Consiglio di Stato, sez. VI, sentenza 2021-01-07, n. 202100207

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Sul provvedimento

Citazione :
Consiglio di Stato, sez. VI, sentenza 2021-01-07, n. 202100207
Giurisdizione : Consiglio di Stato
Numero : 202100207
Data del deposito : 7 gennaio 2021
Fonte ufficiale :

Testo completo

Pubblicato il 07/01/2021

N. 00207/2021REG.PROV.COLL.

N. 03709/2014 REG.RIC.

REPUBBLICA ITALIANA

IN NOME DEL POPOLO ITALIANO

Il Consiglio di Stato

in sede giurisdizionale (Sezione Sesta)

ha pronunciato la presente

SENTENZA

sul ricorso numero di registro generale 3709 del 2014, proposto dal signor R T, rappresentato e difeso dall’avvocato A M, con domicilio eletto presso il suo studio in Roma, via della Giuliana, n. 44,

contro

il Comune di Buonabitacolo, in persona del Sindaco pro tempore , rappresentato e difeso dall’avvocato F C, con domicilio eletto presso lo studio dell’avvocato N R in Roma, via degli Scialoja, n. 3,

per la riforma

della sentenza del Tribunale Amministrativo Regionale per la Campania, sezione staccata di Salerno, (Sezione Prima), n. 2124/2013, resa tra le parti, concernente la richiesta di conguaglio di somme dovute per un condono edilizio.


Visti il ricorso in appello e i relativi allegati;

Visto l’atto di costituzione in giudizio del Comune di Buonabitacolo;

Visti tutti gli atti della causa;

Relatore, nell’udienza pubblica del giorno 27 novembre 2020, il Cons. Antonella Manzione.

L’udienza si svolge, ai sensi dell’art. 4, comma 1, del d.l. 30 aprile 2020, n. 28, convertito, con modificazioni, dalla l. 25 giugno 2020, n. 70, e dell’art. 25, commi 1 e 2, del d.l. 28 ottobre 2020, n. 137, attraverso videoconferenza con l’utilizzo di piattaforma “Microsoft Teams”, come previsto dalla circolare n. 6305 del 13 marzo 2020 del Segretario Generale della Giustizia Amministrativa.

Ritenuto e considerato in fatto e diritto quanto segue.


FATTO

1. Il signor R T, proprietario di un fabbricato ad uso civile abitazione in località “Costarelle” del Comune di Buonabitacolo, censito catastalmente al foglio 8, particella 452, ha impugnato innanzi al T.A.R. per la Campania il provvedimento prot. n. 5891 del 6 dicembre 2007, con il quale gli è stato richiesto il conguaglio della somma versata a titolo di oblazione e per oneri concessori correlati alla domanda di condono del 19 dicembre 1986 per un intervento di ampliamento dello stesso. Nello specifico, a fronte della cifra versata in forza di autonomo calcolo, pari a £. 924.000, individuata sulla base della superficie da condonare dichiarata (mq.9,08 di c.d. superficie utile e mq. 90,91, di superficie non residenziale), gliene veniva richiesta una ulteriore di euro 9.831,79, a titolo di oblazione e un’altra di euro 2.409,91, per gli oneri concessori, oltre agli interessi, calcolati in relazione alla effettiva superficie da sanare, pari a mq. 107,37 di superficie utile e mq. 112,09 di superficie non residenziale. Il T.A.R. adito ha respinto il ricorso sull’assunto principale che al caso di specie non poteva applicarsi l’invocata prescrizione, stante che il relativo termine breve, previsto dall’art. 35, comma 15, della l. n. 47/1985, comincia a decorrere solo una volta che il contenuto dell’obbligazione sia stato compiutamente definito, il che presuppone la completezza della domanda di condono. Il Comune, inoltre, avrebbe fatto buon governo dei propri poteri di accertamento d’ufficio, basandosi, per calcolare l’effettiva superficie e volumetria dell’intervento, sulla documentazione fornita dall’interessato in data 12 ottobre 2006, all’esito peraltro di reiterati solleciti (15 novembre 2001 e il 21 giugno 2006), in comparazione con quella già in proprio possesso.

2. Avverso la sentenza ha presentato appello il ricorrente di primo grado, riproponendo in chiave critica gli originari quattro motivi di ricorso, seppure articolati con diverso ordine:

I) violazione di legge (art. 3 della l. n. 241 del 1990) ed eccesso di potere per difetto di motivazione, sia sulle ragioni dell’effettuato ampliamento della base di calcolo della superficie da condonare, sia sulle modalità attraverso le quali si sarebbe addivenuti alla stessa;

II) violazione degli artt. 2, 3 e 6 della l. n. 241 del 1990 e degli artt. 31 e 44 della l. n. 47/1985: l’Amministrazione sarebbe indebitamente andata ultra petitum nell’ampliare l’estensione della superficie da condonare rispetto a quella indicata nella domanda di parte;

III) violazione dell’art. 35, comma 15, della l. n. 47 del 1985, concernente la disciplina della prescrizione del diritto al conguaglio;

IV) violazione degli artt. 1218 e 1224 c.c. e dell’art. 35 della l. n. 47 del 1985: l’addebito degli interessi di mora non sarebbe corretto, in quanto il ritardo nella determinazione delle somme da pagare andrebbe ascritto interamente al Comune, che non si era attivato tempestivamente per chiedere le necessarie integrazioni documentali.

3. Si è costituito in giudizio il Comune di Buonabitacolo con memoria in controdeduzione per chiedere la reiezione dell’appello e la conferma della sentenza impugnata. In fatto, ha ricordato come la domanda presentata dall’appellante in data 19 dicembre 1986 consisteva nella mera compilazione del relativo modulo, privo di qualsivoglia documentazione a corredo, ivi compresa quella comunque obbligatoria ope legis .

4. Con note di udienza del 26 novembre 2020 l’appellante ha chiesto il passaggio in decisione senza previa discussione orale.

5. Alla pubblica udienza del 27 novembre 2020, la causa è stata trattenuta in decisione.

DIRITTO

6. Il Collegio ritiene l’appello infondato.

7. Appare utile un’inversione della sistematica dei motivi di appello, stante che quello rubricato sub III, non a caso corrispondente all’originaria prima censura del ricorso di primo grado, attiene all’inquadramento della disciplina giuridica applicabile al provvedimento in controversia.

Il Comune di Buonabitacolo ha dunque determinato le somme dovute a titolo di conguaglio rispetto a quelle già versate all’esito di autodeterminazione, solo in data 6 dicembre 2007, ovvero apparentemente ben oltre il termine breve di prescrizione statuito allo scopo in 36 mesi dall’art. 35, comma 18, della l. n. 47 del 1985. Afferma l’appellante che l’Amministrazione non potrebbe neppure invocare l’effetto interruttivo della richiesta di integrazione documentale, stante che la prima di esse risale al 15 novembre 2001, dunque già oltre lo spirare del richiamato termine di prescrizione.

L’assunto non è condivisibile.

Ricorda il T.A.R. per la Campania che il termine breve di prescrizione di 36 mesi fissato dall’art. 35 della l. n. 47 del 1985 « decorre dalla data di presentazione dell’istanza solo ove la stessa sia corredata di tutta la documentazione necessaria alla sua definizione, dovendosi altrimenti collocare il predetto dies a quo nel momento in cui quest’ultima sia completa anche a seguito delle richieste istruttorie formulate dall’ente ». La regola invocata dalla parte presuppone, cioè, che l’Amministrazione sia stata posta in condizione di controllare la correttezza delle somme versate, in quanto accessive ad una domanda di condono completa degli elementi necessari a renderla valutabile ( recte , ammissibile). La completezza della domanda, quindi, sia nel senso del corredo documentale obbligatorio, che avuto riguardo alle somme dovute, incide sia sulla decorrenza del termine per la formazione del silenzio assenso, sia ai fini della riconosciuta possibilità all’Amministrazione di verificare la congruità dei versamenti effettuati, chiedendone, appunto, l’eventuale integrazione (“conguaglio”) laddove non satisfattivi (cfr. ex multis Cons. Stato, sez. V, 21 maggio 2019, n. 3241; id ., 6 febbraio 2018, n. 753;
18 gennaio 2017, n. 187 e 28 gennaio 2016, n. 314;
26 febbraio 2013, nn. 1188 e 1189;
sez. VI, 21 febbraio 2019, n. 1210). Il computo dell’oblazione e degli oneri di urbanizzazione, infatti, richiede necessariamente la valutazione della documentazione prescritta dall’art. 35, comma 3, della legge n. 47 del 1985, in assenza della quale non è neppure ipotizzabile un riscontro della correttezza di quanto autonomamente liquidato. E tale è la ragione per cui la prescrizione del credito ad eventuali conguagli presuppone che la pratica di sanatoria edilizia sia definita in tutti i suoi aspetti, senza omissioni documentali suscettibili di alterare la valutazione degli uffici, così da rendere precisamente determinabili, alla stregua dei parametri stabiliti dalla legge, l’ an ed il quantum dell’obbligazione gravante sul privato alla stregua dell’art. 2935 cod. civ.

Nel caso di specie, invece, essa era talmente carente finanche sul piano meramente descrittivo da poter essere considerata tamquam non esset : ne è documentata in atti, infatti, la mera proposizione mediante produzione del relativo modulo, recante in effetti le indicazioni numeriche delle metrature da sanare, ma in maniera sostanzialmente assertiva, senza alcun elaborato grafico a supporto, sì da renderne impossibile finanche l’esatta “localizzazione” in parti specifiche del fabbricato medesimo.

Non a caso, nel reiterare la richiesta di integrazione documentale già avanzata nel 2001, il Comune di Buonabitacolo ha domandato, tra l’altro, “ elaborati grafici dello stato attuale debitamente quotati ove si evidenzi l’opera abusiva rispetto al progetto approvato ” (punto 4 dell’indice contenuto nella nota del 26 giugno 2006), nonché un “ dettagliato calcolo plano-volumetrico con l’indicazione della Superficie Utile, Superficie non residenziale, Superficie complessiva, Volume, relativo alla parte abusiva ” (punto 5 della medesima nota, ove il riferimento alla parte abusiva, diversamente impossibile da individuare, è fatto anche oggetto di sottolineatura, all’evidente scopo di enfatizzarne la rilevanza). In risposta, il primo elaborato grafico relativo al c.d. “stato attuale” è stato prodotto dalla professionista incaricata in data 12 ottobre 2006: solo a partire da tale momento, pertanto, il Comune è stato messo in condizione, non senza ulteriori approfondimenti istruttori, di valutare la congruità della precedente autoliquidazione, chiedendo il relativo conguaglio. Il che è avvenuto con il provvedimento del 6 dicembre 2007, oggetto dell’odierna impugnativa, nel rispetto degli invocati termini prescrizionali.

8. Nel merito, l’appellante si duole della circostanza che il Comune non avrebbe chiarito le modalità di calcolo e soprattutto di determinazione dell’estensione superficiaria sulla quale basare lo stesso. Il Collegio ritiene opportuno premettere come costituisca ius receptum , dal quale non è ragione di discostarsi, la circostanza che i principi sulla motivazione del procedimento amministrativo sanciti dalla legge n. 241/90 non si applicano ai provvedimenti con cui si richiede il pagamento degli importi dovuti per il rilascio di titoli edilizi, data la natura obbligatoria del rapporto. La richiesta di conguaglio, pertanto, risulta « sufficientemente motivata attraverso il richiamo ai prestabiliti parametri utilizzati » (cfr. Cons. Stato, sez. VI, 2 luglio 2019, n. 4514), trattandosi di attività vincolata, consistente in operazioni meramente matematiche.

Tuttavia il caso di specie presenta la innegabile peculiarità che i dati concernenti l’immobile abusivamente realizzato, nella disponibilità dell’interessato, non sono stati desunti, come di regola, dagli elaborati grafici allegati all’istanza di sanatoria, bensì da quelli forniti al Comune in data 12 ottobre 2006. Il Comune, dunque, dovendo comparare lo stato attuale a quello preesistente, si è limitato a ricostruire quest’ultimo sulla base dei titoli edilizi già rilasciati per l’edificazione dell’immobile: avendo l’ente territoriale “l’esclusiva” del rilascio degli stessi, infatti, è evidente che tutto quanto non riconducibile ad essi, ma rappresentato graficamente come esistente, costituiva la porzione abusiva, da sanare o da demolire. In tal modo, senza peraltro onerare ulteriormente il privato di una produzione già nelle proprie disponibilità, è emersa inequivocabilmente “per sottrazione” la parte abusiva, quale risultante della comparazione tra “grafici prodotti in integrazione” e stato “concesso”, siccome chiaramente esplicitato nella relazione tecnica dell’ufficio a supporto del diniego di condono.

L’appellante, peraltro, non lamenta affatto il risultato dell’operazione, bensì, paradossalmente, il metodo seguito, in quanto integrativo della volontà esplicitata, sostituendosi perfino alla sua eventuale “accettazione del rischio” della demolizione: con ciò pretermettendo che l’alternativa alla sanatoria è la certezza, non l’eventualità, del procedimento sanzionatorio, doverosamente correlato all’emergenza di un illecito edilizio. Il Comune, cioè, posto di fronte all’alternativa tra il rigetto della domanda, non essendo possibile, in assenza di chiarezza documentale a supporto, stralciarne solo una parte, e l’interpretazione della stessa in senso estensivo, ha ritenuto conforme alla presumibile volontà del richiedente la sanatoria estenderne la portata a tutta la parte abusiva dell’immobile. Essendo, peraltro, il pagamento degli oneri concessori e dell’oblazione condizione essenziale per il rilascio del titolo, ferma restando la legittimità del provvedimento impugnato, niente vieta all’appellante di rinunciarvi, non aderendo alla richiesta di pagamento;
sarà a quel punto cura del Comune di Buonabitacolo attivare il conseguente procedimento sanzionatorio, siccome previsto dall’art. 27 del d.P.R. n. 380 del 2001.

Anche i motivi di appello rubricati sub I e II, pertanto, devono essere respinti.

9. L’appellante contesta infine l’avvenuto addebito degli interessi, ritenendoli ingiusti in quanto la responsabilità del ritardo nell’evasione della pratica sarebbe da ascrivere interamente al Comune. E’ indubbio che la ricordata normativa sul silenzio assenso lasci intonso il potere-dovere del Comune di attivarsi per eventuali approfondimenti istruttori, se del caso chiedendo anche le integrazioni necessarie alla individuazione corretta dell’importo delle somme dovute. Anche a voler ignorare la già ricordata totale inadeguatezza dell’istanza originaria, tuttavia, il lamentato illegittimo “vantaggio” che l’Amministrazione avrebbe ricavato dal ritardo nel provvedere ben poteva essere “fronteggiato” avvalendosi dei rimedi previsti in sede procedimentale e/o giurisdizionale avverso la relativa inerzia. Al contrario, se pure il Comune di Buonabitacolo, anziché archiviare la pratica, ha inteso sollecitarne la definizione solo a distanza di molti anni con la prima richiesta del 2001, l’appellante non è stato da meno, dato che si è reso necessario un ulteriore sollecito e ancora diversi anni prima che si sia deciso a produrre quel minimo di documentazione indispensabile a consentire l’avvio dell’istruttoria della pratica.

L’obbligo di pagamento degli interessi al tasso legale, ai sensi dell’art. 1282 c.c., costituisce principio di carattere generale, applicabile, in mancanza di una specifica disciplina di settore, ogni qualvolta sia questione di ritardata corresponsione di somme dovute. Il pagamento dell’oblazione nelle scansioni temporali declinate dall’art. 35, comma 12, della l. n. 47 del 1985, è “dovuto” al fine di rendere “completa” la relativa istanza, diversamente inammissibile. Dal combinato disposto di tali indicazioni, l’obbligo di corresponsione degli interessi legali non può che decorrere dalla data di presentazione della domanda nel caso in cui l’inadempienza, che ha determinato il ritardato pagamento delle somme, sia imputabile al richiedente.

10. Per quanto sopra detto, l’appello deve essere respinto.

Le spese del giudizio seguono la soccombenza e sono liquidate come da dispositivo.

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