Consiglio di Stato, sez. VI, sentenza 2010-12-27, n. 201009436

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Sul provvedimento

Citazione :
Consiglio di Stato, sez. VI, sentenza 2010-12-27, n. 201009436
Giurisdizione : Consiglio di Stato
Numero : 201009436
Data del deposito : 27 dicembre 2010
Fonte ufficiale :

Testo completo

N. 07677/2009 REG.RIC.

N. 09436/2010 REG.SEN.

N. 07677/2009 REG.RIC.

REPUBBLICA ITALIANA

IN NOME DEL POPOLO ITALIANO

Il Consiglio di Stato

in sede giurisdizionale (Sezione Sesta)

ha pronunciato la presente

DECISIONE

sul ricorso numero di registro generale 7677 del 2009, proposto da:
Gabbiano Beach S.r.l., rappresentata e difesa dall'avv. N C, con domicilio eletto presso l’avv. Giuseppe Raguso in Roma, via Muzio Clementi 9;

contro

Ministero per i beni e le attività' culturali, Soprintendenza per i beni architettonici e per il paesaggio per la Puglia, rappresentati e difesi dall'Avvocatura generale dello Stato, presso i cui uffici è domiciliata per legge in Roma, via dei Portoghesi, 12;
Comune di Vieste;

per la riforma,

previa sospensione dell’esecuzione, della sentenza del T.A.R. della Puglia – Bari, Sezione III, n. 01275/2009, resa tra le parti;

Visto il ricorso in appello con i relativi allegati;

Visto l’atto di costituzione in giudizio del Ministero per i beni e le attività culturali e della Soprintendenza per i beni architettonici e per il paesaggio per la Puglia;

Viste le memorie difensive;

Visti tutti gli atti della causa;

Nell'udienza pubblica del giorno 13 luglio 2010, relatore il Cons. D C, e uditi, per le parti, l’avvocato Raguso (per l’avv. Clemente) e l’avvocato dello Stato Gerardis;

Ritenuto e considerato in fatto e diritto quanto segue.


FATTO

1. Con il ricorso di primo grado la Gabbiano Beach s.r.l. adiva il Tribunale amministrativo regionale della Puglia, Bari, impugnando il decreto 6 agosto 2008 n. 5975, con il quale la Soprintendenza per i beni architettonici e per il paesaggio della Puglia, province di Bari e Foggia, aveva annullato l’autorizzazione paesaggistica 2 maggio 2008 n. 132 rilasciata dal Comune di Vieste in favore della società predetta per la realizzazione di una struttura da destinare a “roof garden” dell’hotel Gabbiano Beach in località “La Salata”, nonché il provvedimento 28 agosto 2008 n. 3992, di diniego del permesso di costruire ed ogni altro atto presupposto, connesso e consequenziale.

A sostegno del gravame la società ricorrente deduceva i seguenti motivi:

a) violazione e falsa applicazione dell’art.159 d.lgs. 22 gennaio 2004, n.42;
violazione e falsa applicazione del d.m. 13 giugno 1994 n.495;
difetto di motivazione;
tardività;

b) violazione e falsa applicazione del d.lgs. n.42 del 2004;
violazione e falsa applicazione dell’art.3 della l. n.241 del 1990;
eccesso di potere per difetto di istruttoria e di motivazione;

c) ) violazione e falsa applicazione del d.lgs. 22 gennaio 2004, n.42;
violazione e falsa applicazione dell’art.3 della l. n.241 del 1990;
eccesso di potere per difetto di istruttoria e di motivazione.

Nelle conclusioni la società istante chiedeva l’accoglimento del gravame con conseguente annullamento degli atti impugnati.

Si costituivano in giudizio, per resistere al ricorso, la Soprintendenza per i beni architettonici e per il paesaggio per la Puglia, province di Bari e Foggia, e il Ministero per i beni e le attività culturali.

2. Con la sentenza in epigrafe specificata l’adito Tribunale amministrativo regionale ha, in parte, dichiarato inammissibile il ricorso per tardività e, in parte, lo ha respinto.

3. Avverso tale sentenza è stato interposto l’odierno appello con il quale la società Gabbiano Beach, deducendo l “illegittimità della sentenza per errata presupposizione, erronea motivazione, illogicità;
omissione di pronuncia”, ha riproposto nella sostanza le censure dedotte nel giudizio di primo grado, come sopra precisate, criticando le statuizioni rese al riguardo dai primi giudici nella pronuncia di reiezione del gravame.

Anche nella attuale fase processuale si sono costituiti la Soprintendenza per i beni architettonici e per il paesaggio per la Puglia, province di Bari e Foggia, e il Ministero per i beni e le attività culturali, opponendosi all’accoglimento dell’appello.

Alla camera di consiglio del 16 ottobre 2009 l’esame dell’istanza di sospensione è stata rinviata a quello del merito del ricorso.

4. Con pronuncia interlocutoria 23 marzo 2010, n.2518, questo Consiglio di Stato, Sezione VI, ha ritenuto, in via preliminare, che, ai fini del decidere, fosse necessario acquisire agli atti del giudizio il fascicolo relativo al ricorso di primo grado, definito con la sentenza del Tribunale amministrativo regionale per la Puglia, Bari, Sez.III, n.1275/2009.

A tale adempimento istruttorio è stato, successivamente, ottemperato.

5. Alla pubblica udienza del 13 luglio 2010, infine, la causa è stata assunta in decisione, su concorde richiesta delle parti.

DIRITTO

1. Va premesso in punto di fatto che - a seguito di apposita istanza della società Gabbiano Beach s.r.l. volta ad ottenere il rilascio del permesso di costruire e del nulla osta paesaggistico per la realizzazione di una struttura edilizia nel comune di Vieste, da destinare a “roof garden” dell’Hotel Gabbiano, istanza in relazione alla quale il comune predetto aveva rilasciato l’autorizzazione 2 maggio 2008 n.132 ai sensi dell’art.151 del d.lgs. 22 gennaio 2004, n.42 alla medesima società - la Soprintendenza per i beni architettonici e per il paesaggio per la Puglia, province di Bari e Foggia, con nota 9 giugno 2008 n.4090, dapprima, richiedeva al menzionato comune un’integrazione degli elaborati allegati dalla società istante (precisando che “in attesa di quanto richiesto l’esame della pratica era sospeso ad ogni effetto di legge”) e, quindi, disponeva, con decreto 6 agosto 2008 n.5975, l’annullamento della detta autorizzazione;
a seguito di che anche l’Amministrazione comunale denegava alla società interessata il rilascio del permesso suddetto con atto del 28 agosto 2008.

Va rilevato, inoltre, che tali atti venivano impugnati dalla società Gabbiano Beach, per le ragioni sopra precisate nell’esposizione in fatto, innanzi al Tribunale amministrativo regionale della Puglia, sede di Bari, che con la sentenza ora oggetto di appello in parte dichiarava il gravame stesso inammissibile per tardività e in parte lo respingeva.

2. Nell’appello odierno la società Gabbiano Beach s.r.l. denuncia l’illegittimità della sentenza predetta “per errata presupposizione, erronea motivazione, illogicità;
omissione di pronuncia”, riproponendo, sostanzialmente, le censure formulate nel giudizio di primo grado;
censure che possono così riassumersi:

a) avrebbe errato il Giudice di primo grado nel ritenere il gravame proposto, in parte qua, tardivo, dichiarando inammissibile il primo motivo del ricorso originario, diretto a censurare la richiesta di integrazione documentale di cui alla nota 9 giugno 2008, n.4090, richiesta che sarebbe stata, comunque, immotivata, pretestuosa e non fondata su di un’effettiva esigenza di completamento dell’istruttoria;
in ogni caso la detta richiesta integrativa non sarebbe derivata da “effettive carenze della documentazione annesse al nulla osata paesistico, tali da precludere il controllo di legittimità entro il termine di legge”, termine che, ad avviso dell’appellante, non poteva, quindi, “considerarsi interrotto per l’esercizio dell’attività istruttoria”;

b) avrebbe errato il Tribunale amministrativo nel disattendere la censura del ricorso originario con cui era stato evidenziato che la Soprintendenza (competente a svolgere un controllo di sola legittimità del nulla osta paesaggistico) aveva sovrapposto, con il decreto impugnato, le proprie valutazioni di merito a quelle già compiute dall’Amministrazione comunale e aveva formulato, nella sostanza, un giudizio sulla non compatibilità dell’intervento con le esigenze di salvaguardia dell’area vincolata attraverso osservazioni sul pregiudizio ambientale che non avevano evidenziato, in effetti, uno specifico vizio dell’autorizzazione comunale;
giudizio che si sarebbe sostanziato, quindi, in una mera formula di stile priva di concreto contenuto, mentre nel caso in esame l’esercizio del potere di annullamento ministeriale avrebbe dovuto comportare piuttosto la valutazione del nulla osta paesaggistico rilasciato con la normativa valevole per la zona, non considerata, invece, nella specie;

c) sarebbe erronea, infine, la statuizione della gravata pronuncia con la quale viene respinto il terzo motivo del ricorso originario sul presupposto che la ricorrente riproponeva le stesse censure formulate con i primi due motivi di ricorso in via derivata avverso il conseguente diniego del permesso di costruire da parte dell’Amministrazione comunale;
diniego che sarebbe dunque illegittimo per eccesso di potere per difetto dei presupposti perché basato “sull’erroneo presupposto della legittimità dell’annullamento della Soprintendenza”, in quanto il comune di Vieste, a seguito del detto annullamento “ben avrebbe potuto provvedere ad una rinnovazione dell’istruttoria”, anziché “appiattirsi” sulle valutazioni della Soprintendenza.

3. Tali motivi non possono essere condivisi.

3.1. Quanto al primo di essi, si deve osservare che nel caso in esame la società ricorrente ha dato seguito alla richiesta istruttoria della Soprintendenza di cui alla nota 9.6.2008 n.4090, producendo la documentazione relativa e notificando poi il gravame di primo grado l’11 novembre 2008 e, quindi , tardivamente.

Dagli atti di causa risulta, infatti, che la società stessa ha conosciuto la richiesta istruttoria prima del 26 giugno 2008, avendo in tale data inviato una comunicazione al responsabile del “servizio urbanistica” del comune di Vieste, dalla quale emerge appunto l’avvenuta piena conoscenza della richiesta di integrazione documentale in questione;
dal che la conseguenza che, come ritenuto dai primi giudici, il ricorso introduttivo, anche a voler far coincidere il dies a quo con la data anzidetta, si appalesa intempestivo, per cui appare corretto che in questa sua parte il ricorso sia stato dichiarato inammissibile per tardività dal giudice di prime cure.

Anche a volere prescindere dalle considerazioni che precedono, il Collegio non può comunque condividere la tesi di parte appellante secondo cui il provvedimento soprintenditizio sarebbe stato emesso oltre il termine perentorio di sessanta giorni previsto dall’art.159 del d.lgs. n.42 del 2004, in quanto la Soprintendenza, dopo avere ricevuto il 12 maggio 2008 l’intera documentazione relativa all’autorizzazione paesaggistica comunale in questione, non ha provveduto nel termine di sessanta giorni, ma ha richiesto con nota 9 giugno 2008 n.4090, senza motivarne le ragioni, un’integrazione documentale, inidonea, come tale, ad interrompere il decorso del termine.

Nel caso in esame, infatti, la Soprintendenza. ha ritenuto opportunamente, nell’ambito della sua valutazione, di non avere sufficienti elementi per adottare il provvedimento di competenza nel termine previsto di sessanta giorni decorrenti dalla data di ricezione della documentazione trasmessa dal comune di Vieste e ha richiesto, quindi, in data 9 giugno 2008, l’acquisizione di altra documentazione fotografica “con la visuale panoramica dei luoghi e la legittimità paesaggistica dei corpi di fabbricati esistenti”, onde avere a disposizione una più completa documentazione, prima di adottare le proprie determinazioni.

Appare evidente, dunque, che nella specie la Amministrazione statale non abbia potuto – e per fatto non suo - emettere il decreto di annullamento entro il termine di sessanta giorni decorrenti dalla consegna della documentazione (12 maggio 2008) da parte del Comune di Vieste, non essendo gli elementi a disposizione, a suo congruo avviso, sufficienti ai fini di una completa valutazione, dovendo essere integrati da ulteriori atti e documenti.

Né la richiesta di acquisizione di altra documentazione avanzata dall’Amministrazione statale procedente doveva essere – contrariamente a quanto asserito dalla società interessata – sorretta da una più adeguata motivazione, giacché l’art.159 cit. non specifica alcunché in proposito, lasciando, pertanto, alla piena discrezionalità dell’Amministrazione stessa la proposizione o meno di tale integrazione documentale.

Quindi, stabilendo la detta norma che la Soprintendenza, prima di pronunciarsi, abbia ricevuto la “completa documentazione” a corredo del nulla osta da valutare, appare chiaro che nel caso in esame il termine di sessanta giorni ben poteva essere sospeso dalla Soprintendenza stessa al fine di consentirle una integrale e corretta qualificazione, alla stregua della ulteriore documentazione depositata, della menzionata costruzione della soc. Gabbiano Beach in zona assoggettata a vincolo paesaggistico.

Alla stregua delle considerazioni che precedono, il motivo in esame è, dunque, infondato, sia perché la Soprintendenza. si è pronunciata nella specie nel termine di legge previsto (termine che, dapprima sospeso, ha poi ripreso a decorrere dal momento in cui la documentazione completa è stata depositata presso l’Amministrazione), sia perché non appare inficiata da illegittimità la statuizione dei primi giudici circa la riscontrata tardività della doglianza (per avere avuto piena conoscenza la società ricorrente della nota impugnata prima del 26 giugno 2008, mentre il gravame è stato notificato l’11 novembre 2008), non potendosi condividere le argomentazioni della parte ricorrente, volte a sostenere che, con la pronuncia “processuale” emessa, il Tribunale amministrativo sarebbe incorso in una omissione di pronuncia rispetto al motivo di ricorso formulato;
né quelle con cui si deduce che la richiesta di integrazione documentale di cui alla nota 9 giugno 2008 n.4090 della Soprintendenza sarebbe caratterizzata da un evidente carattere di non definitività, essendo atto meramente endoprocedimentale e, quindi, non autonomamente impugnabile.

3.2. Con il secondo motivo dell’appello in esame, di cui al punto 2 b) che precede, la società ricorrente, nel contestare la statuizione resa in proposito dai primi giudici, censura nuovamente, sia pur attraverso una diversa modulazione della doglianza, l’annullamento della Soprintendenza, sostenendo che la stessa aveva sconfinato, in violazione del d.lgs. n.42 del 2004, dai limiti imposti da un sindacato sulla mera legittimità del nulla-osta e che, comunque, la motivazione a base del predetto annullamento, essendo del tutto generica nella sua formulazione e, quindi, adattabile ad una serie indefinita di casi, si poneva in palese violazione dell’art.3 della legge n. 241 del 1990.

Anche tale rilievo non può essere positivamente valutato.

Ed invero, la Soprintendenza nella specie, contrariamente a quanto assunto dall’appellante, non si è inserita nel merito di questioni non rientranti nella sfera di sua competenza, ossia in quella esclusiva dell’ente comunale, ma si è limitata a contestare sotto il profilo dell’eccesso di potere, correttamente, l’autorizzazione giunta al suo esame, rilasciata dal Comune di Vieste.

Infatti, l’Amministrazione statale non ha sovrapposto le proprie valutazioni a quelle del comune, ma ha rilevato la incompatibilità del progetto presentato dalla società Gabbiano Beach con i valori paesistici sottoposti, in via istituzionale, alla tutela della Soprintendenza stessa, osservando, in definitiva, che il comune aveva rilasciato l’autorizzazione paesaggistica per effetto di valutazioni attinenti a profili riservati alla competenza esclusiva dell’Amministrazione statale, quali sono quelli che presiedono alla apposizione del vincolo.

In altri termini, come evidenziato dalla difesa erariale, la Soprintendenza non ha effettuato nella specie un riesame complessivo delle valutazioni tecnico-discrezionali compiute dall’ente locale, tale da consentire la sostituzione di una nuova valutazione di merito a quella compiuta in sede di rilascio dell’autorizzazione, bensì ha effettuato un controllo di legittimità riguardante specifici profili di eccesso di potere, rilevando l’illegittimità dell’autorizzazione in questione in quanto contraria al vincolo paesaggistico gravante sull’area interessata all’intervento edilizio, nella considerazione, in particolare che “qualora realizzato, tale complesso edilizio, così come proposto, per volumetria, estensione e tipologia” avrebbe inficiato “in maniera irreversibile il contesto paesaggistico suddetto”.

Da ciò consegue che il potere di annullamento esercitato nel caso di cui trattasi dall’Amministrazione statale deve ritenersi, come statuito dal primo giudice, non viziato per le ragioni indicate dall’odierna appellante, avendo annullato la Soprintendenza. l’autorizzazione rilasciata alla Gabbiano Beach s.r.l. dal Comune di Vieste sulla base della esistenza di una effettiva lesione dell’interesse sostanziale tutelato, attraverso un corretto uso, quindi, del potere di annullamento di competenza, giacché, nel porre in rilievo i motivi per cui l’autorizzazione paesaggistica costituiva una deroga al vincolo, ha consentito di risalire alla conoscenza dei profili di irrazionalità nell’operato del’amministrazione comunale, pur rispettando i confini del sindacato estrinseco del provvedimento, attraverso una motivazione alla base del provvedimento adottato che indica adeguatamente, come evidenziato dalla difesa erariale, l’ iter logico seguito dall’autorità statale alla stregua del corretto apprezzamento della documentazione depositata in giudizio, non entrando quindi nel merito della questione e non sostituendosi in alcun modo all’autorità locale, ma limitandosi ad esaminare la legittimità degli atti comunali da vagliare in relazione alla sua specifica competenza in materia di conservazione dei valori paesaggistici.

In conclusione, il Collegio ritiene che la Soprintendenza, come statuito dai primi giudici, abbia adeguatamente giustificato l’annullamento impugnato, evidenziando, in concreto, che la realizzazione del “roof garden” sopra menzionato avrebbe comportato una sopraelevazione a livello di terzo piano, con ciò stesso incidendo negativamente sulle caratteristiche ambientali della zona e facendo perdere, sostanzialmente, al fabbricato in questione la caratteristica di “confondersi” con l’ambiente circostante, dichiarato di notevole interesse pubblico ai sensi dell’art.136 del d.lgs. n.42 del 2004, determinandone, in definitiva, una compromissione.

Il secondo motivo ora esaminato deve essere, pertanto, disatteso.

3.3. Infine, anche il terzo motivo dell’odierno appello di cui al sopra specificato punto 2 c), non può essere favorevolmente apprezzato.

Secondo l’appellante avrebbe errato il Tribunale amministrativo nel respingere il terzo motivo del gravame originario sul presupposto che la ricorrente avesse riprodotto i medesimi rilievi mossi con le prime due doglianze in via derivata avverso il conseguente diniego del permesso di costruire da parte dell’Amministrazione comunale.

Per l’appellante, infatti, tale diniego sarebbe illegittimo sotto il profilo dell’ eccesso di potere per difetto dei presupposti in quanto fondato “ sull’erroneo presupposto della legittimità dell’annullamento della Soprintendenza”, giacché il Comune di Vieste, a seguito del detto annullamento, “ben avrebbe potuto provvedere ad una rinnovazione dell’istruttoria, anziché “appiattirsi” sulle valutazioni della Soprintendenza stessa.

Tali rilievi sono privi di pregio.

Da una parte, infatti, deve ritenersi che non sussista l’asserito erroneo presupposto della legittimità dell’annullamento dell’Autorità statale competente, la quale, come sopra precisato, risulta, al contrario, immune dai vizi di legittimità dedotti dalla società interessata, per cui appare del tutto corretto l’operato del Comune di Vieste che ha tenuto conto di tale legittimo provvedimento soprintendi tizio nell’adottare il contestato diniego di costruire.

Dall’altra, deve ritenersi anche che l’anzidetto comune non fosse tenuto, come preteso dall’appellante, a rinnovare l’istruttoria , ben potendo condividere le conclusioni a cui era pervenuta la Soprintendenza, considerando quindi, nell’ambito delle valutazioni di competenza, di non avviare un’ulteriore attività finalizzata al rilascio del chiesto permesso di costruzione in favore dalla soc. Gabbiano Beach.

E’ da disattendere , quindi, anche la censura da ultimo esaminata.

4. In conclusione, ritiene il Collegio che i motivi dedotti a sostegno dell’appello in esame non siano idonei a scalfire le conclusioni a cui sono pervenuti i primi giudici con la gravata pronuncia.

Il ricorso in appello va, pertanto, respinto.

Quanto alle spese di giudizio, esse vengono poste a carico della parte soccombente e vengono liquidate secondo quanto precisato in dispositivo.

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