Consiglio di Stato, sez. V, sentenza 2013-06-07, n. 201303135

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Sul provvedimento

Citazione :
Consiglio di Stato, sez. V, sentenza 2013-06-07, n. 201303135
Giurisdizione : Consiglio di Stato
Numero : 201303135
Data del deposito : 7 giugno 2013
Fonte ufficiale :

Testo completo

N. 03353/2012 REG.RIC.

N. 03135/2013REG.PROV.COLL.

N. 03353/2012 REG.RIC.

REPUBBLICA ITALIANA

IN NOME DEL POPOLO ITALIANO

Il Consiglio di Stato

in sede giurisdizionale (Sezione Quinta)

ha pronunciato la presente

SENTENZA

sul ricorso numero di registro generale 3353 del 2012, proposto da:
Sodexo Italia S.p.A., rappresentata e difesa dall'avv. A M, con domicilio eletto presso il medesimo in Roma, via Federico Confalonieri, 5;

contro

Comune di Lissone, rappresentato e difeso dagli avv. M C e G C, con domicilio eletto presso l’avv. G C in Roma, via Pierluigi da Palestrina, 63;
Serist Servizi Ristorazione Srl;

per la riforma

della sentenza breve del T.A.R. LOMBARDIA - MILANO: SEZIONE I n. 00992/2012, resa tra le parti, concernente aggiudicazione definitiva servizio di ristorazione scolastica.


Visti il ricorso in appello e i relativi allegati;

Visto l'atto di costituzione in giudizio di Comune di Lissone;

Viste le memorie difensive;

Visti tutti gli atti della causa;

Relatore nell'udienza pubblica del giorno 11 gennaio 2013 il Cons. Paolo Giovanni Nicolo' Lotti e uditi per le parti gli avvocati Manzi e Contaldi;


FATTO

Il Tribunale Amministrativo Regionale per la Lombardia, Milano, Sez. I, con la sentenza n. 992 del 4 aprile 2012, ha dichiarato improcedibile il ricorso proposto dall’attuale appellante per l’annullamento della determinazione dirigenziale n. 712 del 30 luglio 2011 di aggiudicazione definitiva a favore della controinteressata del servizio di ristorazione scolastica, di cui la ricorrente in primo grado ha avuto notizia con comunicazione ricevuta in pari data;
dei verbali di gara tutti;
della risposta al preavviso di contenzioso in data 13 settembre 2011;
della previsione dell'art. 53 del capitolato speciale d'appalto e disciplinare di gara;
nonché per la declaratoria d'inefficacia del contratto eventualmente medio tempore stipulato e per il risarcimento del danno subito dalla ricorrente, in ragione dell'illegittimità del provvedimento impugnato.

Il TAR fondava la sua decisione rilevando, sinteticamente, di non dover nemmeno disporre

l’annullamento dell’aggiudicazione, atteso che tale misura non è in grado di offrire alla ricorrente alcuna concreta utilità, non potendo da essa scaturire né l’inefficacia del contratto e la conseguente ripetizione della gara, né il risarcimento del danno per equivalente.

Non sussistendo, per il TAR, nemmeno i presupposti per la mera declaratoria di illegittimità del provvedimento impugnato ai sensi dell’art. 34 c.p.a., posto che anche tale pronuncia presuppone che residui un interesse del ricorrente ai fini risarcitori, interesse che, nel caso, di specie, non sussiste, attesa l’infondatezza della domanda di tutela per equivalente, il ricorso di primo grado è stato dichiarato improcedibile.

L’appellante contestava la sentenza del TAR, riproponendo nella sostanza le tesi del ricorso proposto in primo grado.

Si costituiva l’Amministrazione intimata chiedendo il rigetto dell’appello e proponendo appello incidentale, censurando l’applicabilità del principio espresso dall’Adunanza Plenaria n. 13 del 2011 alle procedure di gara che, alla data di pubblicazione della decisione, avevano già superato, come nel caso di specie, la fase relativa all’apertura delle buste contenenti l’offerta tecnica.

All’udienza pubblica dell’11 gennaio 2013 la causa veniva trattenuta in decisione.

DIRITTO

Preliminarmente deve esaminarsi l’appello incidentale che pone una questione che si deve ritenere pregiudiziale all’esame dell’appello principale, sottolineando che la decisione è stata adottata nella camera di consiglio dell’11 gennaio 2013 e, quindi, nel quadro normativo e giurisprudenziale a quella data esistente..

Ritiene il Collegio che l’appello incidentale sia infondato.

Infatti, secondo la sentenza del Consiglio di Stato, Ad. Plen., 28 luglio 2011, n. 13, in materia di gare pubbliche, e con specifico riferimento alle operazioni preliminari da svolgere in seduta pubblica, la verifica dell’integrità dei plichi non esaurisce la sua funzione nella constatazione che gli stessi non hanno subito manomissioni o alterazioni, ma è destinata a garantire che il materiale documentario trovi correttamente ingresso nella procedura di gara, giacché la pubblicità delle sedute risponde all'esigenza di tutela non solo della parità di trattamento dei concorrenti, ai quali deve essere permesso di effettuare gli opportuni riscontri sulla regolarità formale degli atti prodotti e di avere così la garanzia che non siano successivamente intervenute indebite alterazioni, ma anche dell'interesse pubblico alla trasparenza ed all'imparzialità dell'azione amministrativa, le cui conseguenze negative sono difficilmente apprezzabili ex post, una volta rotti i sigilli ed aperti i plichi, in mancanza di un riscontro immediato, non è da qualificarsi alla stregua di un intervento di innovazione normativa, peraltro al di fuori del potere di mera interpretazione ed esecuzione della legge secondo il vigente quadro costituzionale del nostro ordinamento.

Di conseguenza tale principio trova applicazione anche per le gare che, alla data di pubblicazione della predetta decisione, avevano già superato, come nel caso di specie, la fase relativa all’apertura delle buste contenenti l’offerta tecnica.

Peraltro, la modifica che ha interessato il comma 2 dell’art. 283 del regolamento 5 ottobre 2010, n.207 ha il solo effetto di cristallizzare nell’ordinamento preesistente pacifici principi di derivazione costituzionale e comunitaria, senza introdurre soluzione di continuità alcuna fra procedure già svolte ed ancora da svolgersi al momento dell’entrata in vigore del D.L. n.7 maggio 2012 , n. 52.

Inoltre, in sede di conversione dell’art. 12 del D.L. n. 52-2012, è stato modificato sia il comma 2 dell’art. 120 che il comma 2 dell’art. 283 del regolamento, introducendo la regola secondo cui la commissione, costituita ai sensi dell’art. 84 del codice, anche per le gare in corso ove i plichi contenenti le offerte tecniche non siano stati ancora aperti alla data del 9 maggio 2012, apre in seduta pubblica i plichi contenenti le offerte tecniche al fine di procedere alla verifica della presenza dei documenti prodotti;
tale disposizione stabilisce una chiara regola d’azione comunque desumibile dai principi legislativi e oggetto dell’interpretazione proposta nell’anzidetta decisione dell’Adunanza Plenaria.

Passando all’esame dell’appello principale, ritiene il Collegio che lo stesso sia, invece, fondato.

Infatti, appare non condivisibile la conclusione del TAR in ordine alle conseguenza dell’illegittimità sopra precisata e riconosciuta dallo stesso giudice di prime cure in relazione all’inciso dell’art. 122 c.p.a., secondo cui non è possibile la dichiarazione di inefficacia del contratto nei casi in cui il vizio dell’aggiudicazione non comporti l’obbligo di rinnovare la gara.

Secondo il TAR, l’inefficacia del contratto deve essere pronunciata qualora il ricorrente dimostri che i vizi dell’aggiudicazione da egli dedotti abbiano avuto una diretta efficacia causale nella mancata aggiudicazione della gara, di talché la sua rinnovazione comporti un’effettiva possibilità di conseguire la vittoria.

Tale regola, secondo il Collegio, non è applicabile nei casi in cui, come nella specie, l’interesse a ricorrere è meramente strumentale, comportando la radicale caducazione della gara e l’eventuale rinnovazione della medesima, poiché in questo caso non è neppure concepibile un’aggiudicazione della gara, atteso che la gara è viziata in radice e non può concludersi con alcun provvedimento legittimo.

Nei casi come quello di specie, in altre parole, non essendo possibile determinare quale sarebbe stato l’esito della gara se non vi fosse stata l’illegittimità riscontrata, non potendo la gara avere alcun esito, la dichiarazione di inefficacia prescinde da tale riscontro e la pretesa della società appellante resta subordinata alla verifica dei presupposti per la declaratoria di inefficacia del contratto medio tempore stipulato dalla stazione appaltante secondo i criteri indicati dall’art. 122 c.p.a. ed, in particolare, previa verifica della possibilità del ricorrente di subentrare nel contratto, e ciò “nei casi in cui il vizio dell’aggiudicazione non comporti l’obbligo di rinnovare la gara”.

Nella specie il vizio di legittimità della procedura concorsuale comporta la rinnovazione della gara e non emergono, allo stato, i presupposti in base ai quali la società appellante possa acquisire, previa dichiarazione di inefficacia del contratto, la qualità di aggiudicataria alla luce dei vizi riscontrati, secondo quanto prescritto dall’art. 122 c.p.a.

Il fatto che il contratto non debba essere dichiarato inefficace ex art. 121 c.p.a., posto che non si verte in un’ipotesi di annullamento dell’aggiudicazione per gravi violazioni ex art. 121 c.p.a., non significa che la stessa non possa essere dichiarata tale ai sensi dell'art. 122 c.p.a., che stabilisce che al di fuori dei casi indicati dall'art. 121 comma 1, e dall'art. 123 comma 3, il giudice che annulla l'aggiudicazione definitiva stabilisce se dichiarare inefficace il contratto, fissandone la decorrenza, tenendo conto, in particolare, degli interessi delle parti, dell'effettiva possibilità per il ricorrente di conseguire l'aggiudicazione alla luce dei vizi riscontrati, dello stato di esecuzione del contratto e della possibilità di subentrare nel contratto, nei casi in cui il vizio dell'aggiudicazione non comporti l'obbligo di rinnovare la gara e la domanda di subentrare sia stata proposta (il che è avvenuto nel caso di specie).

Nel caso di specie, l’obbligo di rinnovare la gara che consegue al riscontrato vizio relativo all’apertura delle buste, si pone quale limite alla declaratoria di inefficacia del contratto, ma solo nei casi in cui l’aggiudicazione sia stata annullata per tale motivo, il che nella specie non si è verificato in quanto il TAR ha disposto l’improcedibilità del ricorso di primo grado.

Pertanto, pur trattandosi, in astratto, di un vizio che comporta il rinnovo della gara, l’avvenuta stipula e l’esecuzione del contratto, circostanze che entrambe si sono verificate nella specie, possono giustificare una declaratoria di inefficacia ex art. 122 c.p.a.

Tuttavia, ritiene il Collegio che l’inefficacia non possa essere dichiarata in relazione allo stato avanzato del contratto in oggetto (stato di esecuzione del contratto), il cui servizio scade nel giugno del 2013 e la cui inefficacia si riverbererebbe, a giudizio del Collegio, in modo eccessivamente dannoso per l’interesse pubblico, sia per l’Amministrazione che per gli utenti coinvolti.

Con la conseguenza che, dovendosi quindi respingere la domanda di dichiarazione di inefficacia del contratto deve essere esaminata la subordinata domanda risarcitoria, di cui si evidenzia come sia stata in primo grado formulata in via subordinata e, come tale, ribadita in sede di appello.

Tale domanda deve essere accolta in relazione al lucro cessante non con il criterio del 10% del prezzo a base d'asta che, se pure è in grado di individuare in via presuntiva l'utile che l'impresa può trarre dall'esecuzione di un appalto, non può formare oggetto di applicazione automatica e indifferenziata, risultando per l'imprenditore ben più favorevole dell'impiego del capitale;
bensì con il criterio, ormai necessitato, ai sensi dell'art. 124 c.p.a., di ciò che l'impresa dimostri rigorosamente rispetto alla percentuale di utile effettivo che avrebbe conseguito se fosse risultata aggiudicataria dell'appalto, con riferimento all'offerta economica presentata al seggio di gara (cfr., Consiglio di Stato, sez. V, 5 luglio 2012, n. 3940), suddivisa per il numero di partecipanti alla gara medesima (dovendosi risarcire, come detto, la chance di aggiudicazione, che rappresenta l’interesse strumentale che ha legittimato il ricorso e la conseguente pronuncia di annullamento).

L’importo determinato sulla base dei suddetti parametri deve, comunque, essere ridotto in considerazione del fatto che il mancato utile spetta nella misura integrale solo se si dimostra di non aver potuto altrimenti utilizzare maestranze e mezzi, in quanto tenuti a disposizione in vista dell'aggiudicazione.

In difetto di tale dimostrazione, che compete comunque al concorrente fornire, è da ritenere che l'impresa possa aver ragionevolmente riutilizzato mezzi e manodopera per altri lavori o servizi e da qui la decurtazione del risarcimento di una misura a titolo di aliunde perceptum vel percipiendum, considerato anche che, ai sensi dell'art. 1227 c.c., il danneggiato ha un puntuale dovere di non concorrere ad aggravare il danno (cfr. Consiglio di Stato, questa Sezione, 20 aprile 2012, n. 2317 e, sempre questa Sezione, 8 novembre 2012, n. 5686).

Pertanto, è pienamente ragionevole stabilire una detrazione dal risarcimento del mancato utile nella misura del 50%.

Inoltre, trattandosi di debito di valore, all'appellante spetta anche la rivalutazione monetaria dal giorno della stipulazione del contratto fino alla pubblicazione della presente sentenza, a decorrere dalla quale, in forza della liquidazione giudiziale, il debito di valore si trasforma in debito di valuta.

Sulla somma totale, calcolata secondo le indicazioni fatte sopra, andranno invece computati gli interessi legali dalla data del deposito della presente sentenza sino all'effettivo soddisfo.

Il danno curricolare , liquidabile in via equitativa, spetta, invece, soltanto ove sia già sicura l'individuazione del contraente, il che non può strutturalmente verificarsi nel caso di specie.

Pertanto, alla luce delle predette argomentazioni, l’appello deve essere accolto e, per l’effetto, in riforma della sentenza impugnata, deve essere accolto in parte il ricorso in primo grado come sopra precisato, accogliendo quindi la domanda di annullamento dell’aggiudicazione e la domanda subordinata di risarcimento del danno, come sopra precisato e quantificato e respingendosi, invece, la domanda di dichiarazione di inefficacia del contratto.

Deve, invece, essere respinto, come detto, l’appello incidentale, in quanto infondato.

Le spese di lite di entrambi i gradi di giudizio, liquidate come in dispositivo, seguono la soccombenza.

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