Consiglio di Stato, sez. VI, sentenza 2017-07-24, n. 201703665

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Sul provvedimento

Citazione :
Consiglio di Stato, sez. VI, sentenza 2017-07-24, n. 201703665
Giurisdizione : Consiglio di Stato
Numero : 201703665
Data del deposito : 24 luglio 2017
Fonte ufficiale :

Testo completo

Pubblicato il 24/07/2017

N. 03665/2017REG.PROV.COLL.

N. 04485/2017 REG.RIC.

REPUBBLICA ITALIANA

IN NOME DEL POPOLO ITALIANO

Il Consiglio di Stato

in sede giurisdizionale (Sezione Sesta)

ha pronunciato la presente

SENTENZA

sul ricorso numero di registro generale 4485 del 2017, proposto dal Ministero dei beni e delle attività Culturali e del Turismo, in persona del Ministro pro tempore , rappresentato e difeso per legge dall'Avvocatura generale dello Stato, domiciliata in Roma, via dei Portoghesi, 12;



contro

Roma Capitale, in persona del Sindaco pro tempore , rappresentato e difeso dagli avvocati R R e C S, con domicilio eletto presso lo studio dell’avvocato R R in Roma, via del Tempio di Giove, 21;
Codacons, non costituito in giudizio;



per la riforma

della sentenza in forma semplificata 7 giugno 2017, n. 6720 del Tribunale amministrativo regioanle per il Lazio, Roma, Sezione II- quater.

Visti il ricorso in appello e i relativi allegati;

visto l’atto di costituzione in giudizio di Roma Capitale;

viste le memorie difensive;

visti tutti gli atti della causa;

relatore nella camera di consiglio del giorno 20 luglio 2017 il Cons. Vincenzo Lopilato e uditi per le parti gli avvocati Giuseppe Albenzio dell'Avvocatura Generale dello Stato, R R e C S.



FATTO

1.– Il Ministero dei beni e delle attività culturali e del turismo ha adottato il decreto 12 gennaio 2017 ( Adeguamento delle soprintendenze speciali agli standard internazionali in materia di musei e luoghi della cultura, ai sensi dell’articolo 1, comma 432, della legge 11 dicembre 2016, n. 232, e dell'articolo 1, comma 327, della legge 28 dicembre 2015, n. 208 ), pubblicato nella Gazzetta Ufficiale 10 marzo 2017 n. 58, con il quale è stato istituto il Parco archeologico del Colosseo. Il Direttore generale del Ministero, con atto 27 febbraio 2017, n. 149, ha indetto una selezione pubblica internazionale per il conferimento dell’incarico di direttore del suddetto Parco.

2.– Roma Capitale ha impugnato tali atti innanzi al Tribunale amministrativo regionale per il Lazio.

In particolare, con un primo motivo si è affermato che la normativa di disciplina della materia (riportata nella parte in diritto), non avrebbe consentito la riorganizzazione degli uffici ministeriali, con un atto non regolamentare volto alla creazione ex novo di uffici dirigenziali e con aggravio di oneri per la finanza pubblica.

Con un secondo motivo, la ricorrente ha dedotto la violazione della normativa di disciplina della materia (riportata nella parte in diritto) la quale, in relazione al settore della valorizzazione dei beni culturali di proprietà pubblica, attribuirebbe una posizione qualificata a Roma Capitale, che ne avrebbe reso necessaria la partecipazione al procedimento concluso con l’adozione del decreto istitutivo del Parco. Si è dedotta anche la violazione dell’accordo di valorizzazione del 21 aprile 2015. Infine, la ricorrente ha dedotto l’illegittimità in via derivata del bando n. 149 del 2017, in quanto emanato prima della pubblicazione del presupposto decreto ministeriale del 12 gennaio 2017.

3.– Il Tribunale amministrativo, con sentenza in forma semplificata 7 giugno 2017, n. 6720, ha accolto il ricorso.

In relazione al secondo motivo, il primo giudice ha affermato che Roma Capitale, alla luce della disciplina del settore, avrebbe dovuto essere coinvolta, in attuazione del principio di leale collaborazione, nel procedimento di creazione del nuovo ufficio dirigenziale. In particolare, si è sottolineato che « è evidente che pur avendo il Ministero proceduto alla riorganizzazione dei propri uffici, ha inciso sulle prerogative di Roma capitale in relazione alla assoluta unicità della disciplina relativa al Colosseo e all’area dei Fori, considerato che la quantità degli incassi derivanti da tale area limitata ma rilevantissima sul piano dell’interesse (culturale ed economico) nazionale, comporta che anche solo la differente ripartizione delle risorse tra diversi uffici del Ministero influisce sulla valorizzazione di tutti i beni culturali situati all’interno dell’intero territorio di Roma capitale ».

In relazione al primo motivo, si è affermato che il Ministero avrebbe dovuto adottare, sempre alla luce della disciplina di settore, un decreto di natura regolamentare.

Infine, si è ritenuto che « l’annullamento del decreto ministeriale 12 gennaio 2017 comporta, in via derivata, la illegittimità (ed il conseguente annullamento) del decreto del direttore generale dell’organizzazione del 27 febbraio 2017, con cui è stata bandita la selezione pubblica internazionale per il conferimento dell’incarico di direttore del parco archeologico del Colosseo ».

4.– Il Ministero ha impugnato la suddetta sentenza, rilevando l’inammissibilità del ricorso introduttivo del giudizio per difetto di legittimazione ad agire in capo a Roma Capitale e nel merito prospettando censure che verranno indicate nella parte in diritto.

4.1.– Si è costituita in giudizio Roma Capitale, chiedendo il rigetto dell’appello.

5.– La causa è stata discussa alla camera di consiglio del 20 luglio 2017, fissata per la trattazione della domanda cautelare. Il Collegio ha avvertito i difensori che la presente controversia sarebbe stata definita con sentenza in forma semplificata.



DIRITTO

1.– Le questioni poste all’esame del Collegio attengono alla legittimità del decreto 12 gennaio 2017 del Ministero dei beni e delle attività culturali e del turismo ( Adeguamento delle soprintendenze speciali agli standard internazionali in materia di musei e luoghi della cultura, ai sensi dell’articolo 1, comma 432, della legge 11 dicembre 2016, n. 232, e dell’articolo 1, comma 327, della legge 28 dicembre 2015, n. 208 ), con il quale è stato istituto il Parco archeologico del Colosseo, nonché del bando 27 febbraio 2017, n. 149, con cui il Direttore generale del Ministero ha indetto una selezione pubblica internazionale per il conferimento dell’incarico di direttore del suddetto Parco.

Le tematiche poste sono due. La prima riguarda il ruolo di Roma Capitale nell’ambito di un procedimento amministrativo finalizzato alla creazione di un ufficio dirigenziale statale di livello generale. La seconda riguarda la natura dell’atto, regolamentare o non regolamentare, con cui tale ufficio deve essere istituito.

2.– L’appello è fondato.

3.– Con un primo motivo l’appellante deduce l’erroneità della sentenza nella parte in cui ha ritenuto illegittimo il decreto ministeriale, per non avere esso assicurato il rispetto del principio di leale collaborazione mediante il coinvolgimento nell’ambito del procedimento di Roma Capitale. In particolare, il primo giudice ha richiamato: i ) la giurisprudenza costituzionale che ha ritenuto necessario assicurare il rispetto del principio di leale collaborazione in presenza di una “concorrenza di competenze” statali e regionali, quali sono la tutela dei beni culturali e la loro valorizzazione; ii ) la normativa di settore che, disciplinando le funzioni amministrative nella materia in esame, attribuisce un ruolo rilevante a Roma Capitale nelle scelte statali che coinvolgono il patrimonio culturale.

Il Ministero appellante ritiene inconferenti tali richiami in quanto, venendo in rilievo l’organizzazione di un ufficio statale, non sarebbe necessario assicurare il rispetto, in questo ambito, del principio di leale collaborazione.

Il motivo è fondato.

Sul piano costituzionale , è necessario ricostruire il quadro di riparto delle competenze legislative e amministrative mettendo in rilievo quale sia la valenza del principio di leale collaborazione.

In relazione alle competenze legislative, la giurisprudenza costituzionale è costante nel ritenere che, ai fini della individuazione del pertinente ambito materiale, occorre avere riguardo « all’oggetto o alla disciplina » dettata dalla singola disposizione « sulla base della sua ratio , senza tenere conto degli aspetti marginali e rifless i» (Corte cost. n. 229 del 2013).

Le competenze legislative esclusive statali, ai sensi del secondo comma dell’art. 117 Cost., che vengono in rilievo sono costituite da: i ) « ordinamento e organizzazione amministrativa dello Stato e degli enti pubblici nazionali » (lettera g ); ii ) « tutela dei beni culturali » (lettera s ).

Le competenze regionali, ai sensi del terzo comma dell’art. 117 Cost., sono rappresentate dall’ambito materiale concorrente della « valorizzazione dei beni culturali ».

La Corte costituzionale, con orientamento costante, ritiene che quando si realizza una “concorrenza di competenza” e non è possibile individuare un titolo di legittimazione, statale o regionale, prevalente è necessario assicurare il rispetto del principio di leale collaborazione. Si tratta di un principio generale – non definito e disciplinato dalla Costituzione che lo richiama espressamente soltanto in relazione a taluni settori – il quale opera, di regola, nella fase di attuazione amministrativa della legge che di volta in volta viene in rilievo.

Limitando l’analisi a quanto rileva in questa sede, la Corte costituzionale – muovendo dalle finalità e dall’oggetto di disciplina contenuta, in particolare, negli artt. 3 e 6 del decreto legislativo 22 gennaio 2004, n. 42 ( Codice dei beni culturali e del paesaggio ) – ha affermato che la tutela dei beni culturali « sia materia dotata di un proprio àmbito, ma nel contempo contenente l’indicazione di una finalità da perseguire in ogni campo in cui possano venire in rilievo beni culturali ». Essa riguarda « la disciplina e l’esercizio unitario delle funzioni destinate alla individuazione dei beni costituenti il patrimonio culturale nonché alla loro protezione e conservazione ». La « valorizzazione dei beni culturali » ricomprende, invece, « la disciplina e l’esercizio delle funzioni dirette alla migliore conoscenza, utilizzazione e fruizione di quel patrimonio ». La Corte ha

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