Consiglio di Stato, sez. III, sentenza 2016-05-06, n. 201601837

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Sul provvedimento

Citazione :
Consiglio di Stato, sez. III, sentenza 2016-05-06, n. 201601837
Giurisdizione : Consiglio di Stato
Numero : 201601837
Data del deposito : 6 maggio 2016
Fonte ufficiale :

Testo completo

N. 02953/2014 REG.RIC.

N. 01837/2016REG.PROV.COLL.

N. 02953/2014 REG.RIC.

REPUBBLICA ITALIANA

IN NOME DEL POPOLO ITALIANO

Il Consiglio di Stato

in sede giurisdizionale (Sezione Terza)

ha pronunciato la presente

SENTENZA

sul ricorso in appello numero di registro generale 2953 del 2014, proposto da:
X D, rappresentato e difeso dagli avvocati A A e L M, con domicilio eletto presso la Segreteria Sezionale del Consiglio di Stato in Roma, piazza Capo di Ferro n. 13;

contro

Ministero dell'Interno, Questura di Napoli, in persona del Ministro in carica, rappresentato e difeso per legge dall'Avvocatura Generale dello Stato, domiciliato presso i suoi uffici in Roma, via dei Portoghesi n. 12;

per la riforma

della sentenza breve del Tribunale Amministrativo della Campania, sede di Napoli, Sezione VI, n. 03890/2013, resa tra le parti, concernente diniego di rinnovo del permesso di soggiorno;


Visti il ricorso in appello e i relativi allegati;

Visti gli atti di costituzione in giudizio di Ministero dell'Interno, Questura di Napoli;

Viste le memorie difensive;

Visti tutti gli atti della causa;

Relatore nell'udienza pubblica del giorno 14 aprile 2016 il consigliere Manfredo Atzeni e uditi per le parti gli avvocati L M e l'avvocato dello Stato Mario Antonio Scino;

Ritenuto e considerato in fatto e diritto quanto segue.


FATTO e DIRITTO

1. Con ricorso al Tribunale Amministrativo della Campania, sede di Napoli, rubricato al n. 2652/2013, il signor X D impugnava il decreto del Questore di Napoli Cat. A 12/2012/Imm./2^ sez./Dinieghi/GBR prot. n. 9016, emesso il 10 luglio 2012 e notificato il 13 marzo 2013, recante il rigetto dell’istanza di rinnovo del permesso di soggiorno per motivi di lavoro subordinato prodotta il 10 ottobre 2011.

Il Questore di Napoli ha negato il rilascio del rinnovo del permesso di soggiorno per motivi di lavoro subordinato richiesto sui presupposti:

- della sussistenza, a suo carico, “di un provvedimento di inammissibilità nei territori dell’area Schengen, emesso dal collaterale organo greco in data 21 ottobre 2010 ex art. 96 della stessa convenzione internazionale e valido sino al prossimo 21 ottobre 2013”;

- della circostanza che detta segnalazione era stata emessa a seguito del suo arresto, operato dalle Autorità greche in data 15 ottobre 2010, in quanto “ritenuto responsabile dei reati di ingresso e soggiorno illegale ed utilizzo di un titolo di soggiorno falso, per cui veniva successivamente espulso dal territorio ellenico”;

- che, pertanto, “il sig. Dai Xiaoguang non soddisfa le condizioni di soggiorno applicabili in uno degli Stati contraenti..”, a ciò aggiungendosi (“altresì”) che aveva utilizzato il titolo di soggiorno rilasciato in Italia “non già per inserirsi adeguatamente nei contesti socio-economici del Paese ospitante, bensì per porre in essere, anche in ambito internazionale, attività criminose dalla quali trarre beneficio economico e su cui basa, anche in parte, il proprio sostentamento”;

Il ricorrente si duole di detta decisione lamentando violazione di legge ed eccesso di potere sotto più profili in quanto non sarebbero stati considerati i vincoli familiari, in presenza di un nucleo costituito da moglie e due figli minori, e la risalenza della sua presenza in Italia, facendo invece luogo ad “un malcelato tentativo di abbozzare un giudizio di pericolosità sociale” (primo mezzo ed “ultima osservazione”), e in quanto, non trattandosi di una procedura di emersione, la Grecia non avrebbe potuto legittimamente operare l’inserimento nel SIS, in un contesto peraltro in cui il precedente titolo di soggiorno italiano non era stato ritirato dalla Questura di Reggio Calabria che lo aveva rilasciato (secondo mezzo);

Con la sentenza in epigrafe, n. 3890 in data 25 luglio2013, il Tribunale Amministrativo della Campania, sede di Napoli, Sezione Sesta, resa in forma semplificata in esito alla discussione dell’istanza cautelare, respingeva il ricorso.

2: Avverso la predetta sentenza il signor X D propone il ricorso in appello in epigrafe, rubricato al n. 2953/2014, contestando gli argomenti che ne costituiscono il presupposto e chiedendo la sua riforma e l’accoglimento del ricorso di primo grado.

Si è costituita in giudizio, per l’Amministrazione intimata, l’Avvocatura Generale dello Stato, chiedendo il rigetto dell’appello.

La causa è stata assunta in decisione alla pubblica udienza del 14 aprile 2016.

3. L’appello è fondato.

Non può infatti essere condiviso l’assunto, espresso dall’Amministrazione e condiviso dal primo giudice, secondo il quale un provvedimento di inammissibilità nei territori dell’area Schengen, emesso dagli organi di uno Stato membro dell’Unione Europea, in questo caso la Repubblica Ellenica (provvedimento in data 21 ottobre 2010 a seguito di contestazione dei reati di ingresso e soggiorno illegale ed utilizzo di un titolo di soggiorno falso, con successiva espulsione dal territorio di quello Stato) comporti necessariamente l’obbligo, per lo Stato nel quale risiede il cittadino extracomunitario, di ritirare il permesso di soggiorno, o di rifiutare il rinnovo.

Deve essere rilevato che ai sensi dell’art. 25 della convenzione di Schengen “ qualora una Parte contraente preveda di accordare un titolo di soggiorno ad uno straniero segnalato ai fini della non ammissione, essa consulta preliminarmente la Parte contraente che ha effettuato la segnalazione e tiene conto degli interessi di quest'ultima;
il titolo di soggiorno sarà accordato soltanto per motivi seri, in particolare umanitari o in conseguenza di obblighi internazionali.”

“Se il titolo di soggiorno viene rilasciato, la Parte contraente che ha effettuato la segnalazione procede al ritiro di quest'ultima ma può tuttavia iscrivere lo straniero nel proprio elenco delle persone segnalate.”

“Qualora risulti che uno straniero titolare di un titolo di soggiorno in corso di validità rilasciato da una delle Parti contraenti è segnalato ai fini della non ammissione, la Parte contraente che ha effettuato la segnalazione consulta la Parte che ha rilasciato il titolo di soggiorno per stabilire se vi sono motivi sufficienti per ritirare il titolo stesso ”.

La norma, quindi, non attribuisce affatto un rilievo automatico alla segnalazione, ma consente l’attivazione di un contraddittorio al fine di chiarire il significato della medesima.

Nel caso di specie tale contraddittorio si appalesa necessario, in ragione della particolarità del caso di specie, che presenta degli aspetti tali da dare adito a dubbi.

E’ infatti molto singolare che un cittadino extracomunitario, in Italia da molti anni, cui evidentemente sono note le conseguenze del viaggiare all’estero senza passaporto, si rechi in uno Stato diverso da quello di abituale residenza senza il suddetto documento e che ivi tenti, come dichiarato, la manovra estremamente ingenua di presentare il passaporto di un parente come proprio.

Di conseguenza, deve essere rilevato come corrisponda a un evidente interesse dello Stato Italiano chiarire l’evento che ha portato all’espulsione dell’odierno appellante dal territorio della Repubblica Ellenica.

Inoltre, ai sensi dell’art. 5, quinto comma, del d. lgs. 25 luglio 1998, n. 286, “ nell’adottare il provvedimento di rifiuto del rilascio, di revoca o di diniego di rinnovo del permesso di soggiorno dello straniero che ha esercitato il diritto al ricongiungimento familiare ovvero del familiare ricongiunto, ai sensi dell'articolo 29, si tiene anche conto della natura e della effettività dei vincoli familiari dell'interessato e dell'esistenza di legami familiari e sociali con il suo Paese d'origine, nonché, per lo straniero già presente sul territorio nazionale, anche della durata del suo soggiorno nel medesimo territorio nazionale” .

Nel caso di specie, è pacifico che l’appellante risiede da molti anni in Italia e che ivi risiedono la moglie e i due figli minori, ed appare evidente l’incidenza del provvedimento impugnato sulla vita di tutta la famiglia.

E’ vero che C. di S., III, 25 maggio 2015, n. 2600, ha affermato che “ ai sensi dell'art. 5, quinto comma, d.lg. 25 luglio 1998 n. 286 i legami familiari e la lunga permanenza su territorio nazionale dell'extracomunitario non consistono in una esimente dell'adozione del provvedimento di diniego del rinnovo del permesso di soggiorno e, ai sensi dell'art. 8 della Convenzione europea per la salvaguardia dei diritti fondamentali dell'uomo, non è precluso all'Autorità pubblica di interferire nella vita privata dell'individuo quando ciò sia previsto dalla legge e costituisca una misura che, in una società democratica, è necessaria per la pubblica sicurezza, la difesa dell'ordine e la prevenzione dei reati”.

Peraltro, deve essere osservato come la pronuncia abbia affermato che solo la presenza di evidenti elementi di pericolo per la pubblica sicurezza, la difesa dell’ordine e la prevenzione di reati impongono di trascurare le necessità familiari del cittadino extracomunitario, elementi che nella specie non sono stati accertati.

Inoltre, C. di S., III, 26 agosto 2014, n. 4325, ha affermato che “ ai sensi dell'art. 5 comma 5, t.u. 25 luglio 1998 n. 286, come modificato dalla l. 30 luglio 2002 n. 189 e, successivamente, dal d.l. 8 gennaio 2007 n. 5, nei confronti dell'extracomunitario, che ha esercitato il ricongiungimento familiare o sia familiare ricongiunto, l'eventuale diniego del permesso di soggiorno o del suo rinnovo non discende automaticamente dalla presenza di una causa ostativa (quale ad es. le condanne penali), ma deve essere sempre preceduto da una valutazione discrezionale che tenga conto dell'interesse dello straniero e della sua famiglia alla conservazione dell'unità familiare, mettendo tale interesse in comparazione con quello della comunità nazionale ad allontanare un soggetto socialmente pericoloso;
tale disciplina di maggior favore per lo straniero, benché riferita dalla lettera della succitata normativa allo straniero che abbia usufruito di una procedura di ricongiungimento familiare, deve essere applicata, per necessità logico-giuridica, in tutti i casi in cui vi sia un nucleo familiare la cui composizione corrisponda a quella che, ove necessario, darebbe titolo ad una procedura di ricongiungimento, non rilevando in contrario che tale procedura in effetti non vi sia stata, essendosi il nucleo familiare costituito o ricostituito senza aver dovuto ricorrervi”
.

Tale pronuncia conferma la necessità di porre a raffronto le necessità familiari del cittadino extracomunitario con quelle di tutela della comunità nazionale.

Tale disamina è mancata nel caso di specie nel quale da una parte non è stata accertata l’effettiva pericolosità dell’odierno appellante, quale evidenziata dall’episodio occorso in Grecia – altri elementi non sono stati nemmeno dichiarati - e dall’altra non sono state tenute in alcun conto le, pur evidenti, necessità del suo nucleo familiare.

Le argomentazioni dell’appellante devono, pertanto, essere condivise.

4. In conclusione, l’appello deve essere accolto e, in riforma della sentenza gravata, accolto il ricorso di primo grado, per l’effetto annullando il provvedimento oggetto del giudizio, fatti salvi gli ulteriori provvedimenti dell’Amministrazione.

Le spese di entrambi i gradi del giudizio devono essere integralmente compensate, in ragione della particolarità della controversia.

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