Consiglio di Stato, sez. IV, sentenza 2014-03-26, n. 201401459

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Sul provvedimento

Citazione :
Consiglio di Stato, sez. IV, sentenza 2014-03-26, n. 201401459
Giurisdizione : Consiglio di Stato
Numero : 201401459
Data del deposito : 26 marzo 2014
Fonte ufficiale :

Testo completo

N. 07090/2005 REG.RIC.

N. 01459/2014REG.PROV.COLL.

N. 07090/2005 REG.RIC.

REPUBBLICA ITALIANA

IN NOME DEL POPOLO ITALIANO

Il Consiglio di Stato

in sede giurisdizionale (Sezione Quarta)

ha pronunciato la presente

SENTENZA

sul ricorso numero di registro generale 7090 del 2005, proposto da:
Comune di Venezia, rappresentato e difeso dagli avv. Nicolo' Paoletti, M M M, A I, G G, con domicilio eletto presso Nicolo' Paoletti in Roma, via Barnaba Tortolini 34;

contro

V L, rappresentato e difeso dagli avv. G P, A B, con domicilio eletto presso G P in Roma, viale Giulio Cesare n.14;
Regione Veneto, Commissione per la Salvaguardia di Venezia;

per la riforma

della sentenza del T.A.R. VENETO, sez. II n. 01840/2005, resa tra le parti, concernente rideterminazione sulla proposta di modifica alla v.p.r.g.


Visti il ricorso in appello e i relativi allegati;

Viste le memorie difensive;

Visti tutti gli atti della causa;

Relatore nell'udienza pubblica del giorno 26 marzo 2013 il Cons. Oberdan Forlenza e uditi per le parti gli avvocati Nicolò Paoletti e G P;

Ritenuto e considerato in fatto e diritto quanto segue.


FATTO

1. Con l’appello in esame, il Comune di Venezia impugna la sentenza 3 maggio 2005 n. 1840, con la quale il TAR per il Veneto, sez. II, ha accolto il ricorso proposto dal sig. Lodovico Valmarana, annullando la deliberazione del Consiglio comunale 5 luglio 2004 n. 86, avente ad oggetto “rideterminazione sulla proposta di modifica alla VPRG per l’isola del Lido”, relativamente all’area del ricorrente, ed in accoglimento della sentenza del TAR del Veneto, 13 aprile 2004 n. 1013.

La controversia ha per oggetto, in sostanza, la delibera con la quale l’amministrazione comunale di Venezia – dopo una pregressa ed annosa vicenda giudiziaria inerente il procedimento di approvazione di un piano di lottizzazione sui terreni di proprietà Valmarana ubicati al Lido di Venezia (piano presentato nel 1997) – ha ribadito la qualificazione di pregio ambientale dell’area assoggettata al predetto piano di lottizzazione, stralciandone la possibilità di edificazione e negando l’approvazione del piano per incompatibilità rispetto alla variante al PRG per l’isola del Lido, contestualmente approvata.

La sentenza impugnata afferma in particolare:

- alla data di adozione della delibera impugnata (5 luglio 2004), l’art. 46 l. reg. n. 61/1985, sulla base del quale la stessa è stata adottata, era vigente, in quanto gli atti di indirizzo – alla adozione dei quali l’art. 50 l. reg. n. 11/2004 fa decorrere l’abrogazione dei primi 49 articoli della legge, tra i quali è l’art. 49, che prevede l’abrogazione del predetto art. 46 – sono stati adottati solo con delibera GR 8 ottobre 2004 n. 3178, pubblicata sul Bollettino Ufficiale Regione Veneto 22 ottobre 2004 n. 105;

- la competenza a deliberare in materia di “piani territoriali ed urbanistici”, tra i quali senza dubbio rientrano i piani di lottizzazione, è del Consiglio Comunale, ai sensi dell’art. 42, lett. b) DPR n. 267/2000, e quindi non del dirigente;

- non è applicabile l’art. 7 l. n. 241/1990, comportante obbligo di invio della comunicazione di avvio di procedimento, nel caso di un piano di lottizzazione, il cui procedimento di approvazione è attivato dallo stesso cittadino;

- in esecuzione della sentenza TAR Veneto n. 1013/2004, il Consiglio comunale di Venezia avrebbe dovuto: a) decidere innanzi tutto sulla proposta di piano di lottizzazione inoltrata dal Valmarana “in forza della disciplina urbanistica ad oggi vigente”;
b) quindi pronunciarsi sulla variante del PRG proposta dalla Giunta Regionale, ai sensi dell’art. 46 l. reg. n. 61/1985, e ciò “anche con particolare riguardo . . . all’eventuale circostanza che il piano di lottizzazione proposto dal Valmarana fosse stato approvato, posto che in siffatta evenienza . . . la motivazione che assiste una sopravvenuta modificazione dello strumento urbanistico primario in senso difforme dall’interesse del privato deve essere particolarmente rigorosa, incidendo su aspettative consolidatesi su precedenti determinazioni dell’amministrazione comunale contrarie al diverso indirizzo pianificatorio sino a quel momento mantenuto”. Al contrario, l’amministrazione ha unificato le due procedure, realizzando “un ben evidente sviamento delle diverse funzioni amministrative rispettivamente deputate alla pianificazione secondaria e alla pianificazione primaria del territorio comunale”, allo stesso tempo contraddicendo “il contenuto dello stesso giudicato al quale dichiaratamente lo stesso consiglio comunale pur intendeva ottemperare”;

- in concreto, sussiste “una consistente separazione tra l’area interessata dal progetto di lottizzazione e le dune embrionali, oltretutto resa marcata dall’interposizione di aree già edificate”;

- la motivazione dell’atto impugnato “si fonda su una mera ed acritica riproduzione delle relazioni anzidette, senza quindi evidenziare in via autonoma i concreti motivi per cui l’intera zona interessata dovrebbe essere qualificata di grande pregio ambientale con conseguente impossibilità di conservare la precedente vocazione edificatoria”, né vi è motivazione in ordine alla ragione per la quale “dalla qualificazione di grande pregio ambientale, unitariamente attribuita all’intera area, consegue comunque una diversificata zonizzazione dell’area medesima”.

Avverso tale decisione vengono proposti i seguenti motivi di appello (come desumibili dalle pagg. 6 – 18 app.):

a) error in iudicando, poiché, non avendo il sig. Valmarana “tempestivamente contestato in sede giurisdizionale la decisione dell’amministrazione di archiviare il procedimento di lottizzazione, vi è stata sul punto l’acquiescenza dello stesso, con conseguente inammissibilità del motivo di gravame rivolto a contestare la parte della delibera del consiglio comunale nella quale è stato dato atto della carenza di interesse della proprietà all’edificazione”. Tanto risulta – contrariamente a quanto sostenuto in sentenza – dalla premessa della delibera n. 86/2004. Né sul punto si è formato giudicato relativamente alla sentenza n. 1013/2004, la quale non aveva ad oggetto la procedura relativa all’approvazione del piano di lottizzazione, se non per il parere negativo dell’Amministrazione per i beni culturali e ambientali;

b) error in iudicando, non essendovi stata alcuna violazione del giudicato, posto che nella sentenza n. 1013/2004 “non viene esplicitata una necessaria scansione temporale fra i due procedimenti”. Peraltro, l’amministrazione doveva comunque pronunciarsi sulla modifica alla variante al PRG, come richiesto dalla Giunta Regionale in data 23 giugno 2000, sulla base del presupposto parere del CTR;

c) error in iudicando, in quanto, per un verso “la circostanza che detta area non sia inclusa tra le aree SIC e ZPS non esclude che la stessa non abbia un elevato valore naturalistico che la rende meritevole di tutela” poiché “un’area per essere vincolata sotto il profilo ambientale non deve infatti necessariamente far parte delle aree SIC”. Peraltro, il vincolo “è stato apposto sull’area sia per l’elevato valore naturalistico che per gli aspetti vegetazionali e faunistici che, ancora, per la valenza paesaggistica”, di modo che “l’eventuale correttezza della statuizione sull’insussistenza di quest’ultima non può per ciò solo inficiare il vincolo ambientale, che continuerebbe a reggersi sotto l’altro profilo”;

d) error in iudicando, in relazione al rilevato vizio di difetto di motivazione, posto che, per un verso, non essendosi esaurito l’iter di approvazione del piano di lottizzazione, e non essendo quindi il Valmarana titolare di alcuna aspettativa qualificata, l’atto di pianificazione non necessitava di una motivazione specifica;
per altro verso, nulla il Consiglio Comunale avrebbe potuto aggiungere “rispetto a quanto già esposto sotto il profilo tecnico nelle relazioni allegate alla delibera”. Infine, “le distinte zonizzazioni impresse all’area appaiono coerenti con la valenza ambientale riconosciuta alla stessa”.

Si costituito in giudizio il sig. Lodovico Valmarana, che ha concluso per il rigetto dell’appello, stante la sua infondatezza.

Con memoria del 19 febbraio 2013, il Comune di Venezia ha reso noto che con deliberazione 15 ottobre 2007 n. 140 (definitivamente approvata dalla Giunta Regionale), il Consiglio Comunale ha ridefinito le previsioni urbanistiche inerenti all’area oggetto di causa. Tale atto sopravvenuto è stato ritenuto dall’appellato del tutto inconferente ai fini del presente giudizio.

All’udienza di trattazione, la causa è stata riservata in decisione.

DIRITTO

2. L’appello è fondato e deve essere, pertanto, accolto, con conseguente riforma della sentenza impugnata.

Il Collegio ritiene, innanzi tutto, di poter prescindere dalla verifica della rilevanza, ai fini della procedibilità dell’appello, della richiamata nuova delibera n. 140/2007 del Consiglio Comunale di pianificazione (in variante al PRG) della zona in cui sono ubicate le aree di proprietà dell’appellante, posto che l’appello è fondato nel merito.


3. Tanto premesso, il Collegio deve innanzi tutto ribadire, nella presente sede, principi già espressi dalla giurisprudenza in relazione all’esercizio del potere di pianificazione urbanistica ed alla natura della motivazione delle scelte in tal modo effettuate

Il potere di pianificazione urbanistica, a maggior ragione in considerazione della sua ampia portata in relazione agli interessi pubblici e privati coinvolti, così come ogni potere discrezionale, non è sottratto al sindacato giurisdizionale, dovendo la pubblica amministrazione dare conto, sia pure con motivazione di carattere generale, degli obiettivi che essa, attraverso lo strumento di pianificazione, intende perseguire e, quindi, della coerenza delle scelte in concreto effettuate con i detti obiettivi ed interessi pubblici agli stessi immanenti (Cons. Stato, sez. IV, 10 maggio 2012 n. 2710).

Tanto affermato sul piano generale, occorre ricordare che l’onere di motivazione gravante sull’amministrazione in sede di adozione di uno strumento urbanistico, salvo i casi in cui le scelte effettuate incidano su zone territorialmente circoscritte ledendo legittime aspettative, è di carattere generale e risulta soddisfatto con l’indicazione dei profili generali e dei criteri che sorreggono le scelte predette, senza necessità di una motivazione puntuale e “mirata” (Cons. Stato, sez. IV, 3 novembre 2008 n. 5478), così come, nell’ambito del procedimento volto all’adozione dello strumento urbanistico, non occorre controdedurre singolarmente e puntualmente a ciascuna osservazione e opposizione (Cons. Stato, n. 2710/2012 cit.).

Come questa Sezione ha già avuto modo di affermare (Cons. Stato, sez. IV, 8 giugno 2011 n. 3497), con considerazioni che devono intendersi riconfermate nella presente sede:

“le scelte urbanistiche, dunque, richiedono una motivazione più o meno puntuale a seconda che si tratti di previsioni interessanti la pianificazione in generale ovvero un’area determinata, ovvero qualora incidano su aree specifiche, ledendo legittime aspettative;
così come mentre richiede una motivazione specifica una variante che interessi aree determinate del PRG., per le quali quest’ultimo prevedeva diversa destinazione (a maggior ragione in presenza di legittime aspettative dei privati), non altrettanto può dirsi allorchè la destinazione di un’area muta per effetto della adozione di un nuovo strumento urbanistico generale, che provveda ad una nuova e complessiva definizione del territorio comunale.

In questa ipotesi, infatti, non è in discussione la destinazione di una singola area, ma il complessivo disegno di governo del territorio da parte dell’ente locale, di modo che la motivazione non può riguardare ogni singola previsione (o zonizzazione), ma deve avere riguardo, secondo criteri di sufficienza e congruità, al complesso delle scelte effettuate dall’ente con il nuovo strumento urbanistico.

Né, d’altra parte, una destinazione di zona precedentemente impressa determina l’acquisizione, una volta e per sempre, di una aspettativa di edificazione non più mutabile, essendo appunto questa modificabile (oltre che in variante) con un nuovo PRG, conseguenza di una nuova e complessiva valutazione del territorio, alla luce dei mutati contesti e delle esigenze medio tempore sopravvenute”.

Occorre ancora osservare che la motivazione delle scelte urbanistiche è sufficientemente espressa in via generale ed è desumibile sia dai documenti di accompagnamento all’atto di pianificazione urbanistica, sia dalla coerenza complessiva delle scelte effettuate dall’amministrazione comunale.

Inoltre, come accade nei casi in cui la decisione finale è rimessa dal legislatore ad un organo collegiale (a maggior ragione quando il collegio si presenta come “virtuale” e “imperfetto”), la motivazione di questa difficilmente può essere desunta da un unico “documento” sul quale si definisce e manifesta l’esercizio della potestà discrezionale dell’amministrazione (sia pure nelle forme previste per l’espressione di tale “volontà”), redatto dal medesimo organo collegiale. Al contrario, è del tutto ragionevole che tale volontà, oltre che desumersi dal dibattito in seno all’organo e da eventuali documenti (ordini del giorno, mozioni e simili, puntualmente messi in votazione ed approvati), si estrinsechi anche (e soprattutto) per il tramite di documenti tecnici redatti da organi ed uffici diversi, tuttavia sottoposti all’esame ed alla adozione del decidente, decisione a sua volta variamente integrata dall’avviso della Regione in sede di definitiva approvazione dello strumento urbanistico..

E ciò a maggior ragione laddove un organo come il consiglio comunale non si limiti a definire un generale indirizzo politico – amministrativo dell’ente cui è legato da rapporto di immedesimazione, ma debba effettuare concrete scelte di pianificazione urbanistica che, se esprimono in generale una “visione” dello sviluppo della comunità e del suo territorio, si sostanziano “a valle” in puntuali definizioni (zonizzazioni) del territorio e delle sue potenzialità, che abbisognano di una rappresentazione tecnico-giuridica e grafica, che certamente travalica le competenze dell’organo decidente.


4. Le considerazioni innanzi espresse già sorreggono l’accoglimento del secondo e terzo motivo di appello (sub b) e d) dell’esposizione in fatto), mentre appare superfluo esaminare il primo motivo di impugnazione (sub a) dell’esposizione in fatto) – con il quale si ribadisce l’intervenuta acquiescenza dell’appellato alla decisione dell’amministrazione di non esaminare la sua proposta di piano di lottizzazione – essendo l’appello fondato nel merito, in relazione agli ulteriori motivi proposti.

Giova, innanzi tutto, osservare che la sentenza del TAR Veneto 13 aprile 2004 n. 1013, nel decidere sui tre ricorsi riuniti – proposti sia contro il parere negativo reso dal Comitato di settore del Ministero per i beni e le attività culturali in ordine al proposto piano di lottizzazione, sia contro le deliberazioni del Consiglio comunale relative alla variante al PRG – ha statuito (pagg. 28 – 29):

- per un verso, che l’accoglimento del ricorso determinava “l’ulteriore corso del procedimento di approvazione del piano di lottizzazione proposto dal ricorrente”;

- per altro verso, che “il Consiglio comunale di Venezia dovrà rideterminarsi sulla proposta di modifica alla variante del PRG avanzata dalla Giunta Regionale”.

Tale decisione, tuttavia, non determina – così come invece sostenuto dalla sentenza oggetto di impugnazione nella presente sede – non tanto una “autonomia” dei due procedimenti, quanto (e soprattutto) una necessitata scansione temporale, tale da rendere indispensabile prima l’esame della proposta di lottizzazione (secondo le definizioni urbanistiche delle aree vigenti al momento dell’esame), poi la proposta di variante.

Nella ricostruzione emergente (e non condivisibile) dalla sentenza impugnata (v. pagg. 52 ss.), ciò che rileva è proprio la ritenuta priorità temporale nell’esame della proposta di lottizzazione, di modo che, una volta che tale esame abbia esito positivo, ciò determinerebbe una aspettativa qualificata dell’appellato, e, dunque, una determinazione dell’amministrazione in sede di (eventuale) approvazione della variante, necessariamente condizionata da tale aspettativa, superabile solo con congrua e puntuale motivazione (la cui mancanza è specificamente addebitata, quale vizio di legittimità, all’atto impugnato).

Il Collegio non condivide tale ricostruzione:

- sia in quanto essa non appare coerente con il decisum di cui alla sentenza n. 1013/2004 (come evidenziato dall’appellante Comune con il secondo motivo di appello);

- sia in quanto allorchè, in sede di pianificazione urbanistica, vi è compresenza di un procedimento di esame della proposta di strumento urbanistico attuativo, quale il piano di lottizzazione (articolata sulla base delle vigenti previsioni di PRG), e contestualmente il procedimento di adozione di una variante al PRG inerente (anche) l’area interessata dal predetto piano di lottizzazione, l’amministrazione legittimamente procede al contestuale esame di ambedue le ipotesi di pianificazione, con la conseguenza che, laddove il piano di lottizzazione, pur coerente con le zonizzazioni in essere, contrasti con le determinazioni in itinere del nuovo strumento urbanistico generale (o di sua variante), il detto piano di lottizzazione non può trovare approvazione. E, in questo caso, la motivazione di reiezione della proposta è sufficientemente evidenziata dalle (confliggenti) ragioni che determinano l’amministrazione ad adottare quella variante che rende incompatibile la proposta con le nuove previsioni.

Ove ciò non fosse, lo stesso potere di pianificazione dell’amministrazione risulterebbe fortemente inciso da eventuali previsioni previgenti, ancorchè queste non abbiano dato luogo ad alcuna attuazione sul piano edilizio. In sostanza, si giungerebbe ad affermare – come si evince anche dalla sentenza impugnata – che la mera presentazione di una proposta di piano di lottizzazione determina la necessità di esame da parte dell’amministrazione, così “cristallizzando” le previsioni urbanistiche vigenti allo stato e condizionando, inevitabilmente, le concrete possibilità di pianificazione futura.

E’ del tutto evidente che ciò non significa che l’amministrazione sia “libera” di disattendere l’esame della proposta del privato, ovvero di adottare diverse (e contrastanti) zonizzazioni, dovendo essa dar conto – ma con motivazione generale, nei sensi sopra riportati – delle scelte che intende effettuare e delle finalità di interesse pubblico che si intendono perseguire.

A quanto sin qui esposto, occorre aggiungere:

- in primo luogo, che ben può un’area rivestire un elevato valore naturalistico che la rende meritevole di tutela in sede di pianificazione urbanistica, ancorchè non faccia parte delle aree SIC (e, nel caso di specie, il pregio dell’area risulta anche dal parere espresso dal Ministero per i beni e le attività culturali), con ciò accogliendosi quanto rappresentato con il terzo motivo di appello (sub c) dell’esposizione in fatto);

- in secondo luogo, che – come si è già innanzi esposto – le motivazioni delle scelte urbanistiche ben possono desumersi anche da relazioni e documenti tecnici esaminati e condivisi dall’organo deliberante;

- in terzo luogo, che le scelte operate nel caso di specie dall’amministrazione – nei limiti entro i quali è ammesso il sindacato giurisdizionale - non appaiono ictu oculi incoerenti, ponendo esse finalità di utilizzazione delle aree compatibili con il dichiarato pregio delle stesse.

Per le ragioni esposte, l’appello deve essere accolto, in relazione ai motivi secondo, terzo e quarto, ciò determinando, in riforma della sentenza impugnata, il rigetto del ricorso instaurativo del giudizio di I grado.

Stante la natura delle questioni trattate, sussistono giusti motivi per compensare tra le parti spese, diritti ed onorari di giudizio.

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