Consiglio di Stato, sez. II, sentenza breve 2023-11-29, n. 202310247

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Il provvedimento analizzato è una sentenza del Consiglio di Stato, Sezione Seconda, pubblicata il 29 novembre 2023, con numero di registro generale 7599 del 2023. Le parti in causa sono il Ministero dell'Economia e delle Finanze e gli eredi di un ufficiale della Guardia di Finanza. Gli eredi hanno richiesto la ripetizione degli emolumenti non percepiti durante i periodi di sospensione dall'impiego del defunto, sostenendo che il decesso estingue il procedimento disciplinare e che l'Amministrazione dovesse valutare i diritti patrimoniali connessi. L'Amministrazione, al contrario, ha sostenuto la necessità di un procedimento disciplinare per stabilizzare gli effetti delle sospensioni.

Il Consiglio di Stato ha respinto l'appello, affermando che il decesso dell'ufficiale estingue il procedimento disciplinare, come previsto dall'art. 1374 del d.lgs. 66/2010. Ha argomentato che l'instaurazione di un procedimento disciplinare postumo sarebbe contraria alla normativa vigente e che la richiesta di ricostruzione della carriera da parte degli eredi non poteva essere considerata un procedimento disciplinare. Inoltre, ha evidenziato che l'Amministrazione non aveva attivato tempestivamente il procedimento disciplinare, rendendo irrilevanti i richiami a norme analoghe. La sentenza si conclude con la compensazione delle spese di giudizio, riconoscendo la particolarità della vicenda.

Sul provvedimento

Citazione :
Consiglio di Stato, sez. II, sentenza breve 2023-11-29, n. 202310247
Giurisdizione : Consiglio di Stato
Numero : 202310247
Data del deposito : 29 novembre 2023
Fonte ufficiale :

Testo completo

Pubblicato il 29/11/2023

N. 10247/2023REG.PROV.COLL.

N. 07599/2023 REG.RIC.

REPUBBLICA ITALIANA

IN NOME DEL POPOLO ITALIANO

Il Consiglio di Stato

in sede giurisdizionale (Sezione Seconda)

ha pronunciato la presente

SENTENZA

ex artt. 38 e 60 cod. proc. amm.
sul ricorso numero di registro generale 7599 del 2023, proposto dal Ministero dell'Economia e delle Finanze - Comando Generale della Guardia di Finanza, in persona del ministro in carica, rappresentato e difeso dall'Avvocatura Generale dello Stato, domiciliataria ex lege in Roma, via dei Portoghesi, n. 12;

contro

i signori -OMISSIS- in proprio e nella qualità di eredi del sig.-OMISSIS- rappresentati e difesi dagli avvocati A P e S Z, con domicilio digitale come da PEC Registri di Giustizia;

per la riforma

della sentenza del Tribunale Amministrativo Regionale per il Lazio, sezione staccata di Latina, Sezione Prima, n. -OMISSIS- resa tra le parti;


Visti il ricorso in appello e i relativi allegati;

Visti gli atti di costituzione in giudizio dei signori-OMISSIS-

Visti tutti gli atti della causa;

Relatore nella camera di consiglio del giorno 10 ottobre 2023 il Cons. U D C e udito per gli appellati l’avvocato A P, avvisato ex art. 60 c.p.a. dell’intenzione del Collegio di decidere la causa direttamente nel merito;

Ritenuto e considerato in fatto e diritto quanto segue.


FATTO e DIRITTO

1. Il ten. col. G. d. F. -OMISSIS- veniva sottoposto a due procedimenti penali, il primo per concussione ed il secondo per peculato.

A causa della richiesta di rinvio a giudizio da parte della Procura della Repubblica di Grosseto per il primo procedimento il predetto ufficiale veniva sospeso precauzionalmente dall’impiego, a titolo facoltativo, ai sensi dell’art. 916 d.lgs. 66/2010, a decorrere dal 29 dicembre 2015 e fino all’8 febbraio 2017, data di collocamento in congedo assoluto per infermità: giova aggiungere per completezza che il ricorso giurisdizionale proposto dall’interessato avverso detto provvedimento veniva respinto.

Anche in relazione al secondo procedimento penale l’ufficiale veniva rinviato a giudizio dalla Procura della Repubblica di Grosseto, subendo un ulteriore periodo di sospensione a titolo facoltativo dal 29 febbraio 2016 al 7 marzo 2016.

L’ufficiale decedeva in data 22 agosto 2017 e i processi penali si concludevano con sentenza di non doversi procedere in ordine ai reati a lui ascritti perché estinti per morte.

2. Gli eredi dell’ufficiale con istanza del 30 novembre 2021 chiedevano all’Amministrazione la ripetizione dei maggiori importi della retribuzione non percepiti dal de cuius durante tutti i periodi di sospensione dall’impiego.

Il Comandante Generale della Guardia di Finanza, giusta provvedimento n. 4846 dell’11 gennaio 2022, ordinava allora un’inchiesta formale disciplinare da svolgersi in contraddittorio con gli eredi dell’ufficiale nelle forme del procedimento disciplinare di stato ex art. 920, comma 5, C.O.M., essendo necessario stabilizzare gli effetti dei provvedimenti cautelari che avevano riguardato l’ufficiale e quindi cristallizzare nell’ordinamento ovvero revocare a tutti gli effetti quelle sospensioni dall’impiego, disciplinandone i connessi effetti giuridici ed economici.

All’esito del relativo procedimento disciplinare, che veniva avviato con una formale contestazione di addebiti, con determinazione del Comandante generale del Corpo della Guardia di Finanza prot. 0148917/2022 del 19 maggio 2022 veniva, da un lato, inflitta all’ufficiale la sanzione di stato della sospensione dall’impiego per la durata di dieci mesi, dal 29 dicembre 2015 al 28 ottobre 2016, e, dall’altro, veniva revocata retroattivamente a tutti gli effetti la sospensione precauzionale dal 29 ottobre 2016 all’8 febbraio 2017.

3. Il Tribunale amministrativo regionale per il Lazio, sede di Latina, adito dagli eredi per l’annullamento del provvedimento disciplinare, con la sentenza segnata in epigrafe ha accolto il ricorso ritenendo che, a mente dell’art. 1374 d.lgs. 66/2010, la morte del militare estingue il procedimento disciplinare e che tale principio sia applicabile anche nei casi in cui sia possibile sottoporre a procedimento disciplinare soggetti che siano cessati dal servizio per qualunque causa ai sensi dell’art. 920, comma 5, d.lgs. 66/2010;
ha negato che il procedimento cui fa riferimento l’art. 1394, comma 2, d.lgs. 66/2010 possa essere di natura disciplinare;
ha evidenziato che il decesso dell’ufficiale neppure poteva considerarsi causa immediata della cessazione dal servizio, determinata invece da un’infermità che aveva poi portato qualche mese dopo all’esito letale;
ha infine precisato che l’Amministrazione deve valutare, in contraddittorio con gli eredi dell’ufficiale deceduto, l’eventuale spettanza dei benefici corrispondenti ad una ricostruzione di carriera in sede procedimentale diversa dalla celebrazione di un vero e proprio procedimento disciplinare a carico dello scomparso e di conseguenza ha espressamente respinto la domanda di accertamento proposta dai ricorrenti in considerazione dei vizi accertati e della discrezionalità degli accertamenti richiesti all’Amministrazione per poter riscontrare la domanda degli eredi dell’ufficiale, non potendo pronunciarsi ai sensi dell’art. 34, comma 2, c.p.a. sui diritti patrimoniali conseguenziali;
ha ugualmente respinto anche la domanda di risarcimento del danno.

4. L’Amministrazione, come segnata in epigrafe, ha chiesto la riforma di tale sentenza di cui ha lamentato l’erroneità e l’ingiustizia, deducendo in particolare, attraverso un unico articolato motivo di censura, che:

- il primo giudice non avrebbe tenuto conto del fatto di aver egli stesso respinto con la sentenza -OMISSIS-il ricorso proposto dall’ufficiale avverso il primo provvedimento di sospensione;

- l’instaurazione del procedimento disciplinare sarebbe stata imposta dall’art. 1394, comma 2, d.lgs. 66/2010 e sarebbe stata necessaria per stabilizzare gli effetti dei provvedimenti cautelari adottati a suo tempo nei confronti dell’ufficiale e poter così rispondere alla richiesta dei suoi eredi di ottenere gli emolumenti arretrati asseritamente spettanti;

- l’eccezione alla previsione generale dell’art. 1374, secondo cui il decesso dell’incolpato estingue il procedimento disciplinare, sarebbe stata giustificata dalla norma di cui all’art. 920, comma 5, secondo cui la cessazione dal servizio, a qualunque titolo prestato, non impedisce lo svolgimento del procedimento disciplinare nei confronti del militare sospeso, che rappresentava una disposizione innovativa, non rinvenibile nella disciplina anteriore al codice dell’ordinamento militare, in cui si positivizzano orientamenti giurisprudenziali in tema di stabilizzazione del presofferto cautelare;

- anche nel testo unico dei dipendenti dello stato sarebbe rinvenibile una norma analoga, cioè l’art. 55 bis , comma 9, d.lgs. 165/2001, secondo cui è possibile concludere il procedimento disciplinare del dipendente con cui è cessato il rapporto di lavoro se sia stata disposta la sospensione cautelare dal servizio e le determinazioni conclusive sono assunte ai fini degli effetti giuridici ed economici;
ugualmente l’art. 121 d.P.R. 3/1957 prevedeva che “ il procedimento disciplinare può essere riaperto se l’impiegato cui fu inflitta la sanzione ovvero la vedova o i figli minorenni che possono avere diritto al trattamento di quiescenza adducano nuove prove tali da far ritenere che sia applicabile una sanzione minore o possa essere dichiarato il proscioglimento dall’addebito ”.

5. Si sono costituiti in giudizio i signori -OMISSIS- che hanno dedotto l’inammissibilità ed infondatezza dell’appello, chiedendone il rigetto.

6. L’appello è infondato.

6.1. Pacifici essendo i fatti di causa, le questioni che la controversia de qua pone vertono essenzialmente sulle modalità di stabilizzazione degli effetti dei provvedimenti cautelari di sospensione dal servizio sopportati dal militare, anche nei suoi rapporti con la previsione dell’art. 1394, e sulla natura giuridica del procedimento previsto proprio da quest’ultima disposizione.

6.1.1. Quanto al primo profilo si osserva quanto segue.

6.1.1.1. Il Codice dell’ordinamento militare (D. Lgs. 15 marzo 2020, n. 66) contempla espressamente per il militare la sospensione dall’impiego a seguito di condanna penale (art. 914), la sospensione precauzionale obbligatoria (art. 915), quella precauzionale facoltativa connessa a procedimento penale (art. 916) e quella precauzionale facoltativa connessa a procedimento disciplinare (art. 917), individuandone i singoli presupposti.

Coerentemente con la sua natura provvisoria e interinale è regolata anche la fattispecie della sua revoca, con effetti retroattivi (ex art. 918, comma 1: a) se il procedimento penale ha termine con sentenza definitiva che dichiara che il fatto non sussiste o che l’imputato non l’ha commesso;
b) in ogni altro caso di proscioglimento, se il militare non è sottoposto a procedimento disciplinare di stato;
c) se, per i medesimi fatti contestati in sede penale, il procedimento disciplinare si esaurisce senza dar luogo a sanzione di stato, ovvero si conclude con l’irrogazione della sospensione disciplinare per un periodo che non assorbe quello sofferto a titolo di sospensione precauzionale;
d) se il militare è stato assolto all’esito del giudizio penale di revisione;
resta ferma (art. 918, comma 2) la potestà di revoca del provvedimento di sospensione precauzionale per motivi sopravvenuti di interesse pubblico, per mutamento della situazione di fatto e per una nuova valutazione dell’interesse pubblico originario.

Completezza espositiva impone di rilevare che, ai sensi dell’art. 920, comma 5, la cessazione dal servizio, a qualunque titolo prestato, non impedisce lo svolgimento del procedimento disciplinare nei confronti del militare sospeso.

L’art. 921, nel disciplinare poi la ricostruzione della carriera e il rimborso delle spese spettanti al dipendente nei cui confronti sia intervenuta la revoca della sospensione, conferma ulteriormente la natura interinale e provvisoria degli effetti della sospensione dall’impiego, effetti che devono, secondo la stessa voluntas del legislatore, essere stabilizzati.

6.1.1.2. Deve aggiungersi che gli effetti della sospensione dall’impiego, proprio per la più volte già segnalata sua natura, sono destinati a venir meno anche qualora il provvedimento cautelare divenga privo di titolo, allorché cioè all’esito del procedimento penale quello disciplinare non venga attivato.

L’articolo 1392 prevede infatti che il procedimento disciplinare di stato a seguito di giudizio penale, salvo il caso (che non ricorre nel caso di specie) in cui l’amministrazione abbia già proceduto disciplinarmente ai sensi dell’art. 1393, comma 1, deve essere instaurato con la contestazione degli addebiti all’incolpato, entro 90 giorni dalla data in cui l’amministrazione ha avuto conoscenza integrale della sentenza o del decreto penale irrevocabili, che lo concludono , ovvero del provvedimento di archiviazione.

6.1.1.3. Nel caso di specie il procedimento disciplinare non è stato attivato e non poteva neppure esserlo, essendo intervenuto il decesso dell’ufficiale, con conseguente applicazione della disposizione di cui all’art. 1374, secondo cui il decesso dell’incolpato estingue il procedimento penale. Ma anche a voler ammettere che nella fattispecie in esame potesse ugualmente avviarsi il procedimento disciplinate, è pacifico che esso non è stato avviato tempestivamente, nei termini sopra indicati.

6.1.2. Viene pertanto in evidenza il secondo profilo controverso e cioè la previsione dell’art. 1394 sulla quale hanno fatto perno gli eredi dell’ufficiale per ottenere la ricostruzione della carriera in conseguenza delle sospensioni dal servizio sofferte dal loro congiunto.

6.1.2.1 La norma in realtà disciplina due diverse fattispecie, una sostanzialmente officiosa (comma 1) al verificarsi dei presupposti ivi espressamente previsti (lett. a – d);
l’altra su richiesta dei familiari eredi del militare deceduto prima della conclusione del giudizio penale o (prima del) del procedimento disciplinare ovvero durante lo svolgimento del procedimento di revisione penale.

Tale seconda fattispecie, lungi dall’apprestare un ulteriore strumento per l’amministrazione di stabilizzare gli effetti dei provvedimenti di sospensione dall’impiego (così come inteso dall’amministrazione), costituisce una misura di favore per il militare deceduto ed in particolare per i suoi eredi, consentendo ad essi di evitare le consegue negative del decesso intervenuto prima della conclusione del giudizio penale o del procedimento disciplinare, decesso che evidentemente ha fatto venir meno in modo definitivo privo di effetti il provvedimento di sospensione dall’impiego.

6.1.2.2. E’ significativo della natura di beneficio di tale disposizione la circostanza che essa non qualifica affatto il procedimento valutativo che segue la richiesta dei familiari del militare defunto come procedimento disciplinare o afflittivo e tanto meno ad esso può essere attribuito un simile carattere, non potendo sottacersi che, diversamente opinando, si introdurrebbero surrettiziamente ulteriori norme di carattere afflittive o disciplinari oltre quelle già espressamente previste.

Peraltro sotto il profilo strettamente letterale è proprio l’impossibilità della conclusione del giudizio penale o del procedimento disciplinare a causa del decesso del militare a costituire il presupposto della domanda di ricostruzione della carriera da parte dei suoi familiari ed eredi, così che è del tutto illogica e contraddittoria un’interpretazione della norma che, proprio per l’impossibilità di concludere il procedimento penale o disciplinare (evidentemente anche a favore del militare), ipotizzi un ulteriore procedimento disciplinare in danno del deceduto.

6.2. La evidente specialità del Codice dell’ordinamento militare rende irrilevanti i richiami operati dall’Amministrazione appellante a disposizioni asseritamente analoghe, in particolare quelle di cui all’art. 55, comma 9, del D. Lgs. n. 165 del 2001 (secondo cui “la cessazione del rapporto di lavoro estingue il procedimento disciplinare salvo che per l’infrazione commessa sia prevista la sanzione del licenziamento o sia stata disposta la sospensione cautelare dal servizio. In tal caso le determinazioni conclusive sono assunte ai fini degli effetti giuridici ed economici non preclusi dalla cessazione del rapporto di lavoro”) e di cui all’art. 121, comma 1, del D.P.R. 10 gennaio 1957, n. 3 (secondo cui “Il procedimento disciplinare può essere riaperto se l’impiegato cui fu inflitta la sanzione ovvero la vedova o i figli minorenni che possono avere diritto al trattamento di quiescenza adducano nuove prove tali da far ritenere che sia applicabile una sanzione minore o possa essere dichiarato il proscioglimento dell’addebito”).

Infatti entrambe le norme presuppongono la sussistenza di un procedimento disciplinare - che nel caso di specie neppure c’è stato - e quanto alla seconda disposizione si tratta evidentemente di una previsione di favore per il dipendente, laddove la tesi propugnata dell’amministrazione è finalizzata ad ammettere una non consentita reformatio in pejus (in particolare l’inflizione di una sanzione disciplinare per mitigare gli effetti della richiesta di ricostruzione della carriera).

6.3. Resta da aggiungere per completezza che l’instaurazione del procedimento disciplinare disposta nel caso di specie dall’Amministrazione si scontra con il divieto previsto dall’art. 1374 d.lgs. 66/2010 di sottoporre un militare defunto a procedimento disciplinare, divieto che non può essere aggirato dal riferimento all’art. 920, comma 5, d.lgs. 66/2010, che prevede la possibilità di instaurare un procedimento disciplinare anche nei confronti di coloro che sono cessati dal servizio. Tale norma non può riferirsi anche ai militari defunti poiché è evidente che vi può essere una ragione per sottoporre a procedimento disciplinare chi è cessato dal servizio poiché permangono alcuni aspetti dello status di militare anche in chi si è congedato, ma deve trattarsi di persone ancora in vita.

7. In conclusione l’appello deve essere respinto, ma la particolarità della vicenda e l’assenza di precedenti specifici consente la compensazione delle spese di giudizio del doppio grado.

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