Consiglio di Stato, sez. V, sentenza 2011-11-11, n. 201105984

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Sul provvedimento

Citazione :
Consiglio di Stato, sez. V, sentenza 2011-11-11, n. 201105984
Giurisdizione : Consiglio di Stato
Numero : 201105984
Data del deposito : 11 novembre 2011
Fonte ufficiale :

Testo completo

N. 05969/2004 REG.RIC.

N. 05984/2011REG.PROV.COLL.

N. 05969/2004 REG.RIC.

REPUBBLICA ITALIANA

IN NOME DEL POPOLO ITALIANO

Il Consiglio di Stato

in sede giurisdizionale (Sezione Quinta)

ha pronunciato la presente

SENTENZA

sul ricorso numero di registro generale 5969 del 2004, proposto da:
N M G, S T, Z M A, G A, G C, S A, Pisera' Giuseppa, R M C, S A M, L G R, F A, L C, P C, P F, R C, M E, L C, R C, V I M, C A M, P L, C T, B M E, F A M, rappresentati e difesi dall'avv. O M, con domicilio eletto presso il suo studio in Roma, via Arno, 6;

contro

Comune di Vibo Valentia, rappresentato e difeso dall'avv. Francesco Mirigliani, con domicilio eletto presso il suo studio in Roma, via della Frezza 59;

per la riforma

della sentenza del T.A.R. CALABRIA – CATANZARO, SEZIONE II n. 00620/2004, resa tra le parti, concernente TRASFERIMENTO DA ISTITUZIONI ESTINTE ALLE DIPENDENZE DEL COMUNE


Visti il ricorso in appello e i relativi allegati;

Viste le memorie difensive;

Visti tutti gli atti della causa;

Relatore nell'udienza pubblica del giorno 14 giugno 2011 il Cons. Paolo Giovanni Nicolo' Lotti e uditi per le parti gli avvocati Macino, su delega dell' avv. Morcavallo, e Mirigliani;

Ritenuto e considerato in fatto e diritto quanto segue.


FATTO

Il Tribunale amministrativo regionale per la Calabria, Catanzaro, sez. II, con la sentenza n. 620 del 12 marzo 2004, respingeva il ricorso proposto dagli attuali appellanti avverso le delibere del Consiglio comunale di Vibo Valentia n. 15, prot. 20171, del 1°.

7.1992 e n. 52, prot. 27890, del 3.10.1992: con tali delibere l’Amministrazione disponeva l’annullamento della pregressa delibera n. 105/1990, limitatamente alla parte in cui riconosceva il debito nei confronti delle ricorrenti.

In punto di fatto, deve essere precisato che le attuali appellanti, già in servizio presso le Istituzioni pubbliche di assistenza e beneficenza denominate “Casa della fanciulla” e “Asilo infantile”, a seguito dell’estinzione di queste sono state trasferite alle dipendenze del Comune di Vibo Valentia, così come stabilito in base a determinati provvedimenti regionali.

Il Comune, nell’inquadrarle nei propri organici e determinarne il trattamento economico, non ha liquidato le retribuzioni relative al servizio prestato presso le IPAB e non integralmente percepite;
soltanto con delibera n. 105 del 28.9.1990, il Comune ha proceduto al riconoscimento del debito ad esso facente carico nei loro confronti, senza peraltro liquidare le relative somme.

Le attuali appellanti hanno, quindi, adito l’A.G.O., dalla quale hanno ottenuto l’ingiunzione di pagamento degli importi reclamati, cui avrebbe fatto seguito la conclusione, con il Comune, di un accordo transattivo, in virtù del quale l’Amministrazione si è impegnata a pagare la sorte capitale e gli interessi, rinunciando le ricorrenti alla rivalutazione.

Secondo il TAR, la pretesa degli appellanti sarebbe stata ormai superata, atteso che la questione inerente alla sussistenza del credito da loro vantato nei confronti del Comune intimato è stata già sottoposta all’attenzione dell’Autorità giurisdizionale, in particolare, con ricorso giurisdizionale amministrativo, in sede di impugnazione delle delibere con le quali l’Amministrazione, nel disporre l’inquadramento delle ricorrenti, ha omesso di attribuire le somme retributive maturate nel periodo di attività precedente l’inquadramento nei ruoli comunali, ricorso deciso con sentenza dello stesso TAR 27 gennaio 1999, n. 82.

L’indagine svolta nell’occasione dal Tribunale ha avuto ad oggetto l’accertamento pieno del credito reclamato dalle ricorrenti, attraverso l’espletamento di una consulenza tecnica d’ufficio, la quale ha accertato l’assenza di “qualsiasi forma di regolare documentazione contabile a riscontro degli assetti retributivi connessi ai rapporti di lavoro instaurati presso le IPAB dalle attuali dipendenti”, con conseguente esclusione di ogni “prova esaustiva delle pretese di arretrati retributivi”.

Pertanto, ha concluso il TAR nella sentenza odiernamente gravata, non vi è dubbio che la decisione citata privi di un basilare requisito di meritevolezza l’interesse sotteso al ricorso.

L’appellante contestava la decisione del TAR, negando l’insussistenza di interesse, acclarata dal TAR, in quanto l’oggetto del presente giudizio riguarderebbe la legittimità delle due delibere impugnate di autotutela;
inoltre, si sostiene che la sentenza violerebbe l’art. 24 del D.L. 66-1989, in materia di riconoscimento di debiti fuori bilancio, cui va collegata l’efficacia probatoria di cui all’art. 1988 c.c.;
inoltre, la sentenza contrasterebbe con quanto disposto dalla L.R. n. 6 del 16 gennaio 1985, nella quale è stabilita la procedura amministrativa per l’estinzione delle IPAB e la successione a titolo universale di tutti i rapporti pendenti nell’ente di destinazione.

All’udienza pubblica del 14 giugno 2011 la causa veniva trattenuta in decisione.

DIRITTO

Il Collegio ritiene di dover confermare la pronuncia del TAR in questa sede appellata.

Infatti, le interessate sostengono che dall’istruttoria svolta in primo grado e, segnatamente, dalla disposta consulenza tecnica d’ufficio emergerebbero elementi presuntivi idonei a dimostrare i fatti posti a base della pretesa sostanziale fatta valere.

L’assunto è destituito di fondamento. Come correttamente rilevato dal giudice di prime cure, i dati documentali raccolti non assumono i caratteri della gravità, precisione e concordanza necessari per integrare la presunzione.

A ciò va aggiunto che, nell’ambito del pubblico impiego (prima delle trasformazioni sostanziali attuate attraverso la privatizzazione del rapporto di lavoro), la definizione del trattamento economico dei dipendenti si realizza attraverso l’adozione di atti formali della amministrazione. Pertanto, nel caso di specie, la riscontrata carenza di appositi provvedimenti autoritativi non potrebbe essere surrogata da altri strumenti probatori.

Sotto altro profilo, le appellanti sostengono che i crediti vantati sono dimostrati per effetto della ricognizione di debito attuata dall’amministrazione comunale con la delibera consiliare n. 105/1990.

L’efficacia della delibera è definitivamente venuta meno per effetto dell’autoannullamento disposto con le delibere n. 15 del 1 luglio 1992 e n. 52 del 3 ottobre 1992.

La circostanza assume un rilevo determinante e spiega anche la diversa soluzione adottata dalla Sezione con la decisione n. 812/2001, relativa ad una fattispecie in cui l'atto di riconoscimento del debito (adottato con delibera n. 72/1991) non era stato seguito da un annullamento definitivo in sede di autotutela, posto che i provvedimenti di riesame erano stati, a loro volta, annullati dal Co.Re.Co.

L’annullamento, qui in contestazione, è conseguenza dell’accertamento giurisdizionale di insussistenza del credito;
seppure appurata soltanto sotto il profilo probatorio, tale insussistenza del credito è circostanza divenuta ormai incontestabile, coperta dall’efficacia del giudicato e come tale, non discutibile non soltanto in questa sede, ma nemmeno in sede amministrativa.

Anzi, un riconoscimento di debito di provenienza dell’amministrazione e la conseguente iscrizione della relativa posta quale debito fuori bilancio, con conseguente transazione sul punto (peraltro non perfezionatasi) che contrasti con le risultanze di un giudicato, fa emergere inequivocabilmente un danno erariale dell’Amministrazione, poiché il risultato finale della complessa vicenda, se avesse l’esito voluto dagli appellanti, sarebbe il riconoscimento e il pagamento di un debito che una sentenza ormai passata in giudicato ha inequivocabilmente escluso.

Alla luce di tale considerazione, legittimamente l’Amministrazione ha proceduto tempestivamente all’annullamento delle precedenti delibere, con la conseguenza che il ricorso di primo grado, sorretto dall’interesse sostanziale a vedersi riconoscere un credito che è stato definitivamente dichiarato insussistente, risulta, come bene acclarato dal TAR non sorretto da apprezzabile interesse.

Il Collegio deve, inoltre, osservare che, attenendo l’efficacia dell’atto di riconoscimento del debito, ex art. 1988 c.c., al piano meramente probatorio, consistente nella semplificazione dell’onere dimostrativo facente carico a colui a favore del quale sia stata espressa la relativa dichiarazione, tale efficacia è completamente neutralizzata dall’accertamento giurisdizionale pieno dell’infondatezza del credito ipoteticamente riconosciuto dal soggetto passivo.

Ciò determina in ogni caso, al di là dei profili che indurrebbero a sancire, più precisamente, l’improcedibilità del ricorso di primo grado, la reiezione dell’appello, con conferma della sentenza di primo grado.

Sussistono giusti motivi per compensare le spese di lite.

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