Consiglio di Stato, sez. IV, sentenza 2012-10-17, n. 201205325

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Sul provvedimento

Citazione :
Consiglio di Stato, sez. IV, sentenza 2012-10-17, n. 201205325
Giurisdizione : Consiglio di Stato
Numero : 201205325
Data del deposito : 17 ottobre 2012
Fonte ufficiale :

Testo completo

N. 09246/2008 REG.RIC.

N. 05325/2012REG.PROV.COLL.

N. 09246/2008 REG.RIC.

REPUBBLICA ITALIANA

IN NOME DEL POPOLO ITALIANO

Il Consiglio di Stato

in sede giurisdizionale (Sezione Quarta)

ha pronunciato la presente

SENTENZA

sul ricorso numero di registro generale 9246 del 2008, proposto da:
S S, rappresentato e difeso dall'avv. S S, con domicilio eletto presso Omnia Service Srl Agenzia in Roma, via Duilio 22;

contro

Presidente Pro Tempore T S, rappresentato e difeso dall'Avvocatura Gen.Stato, domiciliata per legge in Roma, via dei Portoghesi, 12;

per la riforma

della sentenza del T.A.R. Sardegna – Cagliari - Sezione I, n. 01739/2007, resa tra le parti, concernente “accesso ad atti relativi a decreto formazione collegi giudicanti”.


Visti il ricorso in appello e i relativi allegati;

Viste le memorie difensive;

Visti tutti gli atti della causa;

Relatore nell'udienza pubblica del giorno 10 luglio 2012 il Cons. Giulio Veltri e uditi per le parti gli avvocati S S e Fabrizio Fedeli (avvocato dello Stato);

Ritenuto e considerato in fatto e diritto quanto segue.


FATTO e DIRITTO

L’avv. S S ha impugnato, chiedendone l’annullamento ovvero la declaratoria di nullità, la sentenza con la quale il T.A.R. della Sardegna, previa declaratoria di inammissibilità dell’istanza di ricusazione avanzata nei confronti dei componenti il Collegio giudicante, ha dichiarato inammissibile il ricorso da lui proposto avverso il silenzio serbato dal Presidente del T.A.R. della Sardegna su una istanza di accesso avente a oggetto le richieste di due magistrati del medesimo T.A.R., i quali risultavano aver chiesto di essere esonerati dal far collegio con il ricorrente (all’epoca magistrato amministrativo presso il suddetto T.A.R.) per l’udienza del 21 ottobre 1998.

L’appellante deduce, in via preliminare la “carenza di ius dicere” dei componenti “esterni” il collegio giudicante, in ragione dell’insussistenza dei presupposti per la loro nomina;
nel merito contesta la necessità – posta a base della pronuncia di inammissibilità gravata – di notifica del ricorso in materia di accesso anche ai componenti del collegio, quali controinteressati e, comunque sostiene la possibilità di integrazione postuma del contraddittorio in forza della peculiare natura della posizione giuridica della quale è chiesta tutela (diritto soggettivo all’accesso).

Sì è costituita l’amministrazione spiegando difese su tutti i punti controversi.

Nel corso del giudizio d’appello, l’avv. Stara ha chiesto dichiararsi la perenzione del giudizio.

In vista dell’udienza pubblica, l’avv. Stara ha inoltre ricusato, previo invito ad astenersi, l’intero collegio, e ciò in ragione di un comportamento processuale - asseritamente sintomatico di una costante e perseverante ostilità , integrante inimicizia in senso funzionale, rilevante nei sensi e in rapporto della previsione di cui all’art. 51, comma 1, n. 3 c.p.c. – consistente nella contemporanea trattazione nell’ambito di un’unica udienza di una pluralità di cause tutte riguardanti l’appellante. Il ricusante chiede quindi in proposito di “darsi atto dell’effetto sospensivo della proposta ricusazione”.

La causa è stata trattenuta in decisione all’esito della pubblica udienza del 10 luglio 2012.

Preliminare è l’esame della ricusazione del Collegio.

Essa è manifestamente infondata.

La Sezione ha già avuto modo di pronunciarsi in tema di ricusazione, su istanze proposte dall’attuale appellante ed analogamente motivate (ex plurimis, Cons. Stato, sez. IV, 12 giugno 2012 n. 3405).

Dalle considerazioni espresse nelle decisioni citate non vi è ragione di discostarsi nella presente sede: l’art. 18 Cpa prevede, in ordine alla decisione dell’istanza di ricusazione che: a) “il collegio investito della controversia può disporre la prosecuzione del giudizio, se ad un sommario esame ritiene l’istanza inammissibile o manifestamente infondata” (comma 4);
b) che “in ogni caso la decisione definitiva sull’istanza è adottata, entro trenta giorni dalla sua proposizione, dal collegio previa sostituzione del magistrato ricusato, che deve essere sentito” (comma 5).

Dalle norme riportate si evince che, nella prima ipotesi (cioè quando ravvisi l’inammissibilità o la manifesta infondatezza dell’istanza), il Collegio può decidere, anche in composizione comprendente il o i magistrati ricusati.

La previsione di cui all’art. 18, commi 5 e 8 – secondo la quale occorre “in ogni caso”, una decisione definitiva sull’istanza di ricusazione (anche in presenza di una previa, sfavorevole delibazione della medesima), da parte del Collegio “previa sostituzione del magistrato ricusato, che deve essere sentito” – concerne ipotesi ordinarie e specifiche di ricusazione, ma non si applica quando ad essere ricusato sia l’intero Collegio e per ragioni che allo stesso appaiano ictu oculi manifestamente infondate, poichè, diversamente ragionando, si determinerebbe la paralisi del giudizio con sostanziale sottrazione del ricusante ai meccanismi decisori, e conseguente diniego di giustizia nei confronti della controparte.

Nel merito, il Collegio ritiene che l’istanza di ricusazione sia manifestamente infondata avendo a base doglianze attinenti ad aspetti specifici della dinamica processuale (fissazione di una pluralità di cause nella medesima udienza, mancato accoglimento di istanze, partecipazione a decisioni assunte in giudizi precedenti e diversi, etc.), che attengono ad un andamento comunque fisiologico del processo, e che non possono valere ad inficiare la terzietà ed imparzialità del giudice.

Può dunque passarsi all’esame delle ulteriori questioni preliminari e di merito.

In ordine alla perenzione che si sarebbe verificata nel presente giudizio, ai sensi dell’art. 1 dell’Allegato 3 al cod. proc. amm. essa va esclusa trattandosi nella specie di giudizio in materia di accesso ai documenti amministrativi, per il quale è prevista la fissazione d’ufficio dell’udienza di trattazione ai sensi dell’art. 25, comma 5, della legge 7 agosto 1990, nr. 241 (ed oggi dell’art. 87, comma 2, cod. proc. amm.), con la conseguenza che è inapplicabile l’istituto della perenzione, non essendo il rito soggetto a istanza di parte per la fissazione di udienza.

L’appellante solleva poi – lamentandone l’omesso esame da parte del primo giudice - una questione inerente alla composizione del Collegio giudicante, il quale, stante l’inesistenza e/o illegittimità degli atti di designazione dei componenti, non sarebbe titolare della potestas iudicandi.

A tal riguardo, occorre in primo luogo rilevare che il vizio di costituzione del giudice è di carattere eccezionale, implicando in radice il venir meno della potestà di decidere in capo al giudice. Coinvolge quindi la funzione stessa e non la persona fisica incaricata del suo svolgimento, tant’è che è chiarissima in giurisprudenza la distinzione tra il vizio di costituzione del giudice, che riguarda l’ufficio, monocratico o collegiale che sia, e il vizio di violazione dell’obbligo di astensione, che riguarda il singolo magistrato (cfr. ex plurimis, Cass. civ., sez. I, 30 ottobre 2008, nr. 26110;
Cons. Stato, sez. VI, 23 febbraio 2009, nr. 1049).

La radicalità di tale vizio, e le conseguenze in tema di nullità della decisione assunta che ne derivano, rendono quindi del tutto palese la ragione per cui la giurisprudenza, soprattutto quella ordinaria che ha avuto più spesso occasione di trattare tale tematica, abbia sempre individuato presupposti stringenti per il suo verificarsi: In particolare, esiste vizio di costituzione ravvisabile solo quando gli atti giudiziali siano posti in essere da persona estranea all’ufficio e non investita della funzione esercitata (cfr. Cass. civ., sez. I, 10 ottobre 2007, nr. 21287;
Cass. civ., sez. III, 28 ottobre 2004, nr. 20926).

Nel dettaglio, ed in merito all’inesistenza di tale vizio quando si verifichi una sostituzione tra giudici di pari funzioni e pari competenza, è stato osservato, ancora in una fattispecie inerente alla magistratura ordinaria, che tale sostituzione, anche qualora sia avvenuta senza l’osservanza delle disposizioni previste dal codice di procedura civile, ovvero dalle norme sull’ordinamento giudiziario costituisce, in difetto di espressa sanzione di nullità, una mera irregolarità di carattere interno che non incide sulla validità del provvedimento (cfr. Cass. civ., sez. lav., 13 dicembre 1999, nr. 13980, ed i precedenti conformi ivi riportati).

Lo stesso impianto concettuale, travasato nell’attuale vicenda, dove si verte su una supposta illegittimità avutasi nella designazione dei componenti del Collegio, porta quindi ad escludere che, qualunque sia stata la natura dei provvedimenti che hanno portato alla composizione dell’ufficio giudicante, un loro eventuale vizio possa ripercuotersi sulla legittimazione del giudice, nel momento in cui non è contestato né è contestabile che le persone incardinate fossero in ogni caso magistrati amministrativi di ruolo.

L’ipotesi che una mera irregolarità, quand’anche esistente, possa trasmodare in una nullità per vizio di costituzione del giudice va quindi radicalmente respinta.

Del pari infondato è il motivo avente ad oggetto l’inammissibilità conseguente alla mancata notificazione del ricorso ai controinteressati.

E’ sempre stato pacifico in giurisprudenza, ed è oggi confermato dall’art. 22, comma 1, lettera c), della legge nr. 241 del 1990 come modificato dalla novella del 2005, che rispetto alla richiesta di accesso ai documenti amministrativi possono certamente esistere dei soggetti controinteressati, nella persona non di coloro che risultino in qualsiasi modo “contemplati” nella richiesta di accesso, ma di coloro il cui diritto alla riservatezza potrebbe astrattamente essere pregiudicato all’ostensione dei documenti richiesti (cfr. Cons. Stato, sez. V, 27 maggio 2011, nr. 3190;
Cons. Stato, sez. VI, 25 giugno 2007, nr. 3601).

A fronte di tale rilievo, resta del tutto inconferente la questione – su cui si sofferma parte appellante – della natura di diritto soggettivo perfetto ovvero di interesse legittimo del diritto di accesso.

Nel caso di specie, non v’è dubbio che i Conss. Atzeni e Panunzio rivestivano la qualità di controinteressati, potendo legittimamente opporsi a che l’odierno appellante conoscesse i contenuti della richiesta da loro inoltrata al Presidente del T.A.R., e pertanto a loro andava notificato il ricorso introduttivo del giudizio.

L’appello è in conclusione respinto.

Le spese seguono la soccombenza e sono liquidate equitativamente in dispositivo.

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