Consiglio di Stato, sez. VI, sentenza 2010-12-23, n. 201009336

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Sul provvedimento

Citazione :
Consiglio di Stato, sez. VI, sentenza 2010-12-23, n. 201009336
Giurisdizione : Consiglio di Stato
Numero : 201009336
Data del deposito : 23 dicembre 2010
Fonte ufficiale :

Testo completo

N. 06887/2005 REG.RIC.

N. 09336/2010 REG.SEN.

N. 06887/2005 REG.RIC.

REPUBBLICA ITALIANA

IN NOME DEL POPOLO ITALIANO

Il Consiglio di Stato

in sede giurisdizionale (Sezione Sesta)

ha pronunciato la presente

DECISIONE

sul ricorso numero di registro generale 6887 del 2005, proposto:
dalla signora F H K, rappresentata e difesa dagli Avvocati A S e L T, con domicilio eletto presso A S in Roma, viale Carso, n. 23;

contro

Ministero dell'interno, in persona del Ministro, legale rappresentante pro tempore ;
Prefettura – U.T.G. di Torino, in persona del Prefetto pro tempore
entrambi rappresentati e difesi dall'Avvocatura Generale dello Stato, presso la quale sono domiciliati per legge in Roma, via dei Portoghesi, 12;
Questura di Torino;

per la riforma

della sentenza del T.A.R. del PIEMONTE – TORINO, SEZIONE II, n. 418/2005, resa tra le parti, concernente NEGATA EMERSIONE DI LAVORO IRREGOLARE


Visti il ricorso in appello e i relativi allegati;

Viste le memorie difensive;

Visti tutti gli atti della causa;

Relatore nell'udienza pubblica del giorno 22 ottobre 2010 il Cons. Claudio Contessa e uditi per le parti l’Avvocato Damizia per delega dall'avvocato Salerni e l’Avvocato dello Stato Fiorentino;

Ritenuto e considerato in fatto e diritto quanto segue.


FATTO

La sig.ra F H K, cittadina senegalese, riferisce che nel corso del 2002 la sig.ra Paola Ravetti, dichiarandosi sua datrice di lavoro, chiese che in favore della straniera fosse adottato un provvedimento di regolarizzazione ai sensi dell’art. 1 del d.l. 9 settembre 2002, n. 195 (convertito con modificazioni dalla legge 9 ottobre 2002, n. 222), affermando la sussistenza ei necessari presupposti in fatto e in diritto.

Risulta agli atti che, con nota in data 13 ottobre 2002, la Questura di Torino rappresentò l’esistenza di motivi ostativi alla regolarizzazione, rappresentando che “ a carico del lavoratore in oggetto indicato risulta un procedimento penale, pendente avanti la Procura della Repubblica presso il Tribunale di Roma, per violazione dell’art. 171 TER C. 2 [sic] l. 633/41, condizioni ostative alla regolarizzazione prevista dall’art. 1 c. 8 lett. C D.L. 195/02, conv. in L. 222/02 ”.

Quindi, con provvedimento in data 17 novembre 2003 (fatto oggetto di impugnativa nell’ambito del primo ricorso) la Prefettura di Torino respinse l’istanza, facendo integrale rinvio (per ciò che attiene all’esistenza di ragioni ostative alla regolarizzazione) alla richiamata nota della Questura.

Il provvedimento in questione veniva impugnato dalla sig.ra Fall Hadya Khady innanzi al T.A.R. del Piemonte il quale, con la sentenza oggetto del presente gravame, lo respingeva.

Nell’occasione il Tribunale osservava:

- che il provvedimento impugnato non fosse viziato per difetto di motivazione, atteso che era stata espressamente richiamata e resa disponibile la nota della Questura dal cui contenuto erano evincibili le ragioni ostative alla richiesta regolarizzazione;

- che non fosse conferente, ai fini del decidere, la valutazione della complessiva situazione personale e familiare della straniera, “ atteso che nessuno [dei richiamati profili] si riferisce alla motivazione dell’impugnato decreto del Dirigente dell’Area della Prefettura di Torino ”.

La pronuncia in questione veniva gravata in sede di appello dalla sig.ra F H K, la quale ne chiedeva l’integrale riforma articolando un unico, complesso motivo di doglianza ( Eccesso di potere – violazione di legge – ingiustizia manifesta ).

Si costituiva in giudizio il Ministero dell’interno, il quale concludeva nel senso della reiezione del gravame.

All’udienza pubblica del giorno 22 ottobre 2010 il ricorso veniva trattenuto in decisione.

DIRITTO

1. Giunge alla decisione del Collegio il ricorso in appello proposto da una cittadina senegalese avverso la sentenza del T.A.R. del Piemonte con cui è stato respinto il ricorso avverso il provvedimento della Prefettura con cui era stata rigettata l’istanza volta alla regolarizzazione di lavoro irregolare (lettera c) del comma 8 dell’art. 1, d.l. 9 settembre 2002, n. 195) per essere stata denunciata per un reato in tema di violazione del diritto d’autore

2. Con l’unico motivo di ricorso, la sig.ra F H K lamenta che la pronuncia in questione sia errata e meritevole di riforma in quanto avrebbe sostanzialmente avallato la correttezza della determinazione negativa adottata dalla Prefettura, fondata sulla richiamata denuncia per un reato in materia di violazione del diritto d’autore.

In tal modo operando, tuttavia, la Prefettura (e in seguito il T.A.R.) avrebbero annesso rilievo dirimente alla portata precettiva di una disposizione (il richiamato art. 1, co. 8, lettera c), d.l. 195 del 2002) dichiarato costituzionalmente illegittimo dalla Consulta nel corso del 2005.

Nella tesi dell’appellante, infatti, una volta dichiarata l’illegittimità costituzionale della disposizione che connetteva l’automatismo preclusivo alla sola denuncia per taluni reati, l’operato dell’Amministrazione si paleserebbe illegittimo per non avere proceduto a una verifica in concreto circa l’effettiva idoneità del fatto commesso a palesare il carattere di pericolosità sociale della straniera.

Inoltre, facendo discendere in modo pressoché automatico l’automatismo preclusivo dalla sola denuncia in sede penale, la Prefettura (e in seguito il T.A.R.) avrebbero concretato una violazione dell’art. 8 della Convenzione E.D.U. in tema di rispetto della vita privata e familiare (disposizione – quest’ultima – che la giurisprudenza della Corte EDU ha interpretato nel senso di ammettere misure di allontanamento solo laddove siano giustificate da effettive ragioni di ordine sociale e proporzionate al fine legittimo da perseguire).

2.1. Il ricorso è da accogliere.

2.2. Come si è esposto in narrativa, la Prefettura – U.T.G. di Torino ha fondato la determinazione negativa sull’istanza di regolarizzazione in base all’assorbente rilievo della denuncia a suo tempo riportata dalla straniera per un reato in materia di violazione del diritto d’autore ritenuto ostativo alla regolarizzazione ai sensi del d.l. 195 del 2002.

‘E tuttavia noto che la disposizione ritenuta dirimente dalla Prefettura ai fini della propria determinazione (la lettera c ) del comma 8 dell’art. 1, d.l. 195) sia stata dichiarata costituzionalmente illegittima con pronuncia della Corte costituzionale 18 febbraio 2005, n. 78.

Nell’occasione, la Corte ha dichiarato la non conformità a Costituzione della disposizione in parola nella parte in cui faceva derivare automaticamente il rigetto della istanza di regolarizzazione del lavoratore extracomunitario dalla presentazione di una denuncia per uno dei reati contemplati dagli articoli. 380 e 381 c.p.p., in tal modo facendo irragionevolmente derivare dalla denuncia - che è un atto che nulla prova circa la colpevolezza o la pericolosità del soggetto indicato come autore degli atti che il denunciante riferisce - conseguenze di estrema gravità in danno di chi della medesima è soggetto passivo.

La declaratoria di illegittimità costituzionale della disposizione su cui risultava fondato in modo sostanzialmente esclusivo il provvedimento di rigetto produce certamente sullo stesso effetti invalidanti.

Sotto tale aspetto il Collegio ritiene che la vicenda di causa possa essere risolta facendo applicazione del tradizionale orientamento giurisprudenziale (riconducibile a quanto enunciato dall’Adunanza Plenaria di questo Consiglio di Stato con la sentenza 8 aprile 1963, n. 8) secondo cui, se per un verso il vizio dell’atto amministrativo adottato in coerenza con una disposizione incostituzionale è riconducibile alla categoria dell’annullabilità, nondimeno il richiamato vizio non incontri il limite della mancata, espressa e specifica, inclusione fra i profili di doglianza articolati, a condizione – tuttavia – che esso costituisca il presupposto di un vizio di legittimità tempestivamente dedotto in relazione al provvedimento oggetto di impugnativa.

Si osserva al riguardo che l’orientamento in questione sia pienamente rilevante in relazione alla presente vicenda, se solo si osservi che il vizio del provvedimento di rigetto impugnato in prime cure consisteva nel governo fatto dall’Amministrazione della disposizione in seguito dichiarata incostituzionale (i.e.: il più volte richiamato art. 1, co. 8, lett. c ), d.l. 195, cit.).

Né a conclusioni diverse può giungersi in relazione alla circostanza per cui la straniera sia stata in seguito condannata per il medesimo titolo delittuoso in relazione al quale era stata a suo tempo presentata la denuncia ritenuta determinante al fine della reiezione dell’istanza di regolarizzazione.

Si osserva in primo luogo al riguardo che la legittimità di un provvedimento amministrativo deve essere valutata alla luce del quadro di fatto e di diritto sussistente al momento della sua adozione (ed in relazione alle sole prospettazioni puntualmente trasfuse nel medesimo atto), irrilevanti essendo, ai fini del vaglio di legittimità, le vicende fattuali successive all’adozione del medesimo provvedimento, pur se collegate alla sua adozione nell’ambito di una medesima vicenda complessiva.

Si osserva in secondo luogo al riguardo che, l’esistenza di una sentenza di condanna per il richiamato titolo delittuoso (riproduzione, diffusione o vendita di opere dell’ingegno nelle forme aggravate di cui al comma 2 dell’art. 171- ter della l. 22 aprile 1941, n. 633) potrà, se del caso, essere valutata dall’Amministrazione al fine di esaminare ulteriori istanze di rilascio o rinnovo del permesso di soggiorno in favore della medesima cittadina straniera.

In tale occasione, tuttavia, l’Amministrazione dovrà tenere in adeguata considerazione l’orientamento giurisprudenziale secondo cui, mentre in sede di primo rilascio del permesso di soggiorno (anche in sede di regolarizzazione) l’Amministrazione è tenuta a valutare in modo rigoroso la sussistenza di eventuali condanne ostative, al contrario in sede di revoca del permesso o di successivi rinnovi del permesso comunque rilasciato, l’Amministrazione dovrà valutare in modo discrezionale le richiamate sentenze di condanna, senza annettere alle stesse alcun valore immediatamente preclusivo, ma procedendo ad una valutazione complessiva dei diversi elementi ed interessi in gioco, ivi compresa la complessiva situazione familiare e lavorativa dello straniero, nonché il suo generale grado di inserimento nel tessuto socioeconomico del nostro Paese (in tal senso: Cons. Stato, Sez. VI, sent. 3760/2010)..

3. Per le ragioni sin qui esposte il ricorso in epigrafe deve essere accolto e per l’effetto, in riforma della sentenza oggetto di gravame, deve essere disposto l’annullamento dei provvedimenti impugnati nell’ambito del primo grado di giudizio.

Le spese, per entrambi i gradi di giudizio, seguono la soccombenza e vengono liquidate in dispositivo.

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