Consiglio di Stato, sez. IV, sentenza 2009-09-22, n. 200905661
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N. 05661/2009 REG.DEC.
N. 02594/2009 REG.RIC.
REPUBBLICA ITALIANA
IN NOME DEL POPOLO ITALIANO
Il Consiglio di Stato
in sede giurisdizionale (Sezione Quarta)
ha pronunciato la presente
DECISIONE
sul ricorso in appello nr. 2594 del 2009, proposto dal dott. G R, rappresentato e difeso dall’avv. G F, con domicilio eletto presso lo stesso in Roma, viale Gorizia, 25/c,
contro
- la PRESIDENZA DEL CONSIGLIO DEI MINISTRI, in persona del Presidente “pro tempore”,
- il CONSIGLIO DI PRESIDENZA DELLA GIUSTIZIA AMMINISTRATIVA, in persona del Presidente “pro tempore”,
rappresentati e difesi “ope legis” dall’Avvocatura Generale dello Stato, domiciliati per legge in Roma, via dei Portoghesi, 12;
nei confronti di
dott. PASQUALE DE LISE, non costituito,
per l’annullamento
della sentenza del T.A.R. del Lazio, Sezione Terza, nr. 1333/09, depositata in data 9 febbraio 2009, non notificata, emessa su ricorso a reg. gen. 7374/2008, ricorso inteso all’annullamento: 1) del d.P.R. 23 giugno 2008 e del d.P.C.M. 17 giugno 2008, di nomina del Presidente de L alla funzione di Presidente Aggiunto del Consiglio di Stato;2) nonché, “in parte qua”, delle deliberazioni del Consiglio di Presidenza della Giustizia Amministrativa del 15 maggio 2008 e della IV Commissione dello stesso Consiglio dei giorni 15 e 9 maggio 2008, nonché, per quanto essa rilevi, della deliberazione del Consiglio in data 30 maggio 2008;3) nonché di tutti gli atti presupposti e/o consequenziali e/o connessi alla procedura di nomina del Presidente de L, con riguardo anche a provvedimenti, non conosciuti ma eventualmente sussistenti, di riconoscimento allo stesso dello “status” di cui all’art. 50 della legge 27 aprile 1982, nr. 186.
Visto il ricorso con i relativi allegati;
Visto l’atto di costituzione delle Amministrazioni appellate;
Viste le memorie prodotte dall’appellante (in data 24 giugno 2009) e dall’Amministrazione (in data 26 giugno 2009) a sostegno delle rispettive difese;
Visti tutti gli atti della causa;
Relatore, all’udienza pubblica del giorno 7 luglio 2009, il Cons. Raffaele Greco;
Uditi l’avv. Falini per l’appellante e l’avv. dello Stato Aldo Linguiti per l’Amministrazione;
Ritenuto e considerato in fatto e diritto quanto segue:
FATTO
Il dott. G R, in atto Presidente titolare della Sezione Sesta del Consiglio di Stato, ha impugnato, chiedendone l’annullamento, la sentenza con la quale il T.A.R. del Lazio ha respinto il ricorso da lui proposto avverso gli atti relativi alla nomina del dott. Pasquale de L alla funzione di Presidente Aggiunto del Consiglio di Stato.
A sostegno dell’appello ha dedotto:
1) l’erroneità della sentenza laddove ha dichiarato inammissibili, per difetto di tempestiva impugnazione, le censure proposte in ricorso avverso gli atti posti in essere dal Consiglio di Presidenza della Giustizia Amministrativa anteriormente alle delibere del maggio 2008 (culminati nella nomina alla funzione di Presidente Aggiunto del pres. C C);
2) l’erronea applicazione dell’art. 6-bis del decreto legge 24 dicembre 2003, nr. 354, convertito in legge 26 febbraio 2004, nr. 45, e relativo eccesso di potere (con riguardo alla parte della sentenza in cui il primo giudice non ha ritenuto che, fra i requisiti necessari per la nomina a Presidente Aggiunto, rientrasse anche lo svolgimento attuale delle funzioni di Presidente di Sezione del Consiglio di Stato, requisito non posseduto dal pres. de L, all’epoca Presidente del T.A.R. del Lazio);
3) erroneità della sentenza impugnata in ordine alla illegittima ammissione alla procedura del pres. de L (neanche a seguito della modifica dei criteri dell’interpello operata dal C.P.G.A., in contraddizione con i criteri seguiti nelle precedenti occasioni in cui si era proceduto alla nomina del Presidente Aggiunto);
4) erroneità della sentenza con riguardo all’asserita irrilevanza, nella specie, dell’art. 50 della legge 27 aprile 1982, nr. 186 (laddove, invece, proprio in applicazione di tale norma – peraltro nella specie non invocabile - il pres. de L era stato illegittimamente ammesso alla procedura);
5) erroneità della sentenza laddove afferma che il pres. de L non aveva alcun onere, per poter partecipare alla procedura “de qua”, di presentare formale domanda di rientro nel ruolo del Consiglio di Stato;
6) erronea applicazione dell’art. 21 della legge nr. 186 del 1982 (laddove il primo giudice ha negato che il pres. de L fosse tenuto all’osservanza del triennio di permanenza nella sede ricoperta, prescritto da tale norma, prima di poter ottenere l’assegnazione ad altra sede);
7) erronea applicazione dell’art. 9 del d.P.R. 21 aprile 1973, nr. 214 (laddove il T.A.R. ha considerato detta norma coma una mera “misura organizzativa di massima”, in riferimento al rientro del pres. de L nel ruolo del Consiglio di Stato in data anteriore al 1 gennaio 2009, tale da violare gli interessi dell’odierno appellante e del pres. Raffaele I);
8) erronea applicazione degli artt. 11, comma 2, della legge 6 dicembre 1971, nr. 1034, e dell’art. 9 del d.P.R. nr. 214 del 1973 (con riferimento alla carenza in organico, al momento dell’interpello, di un posto vacante di Presidente di Sezione titolare del Consiglio di Stato, che precludeva al pres. de L la presentazione di domanda per la partecipazione alla procedura);
9) omessa pronuncia su taluni motivi di ricorso (in relazione all’asserita ininfluenza, ai fini della determinazione finale dell’Amministrazione, del parere della IV Commissione del C.P.G.A. del 9 maggio 2008, il quale aveva invece prodotto l’effetto di indurre il pres. I a revocare la domanda di nomina alla funzione “de qua”, ed inoltre aveva comportato grave modifica dei criteri in precedenza seguiti dallo stesso C.P.G.A., con penalizzazione dell’odierno appellante).
Le Amministrazioni appellanti, costituitesi, hanno diffusamente controdedotto ai motivi di appello, assumendone l’infondatezza e chiedendo la integrale reiezione del gravame, con la conseguente conferma della sentenza di primo grado.
All’udienza del 7 luglio 2009, la causa è stata introitata per la decisione.
DIRITTO
1. Giunge all’attenzione di questa Sezione il contenzioso, avviato dal ricorso del pres. G R, in ordine agli atti posti in essere dalla Presidenza del Consiglio dei Ministri e dal Consiglio di Presidenza della Giustizia Amministrativa in relazione alla nomina del Presidente Aggiunto del Consiglio di Stato, procedura nella specie conclusasi con la nomina del pres. Pasquale de L.
Al riguardo, giova preliminarmente rammentare che la figura del Presidente Aggiunto del Consiglio di Stato è stata introdotta nell’ordinamento della magistratura amministrativa dall’art. 6-bis del decreto legge 24 dicembre 2003, nr. 354, aggiunto in sede di conversione dalla legge 26 febbraio 2004, nr. 45, disposizione che al comma 2 così testualmente recita: “Nell’ordinamento della magistratura amministrativa è istituito il posto di Presidente aggiunto del Consiglio di Stato, parificato a ogni effetto giuridico ed economico, escluso l’incremento retributivo di cui al presente comma, a quello del Presidente aggiunto della Corte suprema di cassazione, con conseguente incremento di una unità nella dotazione organica complessiva. La tabella A allegata alla legge 27 aprile 1982, n. 186, e successive modificazioni, è conformemente modificata. Il Presidente aggiunto del Consiglio di Stato, oltre a svolgere le funzioni di presidente di una sezione del Consiglio di Stato, sostituisce, nei casi di assenza o impedimento, il Presidente del Consiglio di Stato e lo coadiuva nei compiti affidatigli. Al Presidente del Consiglio di Stato è riconosciuto un incremento retributivo pari alla metà della differenza tra il trattamento economico previsto per il Presidente aggiunto della Corte suprema di cassazione e quello previsto per il Primo Presidente della stessa Corte”.
2. Ancora in via preliminare, giova richiamare sinteticamente la successione cronologica degli atti e provvedimenti che rivestono interesse ai fini del presente giudizio, sostanzialmente corrispondenti a due procedimenti consecutivi per la nomina alla funzione di Presidente Aggiunto.
In particolare:
- in data 1 ottobre 2007, a seguito della nomina del pres. Paolo Salvatore (già Presidente Aggiunto) alla carica di Presidente del Consiglio di Stato, era indetto l’interpello per il posto nuovamente vacante di Presidente Aggiunto;
- detto interpello era rinnovato con delibera del C.P.G.A. del 10 ottobre 2007, a seguito di disguidi verificatisi nell’invio delle comunicazioni agli interessati;
- a conclusione di un complesso iter procedimentale, nel quale s’inseriva anche un ricorso giurisdizionale proposto dal pres. C C dinanzi al T.A.R. del Lazio, il C.P.G.A., con delibera del 20 dicembre 2007, nominava Presidente Aggiunto lo stesso pres. C;
- all’esito della registrazione del d.P.R. di nomina, intervenivano le dimissioni del pres. C dalla magistratura amministrativa;
- nella seduta del 18 aprile 2008, il C.P.G.A. accettava la predette dimissioni e contestualmente indiceva un nuovo interpello per la copertura del posto di Presidente Aggiunto;
- a seguito di detto interpello, presentavano domanda il pres. Raffaele I, il pres. Pasquale de L e l’odierno appellante (quest’ultimo, solo “subordinatamente” al pres. I);
- nella seduta del 9 maggio 2008, la IV Commissione del C.P.G.A., dopo aver riesaminato la questione dei criteri per la nomina a Presidente Aggiunto, proponeva la nomina del pres. de L;
- in data 13 maggio 2008, nelle more dell’esame della proposta da parte del “plenum” del C.P.G.A., il pres. I rinunciava alla propria domanda;
- conseguentemente, in data 15 maggio 2008 si riuniva nuovamente la IV Commissione per procedere al nuovo esame delle domande rimaste, concludendo nuovamente con proposta di nomina del pres. de L;
- con delibera dello stesso 15 maggio 2008, il “plenum” del C.P.G.A. nominava il pres. de L alla funzione di Presidente Aggiunto del Consiglio di Stato;
- in data 19 maggio 2008, il pres. R formulava una serie di osservazioni al C.P.G.A. in ordine alla nomina del pres. de L;
- tali osservazioni venivano respinte, e conseguentemente era confermata la nomina del pres. de L, dapprima dalla IV Commissione (in data 28 maggio 2008) e quindi dal “plenum” del C.P.G.A. (in data 30 maggio 2008);
- con d.P.R. del 23 giugno 2008, il pres. de L veniva nominato Presidente Aggiunto del Consiglio di Stato.
3. Avverso gli atti elencati al punto che precede, il pres. G R ha proposto ricorso giurisdizionale, che il T.A.R. del Lazio ha respinto con la sentenza oggi all’esame.
L’appello è infondato, essendo largamente condivisibili le conclusioni cui è pervenuto il giudice di prime cure.
4. Innanzi tutto, appare condivisibile la declaratoria di inammissibilità dei primi due motivi di ricorso (qui sostanzialmente riproposti col primo motivo d’appello), in relazione alla procedura conclusasi con la nomina a Presidente Aggiunto del pres. C C, stante la mancata tempestiva impugnazione degli atti di detta procedura (censurati solo in una con quelli del successivo procedimento conclusosi con la nomina del pres. de L).
Al riguardo, non è oggettivamente contestabile che trattasi di due procedure di nomina autonome e distinte, ciascuna delle quali si è aperta con un autonomo interpello, ha avuto una autonoma istruttoria e si è conclusa con un autonomo d.P.R. di nomina del soggetto individuato (nel primo caso, il d.P.R. 29 dicembre 2007, di nomina del pres. C;nel secondo caso, il d.P.R. 23 giugno 2008, di nomina del pres. de L);di tanto appare consapevole lo stesso appellante il quale, correggendo sul punto la motivazione della sentenza impugnata, rileva nell’atto di impugnazione che il pres. C presentò non una rinuncia alla domanda di partecipazione alla procedura, bensì un atto di dimissioni dalla magistratura amministrativa, in un momento in cui aveva già acquisito le funzioni di Presidente Aggiunto (e, dunque, la procedura di nomina che lo riguardava si era ampiamente conclusa).
Se tutto questo è vero sul piano formale, neanche su quello sostanziale appare convincente il tentativo dell’appellante di cogliere tra le due procedure un qualche “legame” in termini di presupposizione-consequenzialità, tale da consentire di ritenere che eventuali vizi della prima si siano riverberati, in via derivata, sulla seconda.
Ed invero, dalla lettura delle stesse doglianze di parte appellante si evince che l’unico profilo “lato sensu” comune tra le due procedure in oggetto consisterebbe nella reiterata violazione che, a dire dello stesso appellante, il C.P.G.A. avrebbe perpetrato delle norme di legge “in subiecta materia”, ovvero dei criteri che esso stesso si era dato in precedenti occasioni;essendo però del tutto diversi, nella stessa prospettazione di parte istante, i contenuti delle ipotizzate violazioni e illegittimità.
Infatti, nel caso della procedura conclusasi con la nomina del pres. C, sono oggetto di doglianza l’ammissione alla procedura di un magistrato fuori ruolo e la conseguente concezione del posto di Presidente Aggiunto, asseritamente sottesa a tale opzione, come una sorta di “premio alla carriera” piuttosto che come risorsa concreta di cui dotare il Consiglio di Stato;questione del tutto estranea, invece, alla procedura successiva, laddove nessuno degli aspiranti era fuori ruolo e le problematiche sollevate dal ricorrente attenevano, piuttosto, al possesso dei requisiti di legge per poter conseguire la nomina.
Dai rilievi che precedono appare confermato che, qualora il pres. R avesse inteso lamentare i profili di illegittimità a suo dire sussistenti nella procedura conclusasi col d.P.R. del 29 dicembre 2007, ciò avrebbe dovuto fare mediante tempestiva impugnazione di quest’ultimo e degli atti presupposti (nonché evocando in giudizio il pres. C, all’epoca chiaramente controinteressato).
5. Con il secondo e terzo motivo d’appello, il pres. R censura gli argomenti in base ai quali il primo giudice ha respinto le doglianze articolate in ordine all’asserita carenza, in capo al pres. de L, dei requisiti per poter aspirare al posto di Presidente Aggiunto del Consiglio di Stato, nonché le determinazioni assunte dal C.P.G.A. sui criteri per la selezione del più idoneo fra i candidati.
È opportuno esaminare congiuntamente tali motivi di impugnazione, non solo perché sono strettamente connessi, ma anche per le implicazioni che hanno sugli ulteriori profili di doglianza sollevati dall’appellante.
5.1. In primo luogo, si assume l’erroneità dell’interpretazione dell’art.