Consiglio di Stato, sez. VII, sentenza 2023-12-22, n. 202311094

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Sul provvedimento

Citazione :
Consiglio di Stato, sez. VII, sentenza 2023-12-22, n. 202311094
Giurisdizione : Consiglio di Stato
Numero : 202311094
Data del deposito : 22 dicembre 2023
Fonte ufficiale :

Testo completo

Pubblicato il 22/12/2023

N. 11094/2023REG.PROV.COLL.

N. 08558/2022 REG.RIC.

REPUBBLICA ITALIANA

IN NOME DEL POPOLO ITALIANO

Il Consiglio di Stato

in sede giurisdizionale (Sezione Settima)

ha pronunciato la presente

SENTENZA

sul ricorso numero di registro generale 8558 del 2022, proposto da Ministero dell'Economia e delle Finanze, in persona del legale rappresentante pro tempore, rappresentato e difeso dall'Avvocatura Generale dello Stato, domiciliataria ex lege in Roma, via dei Portoghesi, 12;

contro

-OMISSIS-, rappresentato e difeso dagli avvocati F R, C Z, con domicilio digitale come da PEC da Registri di Giustizia;

per la riforma della sentenza breve del Tribunale Amministrativo Regionale per il Veneto (Sezione Prima) n. 590/2022


Visti il ricorso in appello e i relativi allegati;

Visto l'atto di costituzione in giudizio di -OMISSIS-;

Visti tutti gli atti della causa;

Relatore nell'udienza pubblica del giorno 24 ottobre 2023 il Cons. S Z e uditi per le parti gli avvocati F R e l'avvocato dello Stato Davide Di Giorgio;

Ritenuto e considerato in fatto e diritto quanto segue.


FATTO

1. La sentenza impugnata ha accolto il ricorso con cui l’odierna parte appellata aveva chiesto l’annullamento del diniego dell’indennizzo ex art.1 comma 343 della legge n.266/2005, a tutela dei risparmiatori vittime di frodi finanziarie, oppostogli dal Ministero appellante, a cagione del fatto che non era ancora operativo il fondo da cui ottenere la provvista.

A sostegno del gravame la parte appellante espone le seguenti circostanze:

- l’originario ricorrente aveva contestato la violazione, da parte della nota impugnata, dell’art.3 della L. n.241 del 1990;

- inoltre aveva contestato la mancata conclusione del procedimento avviato con la proposizione dell’istanza, malgrado la previsione dell’art.2 della L. n.241 del 1990;

- il Ministero intimato aveva a sua volta replicato che il provvedimento, sia pure in modo sintetico, conteneva le ragioni a supporto del diniego, individuate nella mancata operatività del Fondo, non essendo stato emesso il decreto, di natura non regolamentare, del Presidente del Consiglio dei Ministri, da emanare su proposta del Ministero dell’Economica e delle Finanze, ai sensi del comma 345 nonies dell’art.1 della L. n.266/05, decreto destinato a determinare i presupposti e le procedure per ottenere gli indennizzi, oltre alle ulteriori modalità di attuazione delle disposizioni legislative di cui ai commi da 343 a 345 octies dello stesso articolo;

- in assenza, il Fondo non sarebbe operativo né la disciplina legislativa sarebbe direttamente attuabile, dal momento che il D.p.r. n.116/2007 disciplina i soli aspetti relativi all’alimentazione del Fondo stesso.

Tanto premesso, deduce i seguenti motivi di appello avverso la sentenza impugnata:

a) violazione dell’art.1 comma 343 L. 266/2005 e del comma 345 nonies aggiunto dalla lett. e) del comma 1 bis dell’art.4 D.l. 190/2008;
violazione e falsa applicazione dell’art.3 della L. n.241 del 1990;
travisamento dei presupposti;

b) violazione dell’art.3 sotto altro versante essendo l’atto impugnato motivato per relationem;

c) infondatezza della domanda di indennizzo non avendone la parte appellata dimostrata la spettanza.

2. Si è costituita in giudizio la parte appellata, contestando l’avverso dedotto e chiedendo il rigetto del gravame.

DIRITTO

3. La presente controversia ha origine allorquando la parte appellata decise di ricorrere all’attività di intermediazione finanziaria offerta dalla Società-OMISSIS- , salvo poi avvedersi di essere stata truffata. A seguito di procedimento penale conclusosi con sentenza passata in giudicato, erano infatti risultate accertate le condotte fraudolente commesse dal Rappresentante legale di quest’ultima in suo danno, con conseguente riconoscimento del proprio diritto al risarcimento del danno quale parte civile. Risarcimento che, tuttavia, non poté essere materialmente liquidato per l’indisponibilità finanziaria dell’obbligato.

A questo punto, ritenendo sussistessero i presupposti, la parte aveva richiesto l’indennizzo appositamente previsto dall’art.1 comma 343 della L. n.266 del 2005 a tutela delle vittime di frodi finanziarie. La richiesta era stata però respinta con la nota di diniego indicata in fatto.

La sentenza impugnata ha annullato quest’ultima, ritenendola carente nella motivazione.

4. Il primo motivo di appello contesta che la nota fosse carente sotto questo profilo, sostenendo che, sia pure in sintesi, le ragioni del diniego risulterebbero sufficientemente esplicitate.

In secondo luogo la parte appellante contesta che, a quella nota, fosse attribuibile valore provvedimentale: trattandosi di un atto che si era limitato a confermare un precedente diniego, sarebbe da qualificare quale provvedimento avente effetti meramente confermativi, non autonomamente impugnabile.

Infine, in via ulteriormente gradata, evidenziando la natura paritetica della relazione presupposta dalla norma in questione tra P.A. erogatrice dell’indennizzo e privato richiedente, sostiene che tale natura comunque dovrebbe escludere la valenza provvedimentale del diniego.

4.1. Il motivo è infondato.

Innanzitutto, si può pacificamente escludere che la determinazione in ordine al se concedere l’indennizzo de quo (ed alla relativa quantificazione) sia stata concepita dal legislatore nell’ambito di una relazione paritetica. Infatti, il comma 343 dell’articolo 1 della L. n.266 citata non detta all’amministrazione competente alcun criterio in base al quale detto contributo debba essere erogato al richiedente, il che implica l’attribuzione di un’ampia discrezionalità, con conseguente natura pubblicistica del rapporto.

Del resto, la stessa nota dell’amministrazione del -OMISSIS- del 2017 precisa che, ai fini del riconoscimento degli indennizzi, occorre procedere, con apposito decreto alla definizione dei presupposti, delle procedure e dei criteri, così confermando la natura ampiamente discrezionale del relativo potere.

4.2. Va parimenti escluso che l’atto in questione, cioè la nota del -OMISSIS- del 2021, avesse effetti meramente confermativi rispetto a quella, precedente, emessa nel luglio del 2017. Quest’ultima presentava infatti un contenuto significativamente difforme da quella impugnata, in disparte la constatazione che, fra le due risposte, era anche intercorso un considerevole lasso di tempo pari a circa 4 anni e sei mesi, dunque le circostanze di fatto avrebbero – e probabilmente lo erano – potuto essere significativamente mutate.

Quanto alla differenza di contenuto più in particolare, vale ricordare che, con la nota del -OMISSIS- del 2017, l’autorità procedente aveva informato l’interessato che, prima di procedere alla definizione dei criteri per il riconoscimento degli indennizzi, occorreva accertare quali fossero le risorse a disposizione del Fondo, ammontare che sarebbe stato conoscibile solo dopo aver effettuato i rimborsi - le cui restituzioni erano, in quel momento, in corso - ai titolari dei conti dormienti che ne avevano fatto richiesta.

Per contro, con la nota del -OMISSIS- del 2021 veniva individuato, quale unico motivo che ostava all’erogazione del contributo, la mancanza del decreto regolamentare che avrebbe dovuto disciplinare la procedura de qua, ossia una ragione – ed un contenuto, diversi da quelli indicati quattro anni e mezzo prima.

Del resto, una successiva istanza presentata decorsi quattro anni dalla originaria risposta negativa, anche considerando che quest’ultima aveva natura interlocutoria, rappresentava un’iniziativa più che legittima da parte dell’interessato che – a sua volta – giustificava una rivalutazione da parte della competente autorità. Il che conferma per l’appunto la natura innovativa e, per ciò, provvedimentale, della nota impugnata.

4.3. Venendo infine al contestato difetto di motivazione, è innegabile che detta nota fosse eccessivamente laconica e che non fosse in grado di assicurare il rispetto degli obblighi esplicativi incombenti, nell’occorso, sulla Pubblica Amministrazione. In proposito basti considerare che detta nota conteneva solo un sintetico accenno a “problematiche applicative” che sarebbero emerse, connesse alla disciplina del Fondo, che ostavano alla operatività di quest’ultimo.

Su quali fossero le ridette problematicità, da cosa o da chi dipendessero, nulla di più era precisato. Soprattutto in base a quest’ultima l’interessato non aveva alcuna possibilità di formulare, anche solo potenzialmente, ipotesi e/o previsioni in ordine al tempo entro il quale la sua pretesa sarebbe stata presuntivamente oggetto di valutazione, né sulle ragioni apparentemente solo procedurali che, in quel momento, sorreggevano il diniego.

Neppure può fondatamente sostenersi che fosse presente, in detta nota, qualsivoglia “motivazione per relationem”, dal momento che alcun accenno ad atti pregressi, né generali, né individuali, è in essa contenuto.

4.4. Questi motivi inducono a confermare la sentenza di primo grado nella parte in cui ha ritenuto di annullare il diniego ritenendolo generico nella motivazione.

5. Ciò non di meno va anche osservato che verosimilmente è sopravvenuta una circostanza che ha fatto venir meno l’interesse alla coltivazione dell’originario gravame.

Infatti, all’esito della pubblicazione della sentenza impugnata, il Ministero appellante, l’-OMISSIS- del 2022 ha adottato un nuovo provvedimento di diniego, nel quale precisa in modo decisamente più analitico quali sono le ragioni per le quali il fondo di che trattasi non è tuttora operativo e che dunque impediscono l’accoglimento dell’istanza di accesso formulata dalla parte.

Or bene, l’avvenuta sostituzione del provvedimento originariamente impugnato, con un altro dotato di autonoma efficacia lesiva del patrimonio della parte appellata, dequota l’interesse di quest’ultima a coltivare il presente giudizio.

Inoltre la ricordata circostanza, potendo, sotto altro versante, configurare implicita acquiescenza della parte appellante alla sentenza impugnata, potrebbe altresì integrare un profilo di inammissibilità del presente gravame.

6. Le spese seguono la soccombenza e vanno liquidate come da dispositivo.

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