Consiglio di Stato, sez. II, sentenza 2021-05-24, n. 202104026
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Pubblicato il 24/05/2021
N. 04026/2021REG.PROV.COLL.
N. 08074/2013 REG.RIC.
REPUBBLICA ITALIANA
IN NOME DEL POPOLO ITALIANO
Il Consiglio di Stato
in sede giurisdizionale (Sezione Seconda)
ha pronunciato la presente
SENTENZA
sul ricorso numero di registro generale 8074 del 2013, proposto dal sig.
-OMISSIS-, rappresentato e difeso dagli avv.ti C F, G C ed A P e con domicilio eletto presso lo studio di quest’ultimo, in Roma, via degli Scipioni, n. 268/a
contro
Ministero dell’Interno e Questura di -OMISSIS-, in persona del legale rappresentante
pro tempore
,
ex lege
rappresentati e difesi dall’Avvocatura Generale dello Stato e domiciliati presso gli Uffici della stessa, in Roma, via dei Portoghesi, n. 12
per la riforma
della sentenza del Tribunale Amministrativo Regionale per le -OMISSIS-, resa tra le parti, con cui è stato respinto il ricorso, integrato da motivi aggiunti, R.G. n. -OMISSIS-, proposto dallo straniero avverso il decreto della Questura di -OMISSIS- di rigetto dell’istanza di rinnovo del permesso di soggiorno per attesa occupazione, il decreto del Prefetto di -OMISSIS- di rigetto del ricorso gerarchico presentato contro il precedente, e il decreto del Questore di -OMISSIS- di conferma del diniego di rinnovo del permesso di soggiorno.
Visti il ricorso in appello e i relativi allegati;
Visto l’atto di costituzione in giudizio del Ministero dell’Interno e della Questura di -OMISSIS-;
Viste la memoria e la documentazione della difesa erariale;
Visti tutti gli atti della causa;
Visto l’art. 25 del d.l. 28 ottobre 2020, n. 137, convertito con l. 18 dicembre 2020, n. 176;
Visto l’art. 4 del d.l. 30 aprile 2020, n. 28, convertito con l. 25 giugno 2020, n. 70;
Visto ancora l’art. 6, comma 1, lett. e) , del d.l. 1° aprile 2021, n. 44;
Dato atto della presenza ai sensi di legge dei difensori delle parti;
Relatore nell’udienza dell’11 maggio 2021 il Cons. P D B, in collegamento da remoto in videoconferenza;
Ritenuto e considerato in fatto ed in diritto quanto segue:
FATTO e DIRITTO
1. Con l’appello in epigrafe il sig. -OMISSIS-, cittadino senegalese, impugna la sentenza del T.A.R. -OMISSIS-, chiedendone la riforma.
1.1. La sentenza appellata ha respinto il ricorso, integrato da motivi aggiunti, proposto dallo straniero per ottenere l’annullamento: a) del decreto della Questura di -OMISSIS- del -OMISSIS-, che ha rigettato la sua istanza di rinnovo del permesso di soggiorno, rilasciatogli per attesa occupazione e scaduto il -OMISSIS-; b) del decreto del Prefetto di -OMISSIS- del -OMISSIS-, che ha rigettato il ricorso gerarchico presentato del cittadino extracomunitario avverso il precedente; c) del decreto del Questore di -OMISSIS- del -OMISSIS-, emesso a seguito del riesame disposto dal T.A.R. con l’ordinanza di accoglimento dell’istanza cautelare, che ha confermato il diniego di rinnovo del titolo di soggiorno.
2. In fatto, il sig. -OMISSIS-presentava nel settembre 2008 domanda di rinnovo del permesso di soggiorno scaduto, respinta dalla Questura di -OMISSIS- con il succitato decreto del -OMISSIS- in ragione della perdurante carenza di svolgimento di attività lavorativa da parte dello straniero (il quale aveva prodotto solo una busta paga del mese di febbraio 2010) e tenuto conto del lungo periodo di tempo trascorso (che comportava il superamento del termine temporale per poter conservare il permesso per attesa occupazione). Egli, quindi, proponeva ricorso gerarchico al Prefetto, che veniva respinto con il decreto del -OMISSIS-, non avendo lo straniero dato la prova del requisito reddituale (anche a voler considerare solo il 2010).
2.1. Impugnati tali provvedimenti innanzi al T.A.R., il ricorrente produceva in sede giudiziale una dichiarazione di altro straniero (il sig. -OMISSIS-, asseritamente residente in -OMISSIS-), datata 5 giugno 2011, recante la promessa di assumerlo presso di sé in qualità di collaboratore domestico. A seguito della produzione di detto documento, il primo giudice accoglieva l’istanza di sospensiva ordinando alla P.A. il riesame della pratica, ma, effettuate le relative verifiche, il Questore di -OMISSIS- adottava in data -OMISSIS- un decreto con cui confermava il precedente diniego: in sede di accertamenti istruttori era infatti emerso come il sig. -OMISSIS- non dimorasse già da diversi mesi in -OMISSIS-, dovendo perciò ritenersi che la promessa di assunzione fosse non veridica, ma fatta al solo scopo di consentire alla parte di ottenere la sospensiva.
2.2. Il ricorrente depositava, quindi, una dichiarazione del sig. -OMISSIS- del 30 settembre 2011, in cui quest’ultimo attestava l’effettivo svolgimento dell’attività lavorativa ad opera del ricorrente stesso presso l’indirizzo di via -OMISSIS-, ma all’esito degli incombenti istruttori disposti dal T.A.R. a carico della Questura emergevano i seguenti ulteriori elementi: a) il presunto datore di lavoro risultava irreperibile all’indirizzo indicato nella promessa di assunzione, tanto da esser stata avviata nei suoi confronti procedura di cancellazione anagrafica da parte del Comune di -OMISSIS-; b) il datore risultava avere alle sue dipendenze altro cittadino extracomunitario, ma per nessuno dei due lavoratori da lui apparentemente assunti aveva mai effettuato versamenti contributivi.
2.3. Su tali basi, pertanto, il T.A.R. ha respinto il ricorso, perché, in sostanza, il cittadino senegalese risulta non avere più svolto attività lavorativa dal 2008.
3. Nell’appello lo straniero censura l’ iter argomentativo e le conclusioni della sentenza impugnata, chiedendone la riforma ed andando poi a riproporre i motivi del ricorso di primo grado, di cui chiede l’accoglimento.
3.1. In sintesi, l’appellante premette che l’iniziale diniego della Questura e il decreto del Prefetto di -OMISSIS- di rigetto del ricorso gerarchico sarebbero stati superati dal successivo decreto di conferma del diniego, emesso dal Questore di -OMISSIS- il -OMISSIS-. Afferma, poi, di essersi mantenuto medio tempore svolgendo attività precarie di lavoratore subordinato e talora autonomo (ambulante) e di aver rinnovato l’iscrizione al Centro per l’Impiego di -OMISSIS- fino al 14 dicembre 2010, cioè fino a dopo il primo diniego della Questura di -OMISSIS-: circostanze che il primo giudice avrebbe omesso di considerare.
3.2. Lo straniero lamenta, inoltre, che la sentenza si sarebbe appiattita sui contenuti della relazione prodotta dalla Questura a seguito dell’istruttoria disposta dal T.A.R., ma che siffatta relazione non sarebbe stata supportata da alcun documento comprovante gli accertamenti che la P.A. sostiene di avere svolto;in realtà, gli elementi addotti dalla Questura non potrebbero far escludere il carattere serio e veritiero della promessa di assunzione all’epoca in cui questa fu fatta (giugno 2011), nonché all’epoca in cui il datore di lavoro certificò la sua effettività (dichiarazione del 30 settembre 2011). Nessuna rilevanza sarebbe stata accordata ai documenti presentati dal medesimo appellante e cioè la dichiarazione dei redditi del datore di lavoro, sig. -OMISSIS-, per il 2010 e la succitata dichiarazione di costui del 30 settembre 2011. Infine, il T.A.R. avrebbe errato nel non attribuire valore alla pregressa e lunga durata della permanenza dello straniero sul territorio nazionale.
3.3. Si sono costituiti in giudizio il Ministero dell’Interno e la Questura di -OMISSIS-, depositando di seguito memoria con cui hanno richiamato le relazioni già prodotte innanzi al T.A.R. e che comunque hanno nuovamente prodotto.
3.4. All’udienza dell’11 maggio 2021, tenutasi in collegamento da remoto in videoconferenza ai sensi dell’art. 25 del d.l. 28 ottobre 2020, n. 137, convertito con l. 18 dicembre 2020, n. 176, la causa è stata trattenuta in decisione.
4. L’appello è infondato.
4.1. Ed invero, l’appellante, a parte la busta paga di febbraio 2010, non è stato in grado di fornire né in primo grado, né in appello, elementi di prova di avere effettivamente svolto attività lavorativa nel periodo di riferimento e cioè almeno dal -OMISSIS- (data di scadenza del precedente permesso di soggiorno). Nemmeno egli è stato in grado di dimostrare di aver mai effettivamente lavorato per il sig. -OMISSIS-, gli elementi forniti in proposito essendo del tutto insufficienti: gli approfondimenti istruttori disposti dai giudici di prime cure hanno, semmai, portato alla luce indizi significativi del contrario, né l’appellante è stato in grado di produrre un vero e proprio contratto di lavoro (e non una mera promessa di assunzione), le buste paga con il salario ricevuto, gli estratti conto contributivi od altra documentazione consimile. Ancora, non vi è nessuna prova che lo straniero abbia svolto attività lavorativa neppure in epoca posteriore ai fatti.
4.2. Nel caso di specie, insomma, – come rilevato dai provvedimenti gravati e dal T.A.R. – si evince dalla documentazione che il sig. -OMISSIS- è privo di occupazione sostanzialmente dal 2008, tranne un breve periodo nel mese di febbraio 2010, e che la promessa di assunzione del sig. -OMISSIS- non presenta adeguati profili di serietà, non essendovi sufficienti elementi per sostenere che la stessa sia stata effettiva neppure nel periodo invocato dall’appellante (giugno 2011–settembre 2011). Non resta, quindi, che concludere – come correttamente ha fatto l’Amministrazione – che lo straniero sia privo del requisito reddituale e cioè che – come dice il decreto della Questura di -OMISSIS- del -OMISSIS- – egli non disponga di un reddito proveniente da lavoro o da altra fonte legittima (fonte neppure ipotizzata nel ricorso) sufficiente al sostentamento proprio e dei familiari conviventi nel territorio dello Stato, ai sensi dell’art. 6, comma 5, del d.lgs. n. 286/1998.
4.3. Si richiama, sul punto, il costante insegnamento della giurisprudenza, (C.d.S., Sez. III, 18 maggio 2020, n. 3141, 27 dicembre 2019, n. 8839, 11 maggio 2015, n. 2335 e 11 luglio 2014, n. 3596), in base al quale “ il possesso di un reddito minimo – idoneo al sostentamento dello straniero e del suo nucleo familiare – costituisce un requisito soggettivo non eludibile ai fini del rilascio e del rinnovo del permesso di soggiorno, in quanto attinente alla sostenibilità dell’ingresso dello straniero nella comunità nazionale, al suo inserimento nel contesto lavorativo e alla capacità di contribuire con il proprio impegno allo sviluppo economico e sociale del paese al quale ha chiesto di ospitarlo;il requisito reddituale è infatti finalizzato ad evitare l’inserimento nella comunità nazionale di soggetti che non siano in grado di offrire un’adeguata contropartita in termini di lavoro e, quindi, di formazione del prodotto nazionale e partecipazione fiscale alla spesa pubblica e che, in sintesi, finiscono per gravare sul pubblico erario come beneficiari a vario titolo di contributi e di assistenza sociale e sanitaria, in quanto indigenti;d’altro canto la dimostrazione di un reddito di lavoro o di altra fonte lecita di sostentamento è garanzia che il cittadino extracomunitario non si dedichi ad attività illecite o criminose ”.
4.4. La giurisprudenza (C.d.S., Sez. III, 1° giugno 2020, n. 3448 e 3 aprile 2017, n. 1524) ha altresì osservato che “ in sede di rinnovo, nel valutare il possesso del requisito reddituale, la Questura deve prendere in considerazione non soltanto il reddito maturato nei periodi pregressi, ma (qualora questo sia mancato, o comunque si attesti al di sotto della soglia desumibile dall’art. 29 d.lg. cit.) anche le capacità reddituali prospettiche, desumibili dalla documentazione presentata dall’interessato nell’ambito del procedimento e disponibile al momento dell’adozione del provvedimento ”: ma come emerge in particolare dal decreto prefettizio di rigetto del ricorso gerarchico, lo straniero non è stato in grado di dimostrare neppure capacità reddituali prospettiche e de futuro , visto che anche prendendo in considerazione solo il 2010 e tralasciando le annualità precedenti, egli risulta carente di adeguate risorse reddituali. Ad abundantiam , si è già visto più sopra che l’appellante non ha provato neppure lo svolgimento di attività di lavoro posteriore ai fatti.
4.5. Da ultimo, di nessuna utilità può essere per il cittadino extracomunitario l’invocazione della sua lunga permanenza nel territorio dello Stato, poiché – come nota giustamente la sentenza appellata – si tratta di elemento che non rileva ai fini del rilascio del permesso di soggiorno, ma che rileva con riferimento ad altri istituti previsti dall’ordinamento (permesso di soggiorno UE per soggiornanti di lungo periodo;acquisto della cittadinanza italiana).
5. In conclusione, l’appello è nel suo complesso infondato e deve, perciò, essere respinto, meritando la sentenza impugnata di essere confermata.
6. Ragioni di equità conducono, comunque, a compensare per intero tra le parti le spese del giudizio di appello.