Consiglio di Stato, sez. V, sentenza 2014-11-21, n. 201405756

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Sul provvedimento

Citazione :
Consiglio di Stato, sez. V, sentenza 2014-11-21, n. 201405756
Giurisdizione : Consiglio di Stato
Numero : 201405756
Data del deposito : 21 novembre 2014
Fonte ufficiale :

Testo completo

N. 08045/2014 REG.RIC.

N. 05756/2014REG.PROV.COLL.

N. 08045/2014 REG.RIC.

REPUBBLICA ITALIANA

IN NOME DEL POPOLO ITALIANO

Il Consiglio di Stato

in sede giurisdizionale (Sezione Quinta)

ha pronunciato la presente

SENTENZA

sul ricorso numero di registro generale 8045 del 2014, proposto da N V O, rappresentata e difesa dagli avv. M B, e S P, con domicilio eletto presso il Consiglio di Stato - Segreteria di Sezione in Roma, piazza Capo di Ferro 13;

contro

Comune di Quartu Sant’Elena;

nei confronti di

C A;
A M, rappresentata e difesa dall'avv. M A F, con domicilio eletto presso Gabriella Federico in Roma, viale Mazzini 55;

per la revocazione

della sentenza del CONSIGLIO DI STATO - SEZ. V, n. 3956/2014, resa tra le parti, concernente scorrimento graduatoria concorso pubblico per titoli ed esami per la copertura di due posti da dirigente - area amministrativa.

VISTI il ricorso in appello e i relativi allegati;

VISTO l'atto di costituzione in giudizio di A M;

VISTE le memorie difensive;

VISTI tutti gli atti della causa;

Relatore nella Camera di consiglio del giorno 4 novembre 2014 il Cons. N G e uditi per le parti gli avvocati Barberio e, per delega di Fenza, Federico, i quali, resi edotti della possibilità che la causa trovasse immediata definizione nel merito, hanno preso atto di tanto senza formulare alcuna obiezione;

Ritenuto e considerato in fatto e diritto quanto segue.


FATTO e DIRITTO

ESAMINATA la sentenza che forma oggetto del presente ricorso per revocazione;

RILEVATO che con tale decisione la Sezione ha giudicato –per quanto qui rileva- che la candidata sig.ra O fosse stata illegittimamente ammessa al concorso di cui si tratta per violazione, da parte sua, del dovere di astensione, alla luce della sua partecipazione attiva al procedimento di indizione dello stesso concorso;

O, in particolare, che questa conclusione poggia, nel testo della sentenza, sulle seguenti considerazioni:

“… ritiene il Collegio che, nel caso di specie, la partecipazione al procedimento di indizione del concorso da parte di dette signore A ed O, con le modalità e nei termini concretamente posti in essere, comportasse automaticamente l’obbligo di astensione e la conseguente fondatezza della richiesta di annullamento, non dei provvedimenti da esse adottati, ma degli atti impugnati laddove non hanno disposto l’esclusione delle stesse dalla partecipazione alla procedura concorsuale, in quanto l’effettiva attività procedimentale da esse espletata deve ritenersi che sia stata di rilevanza tale da ingenerare sfiducia nel rispetto dei principi costituzionali di buon andamento ed imparzialità, a seguito della predisposizione di vari atti della procedura concorsuale, con esercizio di poteri discrezionali al riguardo.

Infatti, come più compiutamente sarà evidenziato in prosieguo, dette signore A ed O hanno posto in essere molteplici adempimenti concernenti la gestione del concorso cui hanno poi partecipato, che hanno inciso talmente tanto sulla procedura concorsuale da far nascere sospetti di imparzialità tali da giustificare la loro esclusione dalla procedura concorsuale.

13.- Con il motivo in esame è stato in particolare dedotto, con riguardo alla posizione della signora O, che sarebbero inconferenti le osservazioni effettuate dal primo giudice con riguardo alla circostanza che la sottoscrizione di una serie di atti della procedura del concorso sarebbe stato atto dovuto e che l’eventuale rifiuto non sarebbe stato legittimamente giustificabile. Ciò in quanto la signora O sostituiva il dirigente assente per ferie e non era titolare effettiva della carica, sicché non vi sarebbero state difficoltà nell’incaricare un altro funzionario, stante la dotazione organica del Comune, come poi sarebbe stato fatto;
tanto più sarebbe stata irregolare la sua partecipazione al concorso in quanto essa ricopriva la figura di dirigente in forza di contratto a tempo determinato (con interesse a consolidare la sua posizione), tenuto conto del disposto della seconda parte del comma 1 dell’art. 6 di detto d.m., secondo il quale l’obbligo di astensione dei pubblici dipendenti vale anche quando la partecipazione all’adozione della decisione o all’attività possa ingenerare sfiducia nell’indipendenza e nell’imparzialità dell’Amministrazione.

Pertanto sarebbe irrilevante la dedotta circostanza che i bandi di concorso allegati alla deliberazione della Giunta Municipale e quelli allegati alla determinazione della signora O non fossero tra di loro differenti.

13.1.- Osserva in proposito la Sezione che in primo grado, con riguardo alla posizione della signora O, la ricorrente aveva formulato la censura che essa candidata, in qualità di dirigente a tempo determinato del settore affari del personale, aveva redatto e approvato il bando di concorso contenente tutti i requisiti per l'ammissione, oltre ad avere emanato la determinazione con la quale era stata decisa la pubblicazione del bando.

Al riguardo il giudice di primo grado ha osservato che risultava che il bando di concorso dalla medesima approvato era stato precedentemente redatto e adottato dalla Giunta Municipale con deliberazione n. 304 del 21 agosto 2000 e che, per espressa disposizione di tale delibera, gli schemi di bando di concorso allegati alla delibera stessa costituivano parte integrante e sostanziale della medesima;
inoltre che il bando di concorso "approvato" dalla signora O era identico a quello già in precedenza redatto e adottato dalla giunta municipale con la citata deliberazione.

Ritiene la Sezione che le censure di violazione dell’art. 6 del citato d.m. del 31 marzo 1994, nonché del principio di buon andamento, imparzialità e trasparenza dell'attività amministrativa e del principio di astensione dei pubblici dipendenti dalla partecipazione ad atti per i quali abbiano interesse, abbiano trovato riscontro nella realtà, avendo essa candidata, nella sua qualità di Dirigente del Settore Affari del Personale, effettuato adempimenti solo parzialmente esecutivi concernenti la gestione del concorso, consistenti, nella pubblicazione del bando, nel reperimento dei locali e nella organizzazione logistica della procedura concorsuale.

Anche se la signora O non ha stabilito autonomamente clausole del bando, individuato i requisiti di partecipazione, i titoli da valutare o stabilito il contenuto delle relative prove, ha comunque svolto rilevante attività procedimentale di gestione di varie fasi concorsuali idonea a comportare dubbi o sfiducia nell’imparzialità nella predisposizione e svolgimento del concorso de quo, cui intendeva e le è stato poi illegittimamente consentito di partecipare, pur non essendosi in precedenza astenuta dallo svolgimento di detta attività ” ;

O che con il corrente ricorso in revocazione, allegando l’esistenza di un errore di fatto scaturito da un “abbaglio dei sensi” viene dedotta, in sintesi, l’erroneità dell’affermazione, recata dalla sentenza impugnata, che la sig.ra O avesse posto in essere “ molteplici adempimenti concernenti la gestione del concorso cui hanno poi partecipato, che hanno inciso talmente tanto sulla procedura concorsuale da far nascere sospetti di imparzialità tali da giustificare la loro esclusione dalla procedura concorsuale ”;

D A che a quest’ultima affermazione della sentenza viene opposto, segnatamente:

- che la sig.ra O nella vicenda aveva posto in essere, in realtà, solo due atti, vale a dire la determinazione di approvazione del bando di concorso n. 1401 e la determinazione n. 1443 di pubblicazione del medesimo;

- che l’effettiva natura ed incidenza di tali due atti era stata sostanzialmente travisata dalla Sezione, spintasi all’attribuzione ad essi di una valenza di cui sarebbero stati privi, laddove, inoltre, la loro incidenza non avrebbe potuto comunque essere considerata nemmeno “ rilevante ”;

- che gli atti compiuti dall’interessata non concernevano neppure la “ gestione ” del concorso;

- che alla medesima, infine, non sarebbe stato ascrivibile il compimento di alcun adempimento relativo al reperimento dei locali e all’organizzazione logistica della procedura;

RICHIAMATI i principi dettati dalla giurisprudenza consolidata sul tema dell’errore di fatto suscettibile di dar luogo alla revocazione, dai quali si desume quanto segue :

- l'errore di fatto revocatorio si sostanzia in una falsa percezione, da parte del Giudice, della realtà risultante dagli atti di causa, consistente in una svista materiale che lo abbia indotto ad affermare l'esistenza di un fatto incontestabilmente inesistente, oppure a considerare inesistente un fatto la cui verità risulti, al contrario, positivamente accertata;

- in ambo i casi ciò rileva, peraltro, se il fatto (erroneo) sia stato un elemento decisivo della pronuncia revocanda: l’errata percezione deve, cioè, aver rivestito un ruolo determinante rispetto alla decisione, nel senso che occorre un rapporto di necessaria causalità tra l'erronea supposizione e la pronuncia stessa (cfr. Cons Stato, V, 20/10/2005, n. 5896;
31/7/2008, n. 3816;
IV, 19/6/2009, n. 3296);
e rileva, naturalmente, purché il fatto non attenga ad un punto controverso sul quale la sentenza abbia pronunciato, perché in tale diverso caso sussisterebbe, semmai, un errore di diritto (C.G.A., 3 marzo 1999, n. 83), e con la domanda di revocazione si verrebbe a censurare, in sostanza, l'interpretazione e la valutazione delle risultanze processuali (Cons. Stato, Ad.Pl., n. 2 del 17\5\2010);

- l’errore rispondente a tali requisiti, inoltre, deve apparire con immediatezza ed essere di semplice rilevabilità, senza necessità di argomentazioni induttive o indagini ermeneutiche;
esso non può poi consistere in un –preteso- inesatto od incompleto apprezzamento delle risultanze e documenti processuali, ovvero in un'anomalia del procedimento logico di interpretazione del materiale probatorio, vertendosi, in questi casi, in un'ipotesi di errore di giudizio attinente all'attività valutativa del Giudice, che come tale esula dall'ambito della revocazione, pena la trasformazione dello strumento revocatorio in un inammissibile terzo grado di giudizio (cfr. Cons. St., Sez. V, 18 settembre 2008 n. 4495;
29 gennaio 2008, n. 241): donde la pacifica inammissibilità, in particolare, della domanda di revocazione che si fondi sull'erroneo apprezzamento delle risultanze del fatto stesso, e quindi su di una inesatta sua valutazione o interpretazione (Cons. Stato, Ad. plen., 10 giugno 1980, n. 27, e 17 maggio 2010, n. 2;
Sez. IV, 13/4/2005, n. 1735;
per il giudizio civile v. Cass., 18 febbraio 1995, n. 1803 e Cass., 26 febbraio 1992, n. 2394, secondo cui l'errore che cade sull'apprezzamento delle risultanze processuali, in quanto errore di giudizio, non costituisce motivo di revocazione, ma integra piuttosto un motivo denunziabile in Cassazione sotto il profilo della contraddittoria o insufficiente motivazione ex art. 360 n. 5 c.p.c.);

- in conclusione pertanto, come ha recentemente ricordato l’Adunanza Plenaria di questo Consiglio (n. 1 del 10 gennaio 2013), l'errore di fatto idoneo a fondare la domanda di revocazione è configurabile solo nell'attività preliminare del Giudice di lettura e percezione degli atti acquisiti al processo, quanto alla loro esistenza e significato letterale, e deve derivare da una pura e semplice errata od omessa percezione del loro contenuto meramente materiale;

O, alla luce dei principi appena esposti, che le deduzioni a base del presente ricorso si manifestano inammissibili in quanto attinenti a punti controversi sui quali la sentenza ha pronunciato, posto che tra le parti in causa erano specificamente controversi, in particolare, lo spessore ed il grado di incidenza della partecipazione della sig.ra O al procedimento: sicché la domanda di revocazione si rivela chiaramente intesa a censurare l'interpretazione e valutazione delle risultanze del giudizio operata con la sentenza impugnata;

CONSIDERATO che il fatto che il ricorso sia diretto a promuovere un abnorme sindacato delle valutazioni di fatto e di diritto già espresse in grado d’appello emerge con definitiva evidenza se si guarda al suo assunto di fondo per cui la Sezione avrebbe attribuito agli atti della ricorrente una valenza di cui gli stessi sarebbero stati privi, nonché alla conseguente contestazione di parte che la loro incidenza fosse realmente, come giudicato dalla Sezione, “ rilevante ”;

SOGGIUNTO, infine, che parte ricorrente non ha fornito elementi atti a dimostrare che la Sezione sia incorsa in un errore di fatto nella parte in cui ha ascritto all’interessata anche l’effettuazione di adempimenti relativi al reperimento dei locali e all’organizzazione logistica della procedura concorsuale (senza dire che, in realtà, l’impugnata sentenza sul punto ha fatto riferimento, a titolo esemplificativo, a tipologie di attività meramente esecutive che, se fossero state solo tali, non avrebbero consentito di configurare una ipotesi di incompatibilità);

CONSIDERATO che per le ragioni complessivamente esposte il presente ricorso per revocazione deve essere dichiarato inammissibile, ciò che impone di superare l’eccezione di incompletezza del contraddittorio sollevata dall’intimata ai sensi dell’art. 95, comma 5, C.P.A.;

RILEVATO che le spese processuali devono essere liquidate secondo la soccombenza.

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