Consiglio di Stato, sez. VI, sentenza 2021-12-10, n. 202108222

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Sul provvedimento

Citazione :
Consiglio di Stato, sez. VI, sentenza 2021-12-10, n. 202108222
Giurisdizione : Consiglio di Stato
Numero : 202108222
Data del deposito : 10 dicembre 2021
Fonte ufficiale :

Testo completo

Pubblicato il 10/12/2021

N. 08222/2021REG.PROV.COLL.

N. 10123/2018 REG.RIC.

REPUBBLICA ITALIANA

IN NOME DEL POPOLO ITALIANO

Il Consiglio di Stato

in sede giurisdizionale (Sezione Sesta)

ha pronunciato la presente

SENTENZA

sul ricorso numero di registro generale 10123 del 2018, proposto da
P Q, rappresentato e difeso dagli avvocati M A, D C, con domicilio digitale come da PEC da Registri di Giustizia;

contro

Autorità Garante della Concorrenza e del Mercato, in persona del legale rappresentante pro tempore, rappresentato e difeso dall'Avvocatura Generale dello Stato, con domicilio digitale come da PEC da Registri di Giustizia e domicilio fisico in Roma, via dei Portoghesi, 12;
R C, R S, R M, non costituiti in giudizio;

per la riforma

della sentenza del Tribunale Amministrativo Regionale per il Lazio (Sezione Prima) n. 06403/2018, resa tra le parti


Visti il ricorso in appello e i relativi allegati;

Visto l'atto di costituzione in giudizio di Autorità Garante della Concorrenza e del Mercato;

Visti tutti gli atti della causa;

Relatore nell'udienza pubblica del giorno 25 novembre 2021 il Cons. Fabrizio D'Alessandri e uditi per le parti gli avvocati M A e D C.

Viste le conclusioni delle parti come da verbale;

Ritenuto e considerato in fatto e diritto quanto segue.


FATTO

Parte appellante impugna la sentenza del T.A.R. Lazio Roma, 8/6/2018, n. 6403, che rigettato il ricorso di cui al N.R.G. 4131/17, proposto per l’annullamento della delibera dell’Autorità Garante della Concorrenza e del Mercato (di seguito AGCM) dell’1/03/2017, con la quale sono stati fissati i criteri ai quali i responsabili avrebbero dovuto attenersi ai fini dell’assegnazione del premio di risultato ai dipendenti di ciascuna unità organizzativa e di ogni altro provvedimento o atto preliminare e/o consequenziale, tra cui l'assegnazione del premio di risultato 2016;
nonché per l’accertamento del diritto a conoscere preventivamente i criteri di valutazione della performance della U.O. e/o dell'attività lavorativa personale;
per l’accertamento dell'inadempimento di AGCM al contratto di lavoro tra la medesima AGCM e la ricorrente con condanna dell’ AGCM al risarcimento del danno, in favore della ricorrente, da liquidarsi in separato procedimento;
e, in ogni caso, per l’accertamento del diritto della ricorrente a trattenere l'importo di cui all'assegnazione del premio di risultato 2016.

In particolare, in sede di primo grado, l’odierna appellante, dipendente di AGCM con la qualifica di funzionario, ha impugnato la Delibera dell’AGCM del 1° marzo 2017, nella parte in cui prevede che, “fermo restando il rispetto del plafond dell’unità organizzativa predeterminato nel complesso e per singola qualifica, l’importo del premio minimo assegnato non sia inferiore al 50% di quello massimo assegnato”.

Avverso la suddetta delibera la ricorrente originaria ha articolato tre motivi di doglianza che il T.A.R. ha rigettato.

In particolare, la ricorrente ha dedotto i seguenti motivi di ricorso:

a) violazione dell’art. 36 Cost., atteso che il limite dell’importo del premio minimo (50% del premio massimo assegnato) violerebbe il principio della necessaria corrispondenza tra la retribuzione e/o il premio di risultato e la prestazione lavorativa, trattandosi di misura premiale e distinguendosi dal premio di produzione. Parametrare il premio minimo a una percentuale del premio massimo negherebbe la suddetta corrispondenza, discostandosi da valutazioni del merito sulle quali dovrebbe basarsi il premio di risultato.

2) violazione dell’art. 3 Cost., apparendo illogico premiare i meno meritevoli con un premio parametrato non al loro contributo, ma al premio riconosciuto ai più meritevoli;

3) violazione degli artt. 3 e 18 del d.lgs. 150/2009, dell’art. 5, comma 11-bis, del d.l. 95/2012 convertito, con modificazioni, in legge 7 agosto 2012 n. 135 e dell’art. 1375 c.c., eccesso di potere per irragionevolezza, attesa l’inesistenza di criteri di valutazione del personale preventivamente determinati al fine della ripartizione del premio di risultato.

Il T.A.R. adito, nel rigettare il ricorso, ha osservato che l’art. 36 Cost. ha ad oggetto la retribuzione nel suo complesso e non attiene alla congruenza di singoli ed eventuali trattamenti economici accessori, con funzione incentivante, quali il premio di risultato, richiamando il dettato della sentenza della Corte Costituzionale n. 154/2014.

Non sussiste, inoltre, la denunciata violazione dell’art. 3 Cost., in quanto nel caso sub judice non viene in evidenza né una disparità di trattamento di situazioni uguali, né una irragionevole ripartizione del premio, bensì la scelta di assegnare ai meno meritevoli una quota di premio parametrata a quella assegnata ai più meritevoli, così riconoscendo loro una quota minima, meno distante da quella assegnata ai più meritevoli, rispetto a quella che parte ricorrente sembra ritenere congrua.

L’attribuzione del premio di risultato a tutto il personale in funzione del contributo apportato ai risultati conseguiti dall’unità di appartenenza è quanto previsto al punto 6 dell’Accordo del 5 aprile 2016.

Si tratta, quindi, di un premio collettivo, in quanto comunque destinato a tutto il personale e la censura sconfina nel merito dell’attività amministrativa, ove mira a sostituire il criterio di attribuzione del premio di risultato prescelto con altro ed è, pertanto, anche inammissibile.

Il suddetto criterio, inoltre, non viola neanche le previsioni di cui agli artt. 3 e 18 del d.lgs. 150/2009, le quali avrebbero implementato il sistema del trattamento economico accessorio collegato all’effettivo rendimento dei pubblici dipendenti, imponendo criteri di valutazione chiari, puntuali e conoscibili.

Infatti, in base a quanto documentato dall’Autorità, quest’ultima si è adeguata alle suddette previsioni del d.lgs. 150/2009, pur non essendovi tenuta, adottando la delibera del 19 dicembre 2014, che ha modificato l’art. 10, comma 2, del Regolamento di organizzazione, prevedendo che, periodicamente e comunque all’inizio di ogni anno, nel Piano della Performance siano fissati gli obiettivi, le priorità, i piani e programmi da attuare.

Il Piano della Performance 2015-2018 è stato approvato con delibera del 10 giugno 2015 e ne è stata favorita la divulgazione mediante pubblicazione sul sito.

Atteso che è in relazione agli obiettivi, alle priorità, ai piani e programmi da attuare con il suddetto Piano ed agli specifici compiti della unità organizzativa nella quale opera il dipendente, che il Responsabile valuta l’apporto del singolo ai fini del riconoscimento del premio di risultato, anche questo motivo va respinto poiché infondato, così come quello inerente la violazione dell’art. 5, comma 11-bis, del d.l. n. 95/2012.

Per quanto riguarda i singoli obiettivi dell’U.O. a cui appartiene la ricorrente, gli stessi risultano assegnati con nota del Segretario Generale 16 luglio 2015.

La ricorrente, nel lamentare la carenza di criteri di valutazione, che dovrebbero vincolare il Responsabile della U.O. organizzativa nell’assegnazione del premio, non allega elemento alcuno che possa integrare i vizi denunciati, senza considerare che alla medesima è stato riconosciuto il premio nella misura massima conseguibile, del 100% della quota assegnata per i funzionari dell’Unità Organizzativa di appartenenza.

Di conseguenza anche la domanda risarcitoria risulta infondata.

Parte appellante ha impugnato la sentenza e, avverso tale impianto motivazionale, ha formulato i motivi di appello che seguono.

Nel primo motivo di appello parte ricorrente ha riproposto la censura di cui all’indicato primo motivo del ricorso di primo grado, limitandosi ad aggiungere, quanto alla censura inerente alla violazione dell’art. 36, di non aver dedotto che la propria retribuzione non sia conforme al predetto parametro costituzionale, per via del premio di risultato, bensì che i criteri fissati dalla AGCM per l’erogazione del premio di risultato non sono conformi al parametro costituzionale più volte menzionato, anche i considerazione della norma di cui all’articolo 3 della Costituzione, che andrebbe letta unitamente e nel contesto della doglianza e non atomisticamente come, per errore, avrebbe fatto il T.A.R.

Sulla violazione dell’art. 3 della Costituzione l’appellante lamenta che il T.A.R. ha escluso la sua violazione in quanto “ ha ritenuto e ritiene che la garanzia di un premio minimo (di risultato) non discrimini i più meritevoli. L’affermazione (anche a volerla leggere da sola) ci pare francamente assurda (beninteso, nel consentito senso del termine di cui al vocabolario della lingua italiana e peraltro uguale al contenuto degli ordinari mezzi di impugnazione, ossia, nel senso dell’assoluta contrarietà della statuizione alla ragione).

E sì perché si tratta pur sempre di un risultato … con la conseguenza (che ci pareva e ci pare logica) dell’impossibilità, ontologica, di una garanzia (ossia, la certezza!) di un minimo, tanto meno se pari al 50% del premio massimo!!!!

Dunque, è proprio leggendo unitamente le due disposizioni (ossia, l’art. 36 e l’art. 3 della Cost.) che – come si confida potrà fare ora l’Eccellentissimo Consiglio di Stato adito – si può e si deve apprezzare la contrarietà a diritto della delibera in questione ”.

Quanto alle censure inerenti alla violazione – separatamente e cumulativamente – degli articoli 3 e 18 del D.lgs. n. 150/2009, dell’articolo 5, comma 11- bis, del D.L. n. 95/2012, nonché, dell’art. 1375 c.c., il T.A.R., ad avviso della ricorrente, si sarebbe limitato a un disimpegno motivazionale per non incorrere nel vizio dell’assoluta mancanza di motivazione, ma non avrebbe colto il ‘punto’ della questione, omettendo di rispondere “ all’unica domanda posta dall’odierna esponente e che qui ribadiamo in guisa retorica (ossia, suggestiva della risposta negativa): ma davvero – scorrendo i criteri indicati dal datore di lavoro/AGCM per la concessione del “premio di risultato” de quo (e la delibera è stata a tal fine dinnanzi trascritta) – qualcuno (finanche il più capace interprete o compilatore) è in grado di individuarvi i necessari, preventivi, oggettivi e parametrabili criteri di valutazione che rendono ogni giudizio non meramente arbitrario e voluttuario (come invece accade nella specie)? ”.

A parere dell’appellante sarebbero inesistenti i criteri di valutazione del personale, al fine della ripartizione tra di esso del “premio di risultato”, rispetto ai quali vi sarebbe una ‘delega in bianco’ al responsabile dell’Unità Organizzativa.

Mancherebbe un regolamento per la valutazione della “perfomance dell’unità organizzativa” e del personale, appartenente a quest’ultima, che dovrebbe dividersi il premio destinato a ciascuna U.O.

Il giudizio finalizzato all’assegnazione del “premio di risultato” si paleserebbe legato a valutazioni solo arbitrarie dell’efficienza e qualità professionali, che, restando sul piano meramente astratto, risulterebbero completamente disgiunte dal riferimento ad obiettivi (operativi e programmatici) e comunque dal concreto apporto dato dal dipendente.

Sarebbero inoltre errate le osservazioni della sentenza di primo grado secondo cui: (i) la ricorrente avrebbe comunque ottenuto il premio massimo conseguibile;
(ii) la medesima ricorrente avrebbe potuto/dovuto chiedere il riesame della assegnazione del premio di risultato.

Assume rilevanza, secondo l’appellante, il diritto di conoscere preventivamente i criteri di valutazione, sia della perfomance della U.O., sia dell’attività lavorativa del singolo lavoratore senza che la parte datoriale possa farne invece delega “in bianco” al capo della U.O. o al superiore gerarchico, basato sull'obbligo di correttezza e buona fede nell'esecuzione del contratto ex artt. 1175 e 1375 c.c. e la sua violazione – secondo i principi generali – determina una responsabilità ex art. 1218 Cod. Civ., con conseguente obbligo per il datore di lavoro di risarcire il danno subito dal lavoratore.

L’esistenza o meno del conseguimento, da parte della odierna esponente, del premio massimo di risultato, non toccherebbe affatto la questione della illiceità della delibera più volte menzionata ovvero dell’inadempimento negoziale della AGCM, ma semmai rileva esclusivamente nella sede (separata) del risarcimento del danno, avendone chiesto il risarcimento in guisa generica.

In sostanza parte ricorrente in appello chiede l’accertamento della natura illecita della condotta datoriale quale estrinsecatasi con la delibera in questione. Nella specie, l’appellante vuole vedersi risarcito il danno (che sarà accertato nel separato procedimento), ma – in questa sede – vuole ed avrebbe diritto a che venga accertata (in riforma della sentenza) la natura illecita della condotta datoriale.

Si è costituita nel giudizio di appello l’Autorità Garante della Concorrenza e del Mercato, rappresentata e difesa dall’Avvocatura Generale dello Stato, che ha depositato memoria difensiva resistendo al ricorso.

DIRITTO

1) L’appello si palesa infondato.

2) La parte ricorrente ha criticato, come suindicato, la sentenza sostenendone l’erroneità un duplice profilo.

Il primo, meno articolato, secondo cui l’adito T.A.R. non avrebbe rilevato l’assenza di un criterio di ripartizione del premio di risultato legato alla valutazione della “performance dell’unità organizzativa”.

Il secondo, più articolato, connesso all’assenza di chiarezza, carenza e illegittimità dei criteri di ripartizione del premio di risultato all’interno delle Unità.

L’AGCM ha evidenziato, in sede difensiva, la carenza di interesse alla proposizione del ricorso di primo grado, che ne avrebbe comportato l’inammissibilità;
eccezione che il Collegio condivide solo in parte, ovverosia per ciò che concerne il criterio di ripartizione del premio produzione all’interno della stessa unità.

A tal proposito la difesa dell’AGCM ha evidenziato come, ai sensi dell’Accordo sindacale del 5 aprile 2016, il premio di risultato è attribuito annualmente a tutto il personale ed è corrisposto a ciascun dipendente in funzione del contributo apportato ai risultati conseguiti dall’unità di appartenenza.

L’Autorità, sentite le organizzazioni sindacali, delibera annualmente “l’importo complessivo destinato al premio di risultato dell’anno precedente, nonché la ripartizione dell’importo complessivo tra le diverse unità organizzative”.

“La ripartizione di tale importo tra le diverse unità organizzative avviene sulla base degli esiti del controllo di gestione implementato presso l’Autorità e la ripartizione all’interno di ciascuna unità organizzativa avviene ad opera del responsabile di ciascuna unità tra i dipendenti ad essa assegnati tenendo conto dell’apporto da essi fornito al raggiungimento della performance dell’unità”.

Nelle more dell’implementazione di un sistema del controllo di gestione, per la ripartizione del premio di risultato “la Commissione che valuta la produttività delle varie unità organizzative è la medesima Commissione prevista dal comma 10 punto 5”.

Ai fini dell’attribuzione del premio di risultato 2016, la Commissione, riunitasi il 25 gennaio 2017, ha constatato la mancata implementazione del sistema di controllo di gestione, essendosi conclusa solo la fase di realizzazione del prototipo del sistema ed essendo in corso una prima sperimentazione. La Commissione, pertanto, ha ritenuto all’unanimità che non sussistessero i presupposti per dare attuazione al secondo periodo del comma 4 del punto 6 dell’accordo, trovando invece applicazione il successivo comma 5, che demanda alla Commissione stessa la ripartizione del premio tra le varie unità organizzative.

In particolare, la Commissione - tenuto conto che in assenza di esiti anche parziali del controllo di gestione una valutazione della produttività delle varie unità organizzative sarebbe stata effettuata sulla base di elementi non oggettivi - ha proposto all’Autorità un diverso criterio per l’importo complessivo destinato al Premio di Risultato 2016, consistente nella ripartizione dell’importo complessivo tra le diverse Unità Organizzative, moltiplicando il numero dei dipendenti, per qualifica, appartenenti a ciascuna Unità Organizzativa per il valore dell’incremento annuale medio dei livelli di ciascuna scala stipendiale e per il coefficiente che l’Autorità stabilirà ai fini della

determinazione del budget complessivo.

Nella riunione dell’1 marzo 2017, l’Autorità, visto il citato verbale della Commissione e ritenuto di dover stabilire i criteri ai quali i responsabili avrebbero dovuto attenersi ai fini dell’assegnazione del premio ai dipendenti di ciascuna unità organizzativa, ha stabilito con delibera la somma complessiva da destinare a premio di risultato per l’anno 2016, determinando un coefficiente di moltiplicazione pari a 2,6, per un totale pari a 860.529,31 euro e la ripartizione dell’importo complessivo tra le diverse unità organizzative.

L’importo del premio di risultato base unitario, per le diverse qualifiche, corrispondeva a: 5.450,87

euro per i dirigenti;
4.055, 71 per i funzionari e i contrattisti di specializzazione;

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