Consiglio di Stato, sez. VI, sentenza 2024-01-19, n. 202400645
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Segnala un errore nella sintesiIl giudice ha confermato la decisione del T.A.R., sottolineando che l'annullamento degli atti di accertamento del debito comporta automaticamente la caducazione degli atti successivi, inclusa l'intimazione di pagamento. Ha richiamato il principio dell'invalidità caducante, evidenziando che l'atto di prelievo annullato costituiva presupposto unico per l'intimazione. Pertanto, l'assenza di impugnazione della cartella non inficia la legittimità dell'annullamento. La sentenza ha ribadito che, in assenza di un titolo valido, la riscossione sarebbe considerata indebito oggettivo, confermando così la correttezza della decisione di primo grado.
Testo completo
Pubblicato il 19/01/2024
N. 00645/2024REG.PROV.COLL.
N. 04369/2023 REG.RIC.
REPUBBLICA ITALIANA
IN NOME DEL POPOLO ITALIANO
Il Consiglio di Stato
in sede giurisdizionale (Sezione Sesta)
ha pronunciato la presente
SENTENZA
sul ricorso numero di registro generale 4369 del 2023, proposto da Agea - Agenzia per le erogazioni in agricoltura, Ader - Agenzia delle entrate riscossione, in persona dei rispettivi legali rappresentanti pro tempore, rappresentati e difesi dall’Avvocatura generale dello Stato, domiciliataria
ex lege
in Roma, via dei Portoghesi, n. 12;
contro
C R, rappresentato e difeso dall'avv. A B, con domicilio digitale come da PEC da registri di giustizia e domicilio fisico eletto presso lo studio della medesima, sito in Torino, corso Galileo Ferraris n. 120;
per la riforma
della sentenza del T.a.r. per il Piemonte (Sezione seconda) n. 903/2022.
Visti il ricorso in appello e i relativi allegati;
Visti l’atto di costituzione in giudizio e le memorie di Cristoforo Raniero;
Visti gli atti tutti della causa;
Designato relatore il cons. Giuseppe La Greca;
Udita nell’udienza pubblica del giorno 6 dicembre 2023 l’avv. Claudia Sarrocco per delega di A B;nessuno presente per le parti pubbliche appellanti;
Rilevato in fatto e ritenuto in diritto quanto segue.
FATTO e DIRITTO
1.- Oggetto della domanda caducatoria proposta con il ricorso di primo grado erano l’intimazione di pagamento n. 03720219000545065/000 (dell'importo di euro 239.199,20, in riferimento alla cartella di pagamento AGEA n. 30020150000008122000, avente ad oggetto «Prelievo latte sulle consegne» per i periodi 2005/2006, 2006/2007, 2007/2008.
2.- Il T.a.r. per il Piemonte, con sentenza n. 903 del 2022 annullava, in accoglimento del ricorso della parte privata, la predetta intimazione, sul rilievo che gli atti presupposti erano stati caducati con sentenze Cons. Stato, sez. III, nn. 3957, 3960 e 3961 del 2022.
3.- Agea e Ader hanno interposto appello avverso la predetta sentenza n. 903 del 2022, chiedendone la riforma, sul rilievo che:
a) il T.a.r. non avrebbe verificato l’intervenuto annullamento della cartella di pagamento, la cui mancata impugnazione avrebbe impedito la caducazione – a valle – della correlata intimazione (non potendosi, in tesi, configurare un’ipotesi di nullità di quest’ultima);ove la cartella fosse stata impugnata il T.a.r. avrebbe dovuto, in tesi, sospendere il giudizio definito con la qui impugnata sentenza in attesa della decisione di quello sulla cartella;
b) il T.a.r., limitandosi a richiamare le pronunce del Consiglio di Stato, aventi ad oggetto l’annullamento dei provvedimenti di determinazione del prelievo per la singola annata (sentenze Cons. Stato, sez. III, nn. 3957, 3960 e 3961 del 2022, cit.) avrebbe erroneamente ritenuto che, a prescindere dall’esistenza e validità dell’atto immediatamente presupposto (cartella di pagamento), fosse possibile annullare – tout court – l’intimazione di pagamento: poiché l’intimazione di pagamento sarebbe diretta conseguenza della cartella, nell’ipotesi in cui quest’ultima dovesse diventare definitiva all’esito del giudizio pendente, l’intimazione non potrebbe più esser contestata;
c) il vizio di violazione del diritto UE non sarebbe sempre e in ogni tempo deducibile/rilevabile d’ufficio, non concreterebbe una nullità;per converso, esso concreterebbe un mero vizio di illegittimità, come tale non più rilevabile se non fatto tempestivamente valere con rituale impugnazione e comunque non rilevabile gravando gli atti a valle.
4.- Si è costituita in giudizio la parte privata la quale, con articolate memorie, ha concluso per l’infondatezza dell’appello, stante le pronunce giurisdizionali che hanno interessato le diverse annate (compiutamente descritte nell’ordinanza n. 2459 del 2023).
5.- All’udienza pubblica del 6 dicembre 2023, presente la procuratrice della parte privata, l’appello, su richiesta della stessa, è stato trattenuto in decisione.
6.- L’appello, alla stregua di quanto si dirà, è infondato.
7.- Costituisce dato del tutto incontestato quello evidenziato dal T.a.r. circa l’avvenuto annullamento, per le annualità in questione, degli atti di imputazione del prelievo ad opera delle sentenze di questo Consiglio di Stato sopracitate.
In altre parole, nel caso di specie, in sede giurisdizionale sono stati annullati gli atti accertativi del debito, sulla base dei quali sono state poi emesse le cartelle e intimazione di pagamento.
Si tratta, quindi, di stabilire, come peraltro già anticipato nell’ordinanza cautelare n. 2459 del 2023, cit., se nel caso oggetto di odierna trattazione, l’annullamento del presupposto provvedimento di imputazione del prelievo determini il venir meno, in senso caducante, della cartella di pagamento e/o intimazione anche ove quest’ultima non sia stata impugnata ovvero se l’impugnazione della stessa non abbia dato esito positivo.
8.- In linea con la giurisprudenza tributaria della Corte di cassazione (sez. V, n. 7259 del 2017) i cui principi sono applicabili al caso di specie (considerato che la riscossione delle c.d. quote latte avviene secondo la disciplina dell’iscrizione a ruolo), va ribadito che opera l’istituto dell’invalidità caducante, nel senso che l’annullamento dell’atto accertativo del debito travolge anche gli atti successivi che quello presuppongono. Infatti, nell'ambito del fenomeno generale dell'invalidità derivata, è utile ricordare, si deve distinguere tra la figura dell’invalidità caducante (o caducazione per rifrazione) e quella dell’invalidità ad effetto viziante.
La figura dell’invalidità caducante si delinea allorquando il provvedimento annullato in sede giurisdizionale costituisce il presupposto unico ed imprescindibile dei successivi atti consequenziali, esecutivi e meramente confermativi, sicché il suo venir meno travolge automaticamente (nel senso che non occorre una ulteriore specifica impugnativa) tali atti successivi strettamente e specificamente collegati al provvedimento presupposto.
L'effetto caducante può essere ravvisato solo quando tra i due atti vi sia un rapporto di presupposizione - consequenzialità immediata, diretta e necessaria, nel senso che l’atto successivo si pone come inevitabile conseguenza di quello precedente, perché non vi sono nuove e ulteriori valutazioni di interessi, né del destinatario dell’atto presupposto, né di altri soggetti.
Ne discende che nessun onere di impugnazione degli atti successivi alla imputazione del prelievo supplementare gravava sulla parte privata.
D’altronde, la tesi dell’efficacia caducante affonda le sue radici nella storica distinzione dottrinale tra invalidità ad effetto caducante (dove il nesso di presupposizione è talmente forte da comportare la caducazione dell’atto a valle a seguito dell’annullamento di quello presupposto «a monte») ed invalidità ad effetto viziante, la quale richiede l’apposita impugnativa anche dell’atto applicativo.
9.- Ora, nel caso di specie, poiché gli atti di prelievo sono stati annullati e poiché essi costituivano unico presupposto degli atti «a valle», i soggetti preposti alla riscossione non potevano, per quelle annualità, emettere intimazioni di pagamento quale quella impugnata.
Ciò al di là della intervenuta impugnazione o meno della cartella di pagamento che si fosse frapposta tra l’atto di imputazione del prelievo e l’intimazione di pagamento.
Qui la questione non è – come invece rilevato dalle appellanti –tanto quella del regime dell’atto c.d. anticomunitario (ossia se esso sia « nullo » o « annullabile »), quanto gli effetti prodotti dal nesso di presupposizione tra atto « impositivo » a monte e atti, « esecutivi », a valle.
In tema di riscossione dei tributi (la cui disciplina, come si è detto, è applicabile alle c.d. « quote latte » giusta art. 1, comma 525, l. n. 228 del 2012 e rinvio ivi contenuto al d.P.R. n. 602 del 1973), l’iscrizione a ruolo e la cartella di pagamento divengono illegittime a seguito della sentenza che, accogliendo il ricorso proposto dal contribuente, annulla l’atto impositivo da esse presupposto, poiché tale pronuncia fa venir meno, indipendentemente dal suo passaggio in giudicato, il titolo sul quale si fonda la pretesa tributaria, privandola del supporto dell'atto amministrativo che la legittima ed escludendo quindi che essa possa formare ulteriormente oggetto di alcuna forma di riscossione.
9.1. E’appena il caso di aggiungere che, venuto meno il titolo originario e prima che (dal ricalcolo cui deve procedere Agea, a valle dell’annullamento degli atti di prelievo, anche ai sensi dell’art. 10 bis del d.l. 69 del 2023) se ne formi uno nuovo, sostitutivo del primo, la riscossione costituirebbe un indebito oggettivo.
10.- La sentenza del T.a.r., dunque, correttamente ha accolto il ricorso di prime cure.
11.- Conclusivamente, l’appello va rigettato.
12.- Il complessivo assetto della vicenda consente la compensazione delle spese del presente grado di giudizio.