Consiglio di Stato, sez. VI, sentenza 2010-11-22, n. 201008123
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N. 08123/2010 REG.SEN.
N. 05650/2008 REG.RIC.
REPUBBLICA ITALIANA
IN NOME DEL POPOLO ITALIANO
Il Consiglio di Stato
in sede giurisdizionale (Sezione Sesta)
ha pronunciato la presente
DECISIONE
sul ricorso numero di registro generale 5650 del 2008, proposto da:
S C, rappresentato e difeso dall'avv. P G, con domicilio eletto presso P G in Roma, via Po, 22;
contro
Ministero per i beni e le attività culturali, in persona del Ministro p.t., rappresentato e difeso dall'Avvocatura generale dello Stato, presso la quale è domiciliato per legge in Roma, via dei Portoghesi, 12;
nei confronti di
G A;Associazione Reggio Parma Festival, in persona del legale rappresentante p.t., rappresentato e difeso dall'avv. G Pellegrino, con domicilio eletto presso G Pellegrino in Roma, corso del Rinascimento, 11;
per la riforma
della sentenza del T.A.R. LAZIO - ROMA: SEZIONE II QUATER n. 1866/2008;
Visti il ricorso in appello e i relativi allegati;
Visto l'atto di costituzione in giudizio di Ministero per i beni e le attività culturali;
Viste le memorie difensive;
Visti tutti gli atti della causa;
Relatore nell'udienza pubblica del giorno 19 ottobre 2010 il consigliere L B C e uditi per le parti gli avvocati Giammaria l'avv.to dello Stato Carla Colelli e l'avv.to G. Pellegrino;
Ritenuto e considerato in fatto e diritto quanto segue.
FATTO
Con la sentenza in epigrafe il T del Lazio ha respinto il ricorso proposto dal dott. Claudio Sorrentino avverso il decreto del 24 ottobre 2006, con cui il Ministero per i beni e le attività culturali aveva revocato, ai sensi dell’art.6, comma 1, della legge n.145\2002, la nota del 23 marzo 2006 nella parte in cui era stata disposta la nomina dello stesso ricorrente alla carica di presidente dell’Associazione Reggio Parma Festival, contestualmente nominandosi il sig. Andrea Gambetta.
La revoca\sostituzione era stata già una prima volta disposta con nota ministeriale del 2 agosto 2006, (sospesa cautelarmente dal T in precedente giudizio) per mancanza di motivazione sul tipo di potere esercitato, sulla scelta comunque effettuata, ove qualificato il potere come quello ex art.6, comma 1, della l.n.145\2002, nonché per mancata comunicazione di avvio del procedimento. A seguito di tale provvedimento cautelare, il procedimento era rinnovato e la revoca nuovamente disposta con il provvedimento sopra menzionato.
Il T respingeva l’eccezione di improcedibilità del ricorso, ritenendo che l’avvenuta esecuzione del provvedimento non facesse venire meno l’interesse del ricorrente al suo annullamento residuando anche un profilo risarcitorio. Inoltre il decreto impugnato non aveva ancora esaurito i propri effetti (nomina per quattro anni del controinteressato) e non era reso incontestabile dalla successiva deliberazione di “insediamento” del consiglio di amministrazione dell’Associazione, non prevista ai fini attuativi dell’operatività del decreto di nomina diretta di competenza del Ministro. Il T escludeva altresì l’inammissibilità del ricorso per mancata contestazione dell’altro presupposto del potere di autotutela, l’assenza del requisito di managerialità, sul rilievo che l’argomentazione svolta si limitasse a qualificare l’opportunità della revoca ai sensi dell’art.6 cit. e non un potere di autotutela.
Nel merito escludeva che l’Associazione in discorso fosse esclusa dal campo di applicazione dello stesso art.6, trattandosi di “altro organismo comunque denominato” ai sensi della stessa norma, concetto estensibile anche ad enti privati sia sul piano letterale, sia sul piano sistematico che fa ricondurre alla norma tutte le nomine di organi di vertice attribuite al Governo e ai singoli ministri, quali atti di alta amministrazione, primo grado di attuazione dell’indirizzo politico, rimanendo irrilevante che la fonte attributiva del potere di nomina ministeriale fosse lo Statuto dell’Associazione, poiché rilevava piuttosto la provenienza dell’atto e l’interesse pubblico perseguito (sussistendo altrimenti il difetto di giurisdizione amministrativa).
Esclusa la rilevanza del carattere non gestionale dell’atto di un organo comunque qualificato “di vertice”, il T evidenziava l’interesse pubblico insito nell’atto censurato, in relazione alle finalità pubblicistiche statutarie dell’Associazione, rilevanti alla luce del suo finanziamento con fondi pubblici ex art.5, comma 4, della l.n.29\2001, della sua costituzione da parte di soggetti pubblici (comuni di Parma e Reggio Emilia) e dei poteri di nomina e designazione demandati al Ministro per i beni e le attività culturali.
Appurata l’applicabilità dell’art.6, comma 1, cit., in tale cornice di potere discrezionale esercitato, il T riteneva legittima la valutazione delle capacità tecniche del ricorrente e del controinteressato in quanto insita nel potere di revoca in applicazione del principio di buon andamento e imparzialità che deve governare la scelta, rimanendo irrilevante la circostanza che lo statuto associativo non prevedesse per il Presidente particolari capacità tecniche e manageriali, in ragione della valorizzazione della provenienza dell’atto in luogo di quella della sua destinazione.
Inoltre le disposizioni statutarie non prevedono alcuna deliberazione di recepimento della nomina ministeriale, non avendosi statutariamente una fase di designazione ossia una necessaria fase assembleare presupposta alla nomina stessa.
Veniva esclusa la illegittimità costituzionale dell’art.6 cit., per la sua ratio di valorizzare la provenienza e non la destinazione dell’atto, cioè l’interesse pubblico perseguito, secondo i principi ex art. 97 Cost. La norma non era infine ritenuta “generica” circa gli organismi cui si applicava, attribuendo un potere circoscritto agli “organi di vertice”, e ad un periodo di soli sei mesi antecedenti alla scadenza naturale delle camere ovvero al “mese” antecedente al loro scioglimento anticipato. Veniva conseguentemente respinta anche la domanda risarcitoria genericamente proposta.
Appella l’originario ricorrente deducendo i seguenti motivi:
1. Violazione a falsa applicazione di norma di legge e in particolare dell’art.6 L.145 del 2002.
Si contesta che la previsione dell’art.6 cit. in ordine agli “altri organismi comunque denominati” non contenga alcuna limitazione circa la natura pubblica o privata di detti organismi, ammettendosi l’applicazione dello “spoil system” rispetto agli enti privati solo quando tale “organismo” abbia in cura un interesse di rilievo generale, ipotesi non ricorrente, nel caso, rispetto ad un’Associazione che persegue interessi collettivi ma pur sempre privati. In assenza di indici formali o sostanziali della riconducibilità dell’associazione agli enti di cui all’art.6, la fonte del potere di nomina ministeriale del Presidente è un atto privato.
Dal semplice richiamo statutario al potere di nomina ministeriale non può inferirsi, come ha fatto il T, che l’Ente curi un interesse pubblico e che quindi si applichi l’art.