Consiglio di Stato, sez. VII, sentenza 2023-02-09, n. 202301438

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Sul provvedimento

Citazione :
Consiglio di Stato, sez. VII, sentenza 2023-02-09, n. 202301438
Giurisdizione : Consiglio di Stato
Numero : 202301438
Data del deposito : 9 febbraio 2023
Fonte ufficiale :

Testo completo

Pubblicato il 09/02/2023

N. 01438/2023REG.PROV.COLL.

N. 06583/2018 REG.RIC.

REPUBBLICA ITALIANA

IN NOME DEL POPOLO ITALIANO

Il Consiglio di Stato

in sede giurisdizionale (Sezione Settima)

ha pronunciato la presente

SENTENZA

sul ricorso numero di registro generale 6583 del 2018, proposto da R G, Azienza Agricola Individuale G Rosamaria, G M, rappresentati e difesi dall'avvocato B S, con domicilio digitale come da PEC da Registri di Giustizia e domicilio eletto presso lo studio Giovanni Corbyons in Roma, via Cicerone n.44;



contro

Comune di Monza, rappresentato e difeso dagli avvocati A B, G M, P G B, con domicilio digitale come da PEC da Registri di Giustizia;



per la riforma

della sentenza del Tribunale Amministrativo Regionale per la Lombardia (Sezione Seconda) n. 01774/2018.

Visti il ricorso in appello e i relativi allegati;

Visto l'atto di costituzione in giudizio del Comune di Monza;

Visti tutti gli atti della causa;

Relatore nell’udienza straordinaria del 3 febbraio 2023 il Pres. Marco Lipari;

Viste le conclusioni della parte appellante come da verbale;

Ritenuto e considerato in fatto e diritto quanto segue.



FATTO e DIRITTO

La sentenza appellata ha respinto il ricorso proposto dagli odierni appellanti per l’annullamento del provvedimento comunale prot. 0125912 dell’11.11.2014, di diniego del permesso di costruire di cui alla domanda presentata in data 16.06.2014; nonché di ogni altro atto presupposto, connesso o consequenziale, inclusa la comunicazione dei motivi ostativi ex art. 10-bis, l. n. 241/90 di cui alla nota prot. 0106301 del 25.09.2014; nonché, infine, delle Norme Tecniche del Piano delle Regole del PGT del Comune di Monza (con particolare riguardo all’art. 3), ove le stesse possano interpretarsi come derogatorie al principio di prevenzione desumibile dagli artt. 873 e ss. cod. civ.

La parte appellante ripropone e sviluppa le censure disattese dal TAR, attraverso specifiche critiche alla sentenza impugnata.

Il Comune di Monza, appellato, si è costituito in giudizio, concludendo per l’inammissibilità dell’appello e comunque per la sua infondatezza.

In vista dell’udienza di trattazione, le parti hanno depositato memorie difensive e memorie di replica, insistendo nelle proprie difese ed eccezioni.

All’udienza del 3 febbraio 2023, svoltasi da remoto, la causa è trattenuta in decisione.

Con il primo motivo di appello, rubricato “ In merito al capo 1 della sentenza impugnata: Errores in iudicando – Travisamento – Violazione di legge ed Eccesso di potere per difetto di istruttoria – Violazione e/o falsa applicazione dell’art. 6 della L. 241/90 ”, si censura la sentenza del TAR nella parte in cui ha respinto il primo motivo di ricorso, affermando che fosse onere della parte provare il possesso del requisito soggettivo di imprenditore agricolo al momento della realizzazione degli abusi.

Sul punto, la difesa di parte appellante eccepisce che l’amministrazione comunale non avrebbe mai contestato la dichiarazione resa dall’interessata al momento della presentazione dell’istanza in sanatoria, né avrebbe richiesto alcuna integrazione documentale a riprova della suddetta qualifica (neppure precisa la parte in occasione della comunicazione dei motivi ostativi). Si evidenzia, pertanto, l’erroneità e la contraddittorietà del diniego adottato, laddove afferma il contrasto delle opere realizzate con la destinazione agricola dell’area, ammettendo poi la realizzazione, sulla medesima, di nuove costruzioni legate all’esercizio dell’attività agricola.

Ne consegue, ad avviso di parte appellante, l’illegittimità del provvedimento impugnato per violazione dell’art. 6 della legge n. 241/1990. Ciò di cui ci si lamenta è la violazione dell’obbligo, asseritamente gravante sul Comune, di richiedere documentazione integrativa (dovere di soccorso istruttorio), posto che, si afferma nell’atto di appello, l’amministrazione non avrebbe mai reso noto quale “ documentazione la ricorrente avrebbe dovuto o potuto depositare per dimostrare ulteriormente la sussistenza delle condizioni legittimanti l’intervento edificatorio in area agricola ”. Da qui, si argomenta l’erroneità della sentenza appellata, che non avrebbe tenuto conto delle suddette circostanze.

L’appellante sostiene che dovesse ritenersi documentalmente provata la qualifica di imprenditore agricolo, in quanto attestata dalla Sig. G, titolare dell’azienda agricola e firmataria della domanda in sanatoria, e asseritamente comprovata anche dalla certificazione della Camera di Commercio della Provincia di Monza e della Brianza.

Si insiste, perciò, in via conclusiva, sul travisamento e sul grave difetto di motivazione della decisione di prime cure, la quale affermando che fosse onere della parte produrre la suddetta documentazione si porrebbe in aperto contrasto con quanto previsto dall’art. 6, comma 1, lett. b), L. n. 241/1990.

Ad avviso di parte appellante, il Comune aveva l’obbligo di procedere con una richiesta della produzione documentale, ovvero con l’acquisizione d’ufficio della medesima, fermo restando, continua la parte, che l’amministrazione non avrebbe mai contestato la qualifica di imprenditore agricolo della Sig. G, tanto da adottare poi un diniego di sanatoria che appare contraddittorio e illegittimo.

Sotto altro profilo, si contesta la statuizione del TAR nella parte in cui ritiene comunque irrilevante la questione esaminata sull’assunto che comunque quelle realizzate non sarebbero opere connesse all’attività agricola.

Sul punto, la parte appellante argomenta con il secondo mezzo, recante “In merito al capo 2 della sentenza impugnata: Errores in iudicando – Violazione e/o falsa applicazione dell’art. 6 della L. 241/90 e dell’art. 5, comma 1, lettera d) delle N.T.A. del PGT – Travisamento – Difetto di istruttoria”.

Con tale motivo di appello, si afferma che la titolarità dell’azienda agricola da parte della richiedente, qualifica asseritamente non contestata dall’amministrazione, sarebbe circostanza sufficiente a destituire di fondamento il diniego impugnato fondato su una motivazione contraddittoria.

Nello specifico, gli appellanti deducono l’erroneità della sentenza di prime cure che ha ritenuto di non poter ricomprendere gli abusi realizzati tra le opere di cui all’art. 5, comma 1, lettera d) delle N.T.A. del PdR del PGT, in quanto in sede di sopralluogo era stata accertato un “ cambio di destinazione d’uso del terreno agricolo a deposito di camion, con manufatti finalizzati al carico e scarico e ricovero dei

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