Consiglio di Stato, sez. VII, sentenza 2024-02-05, n. 202401154
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Testo completo
Pubblicato il 05/02/2024
N. 01154/2024REG.PROV.COLL.
N. 01482/2023 REG.RIC.
REPUBBLICA ITALIANA
IN NOME DEL POPOLO ITALIANO
Il Consiglio di Stato
in sede giurisdizionale (Sezione Settima)
ha pronunciato la presente
SENTENZA
sul ricorso numero di registro generale 1482 del 2023, proposto da
Università Telematica E-Campus, in persona del legale rappresentante pro tempore , rappresentato e difeso dagli avvocati P C, C A M, G V, con domicilio digitale come da PEC da Registri di Giustizia e domicilio eletto presso lo studio G V in Roma, piazza di Spagna, n. 15;
contro
Ministero dell'Università e della Ricerca, ANVUR - Agenzia Nazionale di Valutazione del Sistema Universitario e della Ricerca, in persona del legale rappresentante pro tempore , rappresentati e difesi dall'Avvocatura Generale dello Stato, domiciliataria ex lege in Roma, via dei Portoghesi, 12;
nei confronti
Università degli Studi di Roma La Sapienza, in persona del legale rappresentante pro tempore , rappresentata e difesa dall'Avvocatura Generale dello Stato, domiciliataria ex lege in Roma, via dei Portoghesi, 12;
Saint Camillus International University of Health Sciences, in persona del legale rappresentante pro tempore, rappresentata e difesa dall'avvocato Alessandro Botto, con domicilio digitale come da PEC da Registri di Giustizia e domicilio eletto presso il suo studio in Roma, via di San Nicola Da Tolentino, 67;
Presidenza del Consiglio dei Ministri, Ministero per l’innovazione tecnologica e la transizione digitale, non costituiti in giudizio;
per la riforma
della sentenza del Tribunale Amministrativo Regionale per il Lazio (Sezione Terza) n. 09562/2022, resa tra le parti;
Visti il ricorso in appello e i relativi allegati;
Visti gli atti di costituzione in giudizio di Ministero dell'Università e della Ricerca e di ANVUR - Agenzia Nazionale di Valutazione del Sistema Universitario e della Ricerca e di Università degli Studi di Roma La Sapienza e di Saint Camillus International University of Health Sciences;
Visti tutti gli atti della causa;
Vista l’istanza di passaggio in decisione della causa senza preventiva discussione depositata dalla parte appellata in data 27 novembre 2023;
Relatore nell'udienza pubblica del giorno 28 novembre 2023 il Cons. Marco Valentini e uditi per le parti gli avvocati P C, G V e l'avvocato dello Stato Monica De Vergori;
Ritenuto e considerato in fatto e diritto quanto segue.
FATTO
Avanti il giudice di prime cure, l’originaria ricorrente, odierna appellante, ha chiesto l’annullamento:
- del decreto del Ministero dell’Università e della Ricerca del 14 ottobre 2021, n. 1154, avente per oggetto «decreto autovalutazione, valutazione e accreditamento iniziale e periodico delle sedi e dei corsi di studio», nella parte in cui definisce i nuovi requisiti di docenza dei corsi a distanza ai fini dell’accreditamento – iniziale e periodico – dei medesimi corsi e delle sedi, nonché il relativo regime giuridico;
- di tutti gli atti presupposti e connessi, ancorché non conosciuti o non ritualmente partecipati, ivi inclusi, ove occorrer possa, il d.m. 25 marzo 2021, n. 289 (recante “Linee generali d’indirizzo della programmazione 2021-2023”), la delibera dell’ANVUR n. 166 del 27 luglio 2021 (recante “proposta di revisione del decreto ministeriale n. 6 del 7 gennaio 2019”) e il D.D. 22 novembre 2021, n. 2711.
Il primo giudice ha respinto il ricorso.
Preliminarmente, il TAR ha rilevato che, secondo la ricorrente, il decreto ministeriale impugnato sarebbe illegittimo in quanto l’Amministrazione avrebbe dovuto provvedere mediante regolamento ex art. 17 della legge n. 400/1988, coinvolgendo nell’istruttoria le Università telematiche; inoltre, per avere nella sostanza eliminato la differenziazione tra università telematiche e convenzionali e, quanto al possesso dei requisiti di docenza, essendo stato ingiustificatamente aumentato il numero di docenti a tempo indeterminato.
Inoltre, evidenzia il TAR che secondo la ricorrente vi sarebbe contraddittorietà rispetto alle determinazioni precedentemente assunte dal Ministero in ordine al diverso regime delle telematiche, nonché violazione di legge per aver disatteso la previsione dell’art. 25, comma 6, della legge 27 dicembre 2002, n. 289 e dell’art. 2, comma 148, del decreto-legge 3 ottobre 2006, n. 262, come convertito, circa l’introduzione di una fonte regolamentare per la disciplina specifica dell’accreditamento dei soli corsi a distanza.
Per effetto del nuovo decreto le Università telematiche si troverebbero ora in una condizione sperequata rispetto alle convenzionali, in ragione del fatto che la numerosità degli studenti è calcolata sugli iscritti “per la prima volta nel corso” e non sugli iscritti al primo anno, come previsto per gli altri Atenei.
Inoltre, con riferimento alle tipologie di docenti di riferimento, il nuovo d.m. modificherebbe radicalmente la previgente disciplina prevedendo limitazioni all’utilizzo dei docenti in convenzione e a contratto, di cui agli artt. 6, comma 11 e 23 della legge n. 240/2010.
Premessa un’analitica, ampia e puntuale ricostruzione del quadro normativo di riferimento, la sentenza impugnata ha in primo luogo rigettato le doglianze riguardanti l’omesso coinvolgimento delle Università telematiche in sede di emanazione del decreto ministeriale gravato, in asserita violazione di quanto previsto dal d.m. n. 196/2018 e, in secondo luogo, l’asserita illegittima adozione del medesimo in forma di decreto, anziché con regolamento.
Il TAR ha infatti osservato che il decreto impugnato è stato adottato ai sensi dell’art. 6 del d.lgs. n. 19/2012, che costituisce la fonte normativa del potere di definizione dei criteri di accreditamento e che prevede che a ciò il Ministero provveda mediante decreto, in conformità alle linee generali di indirizzo della programmazione triennale delle Università, senza che sia prevista né la forma regolamentare né l’obbligo di previa instaurazione del contraddittorio con le Università telematiche. Nel d.lgs. n. 19/2012 la fonte regolamentare è prevista, evidenzia il TAR, soltanto dall’art. 8, avente ad oggetto la procedura di accreditamento (e non la definizione e l’aggiornamento deli indicatori), che al pari dell’art. 6 non impone la previa interlocuzione con gli Atenei.
Il TAR ha poi esaminato congiuntamente il secondo, il terzo, il quarto e il quinto motivo di ricorso, rigettandoli.
Il ricorrente ha richiamato in primo luogo l’assunto fondato sull’asserita parificazione che il nuovo d.m. n. 1154/2021 avrebbe comportato tra le Università telematiche e quelle convenzionali, modificando, come detto, la disciplina fino ad allora vigente per gli Atenei a distanza.
Tale tesi, anche alla luce della ricostruzione normativa, non è stata accolta.
Ha infatti argomentato il primo giudice che i requisiti di docenza, indicati nell’allegato A del d.m. impugnato, tengono conto della specificità delle Università telematiche, laddove diversificano il numero minimo di docenti in base alle differenti modalità di erogazione dei corsi, più basso di quasi il 30%, per i corsi di studio erogati prevalentemente o integralmente a distanza rispetto a quelli erogati in modalità convenzionale o mista.
A parità di tipologia di corsi di studio e di titoli di studio rilasciati al termine del corso di laurea, i requisiti di docenza richiesti per i corsi a distanza sono inferiori, argomenta la sentenza impugnata, proprio in ragione della raggiungibilità, attraverso la piattaforma didattica tecnologica, di un numero indefinito di studenti.
Ad avviso del giudice di prime cure, il decreto impugnato, pur modificando la più favorevole disciplina contenuta nel d.m. n. 6/2019, mantiene, in coerenza con la normativa primaria contenuta nel d. lgs. n. 19/2012, elementi di differenziazione fra Università convenzionali e telematiche.
Mentre non vi è stata alcuna modifica relativamente alla soglia minima di docenza riportata nell’allegato A, rispetto a quella fissata nei precedenti decreti ministeriali, evidenzia il TAR, quanto al meccanismo del moltiplicatore deve evidenziarsi che questo abbia rappresentato un’innovazione introdotta dal precedente d. m. n. 6/2019, in quanto né il d.m. n. 47/2013, né quello n. 987/2016 lo avevano mai contemplato.
In altre parole, ad avviso del primo giudice, l’eliminazione del moltiplicatore - in base al quale per tutti i corsi interamente o prevalentemente a distanza le numerosità massime di studenti andavano triplicate e la cui eliminazione per effetto del d.m. impugnato costituisce, nel complessivo assetto della nuova disciplina, l’elemento avente carattere maggiormente impattante per le Università telematiche - riconduce la disciplina a quella previgente all’adozione del d.m.. n. 6 /2019 che lo aveva introdotto, peraltro, su parere contrario dell’ANVUR.
La sentenza impugnata si sofferma poi sulla contestata modalità di computo del numero di studenti, osservando che il riferimento al «numero di iscritti per la prima volta nel corso », non rappresenta una novità introdotta con il decreto impugnato, essendo invece la modalità di calcolo prevista per i corsi a distanza fin dal d.m. n. 987/2016 e confermata anche nel d.m. 6/2019, la cui ratio va rintracciata proprio nella peculiarità dei corsi a distanza nei quali, diversamente dai corsi convenzionali, la prevalenza degli ingressi degli studenti si verifica in anni successivi al primo.
Il TAR non ha pertanto accolto la tesi di parte ricorrente circa l’asserito stravolgimento della disciplina delle Università telematiche recato dal d.m. impugnato.
Il