Consiglio di Stato, sez. VI, sentenza 2020-02-28, n. 202001453
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Testo completo
Pubblicato il 28/02/2020
N. 01453/2020REG.PROV.COLL.
N. 02088/2019 REG.RIC.
REPUBBLICA ITALIANA
IN NOME DEL POPOLO ITALIANO
Il Consiglio di Stato
in sede giurisdizionale (Sezione Sesta)
ha pronunciato la presente
SENTENZA
sul ricorso numero di registro generale 2088 del 2019, proposto dal Ministero per i beni e le attività culturali, in persona del Ministro pro tempore , rappresentato e difeso dall'Avvocatura Generale dello Stato, domiciliataria ex lege in Roma, via dei Portoghesi, 12;
contro
G D P, rappresentato e difeso dall'avvocato F T, con domicilio digitale come da Pec da Registri di Giustizia e domicilio eletto presso il suo studio in Roma, largo Messico 7;
per la riforma
della sentenza in forma semplificata 8 gennaio 2019, n. 221 del Tribunale amministrativo regionale per il Lazio, Sezione Seconda.
Visti il ricorso in appello e i relativi allegati;
Visto l'atto di costituzione in giudizio di G D P;
Visti tutti gli atti della causa;
Relatore nell'udienza pubblica del giorno 13 febbraio 2020 il Cons. V L e uditi per le parti l’avvocato dello Stato Andrea Fedeli e l’avvocato F T.
FATTO
1.- Il sig. M Pietro ha acquistato un appartamento in Roma, in via Margutta n.54, il 29 giugno del 1984, situato in un palazzo sottoposto a vincolo architettonico con decreto ministeriale del 28 gennaio 1953.
Tale immobile era stato locato dall’originario proprietario allo scultore Assen Peikov, che lo ha occupato sino alla sua morte avvenuta il 25 settembre 1973.
Nel contratto di locazione è subentrato il figlio, Rodolfo Peikov, che ha adibito l’immobile a propria abitazione.
Il contratto è stato disdetto per finita locazione in data 17 novembre 1986 e, con sentenza n. 2230 del 1989, il Tribunale civile di Roma ha disposto lo sfratto, che è stato eseguito con rilascio dell’immobile in data 29 settembre 2006.
2.- A seguito dei suddetti fatti è iniziata la seguente complessa vicenda amministrativa:
- la Soprintendenza speciale per il patrimonio culturale, su richiesta del figlio dell’artista, con decreto 13 ottobre 1989, n. 138832 ha dichiarato lo studio dello scultore di interesse particolarmente importante ai sensi della legge 1° giugno 1939, n. 1089 e lo ho reso inamovibile dallo stabile con divieto di destinazione d’uso dei relativi locali;
- il Tribunale amministrativo regionale per il Lazio, con sentenza n. 47 del 1991, ha annullato il suddetto decreto, rilevando che mancava « quella approfondita valutazione dell’esatta consistenza ed importanza dell’interesse storico delle cose conservate, la sola che poteva giustificare il vincolo in questione e quindi il sacrificio della posizione del privato a fronte dell’interesse pubblico »;
- la Soprintendenza, con decreto 8 marzo 1991, n. 107134, ha reiterato la dichiarazione di interesse del bene, che non è stato annullato in via giudiziale;
- con istanza del 30 settembre 2014 è stata richiesta, ai sensi dell’art. 128, comma 3, del decreto legislativo 22 gennaio 2004, n. 42 (Codice dei beni culturali e del paesaggio, ai sensi dell'articolo 10 della legge 6 luglio 2002, n. 137), la revisione del vincolo per sopravvenuta modificazione dello stato dei luoghi, in quanto l’immobile, in ragione del protratto utilizzo da parte del figlio come sua abitazione, aveva perso la sua originaria identità di studio d’artista:
- con sentenza del Tribunale amministrativo regionale per il Lazio n. 12761 del 2015, veniva dichiarato, su ricorso del sig. M, l’obbligo dell’amministrazione di pronunciarsi sulla predetta istanza;
- il Ministero dei beni culturali e delle attività culturali e del turismo, con decreto 30 dicembre 2015, n. 76, ha rigettato l’istanza di revisione del vincolo;
- il Tribunale amministrativo regionale per il Lazio, con sentenza 4 settembre 2017, n. 9533, ha annullato il suddetto decreto per difetto di motivazione e per violazione del principio di proporzionalità;
- il Ministero, a seguito della suddetta sentenza, ha adottato il decreto 2 agosto 2018, n. 58, con il quale ha respinto l’istanza di revisione;
- il Tribunale amministrativo, nuovamente adito, con sentenza 8 gennaio 2019, n. 221, ha rigettato il motivo di ricorso con cui