Consiglio di Stato, sez. IV, sentenza 2016-02-09, n. 201600519

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Sul provvedimento

Citazione :
Consiglio di Stato, sez. IV, sentenza 2016-02-09, n. 201600519
Giurisdizione : Consiglio di Stato
Numero : 201600519
Data del deposito : 9 febbraio 2016
Fonte ufficiale :

Testo completo

4"> N. 07954/2011 REG.RIC.

N. 00519/2016REG.PROV.COLL.

N. 07954/2011 REG.RIC.

REPUBBLICA ITALIANA

IN NOME DEL POPOLO ITALIANO

Il Consiglio di Stato

in sede giurisdizionale (Sezione Quarta)

ha pronunciato la presente

SENTENZA

sul ricorso numero di registro generale 7954 del 2011, proposto da:
Regione Puglia, in persona del legale rappresentante in carica rappresentato e difeso dagli avv. S O D L, A B, con domicilio eletto presso . Delegazione Regione Puglia in Roma, Via Barberini N.36;

contro

G F, rappresentato e difeso dall'avv. V C Iambrenghi, con domicilio eletto presso V C Iambreghi in Roma, Via Vincenzo Picardi N. 4/B;

nei confronti di

Comune di Trani;

per la riforma

della sentenza del T.A.R. della PUGLIA –Sede di BARI - SEZIONE II n. 00295/2011, resa tra le parti, concernente piano urbanistico generale nella parte in cui e' imposto un vincolo architettonico


Visti il ricorso in appello e i relativi allegati;

Visto l'atto di costituzione in giudizio di G F;

Viste le memorie difensive;

Visti tutti gli atti della causa;

Relatore nell'udienza pubblica del giorno 15 dicembre 2015 il Consigliere F T e uditi per le parti gli Avvocati Bucci e Caputi Iambrenghi;

Ritenuto e considerato in fatto e diritto quanto segue.


FATTO

Con la sentenza in epigrafe appellata il Tribunale amministrativo regionale della Puglia - Sede di Bari - ha accolto il ricorso proposto dalla odierna parte appellata G F volto ad avversare, ottenendone l’annullamento, il procedimento di adozione ed approvazione definitiva del Piano Urbanistico Generale (PUG), nella parte in cui disciplinava l’area di proprietà della parte originaria ricorrente, unitamente a tutti gli atti presupposti e connessi,

Con il predetto ricorso, sostanzialmente, si era lamentato che il Comune, in carenza assoluta di potere, avesse vincolato paesaggisticamente un immobile di pertinenza di parte appellata (Villa Tolomeo) ed una vasta area ad esso circostante.

Tale potere, ad avviso della odierna parte appellata, perteneva unicamente alla Soprintendenza .

Il T ha anzitutto disatteso l’eccezione di inammissibilità del mezzo di primo grado conseguente alla mancata notifica dello stesso alla Provincia di Bari (prima parte della sentenza, sino al capo 1.7.).

Nel merito,i l primo giudice ha proceduto ad un articolato excursus delle disposizioni legislative che regolavano la detta materia ed agli orientamenti della giurisprudenza sul punto, ed ha accolto il ricorso di primo grado, nei limiti dell’ interesse della parte originaria ricorrente, alla stregua di alcune, articolate, considerazioni previo richiamo dei principi contenuti nella propria precedente sentenza n. 2241/2010

Ha in proposito rilevato che era riscontrabile un abuso perpetrato dal Comune di Trani nell’esercizio dei poteri di pianificazione territoriale, abuso tradottosi nella unilaterale, e perciò illegittima, individuazione di beni architettonici.

La imposizione di vincoli veri e propri di natura architettonica e/o paesaggistica non poteva essere effettuata in sede di approvazione dello strumento urbanistico generale: ad un tutela di tal sorta si poteva invece pervenire all’esito di un procedimento espletato – nel contraddittorio con gli interessati - nei modi previsti dal D. L.vo 42/04.

Nell’individuare unilateralmente alcuni fabbricati da tutelare, non segnalati neppure a livello di PUTT/P, il P.U.G. si era assunto compiti che non gli spettavano, e che non gli erano assegnati neppure dalla L.R. 20/01, e così esercitando tra l’altro competenze che la legislazione nazionale attribuva ad altre Autorità.

Il Comune era legittimato, nell’esercizio dei poteri attribuitigli in materia di pianificazione territoriale, non a individuare beni da assoggettare ex novo a tutela paesaggistica e/o architettonica, sibbene a tipizzare il territorio in maniera coerente ad eventuali vincoli architettonici e paesaggistici precedentemente individuati ed adottati nelle competenti sedi, non apparendo possibile la individuazione, in sede di approvazione dello strumento urbanistico generale, di nuovi beni architettonici e/o paesaggistici.

La decisione di qualificare un bene come bene architettonico o paesaggistico, non poteva essere adottata in sede di strumento urbanistico generale, ma solo nelle competenti sedi individuate legislativamente: lo strumento urbanistico generale poteva soltanto, invece, completare la tutela architettonica e/o paesaggistica del bene già assoggettato a tutela, adottando una tipizzazione coerente.

La vicenda di causa era esemplare per chiarire gli inconvenienti in cui si sarebbe incorsi laddove si fosse aderito ad una diversa,permissivistica,opzione ermeneutica:

la Villa Tolomeo era stata individuata quale bene da sottoporre a tutela solo in sede di PUG, nonostante appena pochi anni prima sia da parte del MIBAC che in sede di PUTT/p non si fosse sentita una tale esigenza.

Ciò dimostrava la estrema soggettività dei criteri che avevano assistito l’estensore del nuovo PUG di Trani nella scelta dei beni da sottoporre tutela paesaggistica, soggettività non accompagnata da una adeguata esplicazione dei criteri.

Il mezzo è stato quindi accolto, con conseguente annullamento sia del vincolo imposto sulla Villa Tolomeo sia di quello imposto sulla circostante area “annessa”.

L’amministrazione regionale rimasta soccombente ha proposto una articolata critica alla sentenza in epigrafe sotto tutti i versanti motivazionali suindicati ripercorrendo la cronologia degli accadimenti e chiedendo la riforma dell’appellata decisione.

Ha criticato (motivo 10, pag 17 dell’atto di appello) la reiezione della eccezione di inammissibilità del mezzo di primo grado conseguente alla mancata notifica dello stesso alla Provincia di Bari, che ha riproposto nell’ultimo motivo dell’appello.

Nel merito, l’ amministrazione regionale rimasta soccombente ha sostenuto che i Comuni potessero pervenire alla imposizione di vincoli coerenti con la natura dei beni ricadenti nel loro territorio.

La tutela paesaggistica, quindi, poteva anche essere effettuata dal Comune mercè lo strumento urbanistico.

Ad avviso della Regione, poi, ciò discendeva anche da un sereno esame delle prescrizioni legislative regionali.

Inoltre,il T aveva errato anche nella parte in cui aveva ritenuto che la disciplina vincolistica imposta, in concreto, avrebbe svuotato lo ius aedificandi.

Parte appellata ha depositato una memoria chiedendo la reiezione del mezzo ed ha (pagg. 12- 24) riproposto i tre motivi prospettati in via subordinata nel mezzo di primo grado ed assorbiti dal primo giudice.


In particolare, è stato ivi sostenuto che:

1)l’area annessa era stata determinata in termini ed estensione assolutamente spropositata;

2)tale “scelta” penalizzante era stata adottato in modo acefalo: la Regione non aveva sollevato perplessità sulla estensione, ma soltanto sulla distinguibilità;
motu proprio, il comune aveva ampliato l’estensione della “area annessa” in modo abnorme;

3)la Norma dell’NTA del PUG n.

4.09.8 era inapplicabile all’area dell’appellata, in quanto quest’ultima non era soggetta al PUE per la sua trasformazione;
ciò contraddiceva il contenuto sostanziale della pianificazione imposta dal comune.

Tutte le parti processuali, in vista della odierna pubblica udienza hanno puntualizzato le proprie difese depositando memorie e repliche.

Alla odierna pubblica udienza del 15 dicembre 2015 la causa è stata posta in decisione dal Collegio.

DIRITTO

1.L’appello è infondato e deve essere respinto nei sensi di cui alla motivazione che segue. Le riproposte censure di primo grado concernenti i motivi assorbiti dal T sono pertanto improcedibili.

1.1.Al fine di perimetrare anticipatamente il materiale cognitivo in via teorica esaminabile dal Collegio, si rileva che parte originaria ricorrente ha tempestivamente riproposto con memoria i motivi del mezzo di primo grado assorbiti dal primo giudice: essi sarebbero pertanto teoricamente riesaminabili dal Collegio.

Invero (il mezzo di primo grado è stato proposto nel 2009 – a seguito di trasposizione di ricorso straordinario al Capo dello Stato notificato il 4 settembre 2009 - e la causa è stata assunta in decisione nell’ottobre 2010 mentre la sentenza è stata pubblicata nel dicembre 2010) ove la vicenda processuale fosse regolata ex artt. 101 e 46 del cpa i motivi assorbiti avrebbero dovuto essere riproposti incidentalmente con memoria depositata “entro il termine di costituzione in giudizio” (id est: sessanta giorni dal perfezionamento nei propri confronti della notifica del gravame).

Alle stesse conclusioni si perviene comunque valutando la problematica alla luce della disciplina previgente, in adesione all’orientamento della Sezione secondo cui “e' solo in applicazione estensiva dell'art. 346 c.p.c. che, nel processo amministrativo, si afferma il principio della riproponibilità dei motivi assorbiti o non esaminati mediante memoria , così semplificando gli oneri dell'appellante incidentale (proprio), esentandolo dalla necessità di notificazione dell'atto. Peraltro, se pure si consente la riproposizione dei motivi per il tramite di memoria e non di appello incidentale (accordando prevalenza all'art. art. 346 c.p.c. sull'art. 37 R.D. n. 1054/1924), non si può escludere che detta memoria debba essere comunque depositata entro il termine previsto dal citato art. 37. E ciò a maggior ragione vista l'assenza di diversa previsione nell'art. 346 c.p.c. (Cons. Stato Sez. IV, 10-08-2011, n. 4766).

Parte appellata depositò tempestiva memoria di costituzione nell’odierno grado di giudizio contenente i motivi sottesi al ricorso di primo grado oggetto di decisione mercè la gravata sentenza rimasti assorbiti: il Collegio in ipotesi di accoglimento dell’appello principale dovrebbe comunque vagliarne la fondatezza.

2.Ciò premesso in punto di materiale cognitivo esaminabile dal Collegio, in via preliminare rispetto alla disamina del merito della causa devono essere scrutinate le censure di natura processuale sollevate da parte appellante.

2.1.Come già rilevato nella parte in fatto, è stata sollevata la (punto 10, pag 17 dell’atto di appello) la doglianza di inammissibilità del ricorso di primo grado per omessa evocazione di una delle autorità emananti (la Provincia regionale di Bari): parte odierna appellata, infatti, non aveva provveduto a notificare il mezzo di primo grado alla Provincia regionale di Bari.

2.1.Trattandosi di doglianza che, ove accolta, potrebbe condizionare la esaminabilità del merito della causa, essa va esaminate prioritariamente.

3. A tale proposito, anticipa il Collegio che non è persuasiva la tesi relativa alla originaria inammissibilità del mezzo di primo per omessa evocazione in giudizio di una delle autorità emananti (la Provincia regionale di Bari).

Essa si fonda sul disposto di cui all’art. 11 della legge regionale della Puglia n. 20 del 27 luglio 2001 (recante “Formazione del Pug” il quale (si veda in proposito, per una accurata disamina della citata disposizione la sentenza della Sezione n. 4821/2007) prevede al comma settimo che “il PUG così adottato viene inviato alla Giunta regionale e alla Giunta provinciale ai fini del controllo di compatibilità rispettivamente con il DRAG e con il PTCP, ove approvati. Qualora il DRAG e/o il PTCP non siano stati ancora approvati, la Regione effettua il controllo di compatibilità rispetto ad altro strumento regionale di pianificazione territoriale ove esistente, ivi inclusi i piani già approvati ai sensi degli articoli da 4 a 8 della legge regionale 31 maggio 1980, n. 56, ovvero agli indirizzi regionali della programmazione socio-economica e territoriale di cui all'articolo 5 del d. lgs. 267/2000”.

Il comma 8 prevede che la Giunta regionale e la Giunta provinciale si pronunciano entro il termine perentorio di centocinquanta giorni dalla ricezione del PUG, decorso inutilmente il quale il PUG si intende controllato con esito positivo.

Il comma 9 prevede che qualora la Giunta regionale o la Giunta provinciale deliberino la non compatibilità del PUG rispettivamente o con il PTCP, il Comune promuove, a pena di decadenza delle misure di salvaguardia di cui all'articolo 13, entro il termine perentorio di centottanta giorni dalla data di invio del PUG, una Conferenza di servizi …… In sede di Conferenza di servizi le Amministrazioni partecipanti, nel rispetto del principio di copianificazione, devono indicare specificamente le modifiche necessarie ai fini del controllo positivo.

Il comma 10 prevede che la Conferenza di servizi assume la determinazione di adeguamento del PUG alle modifiche di cui al comma 9 entro il termine perentorio di trenta giorni dalla data della sua prima convocazione, l'inutile decorso del quale comporta la definitività delle delibere regionale e/o provinciale di cui al comma 9, con contestuale decadenza delle misure di salvaguardia.

Il comma 11 prevede che la determinazione di adeguamento della Conferenza di servizi deve essere recepita dalla Giunta regionale e/o dalla Giunta provinciale entro trenta giorni dalla data di comunicazione della determinazione medesima. L'inutile decorso del termine comporta il controllo positivo da parte della Giunta regionale e/o della Giunta provinciale.

Il comma 12 prevede che il Consiglio comunale approva il PUG in via definitiva in conformità delle deliberazioni della Giunta regionale e/o della Giunta provinciale di compatibilità o di adeguamento di cui al comma 11, ovvero all'esito dell'inutile decorso del termine di cui ai commi 8 e 11.

3.1. Ad avviso di parte appellante stante l’univoco tenore della citata disposizione (in particolare dei commi 7 ed 8 che equiparano in toto la posizione della Provincia a quella della Regione) anche la Provincia Regionale rientrava tra le “autorità emananti” del Pug in quanto alla stessa sono ex lege affidate funzioni di copianificazione.

Dalla omessa notifica del mezzo di primo grado a tale Ente derivava la insanabile inammissibilità dello stesso (in quanto, non essendo la Provincia Regionale di Bari equiparabile ad un controinteressato non poteva configurarsi “unicamente” la omissione dell’ordine di integrazione del contraddittorio,)

3.2. Come prima anticipato, ritiene il Collegio che la doglianza non sia fondata.

Va premesso che per costante giurisprudenza amministrativa ( Consiglio Stato sez. IV 14 ottobre 2005 n. 5711) “è inammissibile il ricorso (nel caso di specie trattavasi di revocazione ndr) che non sia stato notificato all' Autorità emanante, non essendo possibile in tale ipotesi disporre l'integrazione del contraddittorio.”

In particolare, con riferimento alla questione della impugnazione dei piani regolatori generali, la giurisprudenza ha costantemente affermato che ( Consiglio Stato sez. IV 12 maggio 2009 n. 2901) “è inammissibile il ricorso proposto per l'annullamento in parte qua del piano regolatore generale, che sia stato notificato solo al Comune e non anche alla Regione che lo ha approvato, né tale omissione può essere sanata dal giudice adito con l'ordine rivolto al ricorrente di procedere all'integrazione del contraddittorio, atteso che questa può essere disposta nei confronti dei controinteressati e a condizione che almeno uno di essi sia stato ritualmente evocato in giudizio, e non anche dell' Autorità emanante, che è parte principale ed essenziale del giudizio.” ( ma si veda anche Consiglio Stato sez. IV 16 luglio 2008 n. 3560: “stante la natura di atto complesso della variante a un piano regolatore generale, caratterizzato dal concorso di volontà di comune e regione , l' impugnazione di tale atto va necessariamente notificata a entrambi gli enti, quali amministrazioni emananti.).

Muovendo da questa premessa può certamente concordarsi con la deduzione di parte appellante secondo cui ove si affermasse che la Provincia Regionale di Bari rivestiva la posizione di “autorità co-emanante” essa non sarebbe stata equiparabile ad un controinteressato e non avrebbe potuto ravvisarsi “unicamente” la omissione dell’ordine di integrazione del contraddittorio a cagione della omessa invocazione in giudizio di questa.

La cornice processuale sottesa alla critica appellatoria è, quindi, senz’altro esatta.

3.2.1.Si rivela pertanto essenziale soffermarsi sulla fondatezza della premessa maggiore della doglianza, riposante nella effettiva attribuibilità – o meno- della qualifica di “autorità co-emanante alla Provincia Regionale di Bari.

3.3. A tal uopo il Collegio è edotto della circostanza che con una recente pronuncia (24 agosto 2006 n. 4277) il T della Puglia- Sede di Lecce- ha espressamente affermato il detto principio, stabilendo che “ai fini dell'adozione del piano urbanistico generale, il procedimento di cui all'art. 11 l. reg. Puglia 27 luglio 2001 n. 20, prevede una copianificazione, all'interno della quale si collocano, oltre al comune procedente, anche Provincia e Regione, la cui funzione non può che essere quella della cura degli interessi affidati al proprio livello di governo. Il principio di sussidiarietà verticale non vale, pertanto, a relegare a mero suggerimento non vincolante per l'autorità comunale una espressa manifestazione di dissenso formulata dalla Regione in riferimento a interessi conservati al proprio livello di governo da leggi regionali. La stessa espressione “controllo di compatibilità”, contenuta nel citato art. 11, indica il ruolo della Regione nella copianificazione, che non è di mero ausilio o apporto istruttorio, ma di gestione esclusiva degli interessi sovracomunali di dimensione, appunto, regionale, coinvolti dalla pianificazione territoriale del comune.”

Ritiene sul punto il Collegio che mentre sotto il profilo teorico l’espresso tenore della suindicata disposizione di legge regionale conforta la tesi di parte appellante (e gli approdi cui è giunto il T di Lecce nella menzionata decisione prima indicata) non altrettanto può affermarsi con riferimento alla disamina della situazione concreta che, al contrario, induce a conclusioni opposte rispetto a quelle sostenute dall’ amministrazione odierna appellante.

Il punto è già stato esplorato dalla Sezione nella sentenza n. 3537/13

(relativa alla impugnazione del PUG del comune di Palo del Colle) e non si ritiene di mutare divisamento rispetto all’approdo ivi raggiunto.

3.4. Invero la seconda parte del comma 7 della citata disposizione di cui all’art. 11 della legge regionale n. 20/2001 stabilisce espressamente che: “Qualora il DRAG e/o il PTCP non siano stati ancora approvati, la Regione effettua il controllo di compatibilità rispetto ad altro strumento regionale di pianificazione territoriale ove esistente, ivi inclusi i piani già approvati ai sensi degli articoli da 4 a 8 della legge regionale 31 maggio 1980, n. 56, ovvero agli indirizzi regionali della programmazione socio-economica e territoriale di cui all'articolo 5 del d. lgs. 267/2000”.”.

Appare al Collegio evidente che la impostazione teorica che consente di ricomprendere la Provincia tra le Autorità co-emananti non possa trovare applicazione allorché la Provincia in concreto al momento dell’adozione del Pug non avesse ancora approvato il Piano Territoriale di Coordinamento Provinciale, che costituisce il termine di riferimento per il giudizio di compatibilità di competenza provinciale: se essa non ha ancora approvato il proprio PTCP il controllo viene effettuato unicamente dalla Regione.

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