Consiglio di Stato, sez. IV, sentenza 2009-11-30, n. 200907498

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Sul provvedimento

Citazione :
Consiglio di Stato, sez. IV, sentenza 2009-11-30, n. 200907498
Giurisdizione : Consiglio di Stato
Numero : 200907498
Data del deposito : 30 novembre 2009
Fonte ufficiale :

Testo completo

N. 02670/2005 REG.RIC.

N. 07498/2009 REG.DEC.

N. 02670/2005 REG.RIC.

REPUBBLICA ITALIANA

IN NOME DEL POPOLO ITALIANO

Il Consiglio di Stato

in sede giurisdizionale (Sezione Quarta)

ha pronunciato la presente

DECISIONE

Sul ricorso numero di registro generale 2670 del 2005, proposto da:
Esselunga Spa, rappresentato e difeso dagli avv. Piero D'Amelio, A R, con domicilio eletto presso Piero D'Amelio in Roma, via della Vite 7;

contro

Comune di Pistoia, rappresentato e difeso dall'avv. V C, con domicilio eletto presso Gian Marco Grez in Roma, Lungotevere Flaminio 46;

per la riforma

della sentenza del TAR TOSCANA -

FIRENZE :

Sezione I n. 00153/2005, resa tra le parti, concernente DECADENZA DAL DIRITTO DI SUPERFICIE.


Visto il ricorso in appello con i relativi allegati;

Viste le memorie difensive;

Visti tutti gli atti della causa;

Relatore nell'udienza pubblica del giorno 20 ottobre 2009 il dott. Sandro Aureli e uditi per le parti gli avvocati D'Amelio, Ragazzini e Chierroni;

Ritenuto e considerato in fatto e diritto quanto segue:


FATTO e DIRITTO

La sentenza in epigrafe ha respinto il ricorso della Esselunga spa., proposto per ottenere l’accertamento della decadenza dal diritto di superficie, concesso alla medesima ricorrente dal Comune di Pistoia con apposita convenzione.

Il nominato Comune, nel 1989, ha adottato il P.I..P. per l’area della grande distribuzione di via Erbosa, approvando successivamente, il bando per la assegnazione del diritto di superficie su tale area, destinata ad insediamenti produttivi di tipo commerciale, previa sua espropriazione e parziale urbanizzazione in regime concessorio , nonché il relativo schema di convenzione..

Alla Società Esselunga , ritenuta in possesso dei requisiti richiesti dal bando veniva rilasciata la concessione ad eseguire l’esproprio ed urbanizzare parzialmente le aree circostanti e la concessione edilizia per realizzare la grande struttura commerciale.

In particolare, nel 1995 veniva eseguito l’esproprio con pagamento da parte della società della relativa indennità e nel 1997 veniva stipulata la convenzione con la quale venivano regolati i rapporti riguardanti l’esercizio della concessione edilizia. .

La concessione edilizia,tuttavia, veniva richiesta, veniva rilasciata , ma non veniva ritirata, e dunque non veniva realizzata la struttura commerciale né le opere di urbanizzazione convenzionate.

La Società invocando l’art. 5 della convenzione presentava istanza al Comune affinché si provvedesse a dichiarare la risoluzione della convenzione con la conseguente restituzione delle somme corrisposte a titolo di indennità di esproprio.

Poichè a tale richiesta l’Amministrazione rimaneva silenziosa, la società agiva per l’accertamento dell’obbligo di provvedere, ma il giudice amministrativo adito, con sentenza n.1274/2004, dichiarava inammissibile il gravame.

Traendo spunto dalla motivazione posta a sostegno di tale decisione la società ha proposto azione d’accertamento della decadenza dal diritto di superficie oggetto della menzionata convenzione, previa declaratoria della medesima, e con restituzione delle somme anticipate per il pagamento dell’indennità d’esproprio.

Il giudice adito, riconosciuta la sua giurisdizione, ha respinto il ricorso, ravvisando, sulla base della ricostruzione della vicenda, l’inadempimento della parte attrice, di tal chè il Comune intimato, ex art.1543 c.c. non poteva ritenersi obbligato ad adempiere nei termini della domanda giudiziale proposta, ma aveva anzi la facoltà di pretendere,a sua volta, l’adempimento degli obblighi assunti dalla contropoarte

Propone appello la Società Esselunga per chiedere la riforma della decisione negativa di primo grado, osservando che tale contestato esito deriva dall’aver il giudicante completamente obliterato, a beneficio di astratti principi civilisti in tema di risoluzione contrattuale, la clausola inserita nell’art. 5 della convenzione, e di conseguenza la previsione ivi contenuta della decadenza automatica dal diritto di superficie..

Il Comune si è costituito in giudizio per chiedere il rigetto del gravame..

Successivamente, sollevata eccezione di tardività per violazione dei termini di cui all’art.23 bis, ,comma 1°, lett.b) legge 1034/1971, ha insistito per il rigetto del gravame alla luce sia dell’art.5 della convenzione, che dei principi civilistici, come correttamente richiamati nella sentenza appellata.

Al termine della discussione, il ricorso è stato introitato dal Collegio che si è riservato di decidere.

La controversia concerne la convenzione che le parti configgenti hanno sottoscritto al fine di attuare il P.I.P. di tipologia commerciale, attraverso l’assegnazione alla Società appellante del diritto di superficie di area in proprietà di terzi in esso ricompresa , concedendo ad essa il potere di procedere alla sua espropriazione, corrispondendo l’indennità dovuta ai terzi e con l’obbligo di parziale realizzazione delle opere di urbanizzazione previste nel piano .

Da parte sua il Comune ha assunto l’impegno di adottare tutti i provvedimenti amministrativi necessari alla realizzazione della struttura commerciale per la grande distribuzione che la Società appellante intendeva realizzare.

Preliminarmente, deve senz’altro essere respinta l’eccezione di tardività del gravame sollevata dal Comune appellato, posto che l’invocata lett. b) comma 1 dell’art.23-bis si riferisce manifestamente ad ipotesi che in questo giudizio non ricorre , vale a dire la richiesta d’annullamento di atti della procedura espropriativa.

Il giudice di primo grado, come esattamente rilevato dalle parti configgenti, ha riconosciuto che la lite in esame rientrasse nella giurisdizione esclusiva del giudice amministrativo, in forza dell’art.11 della legge n.241 del 1990, e di conseguenza ha motivato il rigetto della domanda di accertamento dispiegata dalla Esselunga s.p.a., con l’ applicazione dei principi civilisti in tema di inadempimento contrattuale e delle sue conseguenze, richiamati dall’anzidetta disposizione.

Principi per i quali la società medesima, pacificamente inadempiente rispetto agli obblighi assunti con la convenzione da essa sottoscritta, non poteva invocare alcun tipo di accertamento giudiziale in proprio favore.

Ciò posto , la Sezione ritiene anzitutto, che l’affermazione della giurisdizione del giudice amministrativo seppur condivisibile in termini assoluti, non possa esse ricondotta alla disposizione evocata dal giudice di prime cure, ove si consideri che quest’ultima attiene a fattispecie in cui i contenuti qualificanti dei provvedimenti amministrativi vengono concordemente definiti dalle parti, laddove nella fattispecie in esame ciò palesemente non si è verificato, posto che già nel bando pubblicato per l’individuazione del soggetto attuatore del piano commerciale, sono state unilateralmente definiti, in termini di tutela degli interessi pubblici, i doveri e diritti dell’assegnatario dell’area ricompresa nel piano, nei confronti dell’amministrazione comunale.

Come pure di quest’ultima, in relazione ai provvedimenti da assumere, nei confronti del primo, sicchè la convenzione che entrambi hanno sottoscritto successivamente ha riguardato essenzialmente aspetti di dettaglio.

Discende da quanto precede, da un lato, che nella controversia in esame, appare corretto affermare la giurisdizione esclusiva del giudice amministrativo alla luce dell’art.34 del d.lgs. n.80 del 1989, modificato dall’art.7 della legge n.205 del 200, vertendosi in materia urbanistica ed edilizia nella quale, com’è noto, è ricompresa anche l’attività espropriativa, e dall’altro, e di conseguenza che “ i principi del codice civile in materia di obbligazioni e contratti” secondo l’espressione enucleata dal primo giudice dall’esplicito rinvio effettuato dall’art. 11 della citata legge n.241, non possono trovare senz’altro applicazione, senza prima escludere che nella convenzione sottoscritta liberamente dalle parti, e per questo avente carattere prevalente, sia reperibile la disciplina del caso concreto controverso, vale a dire, dell’inadempimento per cui è causa e delle sue conseguenze.

Ancora più in concreto, dell’inadempimento della Esselunga s.p.a. all’impegno assunto di attuare il P.I.P. nella parte del bando di gara che l’ha individuata come assegnataria dell’area da destinare ad intervento per la grande distribuzione.

Tale preliminare indagine, ad avviso della Sezione, deve concludersi in senso positivo.

L’art. 5 della convenzione stipulata tra il Comune e la predetta Società per la realizzazione della struttura per la grande distribuzione stabilisce che “nel caso in cui la concessione edilizia non fosse conseguita nel termine stabilito per qualsiasi fatto o atto imputabile al richiedente , il Comune provvederà a dichiarare decaduto il superficiatario a risolvere il contratto restituendo al superficiatario decaduto una somma pari al corrispettivo come stimato all’art. 2 diminuito del 10% del totale a titolo di penale”.

E’ pacifico in causa che la Esselunga s.p.a. dopo aver provveduto ad espropriare l’area in questione, non ha, pur avendola richiesta, ritirato la concessione edilizia che il Comune ha rilasciato per realizzare la struttura commerciale, cosicchè il piano è rimasto inattuato.

A giudizio della Sezione la riportata proposizione “ nel caso in cui la concessione edilizia non fosse conseguita…..per qualsiasi fatto o atto imputabile al richiedente il Comune provvederà…..” è di tale ampiezza da doversi intendere come comprensiva anche dell’ ipotesi in cui la concessione edilizia non venga ritirata e conseguentemente l’intervento non venga attuato.

Di qui il potere-dovere del Comune di dichiarare decaduto il superficiatario, all’evidente fine di tornare nella disponibilità dell’area espropriata e su tale essenziale condizione, individuare un nuovo superficiatario a cui affidare il compito di attuare il p.i. p.

Sussiste quindi l’obbligo del Comune di provvedere in merito alla decadenza del superficiario inadempiente dal diritto di superficie, assumendo un provvedimento sicuramente coerente con le finalità pubblicistiche postulate dal p.i.p. rimasto inattuato , con la conseguente restituzione della “somma pari al corrispettivo come stimato all’art.2 diminuito del 10% del totale, a titolo di penale”.

E’ dunque quest’ultima la sola conseguenza prevista dall’art 5 della convenzione nell’ipotesi di inadempimento del superficiatario, a cui, in sostanza. è data la possibilità di liberarsi degli obblighi sottoscritti corrispondendo la penale.

Alla luce della lettera e della ratio della clausola in commento, appare del resto irragionevole ritenere che il Comune abbia voluto riservarsi la facoltà di richiedere l’adempimento ex art.1543 c.c., pur avendo invece optato per un’amplissima possibilità . (“..per qualsiasi atto o fatto..”) di dichiarare la decadenza dal diritto di superficie in caso d’inadempimento del superficiatario

E poiché la convenzione è tutt’ora vigente, tant’è che viene invocata , seppure a diversi fini , da entrambe le parti, tale obbligo del Comune di provvedere in merito alla decadenza della Esselunga s.p.a dal diritto di superficie, sussiste tutt’ora, ed è produttivo di conseguenze.

Non varrebbe in contrario rilevare che sull’obbligo di provvedere del Comune a dichiarare la decadenza della Esselunga s.p.a. s’è formato il giudicato di cui alla sentenza n.1274 del 27 aprile 2004 emessa dalla Sezione prima del T.a.r. della Toscana.

Ed invero, l’inesigibilità dell’obbligo in parola con la speciale procedura dell’art.21 bis della legge n.1034/1971, non esclude, considerata la vigenza di esso in forza della convenzione sottoscritta, che il Comune stesso, ove insista nell’atteggiamento negativo, possa trovarsi esposto all’azione risarcitoria per equivalente della Esselunga s.p.a., avuto riguardo a tutte le conseguenze pregiudizievoli che su di essa possano ricadere, come diretta conseguenza della mancata determinazione in ordine alla decadenza prevista dall’art. 5 della convenzione.

La sentenza di primo grado, nella parte in cui contiene l’affermazione,nonostante l’estrema chiarezza dell’art. 5 della convenzione, che il Comune possa senz’altro pretendere dalla Esselunga il rispetto degli obblighi sottoscritti, non può,dunque, essere condivisa.

Tuttavia, ritiene la Sezione che ciò non conduce ad esito positivo per l’appellante, dovendo l’appello essere rigettato per le ragioni che seguono..

Ed invero l’azione d’accertamento dell’intervenuta decadenza dalla concessione del diritto di superficie promossa dalla Esselunga s.p.a., ancorchè l’azione venga promossa dall’appellante in sede di giurisdizione esclusiva , rientra nel giudizio amministrativo di legittimità .

Invero l'azione di accertamento in parola impinge nell’attività provvedimentale e ciò impedisce che il giudice possa sostituirsi alla Pubblica amministrazione nell'esercizio dei poteri suoi propri, che nella fattispecie regolata dall’art.5 della convenzione si estrinsecano in un atto autoritativo, ancorchè di natura ampiamente vincolata.

Di fronte agli effetti estintivi scaturenti direttamente dal provvedimento di decadenza, la posizione della Esselunga s.p.a non è quindi di diritto soggettivo, ciò che legittimerebbe un'azione di accertamento, ma di interesse legittimo.

Sussistono giusti motivi per compensare le spese del giudizio.

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