Consiglio di Stato, sez. II, sentenza 2022-11-03, n. 202209641
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Testo completo
Pubblicato il 03/11/2022
N. 09641/2022REG.PROV.COLL.
N. 02990/2022 REG.RIC.
REPUBBLICA ITALIANA
IN NOME DEL POPOLO ITALIANO
Il Consiglio di Stato
in sede giurisdizionale (Sezione Seconda)
ha pronunciato la presente
SENTENZA
sul ricorso numero di registro generale 2990 del 2022, proposto dalla -OMISSIS-, in persona del legale rappresentante pro tempore , rappresentato e difeso dall’avvocato M S, con domicilio digitale come da PEC da Registri di Giustizia;
contro
il Comune di -OMISSIS-, in persona del Sindaco pro tempore , rappresentato e difeso dall’avvocato R I, con domicilio digitale come da PEC da Registri di Giustizia;
per l’annullamento, previa sospensione
della sentenza del Tribunale amministrativo regionale per la -OMISSIS-, Sez. Prima, n. -OMISSIS-, con la quale è stato in parte dichiarato improcedibile e in parte respinto il ricorso n. RG n.-OMISSIS- proposto dall’odierna appellante.
Visti il ricorso in appello e i relativi allegati;
Visto l’atto di costituzione in giudizio del Comune di -OMISSIS-;
Visti tutti gli atti della causa;
Relatore nell'udienza pubblica del giorno 25 ottobre 2022 il consigliere Giancarlo Carmelo Pezzuto; udito per l’appellante l’avvocato Elio Bellino Panza in sostituzione dell’avvocato M S e dato per presente l’avvocato R I, che ne ha fatto espressa richiesta con istanza depositata il 22 ottobre 2022;
Ritenuto e considerato in fatto e diritto quanto segue.
FATTO
1. La -OMISSIS-. (di seguito anche la società o la cooperativa) impugna la sentenza n. -OMISSIS- del TAR -OMISSIS-, con la quale è stato in parte dichiarato improcedibile e in parte respinto il ricorso dalla medesima proposto avverso il silenzio-rifiuto sulla domanda di permesso di costruire in sanatoria presentata al Comune di -OMISSIS- e per l’annullamento della connessa ordinanza di demolizione e del successivo diniego di permesso di costruire in sanatoria, impugnato in primo grado con motivi aggiunti.
La società aveva ottenuto il permesso di costruire n. 136/2016 per la realizzazione di case bifamiliari a schiera aperta su suoli oggetto di una precedente lottizzazione ma nel 2020 il Comune aveva disposto la sospensione dei relativi lavori per le ritenute irregolarità esplicitate nella relazione tecnica redatta il 4 aprile 2020 dall’Ufficio tecnico comunale e dalla Polizia locale, dalla quale emergeva una realizzazione totalmente difforme dal titolo edilizio e l’accertamento di diversi abusi, consistenti in: un corpo aggiunto di m. 33,70x5 al piano seminterrato nell’area a verde privato; un terrazzo di m. 33,70x5 al primo piano; una modifica delle altezze (m. 2,90 in luogo dei m. 2,30 autorizzati) al piano sottotetto; la chiusura di una parte delle terrazze per la realizzazione di un vano tecnico e di tre abbaini di m. 6,80, m. 6,60 e m. 7,50 sulla falda inclinata del tetto, con sostanziale trasformazione del sottotetto in unità abitative; la modificazione dei torrini delle scale; l’eccedenza dell’ingombro massimo edificabile, con un incremento volumetrico non autorizzato di mc. 2,284,05 rispetto ai mc. 2.412,00 assentiti.
A ciò faceva seguito la presentazione in data 16 ottobre 2020 da parte della -OMISSIS- di una SCIA in sanatoria ai sensi dell’art. 22 del d.P.R. n. 380/2001, che l’Amministrazione riscontrava negativamente in data 13 novembre 2020.
La cooperativa presentava, quindi, in data 25 novembre 2020, una domanda di sanatoria ai sensi dell’art. 36 del d.P.R. n. 380/2001.
L’Amministrazione emanava dapprima l’ordinanza n. -OMISSIS-, ritenendo la demolizione un atto dovuto in considerazione della totale difformità delle opere rispetto all’originario titolo edilizio per violazione dell’art. 31 del testo unico dell’edilizia, e successivamente – a seguito dell’accoglimento da parte del T.a.r., con ordinanza n. -OMISSIS-, dell’istanza cautelare prodotta dalla ricorrente in primo grado – emetteva in data 1° luglio 2021 il provvedimento di diniego del permesso di costruire in sanatoria, motivando con riferimento agli abusi precedentemente accertati e con l’assenza dei presupposti di sanabilità delle opere.
Detto ulteriore provvedimento veniva, come detto, a sua volta avversato in primo grado con motivi aggiunti.
Con la sentenza indicata in epigrafe il primo giudice, alla luce del diniego del permesso di costruire in sanatoria nel frattempo emesso dal Comune, dichiarava improcedibile il ricorso principale per sopravvenuta carenza di interesse e respingeva il ricorso per motivi aggiunti, rilevando, in estrema sintesi:
- l’indebito incremento della volumetria rispetto a quella assentita;
- il mancato completamento degli interventi che, secondo la tesi della ricorrente, avrebbero determinato la conformità edilizia;
- l’insussistenza, ai fini della sanabilità delle opere, del requisito della “doppia conformità” urbanistica ai sensi dell’art. 36 del testo unico dell’edilizia;
- l’infondatezza del gravame tenuto conto, per un verso, dell’adozione dell’avversato provvedimento di diniego dell’istanza di sanatoria quale adempimento dell’obbligo conformativo imposto dalla citata ordinanza cautelare e, per altro verso, della mancata giustificazione sul piano tecnico dei rilievi concernenti la realizzazione dei volumi in contrasto con il permesso di costruire n. 136/2016;
- l’inammissibilità delle censure concernenti la riduzione – soltanto programmata in sede progettuale – dell’altezza del primo piano, del secondo piano, del sottotetto e dei torrini, tenuto altresì conto che la pendenza del tetto è risultata pacificamente del 40% e, dunque, superiore al 35% imposto dalle norme tecniche di attuazione del PRG comunale;
- l’infondatezza del rilievo concernente gli abbaini, abusivamente realizzati in violazione dell’art. 15 delle NTA del PRG, norma peraltro riferita ai vani deputati alle esigenze tecniche e non alle unità abitative;
- l’infondatezza del motivo con il quale la società contestava la mancata sostituzione della sanzione demolitoria con quella pecuniaria, rilevando che in base alla consolidata giurisprudenza detta eventualità deve essere valutata dall’Amministrazione nella fase esecutiva del procedimento, successiva ed autonoma rispetto a quella di adozione dell’ordine di demolizione;
- l’inammissibilità per genericità del motivo concernente l’asserita illegittimità derivata del provvedimento ingiuntivo in conseguenza del silenzio serbato dall’Amministrazione;
- la conseguente infondatezza della doglianza concernente l’asserita illegittimità dell’ordine di demolizione;
- l’inammissibilità dell’ulteriore tesi secondo la quale l’ordinanza non potrebbe essere eseguita essendo l’immobile sottoposto a sequestro penale, “ esulando dai presupposti che hanno determinato il divieto di sanatoria ed impingendo, se mai, a profili di rilevanza penale ”.
2. La società sostiene l’erroneità della sentenza in epigrafe affidandosi a plurimi motivi, di seguito sinteticamente richiamati:
I. il primo giudice avrebbe erroneamente ritenuto l’inammissibilità della domanda di accertamento in conformità adducendo l’insussistenza del requisito della “doppia conformità” in relazione alle opere da eseguire anziché con riferimento a quelle già realizzate, questione devoluta esclusivamente all’Amministrazione e non al giudice, e ciò anche in considerazione del fatto che lo stesso Comune avrebbe imposto alla società il permesso di costruire in sanatoria con nota n. 20547/2020 e non avrebbe mai contestato l’assenza del requisito della doppia conformità, tenuto peraltro conto del fatto che la disciplina urbanistica vigente al momento di realizzazione delle opere non era stata medio tempore modificata.
Diversamente da quanto rilevato nella sentenza, inoltre, la consistenza volumetrica accertata in eccesso era stata contestata in primo grado dalla società, che aveva al riguardo chiesto che venisse disposta una verificazione o una consulenza tecnica d’ufficio (c.t.u.);
II. la sentenza sarebbe erronea anche per falsa applicazione degli articoli 21- octies e 10 -bis della legge n. 241/1990; il provvedimento di diniego del permesso di costruire, sebbene emanato in adempimento dell’ordinanza del T.a.r., avrebbe dovuto essere comunque preceduto dal preavviso di rigetto, vertendosi in caso contrario in “ una palese disparità di trattamento non giustificata, ai fini dell’applicazione dell’art. 21-octies della L. n. 241 del 1990, tra provvedimento emessi dall’amministrazione di propria iniziativa e quelli emessi su ordine del Giudice ”, con la precisazione che, alla luce della riforma introdotta con il d.l. n. 76/2020, “ il provvedimento adottato in violazione dell’art. 10-bis è annullabile, come nella specie, indipendentemente dall’incidenza che il rispetto della disciplina sul prediniego avrebbe potuto avere sul contenuto del provvedimento finale ”;
III. il giudice di prime cure avrebbe travisato i fatti con riferimento alla contestata violazione relativa al piano seminterrato, che a parere della società non avrebbe dovuto essere computato nel calcolo delle volumetrie perché “ del tutto chiuso ” in quanto nel frattempo murato e ormai asseritamente utile solo per l’isolamento termico della parete del fabbricato; la prescrizione di una individuata fascia di terreno da destinare ad area verde privata non implicherebbe debba trattarsi “ necessariamente [di] terreno o superficie non costruita ”, e ciò anche in considerazione del fatto che “ il piano di calpestio dell’analogo e adiacente spazio scoperto dell’edificio confinante aveva di fatto determinato la necessità di riportare alla stessa quota il piano