Consiglio di Stato, sez. V, sentenza 2017-08-14, n. 201704001

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Sul provvedimento

Citazione :
Consiglio di Stato, sez. V, sentenza 2017-08-14, n. 201704001
Giurisdizione : Consiglio di Stato
Numero : 201704001
Data del deposito : 14 agosto 2017
Fonte ufficiale :

Testo completo

Pubblicato il 14/08/2017

N. 04001/2017REG.PROV.COLL.

N. 08170/2009 REG.RIC.

REPUBBLICA ITALIANA

IN NOME DEL POPOLO ITALIANO

Il Consiglio di Stato

in sede giurisdizionale (Sezione Quinta)

ha pronunciato la presente

SENTENZA

sul ricorso numero di registro generale 8170 del 2009, proposto da
Associazione Italiana World Wide Fund For Nature Onlus - ONG, in persona del legale rappresentante pro tempore , rappresentata e difesa dagli avvocati A P, A P e A F, con domicilio eletto presso lo studio A P in Roma, via degli Scipioni, 268/A

contro

Regione Veneto, in persona del legale rappresentante pro tempore , rappresentata e difesa dagli avvocati G P e M F, con domicilio eletto presso lo studio G P in Roma, viale Giulio Cesare, 14a/4;
Commissione per la salvaguardia di Venezia, Ministero delle infrastrutture e trasporti, non costituiti in giudizio;
Consorzio Venezia Nuova, in persona del legale rappresentante pro tempore , rappresentato e difeso dagli avvocati Angelo Clarizia, Benedetto Giovanni Carbone e Alfredo Biagini, con domicilio eletto presso lo studio Angelo Clarizia in Roma, via Principessa Clotilde, 2;
Magistrato alle Acque, Ministero dell'ambiente e della tutela del territorio e del Mare, ministero per i beni e le attività culturali, Ministero delle infrastrutture e dei trasporti, in persona ciascuno del legale rappresentante pro tempore , rappresentati e difesi per legge dall'Avvocatura generale dello Stato, domiciliata in Roma, via dei Portoghesi, 12

nei confronti di

Comune di Venezia, non costituito in giudizio

per la riforma della sentenza del T.A.R. del Veneto, Sezione I, n. 3367/2008


Visti il ricorso in appello e i relativi allegati;

Visti gli atti di costituzione in giudizio della Regione Veneto, del Consorzio Venezia Nuova, del Magistrato alle Acque, del Ministero dell'ambiente e della tutela del territorio e del mare, del Ministero per i beni e le attività culturali e del Ministero delle infrastrutture e dei trasporti;

Viste le memorie difensive;

Visti tutti gli atti della causa;

Relatore nell'udienza pubblica del giorno 15 giugno 2017 il Cons. C C e uditi per le parti l’avvocato dello Stato Di Leo, nonché gli avvocati Petretti, Fant, Biagini e Clarizia;

Ritenuto e considerato in fatto e diritto quanto segue


FATTO

Con delibera di Giunta regionale n. 150 del 28 gennaio 2005, la Regione Veneto, a completamento dell’istruttoria a fini VIA, in conformità al parere espresso dalla commissione regionale VIA nella seduta del 20 dicembre 2004, approvava il progetto con il quale venivano individuati due siti per l’insediamento di cantieri per la prefabbricazione in loco dei cassoni in cemento armato necessari per la costruzione del MOSE (MOdulo Sperimentale Elettromeccanico) alle bocche di porto di Malamocco e di Chioggia (il cui progetto definitivo era stato approvato dal comitato tecnico del Magistrato alle acque nelle sedute dell’8 novembre 2002 e 6 giugno 2003, con successivo parere favorevole espresso dalla Commissione di salvaguardia 20 gennaio 2004).

Poiché detti siti sono interessati da vincoli paesaggistici, considerata l’imponente dimensione della piattaforma e dei cassoni, e stante l’insistenza di detta piattaforma non solo in mare, ma anche sulla spiaggia, la Soprintendenza per i beni architettonici e per il paesaggio richiedeva il parere dell’Avvocatura dello Stato.

Quest’ultima, con parere del 15 gennaio 2007, considerati gli indirizzi della giurisprudenza in relazione a strutture che, sia pure complementari e non permanenti, configurano un’apprezzabile consistenza del cantiere e della sua durata, riteneva opportuno che fosse acquisita l’autorizzazione a fini paesaggistici, da esprimere da parte della Commissione di salvaguardia di Venezia, date le competenze della stessa nell’ambito territoriale interessato.

Successivamente, con nota del 21 maggio 2007, il competente direttore generale del Ministero dell’ambiente e della tutela del territorio e del mare, in relazione alla previsione anche di un villaggio per gli operai addetti al cantiere, sul rilievo che tali cantieri non erano stati autorizzati con la precedente autorizzazione, affermava essere insufficiente la VIA regionale favorevole.

Infine, pur a seguito di un sopralluogo che mostrava essere stati i cantieri già installati, la Commissione di salvaguardia di Venezia (d’ora in avanti: CSV), nonostante l’opposizione del rappresentate del Ministero dell’ambiente, esprimeva parere favorevole con prescrizioni, nella seduta del 31 luglio 2007.

Con il ricorso di primo grado rubricato al n. 2275/2007 il Comune di Venezia impugnava tali determinazioni, chiedendone l’annullamento.

Con successivo ricorso per motivi aggiunti lo stesso Comune impugnava atti pregressi quali i decreti del Magistrato alle acque n. 3714 del 27 marzo 2006 e n. 6757 del 7 giugno 2007 con il presupposto parere del comitato tecnico n. 13 del 26 gennaio 2007.

Con due ulteriori atti di motivi aggiunti veniva, poi, impugnato il parere favorevole reso dalla CSV in relazione al villaggio operai (parere dato con voto n. 79/3911 del 18 marzo 2008).

Con ricorso di primo grado n. 2289/2007 anche l’odierna appellante associazione WWF Italia Onlus impugnava la delibera della Commissione per la salvaguardia di Venezia del 31 luglio 2007, oltre che la richiamata DGR n. 150 del 28 gennaio 2005 (recante giudizio favorevole di compatibilità ambientale).

Con motivi aggiunti sono stati, poi, impugnati in primo grado anche i menzionati decreti del Magistrato alle acque n. 3714/2006 e 6757/2007, che si dicono conosciuti solo a seguito dei deposito avversario in giudizio del 30 gennaio 2007, deducendo, in sostanza, le medesime censure, anche a titolo di illegittimità derivata dall’illegittimità che inficerebbero la DGR n. 150 del 28 gennaio 2005.

Con la sentenza in epigrafe il Tribunale amministrativo del Veneto, previa riunione, dichiarava in parte irricevibile e in parte inammissibile il ricorso n. 2275/2007 e dichiarava irricevibile il ricorso n. 2289/2007.

La sentenza è stata impugnata in appello dal WWF Italia, il quale ne ha chiesto la riforma articolando i seguenti motivi:

- Ingiustizia della sentenza impugnata con riferimento al capo di decisione che dichiara l’irricevibilità per tardività dell’impugnazione del parere paesaggistico della Commissione di salvaguardia del 31 luglio 2007;

- Omessa valutazione dei motivi di ricorso – Violazione di legge: violazione dell’articolo 146, comma 10 del decreto legislativo n. 42 del 2004;

- Violazione di legge – Violazione dell’articolo 146 del decreto legislativo n. 42 del 2004 sotto altri e diversi profili – Eccesso di potere per contraddittorietà e difetto di istruttoria – Eccesso di potere per contraddittorietà con precedenti atti della P.A. – Violazione del d.P.C.M. 13 dicembre 2005;

- Eccesso di potere per difetto di motivazione: violazione dell’articolo 3 della l. 241 del 1990 – Violazione dell’articolo 146 del decreto legislativo n. 42 del 2004 sotto altro profilo – Sviamento di potere;

- Violazione dell’articolo 146 del decreto legislativo n. 42 del 2004 sotto altro profilo.

Si è costituita in giudizio la Regione Veneto la quale ha concluso nel senso della reiezione dell’appello.

Si è costituito in giudizio il Consorzio Venezia Nuova il quale ha concluso nel senso della inammissibilità e/o dell’infondatezza dell’appello;

Si sono infine costituiti in giudizio il Ministero per i beni e le attività culturali e il Ministero delle infrastrutture e dei trasporti i quali hanno concluso nel senso dell’infondatezza dell’appello.

Alla pubblica udienza del 15 giugno 2017 il ricorso è stato trattenuto in decisione.

DIRITTO

1. Giunge alla decisione del Collegio il ricorso in appello proposto dall’Associazione Italiana per il World Wide Fund for Nature Onlus-ONG (d’ora in poi: ‘WWF Italia’) avverso la sentenza del Tribunale amministrativo del Veneto con cui è stato dichiarato in parte inammissibile e in parte infondato il ricorso avverso gli atti con cui la Regione Veneto e la Commissione per la salvaguardia di Venezia hanno (rispettivamente) espresso parere favorevole e rilasciato la VIA in relazione al progetto definitivo del Consorzio Venezia Nuova che prevedeva l’ubicazione del cantiere di prefabbricazione per il MOSE in prossimità delle Bocche di Malamocco (invece che fuori del territorio, come inizialmente previsto).

2. Il Collegio rileva in primo luogo che la sentenza merita di essere puntualmente confermata per la parte in cui ha rilevato la tardività dell’impugnativa proposta avverso la delibera di Giunta regionale 28 gennaio 2005, n. 150 con la quale, a completamento dell’istruttoria ai fini della valutazione di impatto ambientale, è stato approvato il progetto con il quale venivano individuati i siti di prefabbricazione con l’ubicazione contestata dall’associazione appellante.

Al riguardo è il caso di rilevare che la richiamata delibera regionale (dal cui tenore emergeva in modo evidente e immediatamente percepibile la nuova ubicazione dei richiamati siti di prefabbricazione alle bocche di porto di Malamocco e di Chioggia) era stata pubblicata sul Bollettino Ufficiale della Regione Veneto in data 8 marzo 2005: dal che discende la tardività del ricorso proposto in parte qua dal WWF al Tribunale amministrativo regionale del Veneto (il ricorso risulta infatti notificato solo nel novembre del 2007).

Ai limitati fini che qui rilevano risulta comunque in modo inequivoco che l’appellante WWF fosse pienamente a conoscenza della richiamata VIA regionale per averne contestato il contenuto già nel luglio del 2006 dinanzi alla Commissione europea.

2.1. L’appello deve quindi essere sotto tale aspetto respinto.

3. Occorre a questo punto esaminare l’impugnativa del capo della sentenza n. 3367/2008 con cui è stato altresì dichiarato irricevibile il ricorso avverso la delibera in data 31 luglio 2007 della Commissione per la salvaguardia di Venezia (d’ora in poi: ‘la CSV’) che ha espresso parere favorevole, anche ai fini paesaggistici, in relazione alla nuova ubicazione dei siti di prefabbricazione.

L’appellante WWF Italia contesta il richiamato capo della sentenza osservando in particolare:

- che non potrebbe affermarsi il carattere di strumentalità e ausiliarietà fra la delibera della CSV in data 31 luglio 2007 (avente valore di autorizzazione ai fini paesaggistici) e l’ubicazione dei cantieri di prefabbricazione recata dalla delibera regionale del 28 gennaio 2005 (con valore di approvazione della VIA regionale);

- che i due atti rispondono a finalità diverse (il primo è rivolto a scopi di tutela paesaggistica, il secondo a finalità di salvaguardia ambientale), ragione per cui non potrebbe ritenersi che la tardiva impugnazione del secondo di essi si riverberi anche nell’irricevibilità del ricorso proposto avverso il primo.

3.1. Il Collegio osserva che, in disparte la questione (in ogni caso opinabile) relativa alla tempestività del primo ricorso (per la parte in cui era proposto anche avverso la delibera della CSV in data 31 luglio 2007), tale ricorso risultasse comunque inammissibile.

3.2. Va premesso che non era stimato pacifico in atti che occorresse esprimere un parere ai fini paesaggistici in relazione alla nuova ubicazione dei cantieri di prefabbricazione. Invero, risulta che l’Avvocatura dello Stato, richiesta sul punto di un avviso, si era espressa in termini sostanzialmente dubitativi, evidenziando l’opportunità di acquisire il parere infine espresso dalla CSV nel luglio del 2007 (in tal senso, il parere dell’Avvocatura in data 15 gennaio 2007, il quale rappresentava che fosse opportuno acquisire i parere in questione “ quantomeno a titolo cautelativo ”).

3.3. E’ rilevante osservare che WWF Italia si è limitata ad impugnare in primo grado il solo parere ai fini paesaggistici adottato dalla CSV (da intendersi quale atto privo di valenza autonomamente abilitante), ma ha omesso di impugnare tempestivamente il provvedimento finale con il quale il Magistrato alle Acque di Venezia ha rilasciato i titoli abilitativi finali (comprensivi della contestata localizzazione dei cantieri di prefabbricazione) in data 27 marzo 2006 e 7 giugno 2007.

Pertanto, dall’eventuale annullamento della richiamata delibera del 31 luglio 2007 non deriverebbe comunque il travolgimento degli atti – ormai definitivi - con cui il Magistrato alle acque aveva approvato il progetto infrastrutturale comprensivo della contestata localizzazione (e ciò in quanto tali atti si erano ormai consolidati prima ancora che l’appellante impugnasse in giudizio la richiamata delibera - con valenza di autorizzazione ai fini paesaggistici -).

Sotto tale aspetto il ricorso di primo grado risultava ab origine inammissibile.

4. Occorre inoltre esaminare sotto ulteriori angoli visuali l’originaria sussistenza e la permanenza in capo all’appellante di uno specifico interesse alla coltivazione dell’impugnazione.

4.1. Al riguardo la stessa appellante si dice consapevole del fatto che la contestata localizzazione dei siti di prefabbricazione abbia prodotto effetti non più reversibili, non essendo ipotizzabile lo spostamento di tali siti.

La res controversa deve quindi essere esaminata alla luce dell’articolo 34, comma 3, Cod. proc. amm., secondo cui “ quando, nel corso del giudizio, l’annullamento del provvedimento impugnato non risulta più utile per il ricorrente, il giudice accerta l’illegittimità dell’atto se sussiste l’interesse ai fini risarcitori ” (la disposizione, costituendo espressione di generali princìpi di matrice processuale, è idonea a governare anche le vicende processuali sorte prima dell’entrata in vigore del Codice del processo amministrativo: Cons. Stato, IV, 18 maggio 2012, n. 2916).

Ebbene, alla luce di quanto dinanzi osservato non può ritenersi che l’associazione appellante potrebbe conseguire un’effettiva utilità dall’eventuale annullamento della (sola) delibera della CSV in data 31 luglio 2007 (infatti un tale annullamento non determinerebbe comunque lo spostamento della contestata localizzazione).

Per quanto riguarda, poi, la possibilità di perseguire l’annullamento dell’atto al fine di conseguire un’utilità ai fini risarcitori, va qui richiamato il condiviso orientamento secondo cui l’applicazione della richiamata disposizione presuppone comunque un’espressa istanza dell'interessato (Cons. Stato, V, 6 dicembre 2010, n. 8550;
14 dicembre 2011, n. 6539).

Pertanto, a fronte del venir meno in corso di causa di un effettivo interesse all’ulteriore coltivazione dell’impugnativa ai fini costitutivi di annullamento, la disposizione da ultimo richiamata non impedisce la declaratoria di improcedibilità, tanto più che è necessario che la parte interessata abbia formulato una specifica istanza in tal senso (istanza che, nel caso in esame, non risulta formulata).

La giurisprudenza di questo Consiglio di Stato ha chiarito al riguardo che una tale soluzione:

i) risulta coerente con il contesto normativo che disciplina l'azione di risarcimento del danno (la quale può essere proposta insieme alla domanda di annullamento, durante la pendenza del relativo giudizio, ovvero in via autonoma);

ii) è rispettosa del principio generale della domanda (art. 34, comma 1, Cod. proc. amm.);

iii) attribuisce un significato utile all'inciso “ (…) se sussiste l'interesse ai fini risarcitori ” dell'articolo 34, comma 3, in relazione all'obbligo del giudice di dichiarare improcedibile il ricorso se sopravviene il difetto di interesse, ex art. 35, comma. 1, lett. c) , Cod. proc. amm., obbligo che non concerne solo il ricorso per annullamento ma tutte le domande proponibili davanti al giudice amministrativo;

iv) risulta conforme al principio di economia dei mezzi processuali (corollario della ragionevole durata del processo, art. 2, comma. 2, Cod. proc. amm.), per cui in mancanza di una espressa volontà della parte (in qualunque forma manifestata sino all'udienza di discussione), si evita una inutile attività giurisdizionale volta a stabilire se il provvedimento sia illegittimo;

v) sotto il profilo sistematico risulta coerente con la litera e la ratio dell'art. 104 Cod. proc. amm. che, dopo aver ribadito il divieto nel processo amministrativo di proporre domande nuove in appello, introduce tre eccezioni, la prima delle quali incentrata proprio sull'art. 34, comma 3, Cod. proc. amm. (si tratta di un temperamento specifico per il processo amministrativo, innovativamente introdotto dal Codice del processo amministrativo, di cui non vi era traccia nel sistema previgente).

La portata dell'eccezione al divieto di domande nuove, fatta dall'art. 104, comma 1, Cod. proc. amm., mediante richiamo all'art. 34, comma 3, è da intendersi nel senso che la domanda di accertamento dell'illegittimità in funzione dell'interesse risarcitorio (indispensabile atteso che il giudice non può pronunciarsi ex officio ritenendo compresa la richiesta di accertamento in quella di annullamento), formulata per la prima volta in appello, non è una domanda nuova inammissibile, rispetto all'originaria domanda di annullamento, se nelle more tra giudizio di primo grado e di appello, è venuto meno l'interesse all'annullamento dell'atto, ma residua l'interesse al riscontro della sua illegittimità (in tal senso: Cons. Stato, V, 30 giugno 2011, n. 3913).

Per le ragioni appena richiamate l'applicazione dell'art. 34, comma 3, Cod. proc. amm. presuppone, dunque, una specifica richiesta di parte a ciò rivolta (in senso analogo: Cons. Stato, V, 14 dicembre 2011, n. 6541; id ., IV, 7 novembre 2012, n. 5674, e 28 dicembre 2012, n. 6703).

Non avendo l’associazione appellante adottato un’iniziativa nel senso richiamato, deve concludersi per l’improcedibilità dell’appello.

4.2. In secondo luogo l’appellante ha affermato (pagina 10 del ricorso in appello) di avere interesse alla coltivazione del ricorso al fine di sentir “ affermare il principio che qualsiasi intervento, anche provvisorio ma di grande impatto per il sistema lagunare, debba essere sempre e necessariamente preceduto da una valutazione paesaggistica da parte della Commissione per la Salvaguardia la quale a sua volta debba essere attenta, meditata e soprattutto motivata ”.

L’affermazione non può essere condivisa: sia perché mira a radicare in capo alla privata associazione appellante una sorta di interesse processuale in re ipsa volto a riconoscere una spuria legittimazione ad agire ‘nell’interesse della legge’, per la quale non ha titolo nella legge;
sia perché mira a superare i necessari canoni della titolarità, concretezza ed attualità che devono supportare l’azione dinanzi al giudice amministrativo, sostituendoli con un astratto interesse alla coltivazione di un giudizio a solo sostegno di un asserito principio di diritto.

5. Per le ragioni dinanzi esposte il ricorso non può trovare accoglimento, sia pure per ragioni in parte differenti da quelle enunciate dalla sentenza impugnata e consistenti in parte nell’infondatezza, in parte nell’inammissibilità e in parte nell’improcedibilità dell’appello.

Le spese seguono la soccombenza e vengono liquidate in dispositivo.

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