Consiglio di Stato, sez. VII, sentenza 2024-03-28, n. 202402924

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Sul provvedimento

Citazione :
Consiglio di Stato, sez. VII, sentenza 2024-03-28, n. 202402924
Giurisdizione : Consiglio di Stato
Numero : 202402924
Data del deposito : 28 marzo 2024
Fonte ufficiale :

Testo completo

Pubblicato il 28/03/2024

N. 02924/2024REG.PROV.COLL.

N. 06169/2023 REG.RIC.

REPUBBLICA ITALIANA

IN NOME DEL POPOLO ITALIANO

Il Consiglio di Stato

in sede giurisdizionale (Sezione Settima)

ha pronunciato la presente

SENTENZA

sul ricorso numero di registro generale 6169 del 2023, proposto da
Agenzia delle Dogane e dei Monopoli (ADM), in persona del legale rappresentante pro tempore , rappresentata e difesa dall'Avvocatura Generale dello Stato, domiciliataria ex lege in Roma, via dei Portoghesi, 12;

contro

-OMISSIS- di-OMISSIS- -OMISSIS-, in persona del legale rappresentante pro tempore , rappresentata e difesa dagli avvocati F C, S C, R B, con domicilio digitale come da PEC da Registri di Giustizia e domicilio eletto presso lo studio F C in Roma, via Costantino n.4;

per la riforma

della sentenza del Tribunale Amministrativo Regionale per il Veneto (Sezione Terza) n.-OMISSIS-, resa tra le parti;


Visti il ricorso in appello e i relativi allegati;

Visto l'atto di costituzione in giudizio di -OMISSIS- di-OMISSIS- -OMISSIS-;

Visti tutti gli atti della causa;

Relatore nell'udienza pubblica del giorno 19 marzo 2024 il Cons. Marco Valentini e uditi per le parti l’avvocato dello Stato Amedeo Elefante e l’avvocato Fabrizio Lofoco, su delega degli avvocati S C, F C, R B;

Ritenuto e considerato in fatto e diritto quanto segue.


FATTO

Avanti il giudice di prime cure, l’originaria ricorrente, odierna appellata, ha chiesto l’annullamento:

-del provvedimento dell’Agenzia delle Dogane prot. n. -OMISSIS- del 13 aprile 2022, di diniego all’accoglimento della istanza di autorizzazione allo stoccaggio di prodotti energetici presso depositi fiscali e destinatari registrati di terzi ex art. 1, comma 945, della legge 27 dicembre 2021 n. 205 (istanza trader );

- di ogni altro atto presupposto, connesso e comunque consequenziale, ancorché di data e tenore sconosciuto, che incida sfavorevolmente sulla posizione giuridica della ricorrente.

Il primo giudice ha dichiarato la cessazione della materia del contendere.

In particolare, il TAR ha evidenziato che dopo ottantatré giorni di silenzio trascorsi dall’inoltro (il 15 ottobre 2021) di un’istanza trader, cioè di una richiesta di autorizzazione allo stoccaggio di prodotti energetici presso depositi fiscali e destinatari registrati terzi ex art. 1, comma 945 della legge 205/2021, il dirigente dell’Agenzia delle Dogane ha chiesto alla odierna ricorrente di depositare una pluralità di documenti non previsti dalla legge (eventuale elenco dei fornitori, eventuale copia dei contratti di approvvigionamento, eventuale documentazione contrattuale).

L’originaria ricorrente ha rappresentato l’impossibilità di produrre quanto richiesto, poiché la stipula di eventuali contratti e, più in generale, l’esercizio dell’attività di cui è richiesta la dimostrazione, presupporrebbero l’esistenza dell’autorizzazione stessa.

Il 18 febbraio 2022 è stato comunicato un preavviso di rigetto fondato, secondo quanto ritenuto dall’originaria ricorrente, sull’erroneo presupposto che la concessione del codice trader fosse subordinata alla produzione del conto economico previsionale, alla dimostrazione di una redditualità e/o di risorse economico finanziarie, nonché della affidabilità soggettiva da un punto di vista economico.

Nella memoria depositata nel giudizio di primo grado dall’Amministrazione resistente, si è argomentato che nella prospettiva di contenimento delle frodi nel settore dei carburanti, l’istruttoria da condurre da parte dell’Agenzia deve essere particolarmente approfondita, rigorosa e coinvolgere tutti gli ambiti della società richiedente.

In base alla normativa e alla prassi, dunque, l’Amministrazione finanziaria, nel perseguimento dell’interesse pubblico di prevenzione e contrasto all’evasione tributaria e alle frodi, non potrebbe ignorare gli indici di rischio sull’affidabilità soggettiva della ditta richiedente l’autorizzazione a trader .

L’istanza cautelare formulata da parte ricorrente è stata accolta.

Ritenuto che nell’adozione della circolare prot.-OMISSIS-/RU del 19 aprile 2021 l’ADM fosse andata oltre le proprie facoltà, richiedendo documentazione non prevista dalla normativa, finalizzata a un accertamento dell’affidabilità imprenditoriale del richiedente l’autorizzazione non è previsto dalla norma, il TAR ha ravvisato il fumus rispetto a quanto dedotto in ricorso e, in ragione di ciò, ha invitato l’Amministrazione a procedere al riesame della domanda di autorizzazione presentata dalla ricorrente, alla luce di quanto dedotto nel ricorso e di quanto rappresentato nell’ordinanza cautelare stessa.

Come si evince dagli atti di causa, ADM non ha adempiuto al riesame sino alla pronuncia sull’istanza cautelare formulata in appello avanti al Consiglio di Stato.

Con ordinanza del Consiglio di Stato n. -OMISSIS- l’appello cautelare è stato rigettato, escludendo la sussistenza del pericolo di danno grave ed irreparabile derivante dal disposto riesame.

Con successivo provvedimento del 16 dicembre 2022, ADM, acquisita nel “sistema TRADERS” l’apposita domanda formulata dall’odierna ricorrente, ha quindi, autorizzato a potersi avvalere, per lo stoccaggio di prodotti energetici, di un deposito fiscale o del deposito di un destinatario registrato.

A seguito di ciò, parte ricorrente ha depositato nel giudizio di primo grado una memoria nella quale, nel dare atto del sopravvenuto rilascio della richiesta autorizzazione, sottolinea come ciò confermi la fondatezza di quanto dedotto nel ricorso in ordine alla sovrabbondanza della documentazione richiesta rispetto alla previsione della norma.

L’amministrazione resistente, invece, si è limitata a depositare copia del provvedimento di autorizzazione rilasciato, senza nulla replicare a quanto sostenuto da parte ricorrente.

Nel corso dell’udienza pubblica dell’8 febbraio 2023, avanti il giudice di primo grado, la parte ricorrente dichiarato a verbale la cessazione della materia del contendere, insistendo, però, per l’accertamento della soccombenza virtuale e la conseguente refusione delle spese del giudizio.

Il primo giudice, come detto, con la sentenza oggi impugnata ha dichiarato la cessazione della materia del contendere.

Avverso la citata sentenza, in data 17 luglio 2023 è stato depositato dall’Amministrazione ricorso in appello, richiedendone l’accoglimento e, per l’effetto, di annullare e/o riformare la sentenza impugnata, rigettando il ricorso in primo grado.

Si è costituita in giudizio la ditta individuale -OMISSIS- di-OMISSIS- -OMISSIS-.

In data 14 febbraio 2024 è stata depositata memoria dalla parte appellata.

Nell’udienza pubblica del 19 marzo 2024 la causa è stata trattenuta in decisione.

DIRITTO

In sede di appello, è stato dedotto preliminarmente che l’appello trova fondamento alla luce della recente pronuncia del Consiglio di Stato n. 4343/ 2023, che ha riformato la sentenza n. 332/2022 resa dal TAR per l’Umbria per vicenda analoga a quella oggetto del contenzioso de quo , in espressa adesione alla quale lo stesso TAR per il Veneto si era determinato, in primo grado, ad accogliere il ricorso in epigrafe.

In particolare, sono stati poi articolati i seguenti motivi:

- Violazione di legge. Violazione e/o errata applicazione dell’art. 1, commi da 945 a 959, della legge 27 dicembre 2017 n. 205

Espone l’appellante che con la sentenza n. 4343/2023, il Consiglio di Stato ha riformato la sentenza. n. 332/2022 resa dal TAR per l’Umbria, chiarendo che “ nell'ambito della funzione di controllo preventivo di cui è espressione il potere autorizzatorio dell'amministrazione finanziaria, il possesso di mezzi patrimoniali adeguati si pone pertanto in modo legittimo come requisito necessario di accesso nel mercato. In via di ulteriore conseguenza, nel perseguimento di esigenze di tutela degli interessi erariali, in grado di porsi come limite all’indiscriminato accesso al mercato di operatori inaffidabili, attuativo dell'“utilità sociale” in contrasto della quale ai sensi dell'articolo 41, comma 2, Cost., l'attività di impresa non può svolgersi, la mancanza dei mezzi in questione giustifica l'adozione di un provvedimento di contenuto negativo sull'istanza autorizzativa ”.

Alla luce di tale favorevole precedente, l’appellante censura la sentenza impugnata per violazione delle disposizioni della legge del 27 dicembre 2017, n. 205, relative all’autorizzazione all’esercizio dell’attività di trader di prodotti energetici stoccati presso un deposito fiscale o un destinatario registrato.

L’appellante rileva che, nel caso di specie, tale autorizzazione è stata legittimamente negata, in quanto il soggetto richiedente risultava privo dei requisiti minimi per entrare nel mercato di riferimento e a forte rischio di evasione tributaria, alla cui prevenzione è informata la disciplina di legge.

La mancata presentazione, da parte della ditta, del conto economico professionale e di un contratto e/o proposta di fornitura, nonché la circostanza che dall'interrogazione delle banche dati a disposizione non sono stati reperite informazioni e/o elementi atti a dimostrare redditualità e risorse economiche finanziarie tali da giustificare l'operatività nel particolare settore di trader di prodotti energetici, hanno legittimamente condotto l’Amministrazione ad apporre un diniego all’istanza di autorizzazione, posto che non è stato possibile comprovare l’affidabilità della richiedente.

Alla luce della normativa vigente, appare all’appellante evidente che l’Agenzia non possa in nessun caso ignorare gli indici di rischio sull'affidabilità soggettiva della ditta richiedente l'autorizzazione a trader .

Si ritiene, dunque, che il diniego di autorizzazione impugnato dalla ditta Bi Fuel sia legittimo, in quanto rispondente sia agli obiettivi dell’impianto normativo che alle funzioni istituzionali dell’Amministrazione delle dogane, orientate alla tutela dell’interesse erariale alla riscossione dei tributi previsti dalla legge per i prodotti in questione e alla prevenzione delle frodi in materia.

Non è decisivo, sottolinea l’appellante, che tali requisiti non siano espressamente previsti nella disciplina di legge e regolamentare in materia, poiché essi costituiscono un presupposto strutturale insito nella figura del trader di prodotti energetici, posto che si tratta di un settore caratterizzato da un forte rischio di illeciti fiscali.

- Violazione e/o falsa applicazione dell’art. 34, comma 5, del D.lgs. 104/2010 . Erroneità dei presupposti e travisamento dei fatti. Erronea motivazione

Con la sentenza impugnata, secondo l’appellante, è stata erroneamente dichiarata la cessazione della materia del contendere.

Nel processo amministrativo, evidenzia l’appellante, la cessazione della materia del contendere può essere dichiarata solo quando il provvedimento impugnato sia annullato o riformato in senso conforme all'interesse della parte ricorrente.

I provvedimenti assunti in corso di giudizio sono idonei a determinare la cessata materia del contendere soltanto ove, autonomamente assunti dall’Amministrazione, determinino la realizzazione piena dell’interesse sostanziale sotteso alla proposizione dell’azione giudiziaria, permettendo al ricorrente in primo grado di ottenere in via amministrativa il bene della vita atteso, sì da rendere inutile la prosecuzione del processo.

Nel caso di specie, tuttavia, se da una parte l’Amministrazione ha adottato autonomamente il provvedimento con il quale è stata autorizzata la ditta -OMISSIS- a potersi avvalere per lo stoccaggio di prodotti energetici di un deposito fiscale o del deposito di un destinatario registrato, va rilevato che tale provvedimento è conseguito al rigetto dell’appello cautelare proposto contro la pronuncia del TAR favorevole all’istanza cautelare avanzata dalla ricorrente.

Alla luce della citata sentenza del Consiglio di Stato n. 4343/2023, deve ritenersi che siano venute meno le ragioni che, in un primo momento, avevano indotto l’Agenzia ad adottare il provvedimento di autorizzazione a favore di -OMISSIS-.

Non si può ritenere, si osserva, cessata la materia del contendere nel caso in cui l'Amministrazione, in corso di giudizio, abbia adottato un provvedimento favorevole al ricorrente non per accogliere la sua istanza originaria, ma solo per conformarsi al proprio dovere di eseguire una pronuncia cautelare del Giudice, facendo espressa riserva dell'esito della causa nel merito.

In data 14 febbraio 2024 è stata depositata memoria da parte appellata, con la quale si evidenzia che da ultimo è stata acquisita agli atti di causa copiosa documentazione che dà conto dell’esercizio effettivo dell’attività di trading di prodotti petroliferi da parte della -OMISSIS-, con pieno rispetto delle obbligazioni fiscali e doganali relativamente alle compravendite effettuate.

I rapporti della -OMISSIS- con partners di specchiata e comprovata legalità, peraltro anche recentemente confermati, sarebbero significativi dell’assenza di qualunque tipo di contestazione sia nei confronti delle citate aziende che dell’Erario e della assoluta regolarità dell’esercizio di attività di trader dell’appellata.

L’appello è certamente ammissibile (come meglio si chiarirà in sede di disamina della seconda censura) ed è fondato come verrà immediatamente illustrato in sede di esame del primo motivo.

Osserva il Collegio, quanto al primo motivo di appello, che quanto statuito nella recente sentenza della Sezione n. 4343/2023, su una fattispecie in termini a quella oggetto di causa, va condiviso e qui integralmente richiamato, nel senso di ritenere legittimo, a tutela dell’interesse erariale alla riscossione dei tributi e alla prevenzione delle frodi, il diniego di autorizzazione, ove non risulti dimostrato il possesso di un’adeguata capacità patrimoniale quale condizione strutturale, assumendo per converso, la scarsa patrimonializzazione “ valore sintomatico di inaffidabilità dell’operatore, che nell’ambito dell’obiettivo di contrasto alle frodi nel settore dei prodotti petroliferi, cui è informata la disciplina concernente l’autorizzazione ad avvalersi di depositi fiscale o destinatari registrati di prodotti petroliferi contenuta nella legge di stabilità per il 2018, giustifica quindi il diniego dell’amministrazione finanziaria all’accesso nel mercato” (Consiglio di Stato, Sez. VII, sentenza n. 4343/2023).

Ed inoltre “ non è decisivo il fatto che nella disciplina di legge e regolamentare, di cui al sopra citato decreto del Ministro dell’economia e delle finanze del 12 aprile 2018, l’adeguatezza patrimoniale posta a base del provvedimento impugnato non sia prevista come requisito per il rilascio dell’autorizzazione, e che la sua valenza ostativa ciò nondimeno individuata nel caso di specie dall’amministrazione finanziaria comporterebbe una restrizione della libertà di iniziativa economica costituzionalmente garantita (art. 41 Cost.). La costituzione di una garanzia patrimoniale minima, in grado di porre l’operatore nella condizione di assolvere ai propri obblighi tributari e di esercitare stabilmente l’attività economica, deve infatti essere considerato un presupposto strutturale insito nella figura del trader di prodotti petroliferi stoccati presso un deposito fiscale o un destinatario registrato, per le caratteristiche della loro operatività, in un settore a forte rischio di illeciti fiscali, contraddistinto dalla presenza di soggetti appositamente interposti nella filiera produttiva allo scopo di assumere sul piano formale obblighi tributari destinati a non essere mai assolti ”.

Prosegue la richiamata sentenza affermando che “ nell’ambito della funzione di controllo preventivo di cui è espressione il potere autorizzatorio dell’amministrazione finanziaria il possesso di mezzi patrimoniali adeguati si pone pertanto in modo legittimo come requisito necessario di accesso nel mercato. In via di ulteriore conseguenza, nel perseguimento di esigenze di tutela degli interessi erariali, in grado di porsi come limite all’indiscriminato accesso al mercato di operatori inaffidabili, attuativo dell’«utilità sociale» in contrasto della quale ai sensi dell’art. 41, comma 2, Cost. l’attività di impresa non può svolgersi, la mancanza dei mezzi in questione giustifica l’adozione di un provvedimento di contenuto negativo sull’istanza autorizzativa”.

In questo quadro ” conclude la citata sentenza che si richiama con valore di precedente conforme ai sensi degli artt. 74, comma 1 e 88, comma 2, lett. d) del c.p.a “ è destinato ad esplicarsi il potere di autorizzazione di competenza dell’amministrazione delle dogane, che al contrario di quanto sostenuto dalla società ricorrente, con impostazione erroneamente condivisa dalla sentenza di primo grado, non può essere ristretto ad una funzione ricognitiva di presupposti predeterminati in modo tassativo dalla legge, rispetto a quali non residuerebbe alcun margine di apprezzamento di carattere discrezionale, ancorché orientato alla tutela nel singolo caso dell’interesse erariale nel settore economico relativo ai soggetti ad imposizione tributaria. Come finora esposto, costituisce invece il proprium del potere autorizzativo quello di verificare se il rispetto formale dei presupposti previsti dalla legge per il rilascio della licenza di esercizio si saldi con la sostanziale capacità del soggetto richiedente di assolvere agli obblighi parimenti previsti a suo carico a livello normativo, secondo le modalità di funzionamento dei tributi inerenti ai prodotti destinati ad essere dallo stesso commercializzati, ed in definitiva se la sua immissione nel mercato non sia fonte di possibile pregiudizio per il medesimo interesse erariale, affidato alla cura dell’amministrazione delle dogane”.

Il primo motivo di appello, pertanto, tenuto conto che il Collegio non ravvisa sussistere ragioni per discostarsi dall’indirizzo esegetico richiamato, è fondato e può essere accolto, il che vale a smentire le censure originariamente proposte nel ricorso di prime cure dall’odierna appellata.

Quanto al secondo motivo, ritiene il Collegio che emerga dagli atti di causa con evidenza che il rilascio dell’autorizzazione da parte di ADM nel corso del giudizio di primo grado, sia conseguito non ad un adeguamento spontaneo, bensì, al contrario, alla necessità di ottemperare alla decisione cautelare del TAR dopo il rigetto dell’appello cautelare da parte del Consiglio di Stato.

L’amministrazione appellante ha quindi, senz’altro interesse a contestare la statuizione di cessata materia del contendere resa dal Tar su richiesta dell’originaria ricorrente di primo grado.

A tale riguardo, va richiamata e qui condivisa la giurisprudenza di questo Consiglio ( ex multis , Consiglio di Stato, sentenza n.3539/2016) ove si afferma che “ nel processo amministrativo l’emanazione di un ulteriore provvedimento di riesame a seguito di un’ordinanza cautelare non determina la cessazione della materia del contendere, salvo che non risulti che l’amministrazione abbia inteso spontaneamente adeguarsi al dictum giudiziale”.

Pertanto, in accoglimento del secondo motivo di appello, la sentenza che ha statuito la cessazione della materia del contendere va riformata, e pronunciando sulle censure originariamente proposte con il ricorso di primo grado, esse vanno respinte, in accoglimento delle considerazioni già rassegnate dall’amministrazione in primo grado, e reiterate nel primo motivo dell’odierno appello, che va pertanto integralmente accolto, con riforma dell’impugnata sentenza e reiezione del ricorso di primo grado.

Sussistono nondimeno peculiari motivi per la compensazione delle spese del doppio grado di giudizio.

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