente nel termine dei 180 giorni, decorrenti dalla data di presentazione dell'istanza medesima di cui all'articolo 11, primo comma del D. M. n. 603/1993.

___ 3. Per ragioni di economia espositiva possono essere esaminati congiuntamente i seguenti motivi di gravame che attengono a profili sostanzialmente del tutto coincidenti.

___ 3.1. Il Tar non avrebbe esaminato il profilo relativo all’assunta contraddittorietà del provvedimento, nella parte in cui afferma "... che il militare ha dimostrato principi morali... in netto contrasto con le finalità perseguita dall'amministrazione... " .

Al contrario l'appellante avrebbe invece sempre dimostrato saldissimi principi morali nell’espletamento di delicate funzioni di ordine pubblico e di polizia, come proverebbero le note caratteristiche dello stesso anno con il giudizio "eccellente - di ottime doti militari, morali e caratteriali" (cfr. censura rubricata sub C.) .

___ 3.2. Erroneamente il Tar avrebbe negato la carenza dell’istruttoria e l’inadeguatezza della motivazione, rispetto alle lusinghiere valutazioni avute dal ricorrente durante il suo servizio a favore dell'Arma ed affermato la natura vincolata del provvedimento, senza tener in alcun conto dei giudizi dei superiori nel corso del servizio decennale (censura rubricata sub D.).

___ 3.3. Il Tar avrebbe anche trascurato la censura per cui l'amministrazione, nonostante l'esemplare condotta in servizio tenuta per 10 anni dal Caruso, aveva affermato che non potesse essere confermato nel grado, violando così la stessa disciplina del "foglio di congedo illimitato", di cui alla legge 18 ottobre 1961 n. 1168, a mente del quale i militari in congedo mantengono, per tali effetti, lo stato di militare (censura rubricata sub E.).

___ 3.4. La decisione sarebbe poi erroneamente fondata su una meccanica applicazione della norma. La decisione dell’Amministrazione era stata illegittimamente vincolata all’esito del procedimento penale che irrogava la condanna a suo carico, in contraddizione con la decisione di non procedere all’apertura di un procedimento disciplinare, in quanto, come affermato dal Comandante della Regione Carabinieri Toscana “ …i fatti si sono verificati lontani dalla sede di servizio… in un'epoca nella quale il militare non prestava nell'arma ….oltre nove anni or sono ”… e comunque è stato classificato " superiore alla media".

Il TAR avrebbe trascurato il quarto motivo di primo grado con cui l’appellante lamentava la mancata considerazione dei lusinghieri pareri favorevoli espressi dalla scala gerarchica (mezzo sub F).

___ 3.5. Con la censura di cui alla lettera H.) si lamenta l’erroneità del rigetto del sesto motivo, ritenuto erroneamente assorbito, e comunque non esaminato, relativo alla violazione della legge 1º febbraio 1989 n. 53, sottolineando per l'ennesima volta come il provvedimento non sarebbe stato vincolato e comunque avrebbe potuto essere censurato al giudice amministrativo.

___ 3.6. Tutte le su descritte censure sono infondate.

Si deve premettere che l’art. 5 della legge 1 febbraio 1989, n. 53 costituisce espressione di un antico principio, in precedenza contenuto nella L. 18 ottobre 1961, n. 1168, relativa alle “Norme sullo stato giuridico dei vice brigadieri e dei militari di truppa dell'Arma dei carabinieri” (oggi abrogata dall'articolo 2268, comma 1, del D.Lgs. 15 marzo 2010, n. 66), che all’art. 26 prevedeva che “ Il militare di truppa dell'Arma dei carabinieri può cessare dalla ferma volontaria o dalla rafferma, anche prima del termine stabilito, per una delle seguenti cause: … d) condanna penale per la quale il militare deve espiare una pena restrittiva della libertà personale”.

La disposizione di cui all’art. 5 della cit. L. (peraltro ora trasfusa dell'articolo 950 del D.Lgs. n. 66/2010 e s.m.i. "Codice Militare") prevede che “ Il militare …nei cui confronti il procedimento penale o disciplinare si sia concluso favorevolmente possono ottenere, a domanda, l'ammissione in servizio permanente con decorrenza dal giorno successivo alla scadenza della ferma volontaria precedentemente contratta.

E’ evidente dalla stessa costruzione letterale della disposizione, che il legislatore non ha intenzionalmente configurato un automatismo di carattere sanzionatorio, ma ha fissato uno specifico requisito per l’ammissione in servizio permanente effettivo.

Nel caso di procedimento penale la stabilizzazione del rapporto militare è consentita solo ed esclusivamente in caso di esito dello stesso favorevole al militare, mentre, per converso, in difetto di tale requisito, resta del tutto inibita all'amministrazione ogni potestà discrezionale di valutare discrezionalmente le singole situazioni.

Di qui l’inconferenza di tutte le censure dirette ad introdurre in giudizio profili soggettivi in una fattispecie che è invece governata dalla legge, con l’introduzione di un meccanismo di selezione per cui, in presenza di una condanna penale per un reato punito con la detenzione di un carabiniere in ferma volontaria, il militare perde un requisito essenziale per l’ammissione al servizio permanente effettivo.

In tali fattispecie l'amministrazione non può dunque procedere all’ammissione in s.p.e., ma deve necessariamente provvedere alla sua collocazione in congedo.

Per questo la motivazione del primo giudice sui motivi di cui sopra, è esattamente affidata ad una pregiudiziale di carattere logico, che prescinde del tutto dai profili morali, lavorativi e di servizio del ricorrente.

Nel caso in esame, la condanna penale (comunque non lieve) ad una detenzione di cinque mesi per vari reati, tra cui lesioni aggravate in concorso con altri, non consentiva all’amministrazione di far luogo a determinazioni discrezionali.

L’Amministrazione non avrebbe proprio potuto valutare né le tipologie, né le qualità, né la personalità dimostrate in servizio dal militare condannato, in quanto il provvedimento scaturisce -- come atto procedimentalmente necessitato -- da una precisa e diretta volontà del legislatore, che non ha ritenuto possa essere ammesso al servizio nell'Arma chi sia stato condannato a pena detentiva, a prescindere quindi dalle singole situazioni.

La circostanza poi che, nonostante fosse stato sottoposto a processo penale per reati non colposi, fosse rimasto in ferma volontaria, discendeva dal precetto di cui al comma 2 dell’art. 5 cit., per cui il militare in ferma volontaria che si trovi sottoposto a procedimento penale per delitto non colposo può continuare a permanere in ferma volontaria, fino a che non sia definito il procedimento penale medesimo. Anche se deve annotarsi incidentalmente come in realtà l’appellante non si era affatto preoccupato di comunicare al Comando di aver assunto la qualifica di imputato per reati non colposi (e per questo era stato sanzionato, sia pure lievemente, con due giorni di consegna).

Gli aspetti morali della sua personalità sono comunque inconferenti.

Inoltre, non vi è alcuna contraddizione tra il provvedimento impugnato e la decisione di non tener conto della condanna ai fini disciplinari, in quanto la sentenza penale rilevava sul differente piano dell’applicazione della norma relativa all’ammissione in s.p.e. .

Di qui l'erroneità, e comunque l’inconferenza, anche del profilo di cui alla lettera H.) in quanto, in presenza di attività vincolata, quale è senza dubbio quella in esame, non è necessaria alcuna motivazione, e specificazione, ulteriore rispetto alla dimostrazione della sussistenza, in positivo o in negativo, del presupposto previsto dalla legge per l'adozione del provvedimento.

Tutti i motivi vanno dunque respinti

___ 4. Con la rubrica sub G) si afferma che sarebbe stato erroneamente disatteso anche il quinto mezzo originario di gravame, con cui si lamentava che, nella sostanza, il provvedimento adottato sarebbe stato un provvedimento di destituzione automatica a seguito di condanna penale, rientrante nel divieto di cui all'articolo 9 della legge n. 19/1990. Si sarebbe impropriamente utilizzato uno strumento di autotutela in assenza delle condizioni per la sua adozione, sul presuntivo possesso in capo all’appellante di principi morali in contrasto con le finalità perseguite dall'amministrazione. Circostanza non vera alla luce dei pregressi servizi.

L’assunto è infondato.

La disposizione di cui all’art. 5 deve essere direttamente raccordata, oltre che con il ricordato art. 26 della L. n. 53/1989, anche con la prescrizione generale di cui all'art. 5 comma 6, del d.lgs. 30 marzo 2001 n. 165, per cui, ai fini delle assunzioni di personale presso le Amministrazioni che esercitano competenze istituzionali in materia di difesa e sicurezza dello Stato, è legittimamente richiesto il possesso delle qualità morali e di condotta stabilite per l'ammissione ai concorsi della magistratura ordinaria (cfr. Consiglio di Stato sez. IV 14 novembre 2012 n. 5762).

La condanna di un carabiniere in ferma volontaria fa, in conseguenza, venir meno un requisito di status previsto dalla legge come condizione indispensabile ed ineluttabile per l’ammissione al servizio permanente effettivo.

Sulla scia delle precedenti considerazioni, si deve rilevare come la fattispecie è del tutto estranea all’ambito dei procedimenti disciplinari, ma concerne propriamente un requisito di ammissione dell’istanza per il conseguimento di una nuova e differente condizione professionale, in precedenza non posseduto dall’interessato.

Pertanto, in assenza della previa instaurazione di un rapporto di impiego militare, i richiamati principi in materia di destituzione automatica appaiono qui del tutto in conferenti, in quanto, nella presente fattispecie, si verte in materia di requisiti morali e di condotta necessari per l’ammissione all’impiego de quo.

In definitiva la condanna penale per un reato non colposo si pone come elemento assolutamente ostativo per l’ammissione all’impiego militare.

____.

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