Consiglio di Stato, sez. IV, sentenza 2010-05-12, n. 201002844
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N. 02844/2010 REG.SEN.
N. 00676/2004 REG.RIC.
REPUBBLICA ITALIANA
IN NOME DEL POPOLO ITALIANO
Il Consiglio di Stato
in sede giurisdizionale (Sezione Quarta)
ha pronunciato la presente
DECISIONE
Sul ricorso numero di registro generale 676 del 2004, proposto da:
C P e F M, rappresentati e difesi dagli avv.ti D F, Adriano Giuffre' e R R, con domicilio eletto presso Adriano Giuffre', in Roma, via Camozzi,1;
contro
Comune di Bologna, costituitosi in giudizio, rappresentato e difeso dagli avv.ti A C C e G S R, G Cstia, con domicilio eletto presso G S R, in Roma, via Orti della Farnesina, 126;
Dirigente del Settore Tecnico del Comune di Bologna, non costituitosi in giudizio;
per la riforma della sentenza del T.A.R. EMILIA-ROMAGNA – BOLOGNA - SEZIONE I n. 02584/2002, resa tra le parti, concernente ORDINE DI DEMOLIZIONE FABBRICATO REALIZZATO ABUSIVAMENTE E DINIEGO DI RIESAME DI RICHIESTA DI CONCESSIONE IN SANATORIA.
Visto il ricorso, con i relativi allegati;
Visto l’atto di costituzione in giudizio del Comune di Bologna;
Visto che non si è costituito in giudizio il Dirigente intimato;
Vista la memoria prodotta dagli appellanti a sostegno delle loro domande;
Visti gli atti tutti della causa;
Data per letta, alla pubblica udienza del 13 aprile 2010, la relazione del Consigliere Salvatore Cacace;
Uditi, alla stessa udienza, l’avv. Adriano Giuffrè per gli appellanti e l’avv. G S R per il Comune;
Ritenuto e considerato in fatto e in diritto quanto segue:
FATTO e DIRITTO
1. – La sentenza impugnata, previa la loro riunione:
- ha dichiarato improcedibile il ricorso n. 648/2000 proposto dagli odierni appellanti per l’annullamento del provvedimento P.G. n. 20330 emanato in data 14 febbraio 2000 dal Comune di Bologna, a firma del Direttore del Settore Territorio e Riqualificazione Urbana, con cui è stato loro ordinato di demolire le opere realizzate in assenza di concessione, di cui agli interventi edilizii eseguiti nell’area sita in via Cavriola, 8 – zona vincolata dalla legge n. 1497/1939, consistenti in un manufatto in mattoni, poggiato su una superficie di cemento armato, con tetto a falde in legno e coppi e delle dimensioni di mt. 13,50 x 5,50 con altezza da un massimo di mt. 3,30 ad un minimo di mt. 2,50;
- ha respinto il ricorso R.G. n. 748/2001, dagli stessi proposto per l’annullamento della nota P.G. n. 79704/00 in data 19 febbraio 2001 del Responsabile dell’U.I. Edilizia del Comune di Bologna, con la quale è stato escluso che la documentazione dagli stessi prodotta in data 2 ottobre 2000 P.G. n. 146829/00 nel procedimento avviato con la richiesta di riesame ed annullamento della precedente pronuncia P.G. n. 79704/2000 in data 4 agosto 2000 ( di archiviazione della domanda di concessione edilizia in sanatoria presentata in data 23 maggio 2000 per le opere di cui alla citata ordinanza di demolizione ) potesse ritenersi “idonea al riesame della concessione a sanatoria 79704/00 ed [ al ] … riavvio del procedimento conclusosi, per incompletezza della documentazione …” e ciò in quanto dall’esame della detta documentazione ( fotografia aerea dell’Istituto Geografico Militare di Firenze risalente al luglio 1954 ) “non è possibile distinguere la sagoma di alcun fabbricato in prossimità di Via Cavriola 8”.
La pronuncia impugnata ha, in particolare:
- ritenuto il primo ricorso “improcedibile per sopravvenuta carenza d’interesse in relazione alla circostanza che, successivamente alla proposizione del medesimo, la parte ricorrente ha presentato istanza di sanatoria ex art. 12 legge n. 47/1985 (in data 17.5.2000) impugnandone l’esito negativo con il ricorso R.G. 718/2001” ( pag. 6 sent. );
- respinto il secondo gravame, rilevando come, dalla verificazione disposta “circa la rilevabilità o meno della costruzione in controversia nella fotografia aerea esibita al Comune dai ricorrenti … non si traggono elementi a suffragio della esistenza all’epoca del manufatto in controversia” (pagg. 5 – 6 sent.), così respingendo “le censure, di cui al primo ed al terzo motivo, centrate sulla asserita preesistenza del manufatto ad uso agricolo all’introduzione dell’obbligo di dotarsi del titolo abilitativo prescritto per ogni genere di intervento edilizio;preesistenza prospettata dai ricorrenti al fine di sostenere che l’intervento edilizio di cui si chiedeva la sanatoria era conforme alle prescrizioni urbanistiche in quanto effettuato su un immobile non abusivo e limitato ad un’opera di ristrutturazione consentita dall’art. 83 NTA vigenti”, a cui peraltro, secondo il T.A.R., l’intervento edilizio controverso non sarebbe conforme, atteso che “se tale disposizione consente ai proprietari di immobili residenti nei medesimi opere di ristrutturazione edilizia, nel caso di specie tali condizioni non sono presenti trattandosi di un locale già ad uso agricolo e per il quale, invece, alcuni elementi quali la predisposizione di un impianto di riscaldamento farebbero pensare ad un cambio di destinazione non consentito” ( pag. 7 sent. ).
2. – Gli appellanti, originarii ricorrenti, contestano la pronuncia del tribunale amministrativo regionale censurando entrambe le statuizioni contenute nella sentenza impugnata e ripropongono, sviluppandoli, gli argomenti esposti in primo grado.
Resiste al gravame, con articolata memoria di costituzione, il Comune di Bologna, mentre non si è costituito in giudizio l’intimato Dirigente del Settore Tecnico del Comune.
Con “brevi note” in data 30 marzo 2010 gli appellanti ribadiscono come il fabbricato, oggetto dei provvedimenti impugnati in primo grado, sia stato “considerato erroneamente nuova costruzione”, quando invece era “esistente in realtà fin dagli anni ‘50”, del che essi asseriscono d’aver dato prova sia con dichiarazioni sostitutive di atto di notorietà prodotte in giudizio, sia mediante la produzione ( già in sede di procedimento amministrativo ) “di una fotografia aerea risalente all’epoca”, la valutazione tecnica della quale, demandata dal T.A.R. all’ufficio regionale con apposita Ordinanza istruttoria, è stata effettuata “senza consentire la partecipazione della parte ricorrente”, donde “la nullità dell’elaborato”, sul quale il Giudice di primo grado ha fondato il suo convincimento per respingere le censùre da essi basate sulla tesi della preesistenza del manufatto.
La causa è stata chiamata e trattenuta in decisione alla udienza pubblica del 13 aprile 2010.
3. – In primo luogo, gli appellanti contestano la pronuncia del T.A.R., nella parte in cui esso ha considerato improcedibile il ricorso di primo grado R.G. n. 648/2000 proposto avverso l’ordinanza di demolizione.
Al riguardo la sentenza fonda detta statuizione sul fatto che, successivamente alla proposizione del ricorso, i ricorrenti hanno presentato, per l’opera oggetto del provvedimento di demolizione, domanda di sanatoria ex art. 13 legge n. 47/1985.
Obiettano gli appellanti ch’essi, “con la proposizione della domanda di sanatoria … non hanno voluto dare acquiescenza all’ordinanza di demolizione”, l’interesse all’annullamento della quale “è ancor più attuale essendo stato respinto il ric. 718/2001 promosso nei confronti del diniego di sanatoria assunto dal Comune” ( pag. 10 app. ).
La tesi degli appellanti non può essere condivisa.
Infatti, il gravame in primo grado proposto avverso l’ordinanza di demolizione risulta effettivamente improcedibile per sopravvenuta carenza d’interesse ( come correttamente statuito dal T.A.R. ), in quanto la presentazione dell'istanza di accertamento di conformità ai sensi dell'art. 36 del D.P.R. n. 380/2001 ( all’epoca dei fatti per cui è causa, ai sensi dell’art. 13 della legge n. 47/1985 ) successivamente all'impugnazione dell'ordine di demolizione produce indubbiamente l'effetto di rendere improcedibile l'impugnazione stessa per sopravvenuta carenza di interesse.
Invero, il riesame dell'abusività dell'opera provocato dall'istanza di sanatoria determina la necessaria formazione di un nuovo provvedimento, di accoglimento o di rigetto ( nella fattispecie, come si vedrà, di rigetto, oggetto del successivo ricorso di primo grado n. 718/2001 ), che vale comunque a rendere inefficace il provvedimento sanzionatorio oggetto dell'originario ricorso, che deve conseguentemente essere dichiarato improcedibile per sopravvenuta carenza di interesse, perché l'interesse del responsabile dell'abuso edilizio si sposta, dall'annullamento del provvedimento sanzionatorio già adottato e divenuto inefficace, all'annullamento del provvedimento di reiezione della domanda di sanatoria e degli eventuali ulteriori provvedimenti sanzionatorii, che il Comune è tenuto ad emanare ( con atto che ha natura vincolata, una volta che siasi verificato che non sussistono le condizioni per la sanatoria delle opere abusive ) all’ésito della attivazione di un nuovo procedimento ripristinatòrio, il cui provvedimento conclusivo dovrà tra l’altro assegnare agli interessati un nuovo termine per adempiere (Cons. St., VI, 12 novembre 2008, n. 5646).
Né una tale declaratoria comporta una qualche deminutio del grado di tutela spettante agli interessati, giacché la presentazione della domanda di sanatoria ha comunque carattere confessorio del carattere abusivo dell’intervento ed ogni questione circa la corretta qualificazione ed individuazione di siffatto carattere ( nella fattispecie, in particolare, se trattisi di intervento di nuova costruzione del tutto abusivo, ovvero di intervento di ristrutturazione effettuata senza titolo – ma conformemente a quanto stabilisce l’art. 83 delle NN.TT.A. vigenti sia al momento della sua effettuazione che al momento della richiesta di sanatoria - su un immobile preesistente a suo tempo legittimamente realizzato in osservanza della normativa all’epoca vigente ) refluisce nella contestazione dei motivi posti a base del provvedimento di reiezione dell’istanza di sanatoria, la quale pure, in quanto impugnata col successivo ricorso di primo grado n. 748/2001 parimenti deciso con la sentenza impugnata, costituisce oggetto del presente giudizio;con l’ulteriore, conclusiva, precisazione che avverso gli ulteriori provvedimenti sanzionatòrii, che il Comune come s’è detto è tenuto ad adottare all’ésito del contestato rigetto, non potranno essere utilmente fatti valere profili di illegittimità proprii, più che dell’atto sanzionatorio, dell’atto presupposto, quando non siano stati avverso quest’ultimo tempestivamente proposti.
Né alla contestazione della declaratoria di improcedibilità per sopravvenuta carenza di interesse del ricorso di primo grado n. 648/2000 gli appellanti hanno interesse in relazione alla pronuncia sulle spese in relazione ad essa recata dalla sentenza impugnata, dal momento che il Giudice di primo grado ha, quanto al ricorso de quo e diversamente da quanto essi affermano con l’atto d’appello ( “condannandoli peraltro alla rifusione delle spese in favore del Comune”: pag. 10 app. ), espressamente compensato in toto le spese del giudizio, senza che possa pretendersi da parte appellante una liquidazione delle spese in suo favore, che presuppone una pronuncia di accoglimento, nella fattispecie del tutto insussistente e della quale essi nemmeno chiedono che ne sia accertata la sussistenza degli estremi in via meramente virtuale;d’altra parte, le ragioni giustificatrici del provvedimento di compensazione totale delle spese nel ricorso stesso “per giusti motivi” sono chiaramente desumibili dal complesso della motivazione adottata a sostegno della statuizione, sul punto di mero rito.
4. – Venendo al secondo capo della sentenza gravata, con il quale, come s’è visto, il tribunale amministrativo regionale ha respinto il ricorso di primo grado n. 718/2001 proposto contro la comunicazione del Comune di inidoneità della documentazione fotografica dagli odierni appellanti presentata in data 19 settembre 2000 ( ad integrazione dell’istanza in data 8 settembre 2000 di riesame ed annullamento della precedente pronuncia in data 4 agosto 2000 di archiviazione della domanda di sanatoria ex art. 13 l. n. 47/1985 prodotta in data 17 maggio 2000 ) “al riesame della concessione a sanatoria 79704/00” ed al “riavvio del procedimento conclusosi per incompletezza della documentazione” ( così la comunicazione oggetto del giudizio ), va anzitutto rilevato che non è contestata dal Comune ( che sul punto avrebbe dovuto utilmente proporre appello incidentale ) la prospettiva, in cui si pone il Giudice di primo grado, che considera ( implicitamente ma chiaramente ) detta nota come provvedimento di diniego esplicito della richiesta di sanatoria ex art. 13 cit. a suo tempo avanzata dai ricorrenti e non come atto “meramente confermativo” del precedente atto di archiviazione avente valore di atto soprassessorio interruttivo dell’iter procedimentale avviato.
Del resto, la nuova, contestata, determinazione dell’Amministrazione non si limita a ripetere il contenuto del precedente provvedimento in data 4 agosto 2000 ( secondo cui, non avendo provveduto gli istanti a presentare entro il termine prescritto la documentazione essenziale ai sensi dell’art. 36 del Regolamento Edilizio, “non si può procedere all’esame della domanda”, che “pertanto viene archiviata” ), ma lo arricchisce con una puntuale motivazione ( attinente al mérito dell’istanza di sanatoria presentata e non più a profili di istruttoria procedimentale ) prima inesistente e cioè quella, già veduta, secondo cui “dall’esame delle foto aeree del volo IGM del 06.07.1954 non è possibile distinguere la sagoma di alcun fabbricato in prossimità di Via Cavriola 8”, laddove, invece, prosegue la nota stessa, dall’osservazione “con lo stesso strumento stereoscopico” di “foto aeree di anni successivi … è emersa molto chiaramente … la presenza del fabbricato in oggetto e di viottolo di accesso pedonale”;il che significa, in sostanza, che il Comune ivi nega la sussistenza di uno dei presupposti in fatto, sui quali si fonda la domanda di sanatoria ( e cioè la “preesistenza del manufatto quanto meno a far tempo dal 1953”, quando “non esisteva ancora la disciplina urbanistica che imponeva la necessità di un titolo abilitativo per la costruzione di simili manufatti”: così testualmente la domanda medesima ) e dunque respinge la suddetta istanza per mancanza del requisito della conformità dell’immobile alla normativa vigente al tempo della sua edificazione, che, ove positivamente accertata, consentirebbe di ritenere ammissibile, nella misura in cui sia effettivamente riconducibile alla previsione dell’art. 83 delle NN.TT.A., l’intervento di ristrutturazione, dichiaratamente abusivo, effettuato.
Orbene, il T.A.R., scendendo ad esaminare la validità della motivazione di detto diniego, ha ritenuto di disporre, con ordinanza istruttoria n. 904/2001, una verificazione, al fine di accertare se la fotografia aerea, addotta dagli istanti quale prova della affermata “preesistenza”, consentisse effettivamente di affermare l’esistenza ( o, meglio, la “rilevabilità” ), alla data del 6 luglio 1954 ( alla quale risale l’invocato rilievo aerofotogrammetrico ), del manufatto in contestazione.
Sulle risultanze dell’espletata istruttoria ( a cura del Servizio Cartografico della Regione Emilia-Romagna ), da cui “non si traggono elementi a suffragio dell’esistenza all’epoca del manufatto” ( pag. 6 sent. ), il T.A.R. ha in via principale fondato la reiezione delle censùre di gravame centrate sull’asserita preesistenza del manufatto stesso, sottolineando in particolare che non “giova alla parte ricorrente far rilevare che le operazioni, in contrasto con quanto disposto nella ordinanza, non si sono svolte in contraddittorio tra le parti … trattandosi di esami tecnici su documenti i cui esiti possono, comunque, essere efficacemente contestati con perizia di parte depositata anche successivamente alla conoscenza della relazione predisposta a conclusione della verificazione” ( pagg. 6 – 7 sent. ).
4.1 – Ciò posto, questo Collegio ritiene fondata la censura, di violazione del principio del contraddittorio e quindi di nullità dell’elaborato peritale posto dal Giudice di primo grado a base delle sue conclusioni, formulata con l’atto d’appello.
Si è in presenza, invero, di una non equivoca manifestazione di volontà, da parte degli appellanti, di devolvere il riesame dell’attività svolta in primo grado in relazione all’istruttoria ivi dagli stessi richiesta ( e di cui deve condividersi la valutazione di rilevanza ai fini del decidere compiuta dal T.A.R. ), che non può non essere valutata alla luce del principio del contraddittorio.
È stato osservato, in particolare, che il principio del contraddittorio in sede di acquisizione delle prove deve valere anzitutto quando sia la stessa Amministrazione parte del giudizio ad essere incaricata di eseguire verificazioni e comunque in ogni caso, in cui si debba procedere ad ispezioni, ricognizioni di luoghi o cose, accertamenti tecnici su materiali di varia natura;al contrario, non vi è luogo per un contraddittorio tra le parti allorché il consulente, estraneo all'Amministrazione-parte, debba prestare la propria opera interpretando norme od analizzando materiale documentale, su cui eventuali controdeduzioni sono in ogni momento possibili ( così Cons. Stato, V, 19 novembre 1992, n. 1336 ).
Orbene, nel caso all'attenzione del Collegio, all’ente incaricato della verificazione ( la Regione Emilia-Romagna ) è stato chiesto di procedere all'autonoma ricognizione ed acquisizione di elementi materiali esterni al giudizio ( la citata fotografia aerea, che incontestatamente non è agli atti di causa ma è in possesso del Comune ), al quale fine sarebbe stato necessario procedere nel contraddittorio delle parti, che non è stato adeguatamente garantito né in sede di effettuazione delle operazioni di verificazione ( che, contrariamente a quanto aveva disposto il T.A.R. nella relativa ordinanza istruttoria, non si sono svolte in contraddittorio tra le parti ), né successivamente al deposito della relazione di verificazione, la mancanza della disponibilità di accesso materiale delle parti al “documento” oggetto di esame avendo impedito la formulazione di apposite controdeduzioni.
Tràttasi di violazione sostanziale idonea a limitare l’esercizio del diritto di difesa, il cui completo dispiegarsi dev’essere pertanto garantito in questo grado del giudizio, mediante il rinnovo della verificazione già disposta in primo grado (concernente l’esame ed il significato, per quanto rilevante ai fini di causa, estraibile dal documento che il Comune ha posto a base del contestato diniego di sanatoria e pertanto certamente rilevante ai fini della verifica della correttezza del presupposto dell’inesistenza del manufatto alla data della ripresa aerea, dal Comune assunto a base della sua determinazione), da effettuarsi da parte del Comandante dell’Istituto Geografico Militare di Firenze ( o da idoneo delegato da lui prescelto ), a disposizione del quale il Comune appellato metterà a disposizione la fotografia in suo possesso, nonché gli altri documenti richiamati nell’impugnata comunicazione del 19 febbraio 2001, nel términe di trenta giorni dalla data di ricezione della comunicazione in via amministrativa della presente decisione, nei seguenti términi: “esamini l’Istituto, avvalendosi delle migliori risorse tecniche ed umane a sua disposizione e consentendo la partecipazione ed il contraddittorio delle parti, la documentazione relativa allo stato dei luoghi risultante dalla foto aerea del volo IGM del 6 luglio 1954 e dica, raffrontando se del caso le risultanze di detto materiale con quelle di foto aeree degli stessi luoghi scattate in anni successivi messe a disposizione dalle parti in causa nello stesso termine di cui sopra, se siano rilevabili dalla stessa la presenza di un manufatto edilizio nella zona corrispondente all’odierna via Cavriola, 8 in Bologna e, in caso affermativo e per quanto possibile, le relative caratteristiche e dimensioni”.
5. – In definitiva, l’appello va respinto quanto alla contestazione della declaratoria di improcedibilità del ricorso di primo grado n. 648/2000 resa dal T.A.R., mentre per il resto ogni ulteriore decisione in rito, sul mérito e sulle spese va rinviata all’esperimento del predetto incombente istruttorio, che l’I.G.M. effettuerà entro novanta giorni dalla data di ultima acquisizione, per effetto degli adempimenti posti dalla presente decisione a càrico delle parti in causa, del materiale di cui sopra.