Consiglio di Stato, sez. V, sentenza 2023-04-18, n. 202303886
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Pubblicato il 18/04/2023
N. 03886/2023REG.PROV.COLL.
N. 05803/2020 REG.RIC.
REPUBBLICA ITALIANA
IN NOME DEL POPOLO ITALIANO
Il Consiglio di Stato
in sede giurisdizionale (Sezione Quinta)
ha pronunciato la presente
SENTENZA
sul ricorso in appello numero di registro generale 5803 del 2020, proposto da
Angri Illuminazione s.c. a r.l., Fenix Consorzio Stabile s.c. a r.l., in persona dei rispettivi legali rappresentanti
pro tempore
, rappresentate e difese dall’avvocato F D G, con domicilio digitale come da PEC da Registri di Giustizia;
contro
Comune di Angri, in persona del legale rappresentante
pro tempore
, rappresentato e difeso dagli avvocati F A e R V, con domicilio digitale come da PEC da Registri di Giustizia e domicilio eletto presso lo studio dell’avvocato F T in Roma, largo Messico, 7;
per la riforma
della sentenza del Tribunale amministrativo regionale per la Campania sezione staccata di Salerno (Sezione Prima) n. 00621/2020, resa tra le parti
Visti il ricorso in appello e i relativi allegati;
Visto l’atto di costituzione in giudizio del Comune di Angri;
Visti tutti gli atti della causa;
Relatore nell’udienza pubblica del giorno 30 marzo 2023 il Cons. Alberto Urso e uditi per le parti gli avvocati Bifolco, in dichiarata delega dell’Avv. Di Giovanni, e Accarino;
Ritenuto e considerato in fatto e diritto quanto segue.
FATTO
1. A seguito di procedura di project financing indetta nel 2017, il Comune di Angri affidava a Fenix Consorzio Stabile s.c. a r.l. la concessione del servizio di progettazione, realizzazione e gestione dell’intervento di adeguamento dell’impianto di illuminazione nel Comune di Angri per la durata di 22 anni.
Il Consorzio costituiva a tal fine apposita società di progetto (la Angri Illuminazione s.c. a r.l.), partecipata al 99% da altro soggetto, la M s.r.l.
2. Il Comune di Angri, rilevando che la M non aveva partecipato alla procedura né faceva parte del Consorzio, e che risultava colpevole di pregresso grave illecito professionale, esigeva che il contratto fosse stipulato con il Consorzio e annullava in autotutela la precedente presa d’atto del subentro della Angri Illuminazione.
Nondimeno, emergeva che le bollette dell’energia elettrica erano intestate alla M, e che fra la Angri e la M v’era coincidenza di sede e amministratore.
3. In tale contesto, il Comune adottava in data 5 settembre 2019 - dopo aver rivolto apposito quesito all’Anac, che confermava l’illegittimità della situazione in essere - determina dirigenziale di risoluzione del contratto, stante la costituzione della società di progetto con partecipazione al 99% di un soggetto terzo ( i.e. , la M, appunto), che risultava oltretutto colpevole di precedenti illeciti professionali.
A ciò si sarebbero aggiunti altri inadempimenti del concessionario, relativi al divieto di cessione del contratto, nonché all’inadempimento di obbligazioni gravanti sullo stesso.
4. Avverso la suddetta determina proponevano ricorso davanti al Tribunale amministrativo per la Campania, sez. staccata di Salerno, Fenix Consorzio Stabile e la Angri Illuminazione.
5. Il Tribunale amministrativo adìto, nella resistenza del Comune di Angri, respingeva il ricorso.
6. Hanno proposto appello avverso la sentenza il Fenix Consorzio Stabile e la Angri Illuminazione formulando i seguenti motivi di doglianza:
I) error in procedendo e in iudicando : violazione e falsa applicazione dell’art. 112 Cod. proc. civ.;omessa pronuncia su un punto decisivo della controversia;illegittimità della determina impugnata per carenza, in concreto, del potere esercitato;violazione e falsa applicazione dell’art. 176 d.lgs. n. 50 del 2016;violazione e falsa applicazione dell’art. 1453 Cod. civ.;violazione e falsa applicazione degli artt. 23 e 28 del contratto di concessione;violazione e falsa applicazione dell’art. 3 l. n. 241 del 1990;eccesso di potere per carenza di motivazione e illogicità manifesta;
II) error in iudicando sui presupposti della risoluzione: inesistenza degli inadempimenti contestati;violazione e falsa applicazione dell’art. 113 d.lgs. n. 50 del 2016 in combinato disposto con gli artt. 5, 12 e 14 del contratto di concessione;violazione e falsa applicazione degli art. 176 e 184 d.lgs. n. 50 del 2016;eccesso di potere in tutte le sue forme sintomatiche;difetto d’istruttoria, travisamento, contraddittorietà.
7. S’è costituito in giudizio per resistere all’appello il Comune di Angri, chiedendone la reiezione.
8. Giusta ordinanza n. 10167 del 2022, la Sezione ha dichiarato l’interruzione del processo in ragione dell’intervenuto fallimento della Angri Illuminazione.
9. Il giudizio è stato successivamente riassunto su impulso del Fenix Consorzio Stabile;a seguito della riassunzione non s’è costituito in giudizio il fallimento della Angri Illuminazioni, mentre il Comune ha insistito per la reiezione dell’appello.
10. Sulla discussione delle parti all’udienza pubblica del 30 marzo 2023 la causa è stata trattenuta in decisione.
DIRITTO
1. Può prescindersi dall’esame delle eccezioni e questioni preliminari sollevate dal Comune - salvo quanto di seguito esposto in relazione ai singoli motivi di doglianza - stante il rigetto nel merito dell’appello.
2. Col primo motivo di gravame parte appellante si duole dell’omessa pronuncia del giudice di primo grado in ordine alle censure inerenti all’illegittimità della risoluzione unilaterale disposta dal Comune in assenza di potere in concreto, occorrendo nella specie apposita domanda giudiziale ex art. 1453 Cod. civ. proposta dall’amministrazione.
D’altra parte, il provvedimento sarebbe stato adottato in violazione delle regole procedurali previste dal contratto, che impongono l’instaurazione di apposito tavolo tecnico per la soluzione delle controversie.
In tale contesto, il giudice di primo grado sarebbe incorso in errore nel ritenere che la suddetta procedura di amichevole composizione delle controversie non valesse in caso di contestazione di inadempimenti, atteso che il pertinente art. 28 del contratto rinvia al riguardo all’art. 23, stante il refuso presente nel richiamare il distinto art. 24 relativo a “ Responsabilità e danni ”.
Né peraltro il Comune ha preso parte a concrete attività conciliative, omettendo - dopo l’incontro del 7 maggio 2019, in cui s’era stabilito di procedere con la nomina del tavolo - di designare il proprio rappresentante, nominato invece dal concessionario.
Di qui la carenza di potere nell’assumere il provvedimento impugnato.
2.1. Il motivo non è condivisibile.
2.1.1. Occorre premettere che l’esatta qualificazione del provvedimento amministrativo impugnato “ va effettuata tenendo conto del suo effettivo contenuto e della sua causa reale, anche a prescindere dal nomen iuris formalmente attribuito dall’Amministrazione, con la conseguenza che l’apparenza derivante da una terminologia eventualmente imprecisa od impropria, utilizzata nella formulazione testuale dell’atto stesso, non è vincolante né può prevalere sulla sostanza e neppure determina di per sé un vizio di legittimità dell’atto, purché ovviamente sussistano i presupposti formali e sostanziali corrispondenti al potere effettivamente esercitato (Cons. Stato, IV, 18 settembre 2012, n. 4942) ” (Cons. Stato, V, 28 agosto 2019, n. 5921).
Nella specie, il provvedimento adottato dal Comune di Angri presenta a ben vedere contenuto e causa composita.
Se univoco è l’effetto prodotto, consistente nello scioglimento del rapporto con il concessionario, le cause dell’esercizio del potere sono varie e presentano natura diversa.
Sotto un primo profilo è dedotta la “ Violazione dell’art. 176, comma 1 lett. c) del D.lgs n. 50/2016 ” a fronte della illegittima composizione della società di progetto, avendo il socio qualificante ( i.e. , Fenix Consorzio) dismesso il proprio ruolo in favore della M s.r.l.
Il che - nonostante la terminologia utilizzata nel dispositivo provvedimentale ( i.e. , “ procedere alla risoluzione del contratto […] per grave inadempimento contrattuale ”) - dà luogo invero a (ed è fatto valere nella sostanza quale causa di) « cessa [zione]» della concessione ex art. 176, comma 1, lett. c) , d.lgs. n. 50 del 2016.
Ciò conduce fuori dalla fattispecie della risoluzione stricto sensu , cui rinvia l’art. 176, comma 7, d.lgs. n. 50 del 2016, e sfugge perciò al relativo regime, dando luogo a un provvedimento (legittimo o meno nel suo contenuto sostanziale) che dispone la cessazione del rapporto concessorio per sua modifica rilevante.
In tale contesto, sempre nel medesimo passo provvedimentale ( i.e. , sub lett. a) , pag. 3, poi ripreso anche a pag. 4) l’amministrazione fa valere anche il grave illecito professionale imputato alla società M ex art. 80, comma 5, lett. c) , d.lgs. n. 50 del 2016, per cui nuovamente invoca non già un inadempimento stricto sensu , bensì una sopraggiunta perdita dei requisiti, anch’essa (al di là dei relativi profili di legittimità sostanziale) ben distinta dalla risoluzione per inadempimento contrattuale.
Lo stesso può sostanzialmente dirsi in relazione alla contestazione ( sub lett. c) , pag. 4 della determina, successivamente ripresa nella medesima pagina) d’illegittimità della cessione del contratto ex art. 105, comma 1, d.lgs. n. 50 del 2016, o in subordine l’illegittimo subappalto ex art. 174, comma 2 e 3, d.lgs. n. 50 del 2016 a fronte della perdurante intestazione della fornitura in capo alla M.
Anche qui viene fatta valere (in termini legittimi o meno nei contenuti) una violazione e indebita sostituzione del concessionario, e quindi nuovamente un’alterazione soggettiva del rapporto (sostanzialmente assimilabile all’invocata fattispecie di cui all’art. 176, comma 1, d.lgs. n. 50 del 2016), con contestuale (rinnovato) richiamo alla carenza dei requisiti ex art. 80 d.lgs. n. 50 del 2016 in capo alla M (ulteriore causa di “risoluzione”, coincidente invero con l’assenza dei necessari requisiti), che vale a confermare come la contestazione attenga in effetti all’alterazione soggettiva del rapporto, con contestuale variazione nel possesso dei requisiti.
Il che vale a escludere che, in relazione alle suddette ragioni di scioglimento del rapporto invocate e fatte valere dall’amministrazione, si fosse in presenza di profili d’inadempimento stricto sensu rimessi al relativo regime di contestazione e applicazione, e che dunque fossero necessari al riguardo i passaggi procedurali e i tentativi di componimento invocati dall’appellante.
A ciò si aggiunga peraltro, quanto alla volturazione dei contatori (che il provvedimento contesta in quanto non correttamente eseguita, censurando altresì la perdurante intestazione della fornitura dell’energia elettrica in capo alla M), che la comunicazione di avvio del procedimento dà conto delle numerose diffide inviate ai fini dell’intestazione dei contatori direttamente alla società di progetto Angri Illuminazione (cfr. al riguardo, fra le altre, le note comunali del 5 e 23 aprile 2019, e dell’11 giugno 2019), così come preannuncia la risoluzione della concessione, con provvedimento da adottarsi entro 30 giorni.
Il che corrisponde sostanzialmente - considerando che è coinvolta nella specie una pubblica amministrazione, e che dunque la determinazione è comunque adottata, infine, con atto amministrativo - allo schema della diffida ad adempiere di cui all’art. 1454 Cod. civ (cfr. poi, per i profili di merito, infra , spec. sub § 3.1.2 s.).
Per questo, anche in relazione ai profili d’inadempimento stricto sensu inerenti alla detta mancata volturazione (in relazione alla quale l’avvio del procedimento richiama anche la violazione del punto 2.1 delle “ Specifiche delle caratteristiche del servizio e della gestione ”), non si ravvisa alcuna violazione del regime applicabile.
Alla luce di ciò, anche a prescindere dalle contestazioni in ordine all’inadempimento degli obblighi di pagamento delle spese d’incentivazione e altre accessorie (su cui cfr. peraltro la comunicazione di avvio del procedimento, che dà conto della spettanza in capo all’amministrazione delle “ spese generali ” e richiama le numerose diffide, presenti in atti, al riguardo inoltrate, ove pure sono espressamente menzionate le spese d’incentivazione, ciò su cui il provvedimento di risoluzione conferma il non ancora avvenuto adempimento) non è dato ricontrare il vizio di carenza di potere invocato dall’appellante (cfr. peraltro infra , sub § 3.1.3 per la non rilevanza ai fini del decidere delle doglianze relative alle dette spese d’incentivazione).
Fermo quanto sopra, di per sé sufficiente al rigetto della doglianza, va osservato in aggiunta come non rilevi di per sé, in specie, neanche il richiamo dell’art. 28 del contratto (“ Risoluzione per inadempimento del Concessionario ”) alla procedura di risoluzione bonaria fra le parti ( i.e. , art. 23, benché erroneamente venga richiamato l’art. 24) giacché, a prescindere dal fatto che il suddetto art. 28 concerne due ipotesi ben precise ( i.e. , “ mancato rispetto dei termini […] nell’esecuzione degli interventi ”, e “ sospensione dei servizi per fatti imputabili al concessionario […] o gravi violazioni del Piano sulla manutenzione dell’impianto di pubblica illuminazione ”), in ogni caso - come rilevato dalla sentenza - emerge dall’art. 23, comma 2, che il tentativo amichevole di componimento integra una fattispecie distinta dal “ Tavolo di Coordinamento ”, avendo quest’ultimo funzione propriamente tecnica;a tale Tavolo si può infatti “ eventualmente anche ” ricorrere (senza specifici vincoli: valorizzando, ad es., la natura dei profili controversi, se coerenti o no con le competenze del Tavolo stesso) nell’ambito del necessario (in sé distinto) “ tentativo di amichevole componimento ” da attivare in caso di “ contestazioni nella fase gestionale ”.
Nel caso di specie risulta che vi sia stato un tentativo di componimento (cfr. verbale del 7 maggio 2019, in atti), con cui si deferivano le questioni al successivo tavolo di coordinamento, poi non costituito;ma è comunque pacifico che il tentativo sia stato attivato, benché non si sia arrivati poi a definizione bonaria, e che d’altra parte la costituzione del Tavolo di coordinamento non era in specie obbligatoria, sicché comunque l’onere procedurale - anche ove effettivamente applicabile alla fattispecie - può ritenersi assolto.
Di qui l’infondatezza della doglianza.
3. Col secondo motivo parte appellante censura il rigetto delle doglianze con cui aveva dedotto in primo grado l’inconsistenza degli inadempimenti e violazioni contestate dal Comune, inidonei a legittimare una risoluzione contrattuale.
3.1. Neanche tale motivo è fondato.
3.1.1. Può muoversi dall’esame della censura sui profili inerenti alla composizione societaria della Angri Illuminazioni, rispetto alla quale parte appellante invoca e fa valere l’immediata estromissione della M, come accettata dal Comune.
Inconferente sarebbe, al riguardo, il richiamo all’art. 176, comma 1, lett. c) , d.lgs. n. 50 del 2016, non essendo intervenuta nella specie alcuna modifica delle condizioni contrattuali.
D’altra parte, il riferimento all’inadempimento contrattuale derivante dalla partecipazione della M in quanto priva dei requisiti ex art. 80 d.lgs. n. 50 del 2016 integrerebbe una motivazione postuma addotta dal giudice di primo grado;a ciò andrebbe aggiunto poi che i soci della società di progetto devono possedere i soli requisiti previsti dall’art. 80, comma 1 e 2, d.lgs. n. 50 del 2016, non anche gli altri.
3.1.1.1. Va premesso anzitutto, in prospettiva generale, che non può trovare accoglimento la richiesta del Comune di “stralcio” delle contestazioni di falsità mosse da parte appellante in ordine ai contestati inadempimenti, trattandosi di deduzioni in fatto che la stessa parte appellante pone a fondamento delle doglianze formulate e che, come tali, possono risultare fondate o meno, ma non già in sé passibili di “stralcio”.
Nel merito le censure non sono condivisibili.
Come anticipato, le contestazioni formulate dall’amministrazione in relazione al profilo in esame afferiscono a ben vedere alla violazione dell’art. 176, comma 1, lett. c) , d.lgs. n. 50 del 2016, e cioè all’alterazione soggettiva del rapporto concessorio.
La disposizione richiamata prevede infatti la cessazione del rapporto in caso di modifiche « che avrebbe [ro] richiesto una nuova procedura di aggiudicazione ai sensi dell’articolo 175, comma 8 ».
Tali sono, ai sensi del suddetto art. 175, comma 8, d.lgs. n. 50 del 2016, tutte le modifiche apportate alla concessione diverse da quelle consentite dai commi 1 e 4 della stessa disposizione, e al comma 1 è espressamente disciplinata appunto la modifica soggettiva della concessione ( sub lett. d) ) ammessa solo in casi limitati e tassativi, riconducibili alla presenza di una « clausola di revisione », a fenomeni successori, ovvero a casi di assunzione, da parte della stazione appaltante, degli obblighi del concessionario nei confronti dei subappaltatori.
Del resto, a mente dell’art. 175, comma 7, lett. d) , d.lgs. n. 50 del 2016 si ha modifica sostanziale della concessione in ipotesi di sostituzione dell’iniziale concessionario con un altro in casi diversi da quelli di cui al precedente comma 1, lett. d) .
Rispetto al caso di specie occorre rilevare che, in termini generali, i rapporti tra aggiudicatario e società di gestione risultano già regolati dall’art. 184 d.lgs. n. 50 del 2016: la norma consente infatti che l’aggiudicatario costituisca una società di progetto, ciò che peraltro nella specie era previsto espressamente dal “ bando e disciplinare ” della procedura di project financing (cfr., in particolare, l’art. 36).
La previsione di tale facoltà, come posto in evidenza anche dalla dottrina, è volta a favorire la riuscita dell’operazione di project isolando - sul piano economico-patrimoniale, operativo-funzionale, e nella stessa titolarità dei rapporti giuridici derivanti dall’aggiudicazione - il progetto affidato (cd. “ ring fence ”).
Tale regime non può tuttavia divenire strumento per superare o eludere i presidi posti dalla normativa, anche europea, a tutela della concorrenza e della qualità dei servizi pubblici (in tal senso, cfr. Cons. Stato, III, 15 novembre 2017, n. 5294).
In fase di costituzione, in particolare, è la stessa normativa a dare evidenza della naturale coincidenza soggettiva tra l’aggiudicatario - che ha prestato anche i requisiti di qualificazione - e il socio (cfr. l’art. 184, comma 1, d.lgs. n. 50 del 2016: « l’aggiudicatario ha la facoltà, dopo l’aggiudicazione, di costituire una società di progetto »), ciò che è reso palese in relazione alle ipotesi di concorrenti plurisoggettivi (« In caso di concorrente costituito da più soggetti, nell’offerta è indicata la quota di partecipazione al capitale sociale di ciascun soggetto »).
Ciò in quanto il subentro della società non dà luogo a cessione di contratto (cfr. l’art. 184, comma 1 e 3, d.lgs. n. 50 del 2016) e « la società di progetto diventa la concessionaria a titolo originario e sostituisce l’aggiudicatario in tutti i rapporti con l’amministrazione concedente » (art. 184, comma 3, cit.).
Il regime soggettivo inerente il rapporto fra concorrente e socio è poi precisato, e per alcuni aspetti conformato , dal citato comma 3, in base al quale « Il contratto di concessione stabilisce le modalità per l’eventuale cessione delle quote della società di progetto, fermo restando che i soci che hanno concorso a formare i requisiti per la qualificazione sono tenuti a partecipare alla società e a garantire, nei limiti di cui sopra, il buon adempimento degli obblighi del concessionario sino alla data di emissione del certificato di collaudo dell’opera ».
Un regime speciale è previsto poi per gli investitori istituzionali, considerato che « L’ingresso nel capitale sociale della società di progetto e lo smobilizzo delle partecipazioni da parte di banche e altri investitori istituzionali che non abbiano concorso a formare i requisiti per la qualificazione possono […] avvenire in qualsiasi momento » (art. 184, comma 3, cit.).
Alla luce di ciò, la costituzione originaria della società nei termini suindicati, con partecipazione al 99% di un diverso soggetto (privo peraltro dei requisiti generali), può ben esser fatta valere quale causa di cessazione della concessione ex art. 176, comma 1, lett. c) , d.lgs. n. 50 del 2016.
Emerge infatti dagli atti che giusta determina del 28 dicembre 2017 (integrata con successiva determina dell’8 marzo 2018) il Consorzio Fenix si sia aggiudicato la gara relativa al suddetto project financing , ricevendo d’urgenza l’affidamento dei lavori il 29 dicembre 2017;già il 2 gennaio 2018 il medesimo Consorzio comunicava nondimeno di aver costituito la società di scopo Angri Illuminazioni s.r.l., partecipata al 99% dalla M s.r.l., soggetto terzo neppure facente parte del Consorzio (cfr., al riguardo, anche la determina del 30 novembre 2018 di annullamento della presa d’atto del subentro della società di progetto, oltreché la nota istruttoria del Rup del 22 agosto 2019).
Il che, per quanto qui di rilievo, e a prescindere dall’impugnazione in sé del suddetto provvedimento d’annullamento in autotutela della presa d’atto, ben configura un mutamento soggettivo rilevante del socio cd. “qualificante” (ammettendo l’ingresso nella compagine di un soggetto estraneo, così inserito nell’affidamento della concessione), atteso che è stata nella specie costituita ab origine una società partecipata al 99% da un terzo, che peraltro (come è emerso a proposito della gestione dei contatori, su cui cfr. anche infra , ai successivi §§) assumeva sin da subito un ruolo esecutivo, svolgendo direttamente attività operativa.
Infatti, così come “ una volta che i soci abbiano costituito la società di progetto, e questa sia subentrata nel rapporto di concessione all’aggiudicatario, diventando concessionaria a legittimo titolo derivato, qualsiasi altro soggetto terzo è estraneo al rapporto di concessione ” (Cons. Stato, n. 5294 del 2017, cit., che prosegue ponendo in risalto “ la stretta delimitazione dei soggetti esecutori all’area dei soli soci ”, come desumibile anche dal regime del sub-appalto ex art. 174 d.lgs. n. 50 del 2016), allo stesso modo, non può con una costituzione “esternalizzante” - connotata, cioè, dalla sottoscrizione della quasi totalità del capitale della società di progetto da parte di un soggetto estraneo - ammettersi nella sostanza la rimodulazione dell’affidamento in favore di soggetti (chiamati peraltro ad attività esecutive) diversi dagli aggiudicatari che hanno prestato i requisiti di qualificazione (cfr., in tal senso, anche il parere dell’Anac prot. n. 25211 di cui all’adunanza del 26 marzo 2019, in atti).
Né rilevano, in senso inverso, le aperture normative - di cui all’art. 184, comma 3, d.lgs. n. 50 del 2016, ultimo periodo - in favore di soggetti finanziatori, atteso che “ Nel contesto complessivo del comma (che concerne la responsabilità solidale, le garanzie bancarie e assicurative, la garanzia finanziaria per il buon adempimento, ecc.) emerge chiaramente che il precetto ha un mero rilievo ai fini esclusivamente finanziari, in quanto autorizza la circolazione dei capitali impiegati dai soci finanziatori, escludendo invece espressamente che - con l’uscita di coloro che avevano concorso a formare i requisiti per la qualificazione tecnica dell’aggiudicatario originario - possano per tale via modificarsi gli assetti societari e l’esecuzione delle prestazioni ” (Cons. Stato, n. 5294 del 2017, cit.).
Allo stesso modo non rileva di per sé la circostanza che, nella specie, in un primo tempo l’amministrazione avesse preso atto della costituzione della società di progetto e proseguito per un certo periodo il rapporto: al di là dell’intervenuto annullamento in autotutela (anteriore al provvedimento qui impugnato, ancorché sub iudice , essendo detto annullamento gravato in altro giudizio) della detta presa d’atto, rimane comunque il fatto della costituzione della società e affidamento delle attività della concessione in violazione del regime delle modifiche soggettive, di per sé integrativo della fattispecie decadenziale.
Allo stesso modo, non rileva al riguardo il fatto che il contratto di concessione sia stato stipulato dopo la presa d’atto, atteso che i vizi integrati attengono di per sé alle modalità (originarie) d’attuazione dell’affidamento con la suddetta alterazione soggettiva, a prescindere dal fatto che fosse intervenuta la richiamata presa d’atto della costituzione della società di progetto.
Del pari irrilevante è la circostanza che in un primo tempo l’amministrazione si sia limitata a chiedere la fuoriuscita della M dalla compagine sociale, considerato che la stessa si riservava nel medesimo frangente ogni iniziativa (cfr. nota del 26 ottobre 2018, in atti), e comunque ciò non vale a far venir meno l’effetto decadenziale (di suo indisponibile), essendo del resto ben passibile di superamento o integrazione da parte dell’amministrazione la precedente comunicazione ai fini che qui rilevano, e cioè di cessazione del rapporto.
Per le stesse ragioni non rileva la successiva fuoriuscita dalla M dalla compagine sociale, stante l’intervenuta integrazione della fattispecie che dà luogo alla cessazione del rapporto;né assume rilievo di per sé l’attestazione del possesso dei requisiti in capo alla Angri Illuminazioni espressa il 27 dicembre 2018, successivamente cioè alla modifica della partecipazione societaria, considerato che la stessa non vale a escludere la possibilità di adozione delle pertinenti misure a fronte dei vizi inerenti alla costituzione originaria della società di progetto, idonea ad alterare l’assetto dell’affidamento.
Ciò a prescindere peraltro delle considerazioni in ordine al fatto che la stessa M risultava affetta da causa escludente contestata dall’amministrazione quale ulteriore ragione della “risoluzione”, legata alla carenza dei requisiti di cui all’80, comma 5, lett. c) , d.lgs. n. 50 del 2016.
Di qui l’infondatezza della doglianza.
3.1.2. Parte appellante deduce poi l’irrilevanza delle violazioni contestate in relazione agli obblighi di volturazione: nella specie, infatti, l’intestazione alla M dei POD è avvenuta per il rifiuto dell’Enel di eseguire la volturazione in favore della Angri Illuminazioni in quanto società di nuova costituzione;in ogni caso sarebbe stata rispettata la sostanza della previsione contrattuale, volta semplicemente a evitare il mantenimento dell’intestazione in capo al Comune.
Tra l’altro la procedura di re-intestazione dei contatori è stata subito avviata dalla concessionaria, e già dal 2 luglio 2019 - prima dell’avvio del procedimento di risoluzione, deduce l’appellante - 32 su totali 43 POD attivi erano stati volturati, mentre sugli altri si era in attesa della volturazione, la cui mancata immediata finalizzazione non dipendeva dalla Angri Illuminazioni.
3.1.2.1. Neanche tale profilo di doglianza è condivisibile, atteso che - come già rilevato dalla sentenza - è incontestato che era a carico della concessionaria l’obbligo di volturazione dei punti di consegna di fornitura dell’energia elettrica (cfr. la citata comunicazione di avvio del procedimento, che richiama al riguardo l’art.