Consiglio di Stato, sez. VII, sentenza 2023-02-09, n. 202301435

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Sul provvedimento

Citazione :
Consiglio di Stato, sez. VII, sentenza 2023-02-09, n. 202301435
Giurisdizione : Consiglio di Stato
Numero : 202301435
Data del deposito : 9 febbraio 2023
Fonte ufficiale :

Testo completo

Pubblicato il 09/02/2023

N. 01435/2023REG.PROV.COLL.

N. 07715/2022 REG.RIC.

REPUBBLICA ITALIANA

IN NOME DEL POPOLO ITALIANO

Il Consiglio di Stato

in sede giurisdizionale (Sezione Settima)

ha pronunciato la presente

SENTENZA

sul ricorso numero di registro generale 7715 del 2022, proposto da:
Consiglio Superiore della Magistratura, in persona del legale rappresentante pro tempore , rappresentato e difeso dall'Avvocatura Generale dello Stato, presso cui è domiciliato ex lege in Roma, via dei Portoghesi, 12;

contro

-OMISSIS-, rappresentata e difesa dall'avvocato G N, con domicilio digitale come da PEC dei Registri di Giustizia e domicilio eletto presso il suo studio in Roma, via Tagliamento, 76;

per la riforma

della sentenza del Tribunale Amministrativo Regionale per-OMISSIS-n. -OMISSIS-.


Visti il ricorso in appello e i relativi allegati;

Visti l'atto di costituzione in giudizio e l’appello incidentale di -OMISSIS-;

Visti tutti gli atti della causa;

Visto il dispositivo n. -OMISSIS-;

Relatore il Cons. Laura Marzano;

Uditi, nell'udienza pubblica del giorno 24 gennaio 2023, l’avvocato G N e l'avvocato dello Stato Antonio Grumetto;

Ritenuto e considerato in fatto e in diritto quanto segue.


FATTO e DIRITTO

1. Il Consiglio superiore della magistratura (CSM) ha impugnato la sentenza del TAR -OMISSIS- n. -OMISSIS- con cui è stato parzialmente accolto il ricorso, integrato da motivi aggiunti, proposto dalla dott.ssa -OMISSIS- per l’annullamento degli atti concernenti il conferimento, alla dott.ssa -OMISSIS-, dell'Ufficio direttivo di Presidente di sezione della Corte di Cassazione.

La stessa sentenza è stata impugnata con appello incidentale anche dalla dott.ssa -OMISSIS-.

In data -OMISSIS- il CSM, riferendo che la dott.ssa -OMISSIS- aveva proposto ricorso per l’esecuzione della sentenza di primo grado e che il TAR, con decreto monocratico del -OMISSIS-, aveva fissato, su istanza di parte di abbreviazione dei termini, l’udienza del --OMISSIS- per la discussione del ricorso, ha chiesto la sospensione dell’efficacia della sentenza impugnata, nelle more della decisione dell’appello, già fissata per l’udienza pubblica del 24 gennaio 2023.

La richiesta sospensione è stata accordata con decreto presidenziale monocratico n. -OMISSIS-del -OMISSIS-ed è stata confermata con ordinanza cautelare, assunta dal Collegio, n. -OMISSIS-del--OMISSIS-.

Le parti costituite hanno depositato memorie conclusive;
l’appellante incidentale ha replicato con memoria del -OMISSIS- 2023.

All’udienza pubblica del 24 gennaio 2023, sentiti i difensori presenti, la causa è stata trattenuta in decisione.

2. Devono essere tratteggiati i fatti di causa.

Come risulta dai verbali della quinta commissione del CSM, il -OMISSIS- la dott.ssa -OMISSIS- è stata proposta per il conferimento dell’ufficio oggetto del presente giudizio;
il -OMISSIS-la pratica è stata assegnata al relatore che, il successivo-OMISSIS-, ha depositato il testo della relazione.

In data -OMISSIS-la commissione ha preso atto del concerto del Ministro della giustizia ed ha approvato la proposta, inviando la stessa al Plenum del CSM.

La dott.ssa -OMISSIS-, anch’ella candidatasi nel procedimento per il conferimento dell’ufficio in questione, alla vigilia dell’adunanza del Plenum del CSM del -OMISSIS-, in cui era calendarizzata la trattazione della relativa pratica, ha presentato osservazioni sulla proposta formulata a favore della dott.ssa -OMISSIS-, segnalando “ l’applicazione oscillante e non uniforme degli indicatori attitudinali specifici previsti dal TU sulla dirigenza giudiziaria ”.

Il Plenum, nella seduta del -OMISSIS-, alle ore 10, ha esaminato la proposta della commissione di conferimento dell’incarico alla dott.ssa -OMISSIS- e, nella seduta pomeridiana delle ore 15,53, ha approvato la suddetta proposta introducendo taluni emendamenti, con l’esplicito fine di prendere posizione sui rilievi sollevati dalla dott.ssa -OMISSIS-.

Gli emendamenti sono così sintetizzabili:

- quanto all’indicatore specifico relativo all’esperienza maturata nelle funzioni di legittimità, la delibera emendata rilevava che « Se la dott.ssa -OMISSIS- vanta un’esperienza in Cassazione certamente più prolungata rispetto a quella della dott.ssa -OMISSIS-, sul piano dei risultati raggiunti – in base ai quali vanno valutati gli indicatori nel giudizio comparativo –, risultano, però, segnalati alcuni ritardi in cui è incorsa, in passato, quanto al deposito delle minute di provvedimenti giurisdizionali (segnalazione del Presidente titolare -OMISSIS-sezione penale della Corte di Cassazione richiamata nel parere attitudinale specifico del -OMISSIS- del Consiglio Direttivo presso la medesima Corte), ritardi, comunque, recuperati a seguito dell’adozione e del puntuale rispetto di apposito piano di rientro del -OMISSIS-. Trattasi di circostanza di indubbio rilievo ai fini del presente giudizio comparativo, in mancanza di analoghe segnalazioni sul conto della candidata proposta, e che concorre ad impedire un giudizio di automatica prevalenza della dott.ssa -OMISSIS- – rispetto all’indicatore in disamina – fondato esclusivamente sul dato temporale relativo alla più prolungata permanenza nelle funzioni di legittimità»;

- quanto all’esperienza maturata dalla ricorrente nell’Ufficio spoglio, essa appariva « evidentemente recessiva rispetto all’omologa esperienza maturata dalla dott.ssa -OMISSIS- nell’arco di oltre 5 anni »;

- in ordine alla comparazione tra le candidate sul piano delle esperienze e competenze organizzative maturate nell’esercizio delle funzioni giudiziarie, anche con riferimento alla presidenza dei collegi (art. 21, lett. d, del Testo unico), quanto indicato in origine nella proposta era sostituito dal seguente periodo: « Se, infatti, le due candidate vantano un’ampia e consolidata esperienza nella presidenza di collegi in Cassazione – che integra, come già osservato, l’esperienza di rilievo organizzativo più pregnante e funzionale nell’ottica dell’incarico direttivo di legittimità a concorso –, la dott.ssa -OMISSIS- ha maturato, in aggiunta, una più ampia esperienza nell’ambito della presidenza dei collegi anche a livello di merito (funzione svolta presso la sezione lavoro della Corte d’appello di -OMISSIS-e presso il Tribunale di -OMISSIS-, nelle udienze di appello di lavoro e previdenza ed in quelle per la trattazione delle controversie agrarie). Inoltre, la complessiva attitudine organizzativa della dott.ssa -OMISSIS- non può non risentire negativamente del già menzionato dato relativo ai ritardi fatti registrare nel deposito di alcune minute di provvedimenti giurisdizionali, sintomatico di carenze organizzative non irrilevanti nella prospettiva delle specifiche funzioni direttive a concorso ».

La dott.ssa -OMISSIS- ha proposto ricorso dinanzi al TAR -OMISSIS-, chiedendo l’annullamento della suddetta deliberazione del Plenum , nonché del decreto di nomina della controinteressata all'Ufficio direttivo di Presidente di sezione della Corte di cassazione, assunto dal Presidente della Repubblica il-OMISSIS-, e degli atti correlati tra i quali, segnatamente, i verbali della quinta commissione del CSM, i pareri e i rapporti informativi resi dai Consigli giudiziari e dai capi degli uffici in favore della controinteressata e il relativo atto di concerto con il Ministero della giustizia.

L’iniziale ricorso al TAR è stato, poi, integrato con la proposizione di due ricorsi per motivi aggiunti, nei quali, oltre a riprendere la trattazione di alcuni dei motivi già proposti, la ricorrente ha formulato ulteriori censure.

Tali censure sono state suddivise dal TAR in quattro distinti gruppi logicamente consequenziali:

- deduzioni avverso il processo di formazione della proposta da parte della quinta commissione (cfr. il secondo atto per motivi aggiunti);

- contestazione della modalità con cui è stato approvato dal CSM il testo emendato della delibera di conferimento dell’incarico alla controinteressata e, in particolare, la mancata riassegnazione della pratica alla quinta commissione per la formulazione di una nuova proposta (primo atto per motivi aggiunti);

- contestazioni avverso l’importanza conferita ai ritardi maturati dalla ricorrente nel deposito di alcuni provvedimenti, riguardanti sia la mancata instaurazione del contraddittorio sul punto, sia l’incidenza assegnata a tale fattore in relazione al parametro delle attitudini specifiche all’incarico direttivo (primi motivi aggiunti);

- doglianze sul giudizio comparativo tra le due candidate, ritenuto viziato in ragione di una motivazione contraddittoria, carente e in contrasto con le disposizioni del testo unico sulla dirigenza giudiziaria (ricorso introduttivo e primi motivi aggiunti).

Il TAR -OMISSIS-, con sentenza del -OMISSIS- n. -OMISSIS-, ha accolto parzialmente i motivi formulati dalla ricorrente, segnatamente quello relativo all’inserimento a sorpresa, rispetto alla proposta della V commissione, della questione inerente alcuni ritardi nei depositi, non nota alla ricorrente e su cui la stessa non ha potuto svolgere osservazioni in contraddittorio.

Tale sentenza, come già detto, è stata impugnata dal CSM e, con ricorso incidentale notificato il-OMISSIS-, anche dalla dott.ssa -OMISSIS-.

3. L’appellante principale ritiene errata la sentenza per “ Violazione dell’art. 36 e dell’art. 56 del testo unico sulla dirigenza giudiziaria (Circolare P 14858/15) e dell’art. 11, comma 3, della legge 24 marzo 1958, n. 195;
assenza di carenze nella istruttoria o di lacune nella motivazione del provvedimento
”.

Le censure sono così riassumibili.

a) Il TAR avrebbe omesso di considerare che l’articolo 13, comma 1, D.Lgs. 160/2006 individua, quale elemento obbligatorio per la partecipazione ad una procedura concorsuale, il rilascio di un preventivo parere attitudinale per il conferimento degli incarichi direttivi, parere che mantiene la sua validità ed efficacia per un intero quadriennio.

Nel caso di specie, il parere attitudinale specifico della dott.ssa -OMISSIS- è stato reso dal Comitato direttivo della Corte di cassazione in data -OMISSIS- e, quindi, alla data della delibera del Plenum (-OMISSIS-) era ancora valido, tanto che il successivo parere rilasciato per le medesime funzioni di presidente di sezione della Corte di cassazione (doc. 17 in primo grado della ricorrente) si rifà al parere -OMISSIS-.

Osserva la difesa erariale che nel parere -OMISSIS- è presente un esplicito riferimento ai ritardi maturati dalla odierna appellata nel corso dell’esercizio delle funzioni di legittimità e al relativo piano di rientro del -OMISSIS- appositamente individuato per risolvere la situazione creatasi.

Ritiene, pertanto, che la stessa sarebbe stata pienamente consapevole dei rilievi contenuti nel parere citato e del fatto che lo stesso rappresentasse una delle fonti di conoscenza del CSM per la procedura concorsuale in parola, tant’è che il suddetto parere attitudinale è richiamato nella delibera impugnata.

Pertanto l’elemento dei ritardi maturati dall’appellata nell’esercizio delle funzioni di legittimità, essendo già agli atti della procedura, rappresentava un elemento nella piena disponibilità del Consiglio, da valutare, ai fini del conferimento dell’incarico, unitamente a tutti gli altri dati informativi espressamente risultanti dalla documentazione relativa a ciascun candidato.

Di conseguenza la sentenza sarebbe viziata nella parte in cui, « sposando acriticamente la tesi della ricorrente » (così a pag. 8 dell’atto di appello), ha esaminato la questione dei ritardi come se tale elemento fosse stato introdotto “ a sorpresa ” nel corpo della delibera, determinandone l’illegittimità per “ la mancata attivazione del contraddittorio ”.

b) Erroneamente la sentenza avrebbe ritenuto che il ragionamento seguito dall’organo deliberativo sia affetto da illogicità « in quanto non viene chiarito per quale ragione i ritardi - che non sono stati considerati significativi in relazione al parametro del “merito” (che afferisce alla capacità e laboriosità del magistrato) - sono stati, invece, apoditticamente ritenuti di “indubbio rilievo” in relazione all’indicatore specifico attitudinale relativo alla permanenza nelle funzioni di legittimità » nonché di quello relativo a « le esperienze e le competenze organizzative maturate nell’esercizio delle funzioni giudiziarie, anche con riferimento alla presidenza dei collegi ».

La menzione dei ritardi effettuata in delibera non poteva che essere un “elemento” della valutazione della attitudine direttiva, al pari di tutti gli altri elementi relativi ai dati curriculari dei candidati alla procedura, dai quali evincere un giudizio sulla idoneità degli stessi a ricoprire l’incarico messo a concorso.

Ciò in quanto l’oggetto del provvedimento impugnato non era la generale valutazione della professionalità dell’appellata, ma, più specificamente, la valutazione della sua idoneità a diventare presidente di sezione presso la Corte di cassazione, sicché il CSM non sarebbe stato tenuto ad esaminare il tema dei ritardi nell’ottica del “merito”, ma correttamente avrebbe provveduto, in linea con le disposizioni regolanti la procedura concorsuale d’interesse, ad illustrare esaustivamente, con ampia e dettagliata motivazione, le ragioni di maggiore idoneità dell’altra candidata a ricoprire l’incarico messo a concorso, « inserendo, per ragioni di completezza espositiva, nella parte della proposta di delibera relativa alla comparazione delle candidate …, anche il “riferimento” al dato dei ritardi maturati dalla ricorrente nell’esercizio delle funzioni di legittimità » (così a pag. 9 dell’appello).

Ritiene, pertanto, la difesa erariale che nessun contraddittorio dovesse essere instaurato con l’appellata e che nessuna istruttoria dovesse essere compiuta con riferimento al dato dei ritardi nella procedura in questione.

c) La motivazione della delibera non sarebbe contraddittoria, come ritenuto dal TAR, sia perché l’oggetto della decisione consiliare non era la valutazione generale della professionalità della odierna appellata;
sia perché, in una procedura finalizzata al conferimento dell’incarico di presidente di sezione presso la Corte di cassazione, nel valutare l’indicatore relativo alla permanenza nelle funzioni di legittimità, assumerebbe un oggettivo rilievo la circostanza che una delle due candidate poste a confronto abbia incontrato difficoltà proprio nell’esercizio delle funzioni di legittimità, riportando dei ritardi tali da rendere necessaria l’adozione di un apposito piano di rientro.

Sarebbe stato, invece, illegittimo attribuire rilievo, come preteso dalla ricorrente in primo grado, al dato temporale, anch’esso oggettivo, del più prolungato esercizio delle funzioni di legittimità e non considerare i risultati di un tale esercizio nel corso del quale si sono verificati i citati ritardi.

d) Non sarebbe corretta la genericità del richiamo ai ritardi in parola, ravvisata dal TAR, atteso che tale dato informativo sarebbe un elemento di mero completamento di una motivazione di prevalenza che poggerebbe anche su altre solide basi ossia: il parere attitudinale specifico, pienamente favorevole alla controinteressata, del Consiglio direttivo presso la Corte di cassazione, che richiama tutti i precedenti pareri favorevoli;
la ricorrenza, in favore di quest’ultima, di tutti gli indicatori specifici relativi ai parametri attitudinali.

La parte appellante principale censura la sentenza nella parte in cui ha attribuito centralità alla questione dei ritardi (valorizzata sia quanto ai profili procedurali, sia in punto di illogicità e contraddittorietà della motivazione, sia quanto al rilevato difetto di istruttoria).

Richiama la parte finale della delibera, in cui il relatore aggiunge talune precisazioni in riferimento alle osservazioni proposte dall’odierna appellata, evidenziando che « sono stati segnalati alcuni ritardi nel deposito di provvedimenti che non sono irrilevanti ai fini delle complessive attitudini organizzative» e fa rilevare che, nel giudizio comparativo che ne segue, il relatore ha dato atto che sebbene l’appellata svolga funzioni in Cassazione da più tempo della controinteressata , sul piano dei risultati raggiunti i ritardi segnalati a carico della appellata «non consentono di ritenerla prevalente rispetto al mero dato temporale di esercizio delle funzioni di legittimità» .

Le riportate dichiarazioni confermerebbero quindi la legittimità della delibera del CSM che si basa su due elementi:

- la più completa esperienza direttiva della controinteressata, “ a lungo Presidente di collegio anche in sede di merito ”;

- l’irrilevanza del più lungo periodo di esercizio dell’appellata in Cassazione alla luce dei ritardi dalla stessa fatti registrare.

La considerazione di tali ritardi non avrebbe “determinato” la prevalenza della controinteressata sull’appellata, ma avrebbe escluso che quest’ultima prevalesse, quanto al parametro di cui all’art. 21 lett. a), per la semplice maggiore durata di esercizio delle funzioni di legittimità.

La valutazione dei ritardi registrati dall’appellata a proposito delle competenze di organizzazione (art. 21 lett. d), rappresenterebbe una motivazione ad abundantiam, in quanto le competenze organizzative vanno verificate sia con riferimento alla attitudine direttiva espletata nell’ambito delle attività di direzione di collegi, sia nell’ambito della personale capacità del magistrato di svolgere con metodo e puntualità il proprio lavoro individuale, assicurando la diligenza richiesta: ciò a prescindere dalle ragioni che possono aver determinato tali ritardi, « ragioni che non sono state indicate dalla appellata né nel corso del procedimento, né nel corso del primo grado del giudizio, non potendosi ritenere sufficiente la indicazione dei congedi straordinari chiesti (rispettivamente, per 1 giorno e per 20 giorni) a cavallo tra il -OMISSIS- (v. doc. 39 depositato con il I ricorso con motivi aggiunti) » (così a pag. 13 dell’appello).

Nessuna istruttoria supplementare il Consiglio avrebbe, quindi, dovuto espletare in merito all’elemento in parola, emergendo lo stesso per tabulas ed essendo, altresì, evidente la sua incidenza sulla capacità di organizzazione del proprio lavoro. Non si trattava, infatti, di valutare se i ritardi fossero giustificati o meno (come se si fosse trattato di un giudizio di valutazione di professionalità o addirittura di un giudizio disciplinare), bensì di soppesare i risultati raggiunti dall’appellata nel corso della sua permanenza in Cassazione.

Tale assunto non contrasterebbe con i pareri favorevoli espressi sulla stessa in relazione alle sue capacità organizzative, ma rappresenterebbe un dato che, seppur temporalmente circoscritto, non potrebbe essere ignorato dall’Organo di governo autonomo all’atto della scelta del miglior candidato.

4. L’appellata, oltre a contestare partitamente le argomentazioni formulate nell’atto di appello, richiamando e riproponendo i singoli motivi di ricorso di primo grado ai sensi dell’art. 101, comma 2, c.p.a., censura la sentenza impugnata nella parte in cui ha respinto:

- il X motivo di ricorso in relazione alla duplice posizione del Primo Presidente della Corte di cassazione, di capo dell’ufficio che ha emesso il parere (rapporto informativo) attitudinale e di componente del CSM, non condividendo l’affermazione del TAR secondo cui non sussisteva un obbligo di astensione in quanto un tale obbligo sussisterebbe soltanto qualora vi sia un interesse personale diretto e concreto;

- il XXV motivo, in cui si deduceva l’illegittimità dei verbali con cui la quinta commissione, senza motivazione, aveva indicato il nominativo del magistrato da proporre al Plenum , qualificando “vaga” l’affermazione del TAR secondo cui da una parte si tratterebbe di atto endoprocedimentale e, dall’altra, i vizi dedotti non integrerebbero un indice sintomatico dello sviamento dall’esercizio del potere pubblico;

- i motivi aggiunti VII, VIII, IX, non condividendo la tesi del TAR secondo cui, nonostante gli emendamenti, non vi era obbligo di restituzione degli atti alla quinta commissione, in quanto, alla stregua degli artt. 37, 48 e 49 del regolamento interno del CSM, sarebbero inammissibili soltanto quegli « emendamenti talmente modificativi della proposta tanto da stravolgerne completamente il contenuto, così da far venir meno il requisito imprescindibile della sussistenza di una “proposta” oggetto di votazione », ipotesi non configurabile nel caso di specie.

5. Nella memoria conclusiva il CSM - dopo aver ribadito che il parere del Consiglio direttivo del -OMISSIS- era già agli atti del Plenum del CSM e che pertanto, nonostante la proposta della Commissione (favorevole all’unanimità alla nomina della controinteressata) non facesse menzione delle criticità fatte registrare dall’appellata, esso costituiva una delle fonti di conoscenza che ai sensi dell’articolo 36 citato potevano essere valorizzate dal Consiglio nella sua deliberazione finale - osserva che l’appellata, laddove pretende che, al fine di tener conto di tale criticità nel giudizio comparativo, il procedimento in esame avrebbe dovuto consentirle il contraddittorio con il Consiglio, nel quale si desse anticipatamente atto della presenza di tale criticità, cadrebbe nell’errore di forgiare un procedimento amministrativo non previsto né dalla legge primaria né dal testo unico sulla dirigenza giudiziaria.

Nel caso di specie, infatti, si tratta di procedura concorsuale (per soli titoli) per la quale non potrebbe trovare applicazione il meccanismo del contraddittorio previsto dall’articolo 10 bis della legge n. 241 del 1990, la cui applicazione è testualmente esclusa, appunto, per le procedure concorsuali.

Il CSM resiste anche alle ulteriori censure formulate con l’appello incidentale ribadendo le argomentazioni già spese in primo grado.

6. L’appellata, nella memoria conclusiva, evidenziando il ristretto orizzonte temporale di permanenza in servizio fino al suo collocamento a riposo ha chiesto la pubblicazione anticipata del dispositivo ai sensi dell’art. 119, commi 5 e 7, c.p.a..

Per analoghe ragioni ha chiesto la pronuncia di una sentenza, non soltanto confermativa della decisione di primo grado, ma anche di accoglimento dei motivi dichiarati assorbiti e/o rigettati, al fine dell’enunciazione delle regole precettive sulla base delle quali la futura attività amministrativa andrebbe riesercitata.

Contesta le argomentazioni del CSM, laddove afferma che ella non si sarebbe avvalsa del contraddittorio in occasione del parere del Consiglio direttivo -OMISSIS- e che non avrebbe dimostrato in sede giudiziale le ragioni che avevano portato al piano di rientro e osserva che, al contrario, sarebbe il CSM a non aver dimostrato di avere garantito il contraddittorio sullo specifico elemento (art. 36, lett. i) del testo unico che parla di contraddittorio sullo specifico elemento ritenuto negativo) e a non aver neppure spiegato – né nel provvedimento né in giudizio - perché i ritardi, illo tempore giustificati e mai ritenuti sintomo di minore capacità organizzativa dal Consiglio direttivo o dai capi dell’Ufficio, oggi assumerebbero improvvisamente rilevanza decisiva ai fini del conferimento dell’incarico.

Ripete che il contraddittorio sullo specifico punto non vi è stato, ponendo in rilievo che il contraddittorio è richiesto in presenza di profili di criticità (art. 36 lett. i, del testo unico).

Infine ribadisce tutte le proprie argomentazioni e i profili di censura già prospettati, sui quali ritorna anche nella memoria di replica.

7. Per ragioni di ordine logico il Collegio ritiene di esaminare con precedenza l’appello incidentale.

Le censure in esso prospettate sono infondate.

7.1. In ordine al X motivo del ricorso di primo grado, con il quale la ricorrente sosteneva che la duplice posizione del Primo Presidente della Corte di cassazione, di capo dell’ufficio che ha emesso il parere (rapporto informativo) attitudinale e di componente del CSM, avrebbe dovuto comportare un obbligo di astensione da parte dello stesso, la sentenza va confermata.

Invero l’obbligo di astensione deve ritenersi sussistente solo in presenza di un interesse personale diretto e concreto, consistente nella pretesa o nella difesa di una utilità connessa a quella oggetto del procedimento stesso (per il limite di operatività dell’obbligo di astensione si veda: Cass., Sez. VI, 2 maggio 2017, n. 10659;
Cons. Stato, Sez. IV, 28 gennaio 2011, n. 693).

7.2. Quanto alla presunta illegittimità (dedotta in primo grado con il XXV motivo) dell’ iter deliberativo della proposta della quinta commissione, che ha dapprima indicato il nominativo del magistrato da proporre al Plenum e, successivamente, ne ha motivato le ragioni, si osserva che da tale sequenza procedimentale non emergono profili sintomatici dell’eccesso di potere.

Le commissioni consiliari operanti all'interno del Consiglio superiore della magistratura, la cui costituzione non è prevista da alcuna norma primaria, ma soltanto da regolamento interno, rivestono un ruolo strumentale, ausiliario e servente rispetto al Plenum , svolgendo un ruolo di semplificazione dell'attività assembleare, predisponendo bozze e proposte di atti e delibere in modo tale da consentire al Plenum di svolgere tempestivamente ed adeguatamente le sue attribuzioni. La loro funzione propositiva non può mai vincolare l'assemblea plenaria che, qualora decida di doversi discostare dalla proposta di una commissione, non ha alcun obbligo di rimettere l'affare alla commissione per consentirle la predisposizione di una nuova proposta, ad integrazione e sostituzione di quella ordinaria (cfr. Cons. Stato, Sez. IV, 10 aprile 2002, n. 1927).

7.3. Parimenti infondata è la tesi (prospettata in primo grado con i motivi aggiunti VII, VIII, IX) secondo cui, nel caso di specie, l’introduzione degli emendamenti alla motivazione della delibera avrebbe dovuto comportare la restituzione della pratica alla commissione competente.

Sul punto va condivisa la sentenza impugnata laddove, richiamando il contenuto degli artt. 37, 48 e 49 del regolamento interno del CSM, ha affermato che l’obbligo di riassegnazione della pratica per la presentazione di una nuova proposta sussiste solo nel caso in cui venga richiesta la valutazione di candidati diversi, ovvero quando vengano presentati emendamenti talmente modificativi della proposta da stravolgerne completamente il contenuto, facendo venir meno la stessa “proposta” oggetto di votazione.

A ben vedere, nel caso di specie la proposta di nomina della controinteressata non è venuta meno ma è stata significativamente modificata limitatamente alla parte recante la valutazione comparativa con l’appellata.

In conclusione, l’appello incidentale è infondato.

8. Anche l’appello principale è infondato.

8.1. Secondo quanto emerge dagli atti di causa, con verbale del -OMISSIS- la quinta commissione del CSM ha proposto la controinteressata per il conferimento dell’ufficio di Presidente di sezione della Corte di cassazione.

Il -OMISSIS-la pratica è stata assegnata al relatore che, il successivo-OMISSIS-, ha depositato il testo della relazione.

In data -OMISSIS-la commissione ha preso atto del concerto del Ministro della giustizia ed ha approvato la proposta, inviando la stessa al Plenum del CSM.

L’appellata, anch’ella candidata per il conferimento dell’ufficio in questione, alla vigilia dell’adunanza del Plenum del CSM del -OMISSIS-, in cui era calendarizzata la trattazione della relativa pratica, ha presentato osservazioni sulla proposta formulata a favore della controinteressata.

Nelle osservazioni, nel denunciare “ l’applicazione oscillante e non uniforme degli indicatori attitudinali specifici previsti dal TU sulla dirigenza giudiziaria ”, l’appellata si soffermava su due dei parametri considerati nella proposta formulata dalla quinta commissione, rilevando criticità a suo dire derivanti dall’applicazione degli stessi secondo criteri variabili e sempre a suo sfavore.

Il Plenum ha approvato la proposta della commissione di conferimento dell’incarico alla controinteressata, introducendo, nella seduta pomeridiana, taluni emendamenti, con l’esplicito fine di prendere posizione sui rilievi sollevati dall’appellata.

Come rilevabile dal testo degli emendamenti, il Plenum ha interpolato il testo della proposta richiamando, quanto al parametro delle attitudini, alcuni ritardi in cui è incorsa in passato l’appellata nel deposito delle minute di provvedimenti giurisdizionali: l’esistenza di tali ritardi è stata ricavata dalla “ segnalazione del Presidente titolare -OMISSIS-sezione penale della Corte di Cassazione richiamata nel parere attitudinale specifico del -OMISSIS- del Consiglio Direttivo presso la medesima Corte ”.

Per dare ingresso alla valorizzazione dei detti ritardi il CSM ha dovuto interpolare anche la parte della proposta riguardante le fonti, aggiungendo a pagina 249, rigo 9, un ulteriore inciso, in modo che l’originario periodo (« Entrambe le candidate sono in possesso dell’indicatore di cui all’art. 21, lett. a, T.U., avendo maturato, alla data della vacanza, il periodo minimo di 6 anni di permanenza nelle funzioni di legittimità ») risultasse così modificato: « Entrambe le candidate sono in possesso dell’indicatore di cui all’art. 21, lett. a, T.U., avendo maturato, alla data della vacanza, il periodo minimo di 6 anni di permanenza nelle funzioni di legittimità, espressamente individuato dalla menzionata disposizione come idoneo ad attestare l’adeguatezza, sul piano attitudinale, dell’esperienza maturata nelle funzioni ».

Per effetto di tale intervento ortopedico, il periodo contenuto a pag. 249 della proposta della quinta commissione (« La dott.ssa -OMISSIS- vanta un’esperienza in Cassazione complessivamente più prolungata ma, in presenza di percorsi contraddistinti per entrambe dal raggiungimento di ottimi risultati, il solo dato temporale in parola non giustifica un’automatica prevalenza rispetto all’indicatore in disamina, nel momento in cui risulta comunque soddisfatto l’arco temporale minimo espressamente individuato dalla menzionata disposizione come idoneo ad attestare l’adeguatezza, sul piano attitudinale, dell’esperienza maturata nelle funzioni ») è risultato, nella versione approvata dal Plenum , così modificato: « Se la dott.ssa -OMISSIS- vanta un’esperienza in Cassazione certamente più prolungata rispetto a quella della dott.ssa -OMISSIS-, sul piano dei risultati raggiunti – in base ai quali vanno valutati gli indicatori nel giudizio comparativo –, risultano, però, segnalati alcuni ritardi in cui è incorsa, in passato, quanto al deposito delle minute di provvedimenti giurisdizionali (segnalazione del Presidente titolare -OMISSIS-sezione penale della Corte di Cassazione richiamata nel parere attitudinale specifico del -OMISSIS- del Consiglio Direttivo presso la medesima Corte), ritardi, comunque, recuperati a seguito dell’adozione e del puntuale rispetto di apposito piano di rientro del -OMISSIS-. Trattasi di circostanza di indubbio rilievo ai fini del presente giudizio comparativo, in mancanza di analoghe segnalazioni sul conto della candidata proposta, e che concorre ad impedire un giudizio di automatica prevalenza della dott.ssa -OMISSIS- – rispetto all’indicatore in disamina – fondato esclusivamente sul dato temporale relativo alla più prolungata permanenza nelle funzioni di legittimità ».

Infine, il testo della proposta è stato modificato anche a pag. 250 laddove, in luogo del soppresso periodo « Quanto, infine, all’indicatore relativo alle esperienze e competenze organizzative maturate nell’esercizio delle funzioni giudiziarie, anche con riferimento alla presidenza dei collegi (art. 21, lett. d, T.U.), se le due candidate vantano un’ampia e consolidata esperienza nella presidenza di collegi in Cassazione – che integra, come già osservato, l’esperienza di rilievo organizzativo più pregnante e funzionale nell’ottica dell’incarico direttivo di legittimità a concorso –, deve unicamente evidenziarsi la più ampia esperienza maturata dalla dott.ssa -OMISSIS- nell’ambito della presidenza dei collegi anche a livello di merito (funzione svolta presso la sezione lavoro della Corte d’appello di -OMISSIS-e presso il Tribunale di -OMISSIS-, nelle udienze di appello di lavoro e previdenza ed in quelle per la trattazione delle controversie agrarie) », è stato inserito il seguente: « Deve ritenersi, infine, la prevalenza della dott.ssa -OMISSIS- pure sul piano delle esperienze e competenze organizzative maturate nell’esercizio delle funzioni giudiziarie, anche con riferimento alla presidenza dei collegi (art. 21, lett. d, T.U.). Se, infatti, le due candidate vantano un’ampia e consolidata esperienza nella presidenza di collegi in Cassazione – che integra, come già osservato, l’esperienza di rilievo organizzativo più pregnante e funzionale nell’ottica dell’incarico direttivo di legittimità a concorso –, la dott.ssa -OMISSIS- ha maturato, in aggiunta, una più ampia esperienza nell’ambito della presidenza dei collegi anche a livello di merito (funzione svolta presso la sezione lavoro della Corte d’appello di -OMISSIS-e presso il Tribunale di -OMISSIS-, nelle udienze di appello di lavoro e previdenza ed in quelle per la trattazione delle controversie agrarie). Inoltre, la complessiva attitudine organizzativa della dott.ssa -OMISSIS- non può non risentire negativamente del già menzionato dato relativo ai ritardi fatti registrare nel deposito di alcune minute di provvedimenti giurisdizionali, sintomatico di carenze organizzative non irrilevanti nella prospettiva delle specifiche funzioni direttive a concorso ».

8.2. Dal raffronto fra il testo della proposta della quinta commissione (la cui trascrizione si è resa necessaria per evidenziarne le modifiche), su cui l’appellata ha potuto formulare le proprie osservazioni, e il testo approvato dal Plenum , emerge ictu oculi e in modo oggettivo come tale ultimo testo contenga rilievi, quelli sui pregressi ritardi, che non erano stati considerati nella proposta e sui quali l’appellata non ha potuto interloquire.

Ciò smentisce la tesi dell’appellante secondo cui la sentenza sarebbe viziata nella parte in cui, « sposando acriticamente la tesi della ricorrente » (così a pag. 8 dell’atto di appello), ha esaminato la questione dei ritardi come se tale elemento fosse stato introdotto “ a sorpresa ” nel corpo della delibera, determinandone l’illegittimità per “ la mancata attivazione del contraddittorio ”.

Tanto rilevato in punto di fatto, le argomentazioni dell’appellante non colgono nel segno.

In primo luogo il Collegio osserva che, nel caso di specie, l’appellata non contesta né che il parere attitudinale reso dal Comitato direttivo della Corte di cassazione in data -OMISSIS- fosse ancora efficace, né che non dovesse/potesse essere preso in considerazione, né infine che di tale parere essa fosse ignara, ma si limita a dolersi del fatto che su tale profilo “critico” ella non abbia potuto interloquire.

I sintetici ed oggettivi rilievi che precedono, pertanto, depongono per l’infondatezza di tutte le censure sub a), in cui sono svolte considerazioni su fatti che non sono oggetto di contestazione.

Giova ricordare che le contestazioni della ricorrente in primo grado si appuntavano essenzialmente su tre profili: 1) l’introduzione di un elemento valutativo senza che sullo stesso ella avesse avuto la possibilità di interloquire;
2) l’illogicità della delibera laddove non chiarisce per quale ragione i ritardi, non considerati significativi in relazione al parametro del “merito”, sono stati, invece, ritenuti di “indubbio rilievo” in relazione all’indicatore specifico attitudinale relativo alla permanenza nelle funzioni di legittimità;
3) il difetto di istruttoria della delibera laddove richiama genericamente i ritardi ma non ne analizza compiutamente l’idoneità degli stessi (per consistenza, contingenza ed eventuale giustificabilità) ad incidere sulle capacità organizzative “a regime” del magistrato.

In sostanza, ciò che la ricorrente contestava, quanto all’emendamento contenente il riferimento ai ritardi pregressi, non era l’ an bensì il quomodo , sia sotto il profilo squisitamente procedurale (mancato ritorno in commissione e violazione del contraddittorio), sia dal punto di vista sostanziale (omessa valutazione della vicenda “ritardi” in tutti gli aspetti, quali la consistenza, la situazione contingente in cui si erano verificati, la possibile giustificabilità).

Né era esigibile (come sembra adombrare la difesa erariale) che l’appellata, solo perché a conoscenza della vicenda e del parere che la richiamava, nelle osservazioni presentate interloquisse anche su tale punto, essendo evidente che i suddetti ritardi non erano stati né valorizzati ma neanche presi in considerazione dalla quinta commissione in sede di redazione della proposta.

8.3. Anche le censure sub b) sono infondate.

Ribadito che non è oggetto di contestazione che i ritardi (salvo quel che si dirà in seguito) potessero costituire un “elemento” della valutazione, bensì la modalità (assenza di previo contraddittorio) con la quale tale “elemento” è stato introdotto nella delibera, sussiste nella delibera del Plenum anche l’illogicità rilevata dal TAR.

Non è condivisibile l’osservazione della difesa erariale per cui, non trattandosi di valutazione della professionalità, ma, più specificamente, di valutazione della idoneità dell’appellata a diventare presidente di sezione presso la Corte di cassazione, il CSM non era tenuto a verificare la sua professionalità, esaminando il tema dei ritardi nell’ottica del “merito”.

Osserva il Collegio che il parametro del “merito” rientra, a pieno titolo, fra quelli da valutare ai fini del conferimento degli incarichi direttivi e semidirettivi, come ricorda la stessa delibera in premessa, laddove a pag. 231 al punto 3, evidenzia: « Occorre in primo luogo rilevare che la normativa consiliare applicabile al concorso in esame è quella contenuta nella circolare Consiliare P-14858-2015 del 28 luglio 2015, recante il nuovo Testo Unico sulla dirigenza giudiziaria, che individua nella Parte I, sui Principi generali, le precondizioni (indipendenza, imparzialità ed equilibrio) e i parametri generali per il conferimento di tutti gli incarichi dirigenziali. I parametri generali sono costituiti dal merito e dalle attitudini. Il profilo del merito investe la verifica dell’attività giudiziaria svolta e ha lo scopo di ricostruire in maniera completa la figura professionale del magistrato. Quanto alle attitudini, il nuovo T.U. affianca agli indicatori generali, disciplinati nella Sezione I della Parte II, degli indicatori specifici, ai quali è dedicata la Sezione II ».

Dunque è proprio il testo unico sulla dirigenza giudiziaria a stabilire che il “merito” è uno dei due parametri generali da considerare ai fini del conferimento di tali incarichi.

Ne discende che la menzione dei ritardi quanto al parametro delle “attitudini” appare illogica atteso che, ove realmente tali ritardi fossero stati da considerare rilevanti e da valorizzare, prima ancora che con riferimento a tale parametro, li si sarebbe dovuti menzionare con riferimento al parametro del “merito”: l’omissione di tale menzione, quantunque presumibilmente spiegabile con la frettolosità con cui tale elemento è stato introdotto (non immotivatamente qualificata “estemporanea” dal TAR), tuttavia rende viziata per illogicità e contraddittorietà la motivazione, come rilevato dal primo giudice.

Né il superiore rilievo può essere superato, risultandone anzi confermato, dalla la tesi di parte appellante secondo cui “ per ragioni di completezza espositiva ” sarebbe stato introdotto, nella parte relativa alla comparazione delle candidate, anche il “riferimento” al dato dei ritardi maturati dalla ricorrente nell’esercizio delle funzioni di legittimità.

8.4. Le considerazioni che precedono valgono a statuire, altresì, l’infondatezza delle censure sub c), sia laddove si afferma che l’oggetto della decisione consiliare non era la valutazione generale della professionalità dell’appellata, sia nella parte in cui si sostiene che, nel valutare l’indicatore relativo alla permanenza nelle funzioni di legittimità, assumerebbe un oggettivo rilievo la circostanza che una delle due candidate poste a confronto abbia incontrato difficoltà proprio nell’esercizio delle funzioni di legittimità, riportando dei ritardi tali da rendere necessaria l’adozione di un apposito piano di rientro.

Giova ribadire, ancora una volta, che oggetto di contestazione nel giudizio di primo grado era, non già il fatto in sé della menzione dei ritardi, bensì la modalità procedurale, motivazionale e istruttorio con cui tale elemento è stato introdotto.

8.5. Va confermata la pronuncia impugnata anche laddove rileva la genericità del richiamo ai ritardi in parola.

Preliminarmente si osserva che, se, come opina la difesa pubblica, tale dato informativo fosse stato un elemento di mero completamento di una motivazione di prevalenza fondata su altre solide argomentazioni, appare quanto meno perplessa la decisione del Plenum di emendare in gran fretta la proposta della quinta commissione introducendo un elemento nuovo, in un testo (asseritamente) di per sé autosufficiente e idoneo a sorreggere, comunque, l’approvazione della proposta.

Sulla base di tale preliminare rilievo, risulta infondata la doglianza di parte appellante secondo cui il TAR erroneamente avrebbe attribuito centralità alla questione dei ritardi;
osserva il Collegio che la suddetta centralità, a monte, è stata attribuita dal Plenum con il citato emendamento.

In altri termini, se, come opina la difesa erariale, la questione dei ritardi fosse stata di mero completamento e, dunque, ininfluente per la tenuta dell’intero giudizio di prevalenza della controinteressata, la sua giustapposizione “a sorpresa”, oltre che male introdotta, risulta inutile;
se, invece, come pare desumersi dall’esigenza che il Plenum ha avvertito di introdurla, la stessa è stata ritenuta “dirimente”, in tal caso la vicenda ritardi sarebbe dovuta essere esaminata ad ampio spettro.

Diversamente da quanto sostiene la parte appellante, ciò che emerge dagli atti è che il Plenum ha ritenuto non sufficiente, a sostenere il giudizio di subvalenza dell’appellata rispetto alla controinteressata, la motivazione addotta dalla quinta commissione nella proposta, tanto da doverla integrare con un ulteriore elemento (implicitamente e immotivatamente ritenuto tout court negativo): quello dei pregressi ritardi fatti registrare dalla prima, in passato, nel deposito dei provvedimenti.

Ne discende che il Plenum avrebbe dovuto includere tale menzione innanzitutto nel parametro del “merito”, attribuendo ai suddetti ritardi il rilievo ritenuto necessario tenendo conto di tutte le circostanze in cui tale vicenda si era dipanata e risolta, nonché contestualizzandola in ogni suo aspetto.

Per far ciò, il Plenum avrebbe dovuto interloquire con l’appellata, ponendola nella condizione di esporre le sue osservazioni, le quali sarebbero dovute essere valutate per poter attendibilmente sostenere, in concreto, l’incidenza negativa in modo permanente dei suddetti ritardi, limitati ad un dato periodo e in ogni caso recuperati, sulle attitudini direttive e sulle capacità organizzative del magistrato.

Si trattava, a ben vedere, di porre in essere un’istruttoria completa: snodo che, nel caso di specie, come correttamente rilevato dal TAR, è mancato, finendo col viziare ulteriormente la delibera impugnata.

Né coglie nel segno la tesi, da ultimo sostenuta dalla difesa erariale, secondo cui, trattandosi di procedura concorsuale, non si applicherebbe il meccanismo di contraddittorio previsto dall’articolo 10 bis della legge n. 241 del 1990, la cui applicazione è testualmente esclusa per le procedure concorsuali.

Si tratta di argomentazione eccentrica, tenuto conto che il testo unico sulla dirigenza giudiziaria, corpus normativo al quale il CSM si è autovincolato, (cfr., ex plurimis : Cons. Stato, sez. V, 21 maggio 2020, n. 3213;
id. 19 maggio 2020, n. 3171;
id. 14 maggio 2020, n. 3047) con riferimento alle procedure quale quella per cui è causa, all’art. 36 prevede espressamente che il merito e le attitudini sono desumibili dai dati ricavabili, oltre che da una serie di fonti ivi elencate, « da qualsiasi elemento ritenuto rilevante, risultante da atti del Consiglio o nella sua disponibilità, purché, ove negativo, sia stata garantita al magistrato interessato la possibilità di contraddittorio ».

Nel caso di specie il CSM, in forza del richiamo ai suddetti ritardi nei depositi, ha dedotto una sub-valenza, in chiave comparativa, dell’appellata rispetto alla controinteressata, quanto all’indicatore specifico di cui all’art. 21, lett. a), del testo unico (“l’adeguato periodo di permanenza nelle funzioni di legittimità almeno protratto per sei anni complessivi anche se non continuativi”), nonché di quello di cui alla lett. c) (“l’esperienze e le competenze organizzative maturate nell’esercizio delle funzioni giudiziarie, anche con riferimento alla presidenza dei collegi”).

Posto che è quindi indubitabile che, nel caso di specie, alla questione dei ritardi pregressi il CSM abbia attribuito chiaramente valenza negativa e viepiù determinante (tanto da avvertire l’esigenza di inserirla nella motivazione della delibera), il mancato rispetto delle garanzie procedimentali sul punto vizia senz’altro il provvedimento, non soltanto da un punto di vista formale, ma anche nella sostanza, non potendosi escludere a priori che, avvalendosi dell’apporto esplicativo dell’appellata in ordine alla suddetta vicenda e valutandone la consistenza e le circostanze nelle quali si era verificata, il Plenum non potesse addivenire ad un provvedimento di contenuto diverso.

In conclusione anche l’appello principale è infondato.

9. A quanto precede consegue la conferma integrale della sentenza impugnata.

10. Le spese del presente grado di giudizio, stante la sostanziale soccombenza della sola parte appellante principale, vanno poste a carico di quest’ultima e liquidate, in favore dell’appellata, come in dispositivo.

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