Consiglio di Stato, sez. III, sentenza 2021-03-15, n. 202102230

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Sul provvedimento

Citazione :
Consiglio di Stato, sez. III, sentenza 2021-03-15, n. 202102230
Giurisdizione : Consiglio di Stato
Numero : 202102230
Data del deposito : 15 marzo 2021
Fonte ufficiale :

Testo completo

Pubblicato il 15/03/2021

N. 02230/2021REG.PROV.COLL.

N. 01642/2016 REG.RIC.

REPUBBLICA ITALIANA

IN NOME DEL POPOLO ITALIANO

Il Consiglio di Stato

in sede giurisdizionale (Sezione Terza)

ha pronunciato la presente

SENTENZA

sul ricorso numero di registro generale 1642 del 2016, proposto da
-OMISSIS-, rappresentato e difeso dagli Avvocati M B, C R, con domicilio eletto presso lo studio Francesco Vannicelli in Roma, via Varrone, 9;

contro

Ministero dell'Interno, in persona del Ministro pro tempore , rappresentato e difeso dall'Avvocatura Generale dello Stato, domiciliataria ex lege in Roma, via dei Portoghesi, 12;

per la riforma

della sentenza del T.R.G.A. - DELLA PROVINCIA DI TRENTO n. -OMISSIS-, resa tra le parti, notificata in data 3 dicembre 2015, con cui era respinto il ricorso per l’annullamento del decreto del Commissario del Governo per la Prov. Di Trento n. -OMISSIS- del 12 febbraio 2015, notif. il 4 marzo 2015, di reiezione del ricorso avverso il decreto del Questore di Trento n. -OMISSIS- Del 22 ottobre 2014, notif. il 26 ottobre 2014 di diniego del rinnovo del permesso di soggiorno;


Visti il ricorso in appello e i relativi allegati;

Visto l’art. 1, co. 17, d.l. 183 del 2020 che proroga quanto stabilito dall’art. 25 del d.l. n. 137/2020 con riferimento allo svolgimento con modalità telematica delle udienze pubbliche e delle camere di consiglio del Consiglio di Stato sino alla data del 30 aprile 2021;

Visto l'atto di costituzione in giudizio del Ministero dell'Interno;

Vista la nota dell’Amministrazione in adempimento all’istruttoria;

Visti gli artt. 35, co. 1 lett. c), 38 e 85, co. 9, cod. proc. amm.;

Visti tutti gli atti della causa;

Relatore nell'udienza con modalità da remoto del giorno 25 febbraio 2021 il Cons. S C;
nessuno è comparso per le parti;

Ritenuto e considerato in fatto e diritto quanto segue.


FATTO e DIRITTO

I – Espone l’appellante – cittadino -OMISSIS-, in Italia dall’età di -OMISSIS- per essere entrato per ricongiungimento familiare – di aver lavorato sino al 2010 presso -OMISSIS-, tuttavia, in data 4 maggio 2010 era arrestato per spaccio di hascisc e marjuana, riportando la condanna da parte della Corte d’appello di Trento a 2 anni e 8 mesi;
successivamente era condannato dal Tribunale di Rovereto per furto di un telefonino con sentenza non definitiva.

Nel periodo di detenzione era scaduto il suo permesso di soggiorno, sicché presentava domanda di rinnovo mentre si trovava in carcere in data 1 luglio 2014 ed oltre il termine previsto in ragione di difficoltà di reperire il vecchio permesso durante la detenzione, come documentato in allegato al ricorso introduttivo del giudizio (doc. 6).

Il Tribunale di sorveglianza concedeva la misura alternativa della detenzione domiciliare in data 11 giugno 2014, formulando una prognosi di corretta gestione del beneficio (doc. 8 del fascicolo di primo grado), sicché in data 8 settembre 2014, lo stesso avviava un tirocinio formativo autorizzato dal Tribunale presso -OMISSIS-. Tale tirocinio era interrotto a causa della perdita del permesso, dichiarandosi tuttavia disponibile il titolare della ditta alla riassunzione ove possibile (come documentato in atti).

Il Questore di Trento denegava, però, l'istanza con provvedimento datato 22 ottobre 2014, sulla base di alcuni rilievi, fra cui la sussistenza di due sentenze di condanna (per i reati di detenzione e cessione illecita di sostanze stupefacenti e di furto) e del giudizio di pericolosità sociale. Il Commissario del governo rigettava il ricorso, in considerazione della natura ostativa della condanna.

Nelle more, peraltro, l’odierno appellante avviava un nuovo periodo formativo presso -OMISSIS-, tuttavia essendo in scadenza l’autorizzazione al lavoro, la stessa annullava l’assunzione.

Avverso i provvedimenti sopra menzionati, l’istante proponeva ricorso dinanzi al T.r.g.A., che era respinto per la mancanza di un rapporto di lavoro ed in considerazione della valutazione dell’Autorità, secondo il primo giudice non condizionabile dal pronunciamento del Tribunale di sorveglianza.

L’appellante propone, dunque, avverso siffatta sentenza le seguente censure:

1 – mancata valutazione del tirocinio formativo nell’agosto 2014, non essendo possibile svolgere attività lavorativa mentre era in carcere, ma avendo lo stesso avviato l’attività subito dopo la scarcerazione;

2 – mancata valutazione dei redditi familiari e dell’attuale contributo di disoccupazione ai fini del reddito disponibile;

3 – mancata valutazione della tenuità del reato, poiché secondo la prospettazione di parte appellante l’amministrazione ed il giudice di primo grado non avrebbero valutato che la condanna per un reato risalente tra l’altro al 2009, era stata contenuta nella misura prevista dal co. 5 dell'articolo 73 del t.u. stupefacenti, approvato con d.P.R. 9 ottobre 1990, n. 309, che non ricadrebbe nelle ipotesi di arresto in flagranza ai sensi dell’art. 380 co. 2 lett. h), come modificata dall’art. 2, comma 1, lett. h), del d.l. 23 dicembre 2013, n. 146, convertito nella l. 21 febbraio 2014, n. 10;
mancherebbe inoltre il bilanciamento con la vita familiare ai sensi dell’art. 8 CEDU, degli artt. 29-31 Cost e degli artt. 28-30 d.lgs. n. 286 del 1998;
quanto alla pericolosità sociale il giudizio del Tribunale di sorveglianza dovrebbe esser considerato più approfondito di quello svolto dalla Questura;

4 – ancora non sarebbe stata valutata la non espellibilità dell’appellante ai sensi dell’art. 19 co. 1, t.u. immigrazione, in ragione dei rischi a cui sarebbe sottoposto nel rientrare a -OMISSIS-, zona attualmente asseritamente teatro di guerra tra -OMISSIS-;

5 – quanto al ritardo nella presentazione della domanda, non sarebbe addebitabile allo straniero come documentato in atti e già sopra evidenziato in fatto;

6 – con riferimento alla condanna alle spese, in relazione alla situazione dell’appellante stesso.

L’amministrazione si è costituta con memoria di mero rito.

Nessuna parte ha depositato memorie o note d’udienza.

L’ Amministrazione ha, tuttavia, adempiuto all’ordinanza istruttoria, da cui emerge che in data 8 marzo 2016 il ricorrente aveva presentato istanza di riconoscimento dello status di rifugiato, ottenendo un permesso per richiesta asilo, successivamente rinnovato.

In data 19 aprile 2017 la Commissione Territoriale per il Riconoscimento della Protezione Internazionale di Verona decideva di riconoscere all’odierno appellante lo status di protezione sussidiaria, con apposito decreto (allegato 2), ove viene rapportata la situazione di criticità presente nel paese di origine dell’istante.

Di conseguenza il ricorrente ha ottenuto un Permesso di Soggiorno per Protezione Sussidiaria, ai sensi dell’art. 17 d.lgs n. 251/2007, valido fino al 18 aprile 2022.

Aggiunge l’Amministrazione che, alla scadenza, tale permesso di soggiorno potrà essere rinnovato, previo parere della Commissione Territoriale competente.

Precisa ancora, che avendone i requisiti, l’istante potrebbe anche richiedere un permesso di soggiorno di lungo periodo come protezione sussidiaria, o convertire il permesso in un titolo per lavoro subordinato.

All’udienza del 25 febbraio 2021 la causa è stata trattenuta in decisione.

II – Osserva il Collegio che in ragione delle risultanze istruttorie deve essere dichiarata la sopravvenuta carenza di interesse, avendo l’istante ottenuto il titolo per la permanenza nel Paese.

III – tuttavia, la controversia merita una sintetica delibazione ai fini della statuizione sulle spese.

IV - Dai controlli effettuati sul Portale ANPAL e sul Casellario degli Attivi INPS (allegato 3) risulta che il ricorrente era in possesso di regolare contratto di lavoro, valido fino al 18 ottobre 2019.

L’Amministrazione risulta aver omesso qualsiasi valutazione in ordine alla permanenza del richiedente nel territorio dello Stato, della situazione di pericolo per lo stesso al rientro nel Paese di origine, situazione che risulta confermata dai successivi provvedimenti, così come non può che condividersi il difetto istruttorio in ordine alla complessiva situazione dell’istante.

Per quanto sin qui evidenziato, in riforma della sentenza di primo grado, l’Amministrazione deve essere condannata al pagamento delle spese del doppio grado di giudizio, determinate in complessivi euro 2000,00 (duemila /00), da liquidarsi a favore dell’appellante.

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